Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28923 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28923 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
Oggetto: IVA – operazioni
oggettivamente inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3173/2025 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (domicilio digitale PEC: EMAIL) come da procura speciale in atti
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE (domicilio digitale PEC: EMAIL)
-intimata – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania n. 4741/01/2024 depositata in data 19/07/2024
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 18/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
-al contribuente, imprenditore individuale, veniva notificato l’avviso di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO per il periodo d’imposta 2016, col quale l’ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Caserta disconosceva i costi ivi indicati e dichiarava indetraibile l’IVA derivante da fatture emesse dal fornitore COGNOME NOME, per prestazioni di servizi consistenti in lavori di subappalto ed avvalimento e di cessione di beni per nolo di un ponteggio necessario alla loro puntuale esecuzione, operazioni ritenute oggettivamente inesistenti -alla luce della documentata avvenuta cessazione della ditta RAGIONE_SOCIALE alla data del 31 gennaio 2015 con conseguente recupero di € 158.943,34, a titolo di tributo, interessi e sanzioni;
-il giudice di primo grado accoglieva in parte il ricorso;
-appellava l’Ufficio;
-con la sentenza ora oggetto di impugnazione, la Corte di giustizia di secondo grado della Campania ha accolto l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE;
-ricorre quindi COGNOME NOME con atto affidato a tre motivi che illustra con memoria;
-l’Amministrazione Finanziaria è rimasta intimata in questo giudizio di Legittimità;
Considerato che:
-va in primo luogo disattesa l’istanza di rinvio della causa a nuovo ruolo per la trattazione alla pubblica udienza in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass., Sez. U, 5.6.2018, n. 14437), né
vertendosi in ipotesi di decisione avente rilevanza nomofilattica (Cass., Sez. U, 23.4.2020, n. 8093);
-preliminarmente, inoltre, va rilevato che tutte le censure, ancorché in termini più rilevanti per il terzo motivo, risultano tutte cumulative di più doglianze, riferite a violazioni sia dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. sia del n. 4 e del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. , formulate -in concreto in modo da costituire, all’interno di ogni motivo, un coacervo inestricabile di mezzi di impugnazione senza evidenziare specificamente la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. n. 8915/2018), non consentendo di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, sì da consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., Sez. U., n. 9100/2015), sì da determinarne l’inammissibilità di tutte per carenza di chiarezza e specificità;
-in ogni caso, i motivi, anche a voler operare una specifica analisi RAGIONE_SOCIALE censure proposte singolarmente considerate, sono tutti manifestamente infondati e inammissibili posto che:
-1. il primo motivo censura la sentenza impugnata ex art. 360 co.1 c.p.c. n. 3) e n.5), per violazione dell’art.1 comma 3 del d.P.R. 472/96, dell’art. 21, comma 4, terzo periodo lett. a) del d.P.R. n. 633/72 e degli artt. 2 e 6 stessa fonte, dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art.115 c.p.c. e dell’art. 7 d. Lgs. n. 546/92; secondo il contribuente il giudice di merito avrebbe erroneamente invertito l’onere della prova, sollevando l’Ufficio
dall’onere gravante a suo carico quale attore sostanziale, di dar prova della inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di rilievo;
-1.1. il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile;
-1.2. in primo luogo, non vi è nella sentenza impugnata alcuna traccia di inversione dell’onere della prova: il giudice del merito dapprima ha rilevato la presenza degli elementi indiziari dedotti e provati dall’Ufficio, quindi li ha posti a confronto con gli elementi di segno contrario dedotti e provati dal contribuente;
-scrive infatti la CGT di secondo grado che ‘invero, a fronte RAGIONE_SOCIALE anomalie e criticità riscontrate dall’Ufficio, il contribuente appellato si è limitato a produrre la documentazione sopra indicata ma non è stato in grado di dimostrare come e quando siano avvenute le consegne dei materiali noleggiati né risultano prodotti a tal fine documenti di trasporto. La regolarità formale della documentazione contabile, come detto, non è idonea a superare i gravi indizi in ordine alla oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni. A ciò si aggiunge che con riferimento alla posizione fiscale della ditta RAGIONE_SOCIALE si è accertata la mancanza di dichiarazioni e di versamenti, la mancanza di dipendenti e che l’attività era cessata in data 31.12.2015′;
–
Cass. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 28628 del 18/10/2021) secondo la quale in tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura
tale modus operandi logico e giuridico è del tutto in linea con la giurisprudenza costante e uniforme di questa Corte (tra molte, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 10336 del 19/04/2025; Sez. 5, Ordinanza n. 9723 del 10/04/2024; operazioni oggettivamente inesistenti è a
organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia;
-1.3. in altra parte della sua articolazione, poi, il motivo propone censure sostanzialmente solo in fatto, con le quali si sollecita questa Corte a procedere ad una rivalutazione RAGIONE_SOCIALE prove in atti, con conseguente non consentita revisione del merito della controversia (Cass. n. 13715/2023); invero, non è consentito in sede di Legittimità, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360, quinto comma, c.p.c., svolgere censure di merito sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge al fine di sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti ed una diversa valutazione del materiale probatorio;
