Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9122 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9122 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11417/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO MARCHE n. 964/2023 depositata il 17/11/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 964/2023 depositata in data 17/11/2023, pronunciando nel giudizio di rinvio, riassunto a seguito dell’ordinanza di questa Corte (05/07/2021, n. 27655) ha accolto, parzialmente, l’appello proposto dal contribuente contro la sentenza n. 209/2012 con la quale la Commissione Tributaria di Ancona, in data 05/11/2012, aveva annullato la ripresa a tassazione dei costi (che erano stati ritenuti indeducibili ai sensi del comma 4 dell’art. 14, della legge n. 537/1993, avendo con l’art. 2, co mma 8, legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003) inserito il comma 4bis all’interno dello stesso art. 14 ), sia ai fini IRES sia ai fini IRAP e aveva confermato la legittimità della restante pretesa dell’Ufficio ai fini IVA e per l’IRAP afferente il recupero a causa dell’ errata applicazione d ell’ aliquota.
La CGT2 – rilevato che la questione dibattuta riguardava l’asserito carattere soggettivamente fittizio di operazioni di acquisto di merci (silicio) da parte della contribuente – ha ritenuto che le presunzioni sulle quali si è basata l’Agenzia per contestare l’utilizzo di fatture emesse a fronte di operazioni ritenute soggettivamente inesistenti non fossero sostenute da un adeguato impianto probatorio.
2.1. In particolare, il giudice d’appello ha rilevato che:
non era esplicitato chi fosse il soggetto interponente per gli acquisti;
non era indicato in modo perspicuo il prezzo di mercato del silicio oggetto di contestazione;
non era stata adeguatamente provata la natura di ‘cartiera’ delle società cedenti;
i prezzi del silicio acquistati erano in linea con quelli di mercato il che portava ad escludere un concreto interesse del contribuente alla partecipazione alla frode;
la società ricorrente aveva regolarmente acquistato dagli stessi cessionari, oltre al silicio, anche alluminio e rottami, cosa che rafforzava la tesi della correttezza dell’attività delle controparti o quantomeno dell’inconsapevolezza dell’eventuale natura di ‘cartiera’ dei soggetti cessionari;
le intercettazioni telefoniche in atti, che rappresentano solo uno stralcio di quelle integrali, apparivano inconsistenti.
A fronte dell’inconsistenza delle allegazioni fornite dall’amministrazione finanziaria, le allegazioni della contribuente erano, invece, adeguate per contrastare il contenuto dell’atto impositivo.
2.2. La CGT2 ha, pertanto, accolto l’appello della contribuente per quanto concerneva l’IVA, giudicando, invece, legittima la pretesa dell’ufficio relativa all’IRAP.
Contro la sentenza della CGT2 l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso.
…
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate ha denunciato la violazione degli artt. 19 e 54 d.P.R. 26/10/1972, n. 633 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La parte ricorrente rileva di aver recuperato l’IVA, indebitamente detratta in relazione agli acquisti documentati da fatture formalmente emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
tutte cartiere inserite in un ampio circuito di frode carosello che prevedeva più passaggi (o attraverso la Romania o una attraverso la Repubblica Ceca), al fine di importare dalla Cina e, precisamente dalla società RAGIONE_SOCIALE silicio, in evasione del dazio antidumping pari al 49% e dell’IVA. Riporta quindi, a pag. 6 ss. del ricorso in cassazione, l’estratto dell’avviso di accertamento impugnato.
1.2. La parte ricorrente ha quindi evidenziato che le società emittenti le fatture per l’anno d’imposta interessato dall’avviso di accertamento (RAGIONE_SOCIALE) sono state ritenute fittizie per una serie di elementi, come l’assenza di struttura e personale, le omesse dichiarazioni fiscali e l’ omesso versamento dell’IVA, l’ estraneità al settore merceologico dei rappresentanti legali (es. il sig. COGNOME era dedito al commercio delle scarpe di gomma), le false dichiarazioni di provenienza della merce dalla Romania a mezzo di modelli IM/4 prodotti in dogana; la differenza con il prezzo di mercato, rilevata dal prezzo superiore pagato per il silicio alla italiana COGNOME dopo l’indagine e confermato dalle rilevazioni del Sole24ore prodotte in giudizio.
Il coinvolgimento e la consapevolezza della contribuente risulta dai rapporti diretti e reiterati tenuti con i vari protagonisti risultanti dalle intercettazioni telefoniche acquisite al processo e dall’assenza di giustificazioni economiche extrafiscali di tali complessi trasferimenti, dato che una grande società come la COGNOME ben avrebbe potuto contrattare direttamente con l’interponente cinese RAGIONE_SOCIALE
1.3. Ciò premesso la ricorrente evidenzia che: « A fronte di tali prove indiziarie addotte dall’Ufficio, la CTR, richiamato il noto principio di ripartizione dell’onere della prova in tema di operazioni inesistenti, secondo cui a fronte di una prova anche presuntiva fornita dall’Ufficio,
passa al contribuente l’onere di provare l’esistenza dell’operazione, afferma che nel presente caso tali indizi sono stati forniti dall’Amm.ne, respinge l’appello dell’Ufficio su due assunti:
-l’Ufficio è tenuto a fornire una prova rigorosa, sostenuta da ‘adeguato impianto probatorio’, dell’inesistenza delle operazioni contestate e non meramente indiziaria;
-per superare la prova fornita dall’amm.ne sono comunque sufficienti mere ‘allegazioni’ del contribuente.
Entrambe tali assunti contrastano con le norme in epigrafe, come pacificamente interpretate dalla Corte. »
In particolare, la prima ratio decidendi contrasta con il principio acquisito dalla giurisprudenza, sia di legittimità che unionale, secondo il quale, in tema di operazioni inesistenti, la prova che incombe all’Amministrazione può essere assolta anche mediante meri elementi presuntivi, a fronte dei quali incombe al contribuente fornire una piena prova dell’esistenza o della incolpevole inconsapevolezza del coinvolgimento nella manovra fraudolenta.
La seconda ratio decidendi è contraddittoria: la natura meramente indiziaria della prova dell’inesistenza delle operazioni contestate, non fornita di adeguato compendio istruttorio, come afferma la CTR, non comporta, ipso facto , la idoneità della controprova in ordine all’esistenza dell’operazione.
Con il secondo motivo è stata censurata la nullità per carenza della motivazione, in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e degli artt. 1, comma 2, e 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
2.1. La parte ricorrente rileva che la sentenza impugnata si forma su varie affermazioni apodittiche, come ad es. la circostanza che il silicio fosse acquisito a prezzi di mercato portava a escludere un
concreto interesse del contribuente a partecipare alla frode o quella relativa alla ritenuta inconsistenza delle intercettazioni telefoniche.
Passando all’esame del ricorso , i motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono entrambi fondati.
3.1. Nel caso in esame vengono in rilievo -come rilevato nell’incipit della motivazione della sentenza impugnata -operazioni soggettivamente inesistenti. Ciò significa, secondo quanto evidenziato più volte da questa Corte ( ex multis, Cass., 04/10/2018, n. 24322), che l’operazione è effettiva ed esistente ma la fattura è stata emessa da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione in essa rappresentata (e della quale il cessionario o il committente è stato realmente destinatario).
3.2. Secondo questa Corte, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore fosse fittizio, ma anche che il destinatario fosse consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente. Incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass., 09/08/2022, n. 24471; v. anche Cass., 30/10/2018, n. 27566; Cass., 20/04/2018, n. 9851).
La sentenza impugnata, oltre a non conformarsi ai principi della giurisprudenza di questa Corte appena richiamati, contiene numerosi
riferimenti a standard di adeguatezza o sufficienza probatoria, che celano un evidente vizio motivazionale (su cui, v. infra ).
I n base alla nitida ripartizione dell’onere della prova sancita dall’art. 2697 c.c. un fatto è provato oppure non è provato, mentre non deve essere adeguatamente provato. Ed è altresì evidente che, a fronte dell’articolazione di una prova indiziaria da parte dell’amministrazione finanziaria sul carattere soggettivamente inesistente dell’operazione o sull’elemento soggettivo del contribuente , a venire in rilievo debbano essere i parametri della gravità, precisione e concordanza dei fatti noti posti alla base del ragionamento inferenziale (secondo quanto precisato da Cass., 21/03/2022, n. 9054) e non un preteso standard di adeguatezza o sufficienza , estraneo dalla disciplina delle prove contenute negli artt. 2697 ss. c.c. e tale da evidenziare (anche) un vizio motivazionale nella misura in cui occulta l’illustrazione dell’iter logico seguito dal giudice nella valutazione delle prove addotte dalle parti.
La sentenza impugnata – affermando che: « Non pare dunque in definitiva che sia stata raggiunta prova che consenta di interrompere il collegamento tra fatture e cessioni, nel senso che l’Ufficio, a fronte delle allegazioni di controparte, non ha fornito sufficienti elementi per dimostrare che le operazioni economiche sottostanti fossero soggettivamente inesistenti, né che, nel caso, l’appellante potesse esserne consapevole. Pertanto va ritenuto che i rilievi dell’Agenzia non siano sostenuti né da prove, né da presunzioni che possano essere considerate gravi, precise e concordanti. » – oltre a sovrapporre un dato quantitativo (come quello della sufficienza degli elementi addotti con l’amministrazione) con quello qualitativo che connota i requisiti della gravità, precisione e concordanza della prova indiziaria ex art. 2729 c.c., incorre anche nel vizio motivazionale contestato con il secondo motivo di ricorso, non essendo chiare le ragioni per cui gli elementi
probatori allegati dall’amministrazione finanziaria per provare il carattere soggettivamente inesistente delle operazioni e la conoscenza o doverosa conoscibilità della fittizietà dell’interponente da parte del contribuente non fossero adeguati o sufficienti.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è fondato e deve essere accolto nei termini di cui in motivazione.
La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia di secondo grado delle Marche in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 28/02/2025.