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Operazioni inesistenti: onere della prova per l’Agenzia

In un caso di presunte operazioni inesistenti, la Corte di Cassazione, prima di pronunciarsi sui motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate relativi all’onere della prova, ha disposto un rinvio per accertare se il debito tributario sia stato estinto tramite un’adesione agevolata. L’Agenzia lamentava la superficialità con cui i giudici di merito avevano respinto le prove fornite a sostegno della non deducibilità dei costi e della detrazione IVA.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: L’Onere della Prova e il Rinvio della Cassazione

Le operazioni inesistenti rappresentano una delle sfide più complesse nel contenzioso tributario. Si tratta di fatture emesse per transazioni mai avvenute, con il solo scopo di abbattere il reddito imponibile e detrarre indebitamente l’IVA. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5627/2024, offre spunti interessanti non solo sul merito della questione, ma anche su aspetti procedurali che possono influenzare l’esito del giudizio.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata unipersonale si vedeva recapitare un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione Finanziaria contestava la deducibilità di costi per €132.000 e la relativa detrazione IVA per €26.400, derivanti da una fattura per il noleggio di un autocarro con gru. Secondo il Fisco, si trattava di un’operazione fittizia.

La Commissione Tributaria Provinciale dava ragione all’Agenzia, ma la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, accogliendo l’appello della società. I giudici regionali ritenevano le argomentazioni dell’Agenzia troppo generiche e la documentazione prodotta non corretta, sostenendo che non vi fossero elementi sufficienti per qualificare la transazione come un’operazione inesistente.

I Motivi del Ricorso e le contestazioni sulle operazioni inesistenti

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza regionale dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su tre motivi principali:

1. Valutazione Superficiale delle Prove: L’Agenzia lamentava che i giudici d’appello avessero esaminato in modo superficiale gli elementi probatori forniti, che indicavano chiaramente la natura fittizia della fatturazione, limitandosi a una generica affermazione di infondatezza della pretesa tributaria.
2. Violazione delle Norme sull’Accertamento: Veniva dedotta la violazione delle norme che consentono all’Amministrazione Finanziaria di rettificare il reddito basandosi anche su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, per accertare l’esistenza di passività fittizie.
3. Mancata Considerazione del Corredo Probatorio: Infine, si contestava il fatto che la Commissione Regionale non avesse adeguatamente ponderato il robusto quadro probatorio offerto dall’Ufficio a fronte della carenza di prove da parte del contribuente, violando le regole sull’onere della prova.

La Decisione Interlocutoria della Corte

Sorprendentemente, la Corte di Cassazione non è entrata nel merito dei motivi del ricorso. Ha invece rilevato una questione preliminare: l’atto impositivo in questione era stato inserito in un elenco trasmesso dall’Agenzia delle Entrate per una procedura di adesione agevolata (una forma di condono fiscale) prevista da una legge del 2023.

Tuttavia, da tale elenco non risultava se la società avesse effettivamente versato le somme dovute per definire la pendenza. Di conseguenza, prima di decidere, la Corte ha ritenuto necessario verificare se la pretesa fiscale fosse stata estinta per effetto di tale adesione. Ha quindi disposto il rinvio della causa, ordinando all’Agenzia delle Entrate di fornire, entro 60 giorni, le informazioni necessarie sulla regolarità della domanda di adesione e sull’eventuale estinzione del debito.

Le Motivazioni

La motivazione dietro questa ordinanza interlocutoria risiede nel principio di economia processuale. La Corte, prima di impegnarsi in una complessa disamina giuridica sull’onere della prova nelle operazioni inesistenti, deve accertare se esista ancora un interesse ad agire. Se il contribuente ha regolarmente aderito alla definizione agevolata, estinguendo il debito, l’intero giudizio perderebbe il suo oggetto e il ricorso dell’Agenzia diventerebbe improcedibile per cessata materia del contendere. Questa verifica preliminare evita una decisione su questioni giuridiche che potrebbero rivelarsi puramente accademiche per il caso specifico, ottimizzando le risorse della giustizia.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 5627/2024, pur non risolvendo la controversia, offre due importanti lezioni. In primo luogo, evidenzia come le normative sopravvenute, specialmente in materia fiscale (come condoni e definizioni agevolate), possano avere un impatto diretto e risolutivo sui processi in corso, anche in Cassazione. In secondo luogo, lascia in sospeso, ma non annulla, le cruciali questioni sull’onere probatorio. Resta fermo il principio che, in caso di contestazione di operazioni inesistenti, l’Amministrazione Finanziaria ha il compito di fornire un quadro indiziario solido, basato su presunzioni gravi, precise e concordanti, che il contribuente ha poi l’onere di smentire con prove contrarie e concrete.

Qual è il motivo principale del ricorso dell’Agenzia delle Entrate?
L’Agenzia delle Entrate sostiene che la corte regionale abbia valutato in modo superficiale le prove fornite a sostegno della tesi di un’operazione inesistente, ignorando elementi probatori precisi e dettagliati e violando le norme sull’onere della prova e sull’accertamento basato su presunzioni.

Perché la Corte di Cassazione ha rinviato la decisione?
La Corte ha rinviato la causa per verificare se la società contribuente abbia aderito a una procedura di definizione agevolata (condono fiscale) e se, di conseguenza, la pretesa tributaria si sia estinta. Se così fosse, il ricorso perderebbe il suo oggetto.

Cosa aveva stabilito la Commissione tributaria regionale a favore del contribuente?
La Commissione tributaria regionale aveva accolto l’appello della società, ritenendo generiche le argomentazioni dell’Agenzia delle Entrate e non corretta la produzione documentale. Aveva concluso che non sussistevano elementi sufficienti a dimostrare che l’operazione fosse inesistente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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