Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3488 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3488 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
Irpef-Iva informatore farmaceutico
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5747/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore p.t., domiciliata in ROMA, alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende; -ricorrente – contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, in forza di procura a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei medesimi in RAGIONE_SOCIALE al INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 558/06/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 2/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
L RAGIONE_SOCIALE 3, emetteva un avviso di accertamento, a fini Irpef, Irap e Iva, per l’ anno di imposta 2003, con cui recuperava a imposizione nei confronti di NOME COGNOME, esercente l’attività di informatore scientifico, costi inerenti alla voce spese di pubblicità , determinati dall’acquisto di materiali e gadget per la pubblicizzazione dei prodotti farmaceutici, ritenuti relativi a operazioni oggettivamente inesistenti, in base ad alcuni elementi fattuali che deponevano per la inoperatività RAGIONE_SOCIALE società fornitrici; costi inerenti a spese per pasti e soggiorni offerti a terzi, ritenuti spese di rappresentanza e quindi deducibili nei limiti previsti dall’art. 108 t.u.i.r. ne lla formulazione vigente ratione temporis , e infine costi per la somministrazione di alimenti e bevande in pubblici esercizi e costi per prestazioni alberghiere, ritenuti non inerenti in quanto relativi a pasti consumati e offerti a terzi e a soggiorni svolti in periodo feriale in località turistiche, lontane dalla sede di lavoro, e quindi da ritenersi spese extraprofessionali.
La CTP di RAGIONE_SOCIALE rigettava il ricorso.
La CTR del Lazio accoglieva l’appello del contribuente.
In particolare i giudici del gravame evidenziavano, quanto ai costi per operazioni inesistenti, oggetto di analoga ripresa per gli anni 2004 e 2005, decisa in senso favorevole al contribuente, che l’ufficio, al di là degli elementi indicativi della inoperatività RAGIONE_SOCIALE società fornitrici e della loro inidoneità a commercializzare prodotti privi di qualsiasi collegamento con l’attività descritta nell’oggetto sociale, n ulla di concreto aveva dimostrato, in assenza di accertamenti sulle società fornitrici; inoltre la parte aveva dato la prova mediante contratti depositati in atti che i costi di promozione e diffusione dei farmaci
fossero sostenuti a titolo personale e non dalle società produttrici; ritenevano, quanto ai costi per somministrazione di alimenti e bevande, per pasti consumati e offerti a terzi, per prestazioni alberghiere, che fossero tutti deducibili, specificando, quanto alla somministrazione di alimenti e bevande, che esse avevano la finalità di portare a conoscenza dei clienti medici l’offerta del prodotto farmaceutico, quindi costituivano spese di marketing.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso l’RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a tre motivi.
Resiste NOME COGNOME con controricorso, illustrato da successiva memoria.
La causa è stata fissata per l’adunanza camerale del 24/01/2024.
Considerato che:
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., la difesa erariale deduce violazione e falsa applicazione dell’art . 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 109 t.u.i.r, dell’art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 cod. civ.; il motivo attiene alla ripresa dei costi sostenuti per operazioni, ritenute inesistenti, per l’acquisto di materiali pubblicitari, e con esso si deduce che la CTR non abbia valutato che la prova dei pagamenti non sia determinante nel ritenere le operazioni effettivamente eseguite e che la CTR non abbia correttamente applicato le regole del riparto degli oneri probatori, non tenendo in adeguata considerazione gli indizi, gravi, precisi e concordanti, offerti dall’ufficio che aveva evidenziato come le due società (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) che avevano emesso le fatture contestate avevano quale oggetto sociale, rispettivamente, il commercio di beni nel settore della cartotecnica-tipografia e articoli da regalo e la collocazione di impianti elettrici; che inoltre la RAGIONE_SOCIALE era in liquidazione dal 1997 mentre la RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita
nel 2003; che entrambe le società, negli anni in questione, non avevano presentato la dichiarazione dei redditi (per cui i corrispettivi derivanti da tali operazioni non erano stati oggetto di tassazione); che la modalità di pagamento indicata in fattura era in tutti i casi la rimessa diretta; che la sede operativa RAGIONE_SOCIALE due società era la medesima e che le fatture presentavano identiche caratteristiche grafiche; che non era stata prodotta alcuna prova attinente al pagamento.
Con il secondo motivo , proposto ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 108 e dell’art. 109, comma 2, t.u.i.r. e dell ‘ art. 2697 cod. civ.; il motivo attiene alle riprese ulteriori e si duole che l’ufficio aveva ritenuto che talune spese costituissero spese di rappresentanza, deducibili nei limiti di un terzo da ripartire in cinque esercizi, ai sensi dell’art. 108, comma 2, t.u.i.r., vigente ratione temporis ; che altre spese, per pasti consumati o offerti a terzi, nei fine settimana in località turistiche nonchè i soggiorni in albergo in località turistiche, non fossero inerenti all’attività di impresa, e la CTR ha errato riconoscendo genericamente tutte tali spese, e senza operare alcuna differenza, totalmente deducibili.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., deduce la nullità della sentenza, laddove ha deciso sulla ripresa dei costi per operazioni oggettivamente inesistenti, per motivazione apparente.
Nel controricorso sono proposte diverse eccezioni di inammissibilità del ricorso e di alcuni singoli motivi.
2.1. L’eccezione di inammissibilità per difetto di indicazione di specifici errori compiuti dal giudice di merito deve essere esaminata in relazione ai singoli motivi di ricorso.
2.2. Infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto del requisito di autosufficienza, in quanto esso sarebbe meramente
riproduttivo, con la tecnica del copia e incolla, degli atti dei precedenti gradi di giudizio.
Va premesso che la tecnica di redazione dei cosiddetti ricorsi <> o <> implica una pluralità di documenti integralmente riprodotti all’interno del ricorso, senza alcuno sforzo di selezione o rielaborazione sintetica dei loro contenuti. Tale eccesso di documentazione integrata nel ricorso non soddisfa la richiesta alle parti di una concisa rielaborazione RAGIONE_SOCIALE vicende processuali contenuta nel codice di rito per il giudizio di cassazione, viola il principio di sinteticità che deve informare l’intero processo (anche in ragione del principio costituzionale della ragionevole durata di questo), impedisce di cogliere le problematiche della vicenda e comporta non già la completezza dell’informazione, ma il sostanziale <> dei dati effettivamente rilevanti per le argomentazioni svolte, tanto da risolversi, paradossalmente, in un difetto di autosufficienza del ricorso stesso. La Corte di cassazione, infatti, non ha l’onere di provvedere all’indagine ed alla selezione di quanto è necessario per la discussione del ricorso (Cass. 4/04/2018, n. 8245).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno osservato che il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, previsto dall’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., è preordinato allo scopo di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa, l’esito dei gradi precedenti con eliminazione RAGIONE_SOCIALE questioni non più controverse ed il tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (Cass. 17/07/2009, n. 16628). È stato, altresì, precisato (Cass. 2/05/2013, n. 10244) che la pedissequa riproduzione di atti processuali e documenti, ove si assuma che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o li abbia mal interpretati, non soddisfa il requisito di cui all’art. 366 n. 3 cod. proc. civ. in quanto costituisce onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla
piena comprensione e valutazione RAGIONE_SOCIALE censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un’attività, consistente nella lettura integrale di atti e documenti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione, che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente e, quindi, del suo difensore.
Ciò premesso, nella specie, non ricorrono gli elementi di tale fattispecie, in quanto gli unici atti, in parte, riprodotti sono la sentenza di appello e le controdeduzioni della difesa erariale. E del resto è fermo principio espresso da questa Corte quello per cui le suesposte considerazioni non valgono ove il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, essendo facilmente individuabile ed isolabile, possa essere separato ed espunto dall’atto processuale, la cui autosufficienza, una volta resi conformi al principio di sinteticità il contenuto e le dimensioni globali, dovrà essere valutata in base agli ordinari criteri ed in relazione ai singoli motivi (Cass. 19/05/2017, n. 12641; Cass. 18/09/2015, n. 18363)
2.3. Anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso, perchè esso sarebbe volto a una rivalutazione degli apprezzamenti meritali della CTR, deve essere esaminata nello scrutinio dei singoli motivi.
