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Operazioni inesistenti: prova e onere del contribuente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20570/2024, chiarisce la ripartizione dell’onere della prova in caso di operazioni inesistenti. Se l’Amministrazione Finanziaria dimostra che il fornitore è una società ‘cartiera’, spetta al contribuente provare l’effettiva esistenza della prestazione. La mera esibizione di fatture, contabilità e pagamenti non è sufficiente a superare le presunzioni dell’Erario, poiché tali elementi sono spesso creati ad arte per simulare un’operazione fittizia. La Corte ha inoltre precisato che il contraddittorio endoprocedimentale può essere soddisfatto con l’invio di un questionario a cui il contribuente risponde.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: la Cassazione chiarisce l’onere della prova

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto tributario: la ripartizione dell’onere della prova in caso di operazioni inesistenti. Questa decisione sottolinea come, una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sulla fittizietà di una transazione, la palla passa al contribuente, il quale non può limitarsi a produrre documenti formali per dimostrare la propria buona fede e l’effettività dell’operazione.

Il caso in esame

Una società operante nel commercio di abbigliamento si vedeva notificare un avviso di accertamento per il recupero di Ires, Irap e Iva relative a un anno d’imposta. L’Agenzia delle Entrate contestava l’indebita deduzione di costi e la detrazione dell’Iva su fatture ricevute da un fornitore, ritenendo che le operazioni commerciali documentate non fossero mai avvenute. Secondo il Fisco, il fornitore era una mera ‘cartiera’ e le fatture servivano solo a creare costi fittizi.
La Commissione Tributaria Regionale (CTR) accoglieva le ragioni della società, annullando l’accertamento. Secondo i giudici di merito, l’Agenzia aveva violato il principio del contraddittorio endoprocedimentale e non aveva considerato adeguatamente le prove fornite dal contribuente (contabilità, pagamenti, documenti di trasporto). L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione.

Il principio del contraddittorio endoprocedimentale

Uno dei motivi di ricorso dell’Agenzia riguardava la presunta violazione del contraddittorio. La CTR aveva ritenuto che il Fisco non avesse prestato sufficiente ‘attenzione’ alle argomentazioni del contribuente. La Cassazione ha ribaltato questa visione, chiarendo che il contraddittorio era stato regolarmente instaurato. L’invio di un questionario da parte dell’Ufficio, al quale la società aveva risposto fornendo documenti e spiegazioni, era sufficiente a integrare il dialogo tra le parti. La Corte ha ribadito che il contraddittorio non ha una forma tipica e che il suo scopo è permettere al contribuente di esporre le proprie ragioni, cosa che nel caso di specie era avvenuta. Inoltre, la mancata convocazione per un ‘accertamento con adesione’, richiesta dal contribuente, non comporta la nullità dell’atto, essendo una facoltà discrezionale dell’Ufficio.

L’onere della prova nelle operazioni inesistenti

Il punto cruciale della decisione riguarda l’onere probatorio. La Cassazione ha accolto il motivo di ricorso dell’Agenzia, riaffermando un principio consolidato: quando l’Amministrazione Finanziaria prova, anche tramite presunzioni, che le operazioni contestate sono oggettivamente inesistenti (ad esempio, dimostrando che il fornitore è una ‘cartiera’ priva di struttura), l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza delle transazioni.
La Corte ha specificato che, per assolvere a tale onere, non basta esibire la fattura, la contabilità formalmente regolare o le prove dei pagamenti. Questi elementi, infatti, sono spesso parte integrante del meccanismo fraudolento, creati appositamente per dare una parvenza di realtà a un’operazione fittizia. La CTR aveva errato nel valorizzare tali documenti come prova sufficiente, senza valutare criticamente il quadro indiziario fornito dall’Agenzia.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha accolto il primo e il terzo motivo di ricorso, rigettando il secondo (relativo alla presunta motivazione apparente della sentenza di secondo grado). Sul primo motivo, ha stabilito che la CTR ha erroneamente confuso l’esistenza del contraddittorio con il suo esito, sanzionando di fatto il mancato accoglimento delle tesi del contribuente anziché una reale carenza procedurale. Sul terzo motivo, la Corte ha censurato il ragionamento logico-valutativo della CTR, giudicandolo non coerente con i criteri di ripartizione dell’onere probatorio stabiliti dall’art. 2697 c.c. e con le regole sulle prove presuntive. La valorizzazione di elementi formali (fatture, pagamenti) è stata ritenuta inidonea a contrastare le presunzioni qualificate di inesistenza fornite dall’Agenzia. Per questi motivi, la sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un messaggio chiaro per i contribuenti: di fronte a una contestazione di operazioni inesistenti, supportata da solidi indizi da parte del Fisco, la difesa non può basarsi solo sulla regolarità formale dei documenti. È necessario fornire prove concrete e sostanziali dell’effettiva esecuzione della prestazione o della fornitura. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di una diligenza rafforzata nella scelta dei partner commerciali e nella documentazione delle transazioni, poiché la mera apparenza non è sufficiente a proteggere da accertamenti fiscali in materia di frodi IVA e costi indeducibili.

Cosa deve provare un contribuente se il Fisco contesta operazioni inesistenti dimostrando che il fornitore è una ‘cartiera’?
Il contribuente deve provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Secondo la Corte, non è sufficiente esibire la fattura, la contabilità formalmente regolare o i mezzi di pagamento utilizzati, poiché questi elementi possono essere parte della stessa frode. Occorre fornire prove concrete e sostanziali che la prestazione o la fornitura sia realmente avvenuta.

L’invio di un questionario da parte dell’Agenzia delle Entrate è sufficiente per rispettare il principio del contraddittorio?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il contraddittorio endoprocedimentale non ha una forma vincolata. L’invio di un questionario, a cui il contribuente ha la possibilità di rispondere fornendo documenti e argomentazioni, è considerato sufficiente a integrare il dialogo tra le parti e a garantire il diritto di difesa prima dell’emissione dell’atto impositivo.

L’avviso di accertamento è nullo se l’Ufficio non convoca il contribuente che ha chiesto l’accertamento con adesione?
No. La Corte ha ribadito che la convocazione del contribuente a seguito di un’istanza di accertamento con adesione è una facoltà discrezionale della Pubblica Amministrazione. La sua omissione non è sanzionata con la nullità del procedimento di accertamento o dell’atto impositivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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