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Operazioni inesistenti: onere probatorio e presunzioni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31101/2024, chiarisce il riparto dell’onere probatorio in materia di operazioni oggettivamente inesistenti. L’Amministrazione Finanziaria può dimostrare la fittizietà delle operazioni tramite presunzioni semplici, come la mancanza di mezzi e personale del fornitore. A questo punto, l’onere di provare l’effettiva esistenza della prestazione si sposta sul contribuente, per il quale non sono sufficienti la mera esibizione di fatture, contabilità e pagamenti, poiché elementi facilmente falsificabili.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: Onere Probatorio e Valore delle Presunzioni

L’ordinanza n. 31101/2024 della Corte di Cassazione torna su un tema cruciale del diritto tributario: l’onere probatorio in caso di contestazioni per operazioni oggettivamente inesistenti. Questa pronuncia chiarisce con fermezza come si distribuisce il carico della prova tra Fisco e contribuente e quale sia il valore degli indizi e delle presunzioni nell’accertamento fiscale. Capire questo meccanismo è fondamentale per ogni impresa per difendersi efficacemente da contestazioni che possono avere impatti devastanti.

I Fatti di Causa

Una società idroelettrica si è vista notificare tre avvisi di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria recuperava maggiori imposte (IRES, IRAP e IVA) per tre annualità consecutive. La contestazione si basava sulla presunta inesistenza oggettiva delle operazioni commerciali intercorse con una ditta individuale fornitrice.

Dopo una prima sconfitta in Commissione Tributaria Provinciale, la società otteneva l’annullamento degli atti impositivi in appello. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva ritenuto che l’Ufficio non avesse fornito prove sufficienti della fittizietà delle operazioni. Secondo i giudici di secondo grado, la regolarità formale delle fatture, la loro registrazione contabile, la lettera di incarico e i relativi pagamenti tracciati erano elementi sufficienti a dimostrare la realtà delle prestazioni, bollando come ‘vaghe e generiche’ le contestazioni del Fisco.

L’Agenzia delle Entrate, non condividendo tale conclusione, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sul riparto dell’onere della prova (art. 2697 c.c.) e l’omesso esame di fatti decisivi, come la totale assenza di mezzi e personale in capo alla ditta fornitrice.

La Ripartizione dell’Onere Probatorio nelle Contestazioni Fiscali

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, ritenendo che la CTR abbia errato nell’applicare i principi che regolano l’onere probatorio in materia di operazioni inesistenti.

I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire la prova che l’operazione commerciale non è mai stata posta in essere. Tuttavia, questa prova non deve essere necessariamente ‘diretta’. L’Ufficio può assolvere al suo onere anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

Il Ruolo Decisivo delle Presunzioni Semplici

Nel caso specifico, l’Agenzia aveva portato all’attenzione dei giudici elementi indiziari significativi, come l’assoluta mancanza di struttura operativa (mezzi e dipendenti) della ditta fornitrice. Questo tipo di indizio è considerato dalla giurisprudenza un elemento fondamentale per sostenere la tesi dell’inesistenza oggettiva delle prestazioni fatturate. La CTR, svalutando tali elementi come ‘generici’, ha commesso un errore di diritto, omettendo di considerare il valore probatorio che tali indizi assumono nel contesto di una verifica fiscale.

L’Insufficienza della Prova Documentale del Contribuente

Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha fornito un quadro indiziario solido, l’onere probatorio si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate.

Su questo punto, la Cassazione è categorica: non è sufficiente esibire fatture, registrazioni contabili o prove di pagamento. Questi documenti, infatti, rappresentano la ‘veste formale’ dell’operazione e sono elementi facilmente falsificabili. Anzi, la loro stessa esistenza è connaturata a un meccanismo fraudolento, che mira proprio a creare un’apparenza di realtà. Pertanto, il contribuente deve fornire prove concrete e sostanziali della prestazione ricevuta, che vadano oltre la mera documentazione formale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha cassato la sentenza della CTR perché il giudice di merito ha errato su due fronti. In primo luogo, ha richiesto all’Ufficio una prova diretta della fittizietà, svalutando ingiustificatamente il robusto quadro presuntivo offerto, in particolare riguardo all’inconsistenza strutturale del fornitore. In secondo luogo, ha attribuito un valore probatorio decisivo e autonomo a elementi formali (fatture, pagamenti) che, secondo la giurisprudenza costante, non sono idonei da soli a superare gli indizi di inesistenza forniti dal Fisco. La CTR, con una motivazione astratta e generica, ha eluso il compito di analizzare nel merito gli elementi presuntivi, violando così le regole sul corretto riparto dell’onere probatorio.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un importante monito per le imprese. Di fronte a una contestazione per operazioni inesistenti basata su solidi indizi, come la mancanza di struttura del fornitore, la difesa non può limitarsi alla produzione di fatture e contabili. È necessario essere in grado di fornire prove concrete e materiali dell’avvenuta esecuzione delle prestazioni (es. stati di avanzamento lavori, documentazione di trasporto, testimonianze, perizie). La regolarità formale non è uno scudo sufficiente contro un accertamento fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti. La decisione della Cassazione rafforza gli strumenti a disposizione del Fisco nella lotta all’evasione basata su fatturazioni fittizie e impone ai contribuenti un approccio più sostanziale nella gestione della prova a proprio favore.

Chi deve provare l’inesistenza di un’operazione commerciale contestata dal Fisco?
Inizialmente, l’onere spetta all’Amministrazione Finanziaria, la quale deve fornire la prova che l’operazione non è mai avvenuta. Tuttavia, può farlo anche attraverso elementi indiziari e presunzioni semplici.

L’Amministrazione Finanziaria può basare il suo accertamento solo su presunzioni?
Sì. La prova presuntiva è una prova completa a tutti gli effetti. Se gli indizi sono gravi, precisi e concordanti (ad esempio, la totale assenza di mezzi e personale del fornitore), sono sufficienti a sostenere la pretesa fiscale e a spostare l’onere della prova sul contribuente.

Per un’azienda è sufficiente esibire fatture e pagamenti per dimostrare che un’operazione è reale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la regolarità formale delle scritture contabili, le fatture e le evidenze dei pagamenti non sono sufficienti a dimostrare l’effettività dell’operazione, poiché si tratta di elementi facilmente falsificabili e tipicamente utilizzati proprio per simulare una transazione reale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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