-1.4. inoltre, il ricorrente insiste in memoria sulla mancata valutazione di ‘tutte le prove fornite’, con ciò urtando frontalmente contro il principio espresso da questa Corte nella massima composizione nomofilattica (Cass. SS. UU. N. 8053 del 7 aprile 2014) secondo il quale l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
-2. il secondo motivo, per vero articolato in due sub-censure, lamenta, ex art. 360 co.1 c.p.c. n. 3), la violazione dell’art.109
TUIR, dell’art.19 d.P.R. n. 633/72, dell’art. 2082 c.c., dell’art.2 e 20 d. Lgs. n. 74/00, dell’art.7 d. Lgs. n. 546/92 sotto altro profilo e degli artt. 115 e 116 c.p.c.;
-secondo la parte ricorrente sarebbe dapprima errata la valutazione espressa dalla sentenza di merito che ha desunto dalla cessazione formale della ditta individuale l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate, ma non solo: ulteriore errore sarebbe stato commesso nel negare aprioristicamente, a monte, ogni valenza al decreto di archiviazione che, a valle, verrebbe privato dell’attitudine ad avere conseguenze automatiche in sede tributaria, così sottraendosi a quell’opera di vaglio ed apprezzamento alla quale dovrebbe sottoporlo il giudice;
-2.1. il secondo motivo è nella sua prima articolazione inammissibile, in quanto reiterativo di doglianze analoghe a quelle svolte nel primo motivo e parimenti, quindi, inammissibili;
-2.2. nella sua seconda articolazione, quanto alla valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze del procedimento penale oggetto di archiviazione, è manifestamente infondato;
-il decreto in argomento, emesso ai sensi dell’art. 408 c.p.p. non rientra fra i provvedimenti dotati di autorità di cosa giudicata nel procedimento tributario (Cass. n. 3423 del 2021), neppure a seguito della modifica intervenuta con l’introduzione dell’art. 21-bis del d. Lgs. n. 74 del 2000. Si tratta di un provvedimento che non impedisce che lo stesso fatto possa essere diversamente valutato e qualificato dal giudice tributario, poiché, a differenza della sentenza pronunciata all’esito del dibattimento, il decreto di archiviazione presuppone la mancanza di un processo e non dà luogo ad alcuna preclusione,
non rientrando nemmeno fra i provvedimenti dotati di autorità di cosa giudicata, giusta il disposto di cui all’art. 654 c.p.p. (Cass. n. 16649 del 2020 e n. 7202 del 2023). Il decreto di archiviazione citato dalla sentenza impugnata, quindi, non poteva limitare il ragionamento presuntivo che il giudice tributario avrebbe dovuto svolgere ai sensi dell’art. 2729 c.c.
-3. il terzo motivo si incentra, ex art. 360, co.1, n.4, c.p.c., sulla reiterata nullità della sentenza, viziata da omessa pronuncia e deficit motivazionale, in riferimento all’art. 36 d. Lgs. n. 546/92, all’art. 115 c.p.c. e 112 c.p.c., all’art. 24 d. Lgs. n. 546/92;
-secondo il contribuente la Corte di merito non ha pronunciato o ha reso solo grafica motivazione sul perché le deduzioni del contribuente circa l’esistenza del fornitore e comunque sulla effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni andassero respinte; inoltre, quanto alle cessioni di beni in nolo, in subordine al primo motivo, si eccepisce il difetto assoluto di motivazione sulla offerta prova contraria; infine, riguardo alle prestazioni di servizi il contribuente lamenta l’omessa pronuncia o, in subordine, il difetto integrale di motivazione, con riguardo alle eccezioni di prova contraria, avendo dedotto e dimostrato -secondo la prospettazione della parte ricorrente -l’esistenza in beni strumentali, personali e idonee qualifiche del fornitore e l’effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni rese;
-ancora, si lamenta l’omessa pronuncia, e in subordine l’assenza motivazionale, sulla eccepita riqualificazione RAGIONE_SOCIALE operazioni, posta in via subordinata, come soggettivamente inesistenti;
-3.1. il motivo, come già sopra evidenziato, è in primo luogo inammissibile perché contenente plurime censure sovrapposte e inestricabili tra loro;
-non è invero ammissibile un motivo formulato mediante la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. n. 32952/2019; Cass. n. 24901 /2019; Cass. n. 26874 /2018) e ciò anche a volere accogliere l’orientamento meno rigoroso che subordina l’ammissibilità del motivo frutto di mescolanza (Cass. n. 32952/2019; Cass. n. 24901/2019; Cass. n. 26874/2018) alla condizione che lo stesso comunque evidenzi -cosa che qui non accade – specificamente la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto;
-3.2. secondariamente, lo stesso è ulteriormente inammissibile per una ulteriore ragione;
-trova qui applicazione anche la giurisprudenza, pure essa costante oltre che risalente, di questa Corte (si vedano tra molte, limitando il riferimento alle sole pronunce massimate, Cass. Sez. L, Sentenza n. 13866 del 18/06/2014; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 6150 del 05/03/2021; Cass.
Sez. 5, Ordinanza n. 27551 del 23/10/2024) in forza della quale va rilevata la contraddittorietà della denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360, n. 4, c.p.c. e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c., mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
-in conclusione, quindi, il ricorso va rigettato;
-le spese processuali seguono la soccombenza;
-poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13 ottobre 2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22 settembre 2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15 novembre 2023) secondo la quale in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in
conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
-pertanto, sulla scorta di quanto esposto, ed in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma, il ricorrente va condannato al pagamento della somma di euro 3.0 00,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., e di euro 1.500,00 sensi del comma 4 della medesima disposizione
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 6.000,00, oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente al pagamento della ulteriore somma di euro 3.000,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. a favore di parte controricorrente e di euro 1.500,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME