Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7981 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Ires, Irap e Iva 2011-2012
operazioni oggettivamente
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7981 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
inesistenti
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 15815 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
La RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata presso la dott.ssa NOME COGNOME in Roma alla INDIRIZZOe domicilio elettronico presso l’indirizzo di p.e.c. f.EMAILpec.studioalaiaEMAIL) ;
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno n. 5803/02/2020, depositata in data 3 dicembre 2020, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 558/04/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Avellino che, previa riunione, aveva accolto i ricorsi proposti dalla suddetta società avverso gli avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio – previo p.v.c. della G.d.F. di Sarroch nell’ambito di una complessa attività di polizia giudiziaria delegata dalla Procura della Repubblica di Cagliari relativamente ad un procedimento penale per lavori di ristrutturazione del complesso edilizio ‘Residence INDIRIZZO‘ – aveva contestato, per gli anni 2011-2012l’indebita deduzione di costi, ai fini Ires e Irap e detrazione ai fini Iva, in relazione a fatture (n. 1 e n. 2 del 2011) emesse dall’RAGIONE_SOCIALE afferenti ad operazioni rit enute oggettivamente inesistenti.
RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore pro tempore NOME COGNOME resiste con controricorso illustrato da successiva memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 118, disp. att. c.p.c. e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR rigettato l’appello dell’Ufficio limitandosi a confermare, con una motivazione meramente apparente, la sentenza di primo grado.
1.1.Il motivo è infondato.
1.2. La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass., 1 marzo 2022, n. 6758, Sez. 5, Ordinanza n. 6044 del 2024). Nella specie, la sentenza impugnata, lungi dal contenere una motivazione meramente per relationem alla decisione di primo grado, consente di ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dal giudice di appello e rende possibile il controllo sull’esattezza del ragionamento decisorio che ha condotto , in relazione ai motivi di appello proposti dall’Ufficio ( v. stralcio dell’atto di gravame riprodotto a pagg. 10 -11 del ricorso), al rigetto dell’impugnazione . In particolare, in punto di diritto, la CTR ha ritenuto non provata (‘ gli elementi addotti per affermare la falsa fatturazione non integrano prove neppure a livello presuntivo, che possano risultare convincenti, come già argomentato dai giudici di primo grado ‘) la contestazione dell’Ufficio circa l’inesistenza oggettiva delle operazioni indicate (ribalto spese gestionali riconducibili al 2010) nella fattura n. 1 del 28 gennaio 2011 e (ribalto spese gestionali, senza indicazione dell’anno di riferimento) nella fattura n. 2 del 3 marzo 2011 emesse dall’RAGIONE_SOCIALE; in particolare, i verbalizzanti avevano rilevato l’atto di scissione di RAGIONE_SOCIALE e la formazione della società RAGIONE_SOCIALE con atto del 6.12.2010 nonché il successivo contratto di affitto della struttura alberghiera da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE in data 15 gennaio 20 11, per cui quest’ultima non poteva emettere in data 28/01/2011 la fattura n. 1 del 2011 con la causale ‘ribaltamento spese gestionali riconducibili al 2010’ – risultata registrata nei libri obbligatori delle due società e nel libro giornale di Hotel Rocce Rosse in data 28.1.2011, pagata con bonifico RAGIONE_SOCIALE per conto della RAGIONE_SOCIALE con un’entrata di euro 50.000,00 sulla Banca Irpina (nell’estratto
conto della stessa società, con riferimento al bonifico di euro 50.000,00 era riportato ‘Bonifico a vostro favore NOME NOME Salvatore – acquisto partecipazione’; nell’estratto conto della banca Irpina di NOME si indicava il bonifico: bonifico a favore di RAGIONE_SOCIALE – acquisto partecipazione); ugualmente, la fattura n. 2 del 3.3.2011 indicava la medesima causale della precedente circa le spese di gestione dell’immobile (ubicato presso il ‘RAGIONE_SOCIALE‘) senza indicazione dell’anno di riferimento – risultata registrata nei libri obbligatori di entrambe le società e pagata in data 3.3.2011 come da scritturazione presente nei libri giornale delle società con un’uscita e un’entrata corrispondente di euro 90.000,00 dalla Banca Monte dei Paschi di Siena (l’estratto conto della Banca di Hotel Rocce Rosse s.r.l. riportava un’entrata di euro 90.000,00 con la motivazione: ‘Ordine conto. RAGIONE_SOCIALE sistemazione finanziaria successione’; l’estratto conto di RAGIONE_SOCIALE riportava l’uscita di euro 90.000,00 con la descrizione ‘ sistemazione finanziaria successione’); ad avviso del giudice di appello, la tesi dell’Ufficio , secondo cui, avuto riguardo alla scissione e costituzione della società RAGIONE_SOCIALE in data 6.12.2010 e al contratto di affitto della struttura alberghiera in data 15.1.2011, con la fattura n. 1 del 2011 in contestazione non potevano essere ribaltati sulla contribuente costi relativi alla gestione (per l’anno 2010), non teneva conto della circostanza che nel p.v.c. non veniva contestata ‘l’inesistenza di spese straordinarie’ ma ‘l’inesistenza della fatturazione’; in particolare, la fattura non riportava la dizione ‘s pese di gestione ordinaria bensì spese di gestione tout court che ben poteva riferirsi a spese di gestione straordinaria quali erano i costi legati alla ristrutturazione, imputati alla società scissa RAGIONE_SOCIALE e quindi legittimamente riversati sulla società scissionaria ‘; analogo discorso valeva per la fattura n. 2 riportante la medesima causale; a riprova di tale ricostruzione andava valorizzata anche la circostanza non contestata dallo stesso Ufficio che i costi relativi alle due fatture erano stati capitalizzati (ovvero imputati allo stato patrimoniale e non al conto economico) e che il recupero in termini di indeducibilità era avvenuto per la quota di ammortamento (euro 9.458,00), il che comprovava che i costi in questione non
erano riferiti alla gestione ordinaria ma costituivano costi pluriennali. La motivazione è pertanto conforme al ‘minimo costituzionale’ di cui all’art. 111, sesto comma, Cost. (cfr. Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053, nonché, ex multis : Cass., 07/04/2021, n. 9288; Cass., 30/06/2020, n. 13248).
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 2697 c.c. e 2729 c.c. per non avere la CTR -nel confermare la illegittimità degli impugnati avvisi- in violazione dei criteri distributivi dell’onere della prova e d i formazione della prova presuntivavalutato sia singolarmente che complessivamente gli elementi presuntivi (emissione di fattura n. 1/2011 del 28.1.2011, facente riferimento al ribalto di spese di gestione dell’immobile ubicato pr esso il Residence Rocce Rosse riconducibili al 2010, tenuto conto dell’atto di scissione e formazione di RAGIONE_SOCIALE del 6 dicembre 2010 e del contratto di affitto di struttura alberghiera da RAGIONE_SOCIALE a Hotel Rocce Ros se del 15.1.2011; emissione di fattura n. 2/2011 del 3.3.2011 indicante la medesima causale di spese di gestione dell’immobile, senza indicazione dell’anno di riferimento; creazione degli atti ad hoc sottoscritti dal medesimo amministratore NOME di entrambe le società; movimentazioni finanziarie anomale in quanto riferite a pagamenti di altre operazioni) forniti dall’Amministrazione circa la deduzione di costi e detrazione ai fini Iva in relazione ad operazioni oggettivamente inesistenti.
2.1.Va preliminarmente disattesa l’eccezione di difetto di autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., per non avere la ricorrente -nel censurare la sentenza della CTR sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione degli atti impositivi -riprodotto in ricorso i passi degli stessi che si assumerebbero erroneamente interpretati o pretermessi; invero, tale eccezione non si attaglia alla censura proposta in termini di violazione dei criteri distributivi dell’onere della prova (art. 2697 c.c.) e di formazione della prova presuntiva (art. 2729 c.c.).
2.2. Priva di pregio è l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso sollevata dalla società sul presupposto che l’impugnazione si risolverebbe in una richiesta di riesame del merito della vicenda – non ammissibile in questa sede – venendo, invece, prospettata la non corretta applicazione della legge.
2.3.Il motivo è fondato.
2.4.Va premesso che, in tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. Sez. 5, Ord. 10/04/2024 n. 9723; Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628; Cass., 5 luglio 2018, n. 17619). Comunque, una volta accertata l’assenza dell’operazione, è escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente , il quale ovviamente sa bene se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il prezzo o corrispettivo» (Cass. n. 18118 del 2016, in motivazione; Cass. n. 16473 del 2018); quanto alla prova di cui è onerata l’Amministrazione, e che già dal principio appena riportato si desume possa avere anche solo natura indiziaria, la Corte ha affermato che, ai fini dell’accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta che all’IVA, la legge – rispettivamente art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) ed art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 -dispone che l ‘ inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e
concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove ” certe “. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2,c.c. (Cass., ord. n. 14237 del 2017; Cass n. 11624 del 2020).
2.5. Nella sentenza impugnata, il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi -in quanto, lungi dal valutare complessivamente i plurimi elementi indiziari circa l’utilizzo di fatture afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti addotti dall’Ufficio sulla base delle risultanze del p.v.c. della G.d.F. (emissione della fattura n. 1 del 28 gennaio 2011 da parte dell’RAGIONE_SOCIALE con l’indicazione come causale del ribaltamento sulla contribuente delle spese gestionali, anno 2010, a seguito dell’atto di scissione dell’RAGIONE_SOCIALE e formazione della società RAGIONE_SOCIALE del 6.12.2010 nonché di successivo contratto di affitto di struttura alberghiera dalla RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE sottoscritto il 15 gennaio 2011; emissione della fattura n. 2 del 3 marzo 2011 per la medesima causale senza l’indicazione dell’anno di riferimento; movimentazione finanziaria anomala riferita a pagamenti già posti in essere per altre operazioni; medesimo rappresentante legale per entrambe le società nella persona di NOME COGNOME v. p.v.c. allegato al ricorso), si è limitato ad affermare c he ‘ gli elementi addotti per affermare la falsa fatturazione non integrano prove, neppure a livello presuntivo, che possano risultare convincenti ‘ e che, risultando dallo stesso verbale che la società era stata costituita per atto di scissione il 6 dicembre 201 0 (quindi in epoca anteriore all’emissione dei documenti fiscali), ‘ era attendibile la spiegazione offerta dalla società in base alla quale, tenuto
conto del fatto che con la scissione alla società RAGIONE_SOCIALE (beneficiaria) era stata attribuita la proprietà del compendio immobiliare, l’emissione delle fatture si era resa necessaria per ribaltare i costi legati alla ristrutturazione imputati alla società scissa RAGIONE_SOCIALE successivamente alla redaz ione del progetto di scissione e che quest’ultima aveva dovuto ribaltare alla nuova proprietaria degli immobili RAGIONE_SOCIALE ‘ Peraltro, il giudice di appello, invece di valutare i suddetti elementi indiziari addotti dall’U fficio circa l’uti lizzo di fatture afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha distinto impropriamente tra costi di gestione ordinaria e costi di gestione straordinaria, ritenendo che ‘ nel p.v.c. non veniva contestata l’inesistenza di spese straordinarie ma l’inesistenza della fatturazione ‘ e la fattura non riportava la dizione ‘s pese di gestione ordinaria bensì spese di gestione tout court che ben poteva riferirsi a spese di gestione straordinaria quali erano i costi legati alla ristrutturazione, imputati alla società scissa RAGIONE_SOCIALE e, quindi, legittimamente riversati sulla società scissionaria ‘; analogo discorso valeva per la fattura n. 2 riportante la medesima causale. Irrilevante è, altresì, sotto questo profilo, anche il riferimento operato dal giudice di appello alla circostanza della capitalizzazione dei costi relativi alle due fatture e al recupero avvenuto per la quota di ammortamento (euro 9.458,00), il che avrebbe comprovato la non riferibilità dei costi in questione alla gestione ordinaria, trattandosi di costi pluriennali. Invero, la contestazione dell’Ufficio, lungi dal distinguere tra costi di gestione ordinaria e costi di gestione straordinaria, era incentrata su plurimi elementi indiziari circa l’assunta oggettiva inesistenza delle operazioni di cui alle fatture n. 1 e n.2 del 2011 emesse da RAGIONE_SOCIALE -che non hanno costituito oggetto di una valutazione complessiva da parte del giudice di appello; ciò in contrasto con l’orientamento di questa Corte, secondo cui «in tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola
necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento» (Cass. 29402 del 2021; Cass. n. 9059 del 12/04/2018; conf. Cass. n. 27410 del 25/10/2019; Cass. n. 12002 del 16/05/2017; Cass. n. 5374 del 02/03/2017).
3.In conclusione, va accolto il secondo motivo, rigettato il primo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto- e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto- e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 13 marzo 2015