Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33220 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33220 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
Oggetto: tributi – IVA – principio di diritto violazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22267/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA) in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Commissario Straordinario pro tempore, rappresentata e difesa dal l’Avv. Prof. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, in virtù di procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata all’indirizzo PEC studio@pec.basilavecchia.it
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dell’Abruzzo, n. 671/06/2023 depositata in data 11 settembre 2023. l’accoglimento del ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 21 novembre 2024.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2002, con cui veniva contestato l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse dai fornitori RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE Gli avvisi facevano seguito a PVC in data 18 maggio 2006 e avevano a oggetto il recupero di maggiore IVA e la riduzione della perdita ai fini IRPEG e IRAP quale effetto del disconoscimento dell’indebita contabilizzazione di fatture di acquisto fittizie.
La CTP di Pescara ha rigettato il ricorso, con sentenza confermata dalla CTR dell’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara. La sentenza di appello è stata cassata da questa Corte con rinvio (Cass., Sez. V, 13 luglio 2016, n. 14292), per difetto di motivazione.
A seguito di rinvio, la CTR dell’Abruzzo accoglieva nuovamente l’appello dell’Ufficio, con sentenza cassata da questa Corte (Cass., Sez. V, 11 maggio 2022, n. 14854), per apparenza della sentenza e violazione del principio di diritto.
A seguito di nuovo giudizio di rinvio la Corte di giustizia tributaria dell’Abruzzo, con sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello del contribuente , ritenendo che l’Ufficio non ha fornito un quadro indiziario adeguato a provare la ricorrenza nel caso di specie di operazioni soggettivamente inesistenti.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a quattro motivi, al quale la società contribuente in RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. Il controricorrente ha depositato istanza di trattazione, nonché memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 384 cod. proc. civ. e dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la sentenza di appello ritenuto che le operazioni sottostanti fossero soggettivamente inesistenti, laddove nel caso di specie si verte in tema di operazioni oggettivamente inesistenti. La violazione del principio di diritto emergerebbe dalla valutazione degli elementi di prova nella cornice della soggettiva inesistenza delle stesse anziché in quella della oggettiva inesistenza.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa e/o apparente motivazione in violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 d. lgs. n. 546/1992, emergendo a debba del ricorrente un deficit motivazionale tale da rendere incomprensibile il percorso logico seguito.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ., per non essersi la sentenza impugnata pronunciata sulla questione delle operazioni oggettivamente inesistenti; il ricorrente trascrive, al riguardo, alcuni passaggi delle controdeduzioni del primo grado di giudizio, nonché delle controdeduzioni in appello e nel primo giudizio di rinvio.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., errata ricostruzione e applicazione delle regole dell’onere della prova (artt. 115 cod. proc. civ., artt. 2697, 2727
e 2729 cod. civ., violando le regole di riparto dell’onere della prova; ritiene parte ricorrente che la società contribuente non abbia assolto all’onere della prova contraria, su di essa gravante, circa l’esistenza delle operazioni sottostanti l’emissione delle fatture di acquisto.
I quattro motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati, non apparendo la sentenza impugnata né conforme al principio di diritto della seconda sentenza rescindente, né al di sopra dello standard del cd. del « minimo costituzionale » (Cass., 7 aprile 2014, n. 8053), nella parte in cui ha ritenuto che il quadro probatorio addotto dall’Ufficio non fosse idoneo a provare l’esistenza di operazioni soggettivamente inesistenti, a fronte di una contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti.
Come condivisibilmente osservato dal Pubblico Ministero, «l ‘ordinanza rescindente 14854/2022 fa riferimento a fatture oggettivamente inesistenti (solo per la SAPIO) e a fatture soggettivamente inesistenti (sia per la RAGIONE_SOCIALE che per RAGIONE_SOCIALE, della cui interposizione fittizia si fa cenno) ma la suddetta distinzione non è il tratto qualificante de ll’ordinanza stessa, la quale annulla la sentenza della Commissione tributaria regionale 1080/2017 non in ragione della qualificazione -soggettiva od oggettiva – del carattere illegittimo delle fatture dedotte e/o detratte; bensì in ragione della inidoneità della sentenza a descrivere il meccanismo fraudolento che tali indebite detrazioni e/o deduzioni consentiva, essendosi limitata, tale sentenza, ad un confuso accostamento e ad un disorganico coacervo di operazioni societarie, dalle quali non era dato evincere il suddetto meccanismo».
Ne consegue che l’accertamento compiuto dal giudice di appello contrasta con il principio di diritto affermato da questa Corte nel secondo giudizio rescindente, nonché con il carattere « chiuso » del giudizio di rinvio. Questa Corte, già nel primo giudizio rescindente
(Cass., n. 14292/2016, cit.) , nel cassare l’originaria sentenza di appello per difetto di motivazione, aveva rilevato come non fosse stata data indicazione nella sentenza di appello delle ragioni della sovrafatturazione e delle ragioni di omessa registrazione di note di accredito, nel delineato quadro di « complesso ed articolato sistema finalizzato alla frode fiscale ». La successiva sentenza rescindente di questa Corte (Cass., n. 14854/2022, cit.), nell’accogliere il primo motivo di ricorso, attinente alla dedotta « fittizietà delle operazioni» , ha ritenuto violato il principio di diritto di cui alla precedente sentenza rescindente (che avrebbe dovuto motivare adeguatamente in ordine alla esistenza di un meccanismo di sovrafatturazione da parte dei fornitori RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), evidenziandosi come il quadro probatorio non fosse idoneo a qualificare le operazioni come soggettivamente inesistenti (« palesandosi, tuttavia, di per sé stesso inidoneo a far luce sul profilo dell’inesistenza soggettiva delle operazioni fatturate »).
8. La pronuncia va cassata per nullità della sentenza e violazione del principio di diritto per nuovo esame. Al giudice del rinvio è rimessa la valutazione dello ius superveniens in materia di sanzioni, come indicato dal controricorrente in memoria, oltre che la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 21 novembre 2024