LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni inesistenti: onere della prova e sanzioni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21501/2025, ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova in materia di operazioni inesistenti. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato a una società la deducibilità di costi per fatture emesse da ‘società cartiere’. La Corte ha stabilito che il solo pagamento delle fatture non è sufficiente a dimostrare la realtà dell’operazione, una volta che l’amministrazione finanziaria ha fornito elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sulla fittizietà. Spetta quindi al contribuente fornire la prova contraria sull’effettiva esecuzione della prestazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: la Cassazione ribadisce l’onere della prova per il contribuente

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 21501/2025 offre un’importante lezione sul tema delle operazioni inesistenti e sulla ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente. La Corte ha chiarito che, di fronte a solidi indizi di frode presentati dall’Amministrazione finanziaria, il semplice pagamento delle fatture non è sufficiente a dimostrare l’effettività delle operazioni commerciali e a garantirsi la deducibilità dei relativi costi.

I Fatti del Caso

Una società vinicola si era vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di costi per quasi due milioni di euro ai fini IRES e IRAP. L’accertamento derivava da una verifica della Guardia di Finanza, la quale aveva scoperto che la società aveva registrato fatture di acquisto di mosto da un’impresa individuale risultata essere una ‘società cartiera’. Quest’ultima era priva di qualsiasi struttura operativa e creata al solo scopo di emettere fatture false per agevolare frodi fiscali.

La società aveva impugnato l’atto, ma il ricorso era stato respinto in primo grado. In appello, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva sorprendentemente ribaltato la decisione, accogliendo le ragioni del contribuente (nel frattempo fallito e rappresentato dalla curatela). La CTR aveva ritenuto i costi deducibili, basando il proprio convincimento esclusivamente sulla prova dell’avvenuto pagamento delle fatture tramite bonifici e assegni. Contro questa sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle operazioni inesistenti

La Suprema Corte ha accolto quasi in toto le ragioni dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa a un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella scorretta applicazione delle regole sull’onere della prova da parte dei giudici di appello.

Analisi dell’Onere della Prova

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: in tema di operazioni inesistenti, spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare, anche tramite presunzioni semplici (purché gravi, precise e concordanti), che l’operazione commerciale documentata dalla fattura non è mai avvenuta. Elementi tipici a sostegno di tale tesi sono l’assenza di una struttura organizzativa (locali, mezzi, personale) in capo al fornitore.

Una volta che il Fisco ha assolto a questo onere, la palla passa al contribuente. Quest’ultimo deve fornire la prova contraria, ovvero dimostrare la fonte legittima della detrazione e l’effettiva esistenza dell’operazione. E qui sta il punto cruciale della sentenza: non è sufficiente esibire la fattura formalmente corretta o le evidenze contabili del pagamento. Questi elementi, infatti, sono spesso utilizzati proprio per creare un’apparenza di realtà in operazioni fittizie.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno spiegato che la CTR ha errato nel considerare il pagamento come un ‘elemento assorbente e dirimente’ per provare l’esistenza delle operazioni. Questo ragionamento viola i principi fondamentali che regolano l’onere probatorio in materia tributaria. L’avvenuto pagamento non dimostra, di per sé, che una prestazione sia stata effettivamente eseguita dal soggetto che ha emesso la fattura.

La Corte ha sottolineato come l’Amministrazione Finanziaria avesse fornito elementi sintomatici convergenti sull’inesistenza dell’impresa fornitrice. Di fronte a tali indizi, la CTR avrebbe dovuto pretendere dalla curatela fallimentare una prova concreta e robusta della reale esecuzione delle forniture di mosto, prova che non è stata fornita. In sostanza, il giudice di merito ha sovvertito il riparto degli oneri probatori, esonerando di fatto il contribuente dal suo dovere di dimostrare la realtà delle operazioni contestate.

Inoltre, la Corte ha accolto anche il motivo di ricorso relativo all’omessa valutazione di un’altra parte del recupero fiscale, relativa a fatture di un’altra società per operazioni oggettivamente inesistenti, questione che la CTR aveva completamente ignorato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito fondamentale per tutte le imprese. La lotta alle frodi fiscali basate sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti passa anche da un’attenta verifica dei propri partner commerciali. La decisione della Cassazione conferma che:
1. L’onere della prova iniziale è del Fisco, che può basarsi su presunzioni.
2. Una volta che il Fisco ha fornito indizi solidi, l’onere si sposta sul contribuente.
3. Il solo pagamento delle fatture non è una prova sufficiente a vincere la presunzione di frode.

Le aziende devono quindi adottare procedure di due diligence sui propri fornitori per assicurarsi di non essere coinvolte, anche inconsapevolmente, in schemi fraudolenti. Conservare documentazione che vada oltre la mera fattura e il pagamento (es. documenti di trasporto, corrispondenza commerciale, prove di consegna) diventa cruciale per poter difendere la propria posizione in caso di contestazioni fiscali.

È sufficiente dimostrare il pagamento di una fattura per provare che un’operazione commerciale è realmente avvenuta ai fini fiscali?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esibizione della fattura e la prova del relativo pagamento non sono sufficienti a dimostrare l’effettiva esistenza dell’operazione, specialmente quando l’Amministrazione finanziaria fornisce indizi gravi, precisi e concordanti che suggeriscono una frode (es. il fornitore è una ‘società cartiera’).

Su chi ricade l’onere della prova in caso di contestazione di operazioni inesistenti?
L’onere della prova è ripartito. Inizialmente, spetta all’Amministrazione finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni, l’inesistenza dell’operazione. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare in modo concreto la realtà e la legittimità della transazione commerciale.

Cosa si intende per ‘società cartiera’ o ‘missing trader’?
Si tratta di un soggetto economico fittizio, privo di una reale struttura operativa e organizzativa (senza locali, personale, mezzi), la cui attività si limita all’emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di permettere a terzi di commettere frodi fiscali, come la detrazione di costi e IVA non dovuti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati