LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni inesistenti: onere della prova e ricavi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5026/2024, ha rigettato il ricorso di un’impresa di ingegneria contro un avviso di accertamento per operazioni inesistenti. La Corte ha confermato che spetta al contribuente l’onere di provare l’effettività delle operazioni contestate dall’Amministrazione Finanziaria. Inoltre, ha stabilito che per ottenere la sterilizzazione dei ricavi correlati a costi indeducibili, il contribuente deve dimostrare la fittizietà anche di tali ricavi, una prova non fornita nel caso di specie.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: Onere della Prova e Sterilizzazione dei Ricavi

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 5026 del 26 febbraio 2024 affronta un tema cruciale nel diritto tributario: le operazioni inesistenti. Questa pronuncia chiarisce in modo netto l’onere della prova che grava sul contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria contesta la realtà di talune transazioni e le relative implicazioni sulla deducibilità dei costi e sulla tassazione dei ricavi.

I Fatti del Caso: Costi Indeducibili e l’Accertamento Fiscale

Una società operante nel settore dell’ingegneria generale si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava il reddito d’impresa dichiarato per l’anno 2007. L’Amministrazione contestava la deducibilità di diversi costi, tra cui, in particolare, l’acquisto di materiale da costruzione per un importo considerevole, ritenendo che si trattasse di operazioni inesistenti.

La Commissione Tributaria Provinciale aveva inizialmente accolto il ricorso del contribuente. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, ha riformato parzialmente la decisione, ritenendo legittimo il recupero a tassazione relativo alle fatture per l’acquisto di materiali. I giudici di secondo grado hanno basato la loro decisione su un solido quadro probatorio fornito dall’Agenzia delle Entrate, dal quale emergeva che la ditta fornitrice era, di fatto, una “cartiera” o società fantasma.

L’Inconsistenza del Fornitore

Le indagini avevano rivelato che la società fornitrice:
– Non aveva mai effettuato acquisti di materiali.
– Il suo titolare, con precedenti per uso di stupefacenti, aveva denunciato lo smarrimento di tutta la documentazione contabile solo dopo essere stato convocato dalla Guardia di Finanza.
– La sede legale era un terreno in stato di abbandono.
– Il titolare non era a conoscenza dell’attività imprenditoriale e delle relative responsabilità.

Di fronte a questi elementi, il contribuente non è riuscito a fornire una prova contraria convincente. Le prove addotte, come copie di assegni mai incassati, prelevamenti di contante non direttamente collegabili alla consegna di denaro al fornitore e una quietanza di pagamento proveniente dallo stesso titolare della ditta fittizia, sono state ritenute inidonee a scardinare il quadro presuntivo costruito dall’Amministrazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulle operazioni inesistenti

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso presentati dal contribuente, fornendo importanti chiarimenti su diversi principi giuridici.

L’Onere della Prova del Contribuente

Il punto centrale della decisione riguarda l’onere della prova. La Corte ribadisce che, a fronte di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti forniti dall’Amministrazione Finanziaria che fanno dubitare della realtà delle operazioni, spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle transazioni, la loro inerenza all’attività d’impresa e la loro tracciabilità. Nel caso di specie, le prove offerte sono state giudicate insufficienti e prive di riscontri oggettivi, rendendo legittimo l’accertamento fiscale.

L’Applicazione dello “Ius Superveniens”

Il ricorrente invocava l’applicazione di una norma più favorevole successiva ai fatti (l’art. 8, comma 2, del D.L. n. 16/2012), la quale prevede che, in caso di costi per operazioni inesistenti, non concorrono alla formazione del reddito i componenti positivi (ricavi) direttamente afferenti a tali costi.

La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, chiarendo un aspetto fondamentale: per beneficiare di questa norma, è il contribuente a dover provare che anche i ricavi dichiarati erano fittizi e “correlati” ai costi indeducibili. Poiché il contribuente ha sempre sostenuto la reale esistenza delle operazioni di acquisto (e quindi, implicitamente, la realtà dei lavori di costruzione e dei relativi ricavi), non ha mai offerto la prova della fittizietà dei componenti positivi del reddito. Pertanto, la norma non poteva trovare applicazione.

La Motivazione della Sentenza d’Appello

Infine, la Corte ha ritenuto infondate le critiche sulla presunta “motivazione apparente” della sentenza regionale. Al contrario, i giudici di legittimità hanno evidenziato come la decisione di secondo grado fosse ampiamente e logicamente motivata, avendo esaminato nel dettaglio tutti gli elementi probatori forniti da entrambe le parti e spiegato chiaramente le ragioni per cui le prove del contribuente erano state ritenute inidonee.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza rafforza alcuni principi cardine in materia di contenzioso tributario relativo alle operazioni inesistenti. Le imprese devono prestare la massima attenzione nella selezione dei propri fornitori, adottando procedure di due diligence per verificarne l’affidabilità e la reale operatività. La sola documentazione formale, come le fatture, non è sufficiente a garantire la deducibilità dei costi se l’Amministrazione Finanziaria fornisce prove solide sulla natura fittizia del partner commerciale. Inoltre, emerge chiaramente che la strategia difensiva deve essere coerente: non si può sostenere la realtà delle operazioni e, al contempo, chiedere la sterilizzazione dei ricavi come se fossero fittizi. L’onere di provare ogni singolo elemento a proprio favore ricade, in ultima analisi, sul contribuente.

In caso di contestazione di operazioni inesistenti, su chi ricade l’onere della prova?
Una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sull’inesistenza delle operazioni (ad esempio, dimostrando che il fornitore è una società fantasma), l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare con prove concrete e oggettive l’effettiva esecuzione delle operazioni contestate.

È possibile escludere dalla tassazione i ricavi correlati a costi per operazioni inesistenti?
Sì, la legge (art. 8, comma 2, D.L. n. 16/2012) lo consente, ma a una condizione precisa: il contribuente deve provare che anche i componenti positivi (i ricavi) sono fittizi e direttamente collegati ai costi indeducibili. Se il contribuente sostiene che le operazioni di acquisto sono reali, non può contemporaneamente chiedere la detassazione dei ricavi correlati.

Quando la motivazione di una sentenza può essere considerata “apparente” e quindi nulla?
Una motivazione è considerata “apparente” quando, pur essendo presente graficamente nel testo, non rende percepibili le ragioni logiche e giuridiche della decisione. Questo accade se il giudice si limita a formule di stile o a un elenco di fatti senza spiegare come questi abbiano portato al suo convincimento, impedendo così ogni controllo sulla logicità del suo ragionamento. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che la motivazione fosse, al contrario, completa e dettagliata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati