Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9733 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9733 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
2017.
NOME COGNOME NOME COGNOME ROCCA COGNOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente
Consigliere
Consigliere – COGNOME.
Ud. 1/27/03/2024 C.C. PU R.G. 28713/2017 –
Consigliere
Consigliere
Cron. 17987/2019
R.G.N. 17987/2019
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 28713/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di eredi di COGNOME NOME, deceduto in data 11 dicembre 2002; COGNOME NOME, COGNOME
NOME, tutti quali successori processuali RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, società estinta in data 18 luglio 2007 (già RAGIONE_SOCIALE e, poi, RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione) e soci accomandanti RAGIONE_SOCIALE stessa società, tutti rappresentati e difesi dal AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, giusta procure speciali in calce al controricorso.
– controricorrenti –
e nei confronti di
COGNOME NOME;
COGNOME NOME;
COGNOME NOME;
COGNOME NOME;
NOME;
-intimati – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Commissione tributaria regionale del VENETO, n. 525/19/16, depositata in data 27 aprile 2016, non notificata;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
1. La Commissione tributaria regionale aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dell’RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 65 dell’11 dicembre 2007 RAGIONE_SOCIALE Commissione tributaria provinciale di Venezia che aveva accolto i ricorsi, riuniti, RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, e aveva annullato gli avvisi di accertamento per IVA, IRPEG ed IRAP, relativ i agli anni d’imposta 20012002, in
considerazione del fatto che l’appello medesimo era stato notificato «allo RAGIONE_SOCIALE», siccome domiciliatario RAGIONE_SOCIALE parte contribuente e non invece ai professionisti disgiuntamente incaricati (AVV_NOTAIO ed AVV_NOTAIO), e perciò notificato a soggetto diverso da quello presso il quale era stata effettuata la domiciliazione. 2. L’RAGIONE_SOCIALE, avverso la superiore sentenza, aveva interposto ricorso per cassazione, convenendo nel giudizio i soci accomandatari, atteso che la società era stata cancellata, con atto affidato ad un unico motivo.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15202 del 3 luglio 2014, aveva accolto il ricorso, cassando la sentenza con rinvio, rilevando valida la notifica eseguita presso lo RAGIONE_SOCIALE del difensore , senza necessità RAGIONE_SOCIALE notifica personale al difensore stesso.
La Commissione tributaria regionale, in sede di rinvio, ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, riguardante la sola imposta Iva, stante la definizione RAGIONE_SOCIALE altre imposte, ritenendo necessaria l’autorizzazione del superiore gerarchico dei militari verbalizzanti per eseguire l’accesso presso la sede RAGIONE_SOCIALE società e, comunque, la mancata prova in ordine alla inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE prestazioni fatturate dal fornitore «RAGIONE_SOCIALE», ovvero sulla natura di cartiera di quest’ultima società, e ha dichiarato la nullità degli avvisi di accertamento per gli anni 2001 e 2002.
L ‘RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di eredi di COGNOME NOME, deceduto in data 11 dicembre 2002; COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti quali successori RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, società estinta in data 18 luglio 2007 (già RAGIONE_SOCIALE e, poi, RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in
liquidazione) e soci accomandanti RAGIONE_SOCIALE stessa società, resistono con controricorso.
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME e COGNOME NOME non hanno svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Va, in via preliminare, esaminata l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione formulata nel controricorso, anche considerata la sospensione feriale e la sospensione prevista dall’art. 11, comma 9, del decreto legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n 96 del 2017.
1.1 L’eccezione è in infondata.
1.2 L’art. 11 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96), al comma nove, prevede che « Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo (24 aprile 2017) fino al 30 settembre 2017 ».
1.3 Questa Corte ha già avuto modo di affermare che « In tema di definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE controversie tributarie ai sensi dell’art. 11 del di. n. 50 del 2017, conv. in l. n. 96 del 2017, ai fini dell’accesso al beneficio è necessaria la domanda del contribuente, trattandosi di scelta insindacabile dell’interessato, mentre ai fini RAGIONE_SOCIALE proposizione del ricorso, la sospensione semestrale dei termini di impugnazione (in via principale o incidentale) ovvero per riassumere la causa a seguito di rinvio, prevista dal comma 9 del cit. art. 11, opera automaticamente, purché la lite rientri tra quelle definibili e il termine spiri tra il 24 aprile 2017 e il 30 settembre 2017 (v. Circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 22/E del 28 luglio 2017. » (Cass., 7 maggio 2019, n. 11913 del 07/05/2019 ).
1.4 Pertanto, per le controversie rientranti nella definizione agevolata de qua , i termini d’impugnazione che, per effetto RAGIONE_SOCIALE disciplina ordinaria, venivano a scadere nel periodo ricompreso tra il 24 aprile 2017 e il 30 settembre 2017, sono stati sospesi ope legis (Cass., 19 novembre 2019, n. 29997; Cass., 12 febbraio 2020, n. 3512).
1.5 Inoltre, è stato pure affermato che la scadenza del termine originario semestrale di cui all’art. 327, primo comma, cod. proc. civ. non deve essere ulteriormente prorogata anche ai sensi dell’art. 1, comma 1, primo periodo, legge 7 ottobre 1969, n. 742, nella versione applicabile ratione temporis, secondo cui « Il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1 al 31 agosto di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione ». Più specificamente è stato osservato, proprio con riferimento alla sospensione del termine di impugnazione prevista dall’art. 11, comma 9, del decreto legge n. 50 del 2017, che il periodo di sospensione legale del termine per impugnare di cui all’art. 327 c.p.c. non si cumula col periodo di sospensione feriale, essendo quest’ultimo già interamente assorbito dalla concorrente sospensione stabilita in via eccezionale ed ancora il periodo di sospensione feriale, cadente nella ben più ampia fase di sospensione stabilita dalla norma in esame, resta in essa assorbito, non ravvisandosi alcuna ragione, in assenza di espressa contraria previsione, perché detto periodo debba essere calcolato in aggiunta alla stessa (Cass., 26 marzo 2021, n. 8581 , che richiama Cass., 29 maggio 2020, n. 10252 e, più di recente, Cass., 24 gennaio 2023, n. 2095, in motivazione).
1.6 Ciò posto, nel caso di specie, è incontroverso in atti che il giudizio di primo grado è stato introdotto in data antecedente al 4 luglio 2009 e che la sentenza impugnata, depositata in data 27 aprile 2016, non è stata notificata, con conseguente applicazione del termine lungo di un anno decorrente a far data dalla pubblicazione RAGIONE_SOCIALE sentenza ai sensi
degli artt. 38, comma 3 e 49 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 327, primo comma, cod. proc. civ., nella versione ratione temporis vigente (ex art. 46 comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge 18 giugno 2009, n. 69, in vigore dal 4 luglio 2009 ed applicabile ai giudizi instaurati successivamente a tale data ex art. 58, comma 1, RAGIONE_SOCIALE legge 18 giugno 2009, n. 69). Inoltre, la particolarità RAGIONE_SOCIALE vicenda in esame è data dalla circostanza che rilevano due periodi di sospensione feriale, il primo è quello dell’1 -31 agosto 2016, il secondo è quello dell’1 -31 agosto 2017 e soltanto il secondo è sovrapponibile al periodo di sospensione semestrale previsto dall’art. 11, comma 9, del decreto legge n. 50 del 2017.
1.7 Muovendo, quindi, da tali dati, deve innanzitutto individuarsi la data di scadenza del termine annuale d’impugnazione, per verificare se essa si collochi all’intero del periodo considerato dall’art. 11, comma 9, del decreto legge n. 50 del 2017; dunque, il dies ad quem dell’originario termine annuale, da computare ex nominatione dierum ai sensi dell’art. 155, secondo comma, cod. proc. civ., dal deposito RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata (27 aprile 2016) era, quindi, il 28 maggio 2017. Così individuata, la data dell’originaria scadenza del termine «lungo» ricadeva dunque nel periodo compreso tra il 24 aprile 2017 e il 30 settembre 2017, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 11, comma 9, del decreto legge n. 50 del 2017, lo stesso termine è stato ope legis sospeso per sei mesi. Pertanto, alla data RAGIONE_SOCIALE scadenza naturale, come sopra determinata, del termine d’impugnazione vanno dunque aggiunti, sempre ex nominatione dierum , sei mesi, con conseguente proroga del termine sino al 27 novembre 2017. Il ricorso per cassazione è stato spedito per la notifica in data 27 novembre 2017 ed è, pertanto, tempestivo.