Ciò premesso, il primo motivo va esaminato unitamente al terzo, con cui la difesa erariale assume che la motivazione offerta dalla CTR sul tema della ripresa dei costi per operazioni inesistenti sia meramente apparente.
I due motivi sono ammissibili e fondati.
3.1. Va osservato che, tenuto conto del contenuto complessivo del primo motivo di ricorso in esame, nello stesso è stata chiaramente prospettata la violazione, in primo luogo, del principio del riparto dell’onere di prova nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti, avendo, peraltro, escluso il giudice del gravame che gli elementi
indiziari proposti dalla ricorrente potessero avere rilevanza ai fini dell’assolvimento dell’onere di prova sulla stessa gravante. Nella prospettiva, dunque, della linea difensiva sulla quale si fonda la ragione di censura, parte ricorrente ha fatto riferimento alla violazione dell’art. 2697, cod. civ., norma sulla quale si basa la ripartizione dell’onere di prova, nonché alle previsioni normative tributarie che, più specificamente, dettano i principi in materia di prova presuntiva (dunque l’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973).
3.2. Occorre poi osservare che quel che parte ricorrente lamenta non implica una rivalutazione degli elementi meritali, bensì involge la non corretta sussunzione della fattispecie nell’ambito del paradigma astratto RAGIONE_SOCIALE norme citate, concretantesi, in particolare, nell’avere ritenuto che essa non avesse assolto all’onere di prova su di essa gravante, nonostante la molteplicità di elementi indiziari, proposti a supporto della pretesa della natura oggettivamente inesistente RAGIONE_SOCIALE operazioni di cui alle fatture passive, di cui, non correttamente, il giudice del gravame avrebbe svalutato o escluso la rilevanza.
3.3. E’ infondata altresì l’eccezione di inammissibilità specificamente proposta nei confronti del primo motivo perché in realtà, pur prospettato in termini di violazione di legge, denuncerebbe un vizio motivazionale, riconducibile al n. 5 dell’art. 360, p rimo comma, cod. proc. civ., soggetto al limite dell’art. 348 -ter cod. proc. civ., in presenza di una cd. doppia conforme. Il motivo denuncia, infatti, violazione e falsa applicazione di norme di legge, nei termini sopra riportati, e quindi non corrisponde, neanche in concreto, al canone del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.
3.4. Del tutto infondate sono le eccezioni di inammissibilità in relazione al terzo motivo, con cui infatti viene dedotta una questione processuale consistente nella nullità della sentenza per motivazione apparente.
3.5. La questione attiene al corretto riparto dell’onere della prova qualora sia stata contestata dall’amministrazione finanziaria l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni di cui alle fatture passive nonché alla individuazione degli elementi indiziari sui quali la pretesa può essere correttamente basata.
Sotto tale profilo, va precisato, in primo luogo, che, poichè la fattura, di regola, costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell’Iva e alla deducibilità dei costi, spetta all’Ufficio dimostrare il difetto RAGIONE_SOCIALE condizioni per l’insorgenza di tale diritto. La dimostrazione può ben consistere in presunzioni semplici, poichè la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. 6/07/2018, n. 17619).
Con specifico riferimento all’ipotesi, di cui alla presente controversia, in cui l’amministrazione finanziaria contesti l’inesistenza di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, questa Corte ha espresso il consolidato orientamento secondo cui la stessa ha l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura non è stata in realtà mai posta in essere, indicando gli elementi presuntivi o indiziari sui quali fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, strumenti che vengono di solito adoperati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 18/10/2021, n. 28628).
Più in particolare, la dimostrazione a carico dell’amministrazione finanziaria è raggiunta qualora siano forniti validi elementi che, alla
stregua dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, e dell’art. art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, possono anche assumere la consistenza di attendibili indizi, per affermare che le fatture sono state emesse per operazioni fittizie, ovvero che dimostrino in modo certo e diretto la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione. Infatti, nell’ordinamento tributario, gli elementi indiziari, ove rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza, danno luogo a presunzioni semplici le quali, proprio a mente degli univoci precetti dettati dalle sopra indicate previsioni normative, sono idonee, di per sè sole considerate, a fondare il convincimento del giudice. Assolto in tal guisa l’onere della prova incombente sull’amministrazione finanziaria, grava poi sul contribuente la dimostrazione dell’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate.
Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ.
Ed infatti, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto
essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.
3.6. Nel caso di specie il giudice del gravame, con motivazione apodittica (<>) e del tutto astratta (<>), svaluta il valore pregnante ed inferenziale dei diversi elementi presuntivi offerti dall’amministrazione, che aveva evidenziato come le due società (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) che avevano emesso le fatture contestate avevano quale oggetto sociale attività incompatibili con la fornitura di materiali di cancelleria; che inoltre la RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita nel 2003; che entrambe le società, negli anni in questione, non avevano presentato la dichiarazione dei redditi (per cui i corrispettivi derivanti da tali operazioni non erano stati oggetto di tassazione); che la modalità di pagamento indicata in fattura era in tutti i casi la rimessa diretta; che non era stata prodotta alcuna prova attinente al pagamento.
Trattasi di elementi che complessivamente considerati avrebbero potuto fondare l’asserita inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni e che la CTR avrebbe dovuto valutare ed eventualmente confutare con adeguata motivazione, per poi, ove tali elementi fossero stati ritenuti probanti l’assunto, dare ingresso alla prova contraria offerta dal contribuente.
Ed invece il giudice non può, quando esamina le argomentazioni RAGIONE_SOCIALE parti o i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la loro valutazione, perché questo è il solo contenuto «statico » della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi, tanto più in una fattispecie complessa, anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto «dinamico » della dichiarazione
stessa (Cass. 20/12/2018, n. 32980; Cass. 29/07/2016, n. 15964; Cass. 23/01/2006, n. 1236).
Proprio la necessità di esporre le ragioni del giudizio di prevalenza di una tesi sull’altra esclude che, sul punto, la motivazione possa essere integrata dagli ampi riferimenti, contenuti negli atti difensivi del controricorrente, agli atti di parte e ai documenti prodotti in causa, o al richiamo, meramente generico, della sentenza di primo grado, che però non possono essere utilizzati al fine di riempire di contenuto le generiche affermazioni della CTR e la cui indicazione evidenzia ancor di più il vizio denunciato.
4. Il secondo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
In entrambi gli anni di imposta sono state oggetto di accertamento le spese sostenute per pranzi offerti a terzi, ritenute dall’ufficio spese di rappresentanza, e quindi deducibili sono nella misura di un terzo nell’arco di cinque anni, ai sensi dell’art. 108, comma 2, t.u.i.r., e altre spese, per pranzi consumati o offerti a terzi nonchè per soggiorni alberghieri, ritenute extraprofessionali, cioè non inerenti all’attività svolta, perché svolte in luoghi turistici lontani dalla sede dell’attività.
La RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto, in merito alle prime, che esse non fossero spese di rappresentanza ma di pubblicità in quanto funzionali a portare a conoscenza dei medici clienti l’offerta del prodotto farmaceutico con il fine di stimolare la domanda e perseguire una migliore economicità nella gestione degli affari, estendendo poi le stesse considerazioni anche alle altre spese per pasti e prestazioni alberghiere.
Il motivo è quindi infondato laddove deduce una mancata distinzione tra le due tipologie di spese ma è altresì inammissibile, laddove, in via del tutto generica e aspecifica, pone la distinzione tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità, che però non si accompagna ad alcuna specifica censura alla predetta motivazione della CTR.
Il motivo è infine inammissibile laddove censura la violazione dell’art. 2697 cod. civ. in quanto il cattivo esercizio del potere di apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio, né in quello del precedente n. 4, disposizione che, per il tramite dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 7/10/2021, n. 27270).
5. Il ricorso va quindi accolto quanto al primo e al terzo motivo, respinto quanto al secondo; la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame e cui è demandato di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, rigettato il secondo; cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame e cui è demandato di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 24 gennaio 2024.