1.8 Soccorre, al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui « Il termine di un anno dalla pubblicazione RAGIONE_SOCIALE sentenza, previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. per l’impugnazione di pronunzia non
notificata è soggetto, a norma RAGIONE_SOCIALE legge n. 742 del 1969, alla sospensione di diritto nel periodo feriale dal 1 agosto al 15 settembre, la quale può operare due volte, nell’ipotesi in cui, dopo una prima sospensione, il termine annuale non sia decorso interamente al sopraggiungere del successivo periodo » (Cass., 20 marzo 1998, n. 2978; Cass., 17 dicembre 1999, n. 14219; Cass., 17 maggio 2002, n,. 7278; Cass., 28 gennaio 2003, n, 1220; Cass., 29 settembre 2009, n. 20817). Quel che rileva, dunque, è la sola sospensione feriale dei termini relativa al periodo 1- 31 agosto 2016, non ricompresa nel termine annuale decorrente dal 24 aprile 2017 al 30 settembre 2017 e, per ciò solo, non sovrapponibile a tale periodo (ovvero, nella vicenda in esame, non vi è alcuna coincidenza tra l’arco temporale RAGIONE_SOCIALE sospensione ex art. 11, comma 9, del decreto legge n. 50 del 2017 ed il periodo feriale 1- 31 agosto 2016, mentre vi è perfetta coincidenza con il secondo periodo feriale 1-31 agosto 2017, che, pertanto, non va computato). Deve, quindi, ritenersi errata la prospettazione RAGIONE_SOCIALE parte controricorrente, laddove ha ritenuto che l’art. 11, comma 9, di. n. 50 del 2017, avesse sospeso il termine per impugnare dal 24 aprile 2017 al 30 settembre 2017, e ha aggiunto i giorni che non erano stati conteggiati dal 24 aprile al 28 maggio (per un totale di 34 giorni), laddove le date del 24 aprile 2017 e del 30 settembre 2017 delimitano piuttosto (cronologicamente, in base all’originaria scadenza) l’individuazione dei termini che la norma ha sospeso. Mentre, una volta compiuta la verifica che il termine, in base alla sua scadenza naturale, rientri tra quelli sospesi dal ridetto comma 9 dell’art. 11, la durata RAGIONE_SOCIALE sua speciale sospensione è dettata dal legislatore nella misura di sei mesi, da computare secondo i criteri sinora indicati, dovendosi escludersi che la sospensione feriale, qualora coincida parzialmente con quella speciale, debba essere computata in aggiunta a quest’ultima.
Il primo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 33,
comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 52, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto la Commissione tributaria regionale erroneamente aveva ritenuto che l’avviso di accertamento fosse invalido perché si fondava su prove illegittimamente acquisite senza la preventiva autorizzazione del Comandante di zona del RAGIONE_SOCIALE.
2.1 Il motivo merita di essere accolto, non senza rilevare l’infondatezza dell’assunto RAGIONE_SOCIALE parte controricorrente sul ritenuto giudicato formatosi in seguito alla mancata impugnazione RAGIONE_SOCIALE illegittimità istruttoria.
2.2 Ed invero, deve richiamarsi, al riguardo, il principio statuito da questa Corte secondo cui « Ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi RAGIONE_SOCIALE “potestas iudicandi”, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini RAGIONE_SOCIALE decisione e, quindi, prive di effetti giuridici, di modo che la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnarle, essendo tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità, la quale costituisce la vera ragione RAGIONE_SOCIALE decisione » (Cass., Sez. U., 1 febbraio 2021, n. 2155; Cass., 19 settembre 2022, n. 27388).
2.3 Correttamente, dunque, la Commissione tributaria regionale, a pag. 6 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, ha precisato, con una autonoma ratio decidendi che non risulta essere stata specificamente impugnata dalla parte controricorrente, che « Si tratta di un capo RAGIONE_SOCIALE sentenza che non risulta essere stata (o) impugnata (o) con ricorso in Cassazione; infatti l’ordinanza con cui la Suprema Corte ha cassato tale sentenza e rimesso nuovamente la lite a questa Commissione ha esaminato unicamente la fondatezza o meno di altro capo RAGIONE_SOCIALE sentenza, secondo il quale l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato inammissibile per vizio di notifica ». Ed anche i giudici di legittimità, nell’ordinanza n. 15201 del 3 luglio 2014,
a pag. 4, hanno precisato che « E’ conseguenza RAGIONE_SOCIALE applicazione alla specie di causa del principio dianzi indicato, che s’imponga fare cassazione RAGIONE_SOCIALE pronuncia impugnata, con rimessione RAGIONE_SOCIALE lite al giudice del merito affinché provveda sulle domande RAGIONE_SOCIALE parti ».
2.4 Ciò posto, come questa Corte ha già precisato, « In tema di accertamenti tributari, qualora la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE operi nell’esercizio di poteri di polizia giudiziaria, non è necessaria l’autorizzazione del comandante di zona, prevista dall’art. 33, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 51, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, la cui assenza, peraltro, anche nelle ipotesi di esercizio dei poteri di polizia tributaria, non comporta necessariamente, mancando una specifica previsione in tal senso, l’invalidità dell’atto compiuto, salvo il coinvolgimento di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità RAGIONE_SOCIALE libertà personale o del domicilio » (Cass., 26 maggio 2017, n. 13421, richiamata anche dalla difesa erariale) ed ancora che « L’acquisizione irrituale da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi in mancanza di una specifica previsione in tal senso, non trovando applicazione, trattandosi di attività di carattere amministrativo, l’art. 24 Cost. sulla tutela del diritto di difesa, salva l’ipotesi in cui vengano in rilievo diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità RAGIONE_SOCIALE libertà personale o del domicilio » (Cass., 13 novembre 2018, n. 29132).
2.5 Inoltre, « In tema di accertamento dell’IVA, l’autorizzazione del Procuratore RAGIONE_SOCIALE Repubblica, prescritta dall’art. 52, primo e secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ai fini dell’accesso degli impiegati dell’Amministrazione finanziaria (o RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di finanza, nell’esercizio dei compiti di collaborazione con gli uffici finanziari ad essa demandati) non è necessaria nel caso in cui l’accesso riguardi i locali in cui si svolgono le attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, ed è invece necessaria nel caso in cui il suddetto accesso
riguardi locali adibiti «anche ad abitazione» del contribuente (ipotesi contemplata dal primo comma), ovvero locali «diversi», e quindi destinati esclusivamente ad abitazione e le due ipotesi presentano presupposti diversi, solo nel secondo caso richiedendosi la sussistenza di gravi indizi di violazioni (Cass., 5 febbraio 2007, n. 2444).
2.6 Emerge, pertanto, che i giudici d’appello hanno deciso la controversia con una statuizione non conforme ai principi suesposti.
Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti e specificamente di quanto evidenziato dall’Ufficio a pag. 11 e ss. del ricorso per riassunzione (trascritto alle pagine 15 -17 del ricorso per cassazione).
3.1 Il motivo è, innanzi tutto, ammissibile, in quanto resta sussumibile nel vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. la censura con cui si lamenti l’omesso esame di un precis o fatto storico, come nel caso di specie, dove rileva l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, che costituisce certamente un «fatto decisivo per il giudizio», nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso RAGIONE_SOCIALE controversia, in relazione alla prova RAGIONE_SOCIALE operazioni inesistenti oggetto di accertamento.
3.2 Ed invero, « La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza RAGIONE_SOCIALE motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”,
nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” RAGIONE_SOCIALE motivazione » (così Cass., Sez. U., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053 e, più di recente, Cass., 3 marzo 2022, n. 7090).
3.3 Ed ancora il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo RAGIONE_SOCIALE controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia RAGIONE_SOCIALE altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass., 28 settembre 2016, n. 19150; Cass., 26 giugno 2018, n. 16812), così nel caso di specie.
3.4 Il motivo, ammissibile, è fondato, stante che i giudici di secondo grado hanno affermato che l’RAGIONE_SOCIALE aveva dato la prova RAGIONE_SOCIALE inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE prestazioni fatturate dal fornitore RAGIONE_SOCIALE, ovvero sulla natura di «cartiera» di quest’ultima soc ietà soltanto con la produzione RAGIONE_SOCIALE fatture RAGIONE_SOCIALE operazioni ritenute inesistenti e con l’affermazione che le contestazioni fiscali erano la ricaduta di indagini e procedimenti penali i cui esiti non erano noti (cfr. pagine 6 e 7 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata), così omettendo di considerare, sulla premessa pure evidenziata dall’Ufficio che le fatture poste a fondamento RAGIONE_SOCIALE contestazioni erano sia soggettivamente che oggettivamente inesistenti, i fatti dedotti al fine di dimostrare che la società RAGIONE_SOCIALE aveva emesso le fatture per operazioni
inesistenti utilizzati dalla società RAGIONE_SOCIALE per il periodo da 2000 al 2005, ovvero che: la sede legale dichiarata in INDIRIZZO era inesistente, mentre la sede amministrativa reale era presso le strutture RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in INDIRIZZO; la gestione e la amministrazione era curata da COGNOME NOME e da COGNOME NOME, già soci e gestori di fatto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre COGNOME NOME, formalmente indicato come amministratore unico RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE agiva in qualità di prestanome dei COGNOME e RAGIONE_SOCIALE COGNOME e già rappresentante legale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dal 1994 al 2004; l’assenza di documentazione contabile e di libri e registri obbligatori; la RAGIONE_SOCIALE risultava intestataria di un conto corrente presso Banca Intesa dal quale non risultavano pagamenti a favore di dipendenti o collaboratori pagamenti risultavano disposti dalla COGNOME con le disponibilità RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; per tutti gli anni interessati dal controllo non risultava avere avuto personale alle proprie dipendenze pur realizzando le operazioni imponibili quantificate dai verificatori; nessuna documentazione di supporto era stata rinvenuta a supporto RAGIONE_SOCIALE prestazioni attestate dalle fatture emesse; sui conti bancari intestati alla RAGIONE_SOCIALE figuravano versamenti di gran lunga inferiori rispetto al volume degli affari realizzato e su di essi confluivano tutti i pagamenti effettuati da soggetti diversi dalla RAGIONE_SOCIALE e, in ogni caso, tutte le somme versate sui conti RAGIONE_SOCIALE società venivano prelevate quasi contestualmente dal formale titolare COGNOME NOME; le dichiarazioni rese da taluni clienti RAGIONE_SOCIALE ricorrente in cui si affermava che i contatti con la RAGIONE_SOCIALE avvenivano presso le strutture di Marcon, in INDIRIZZO, sede legale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
3.5 Si tratta di elementi tipici (che danno luogo ad una presunzione di svolgimento di operazioni inesistenti) che comportavano l’inversione dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova a carico RAGIONE_SOCIALE società contribuente; questi elementi, invece, sono stati (illegittimamente) trascutati dalla
Commissione tributaria regionale, con il conseguente errore di diritto, correttamente censurato dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente.
3.6 Inoltre, in ipotesi di fatturazione per operazione soggettivamente inesistente consistita nella diretta acquisizione RAGIONE_SOCIALE prestazione da soggetto certamente diverso da quello che ha emesso fattura e percepito l’iva in rivalsa, la prova che la prestazione non è stata effettivamente eseguita dal fatturante, essendo questo privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione RAGIONE_SOCIALE prestazione medesima, costituisce di per sé elemento idoneamente sintomatico dell’assenza di «buona fede» del contribuente, poiché l’immediatezza dei rapporti (tra cedente/fatturante-cessionario committente) induce ragionevolmente ad escludere l’ignoranza incolpevole del contribuente in merito all’avvenuto versamento dell’iva a soggetto non legittimato alla rivalsa né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta; con l’effetto che, in tal caso, sarà il contribuente a dover provare di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo del bene o RAGIONE_SOCIALE prestazione era, non il fatturante, ma altri. (Cass., 28 giugno 2018, n. 17173; Cass., 15 dicembre 2017, n. 30148).
3.7 Al fine di individuare, poi, quali elementi presuntivi possono essere forniti dall’amministrazione finanziaria per assolvere al proprio onere di prova in caso di operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, gli stessi devono condurre a ritenere, mediante procedimento inferenziale, che l’operazione non sia mai stata posta in essere e, sotto tale profilo, costituisce valido elemento indiziario la circostanza che il soggetto che ha emesso la fattura era privo di idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), posto che è ragionevole inferire che dalla suddetta mancanza degli elementi essenziali per potere operare quale operatore commerciale possa farsi discendere la considerazione conclusiva RAGIONE_SOCIALE mancata
realizzazione dell’operazione indicata in fattura (Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851).
Alla luce di quanto sopra esposto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 27 marzo 2024.