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Operazioni inesistenti: onere della prova e raddoppio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16493/2024, ha rigettato il ricorso di una società, chiarendo la ripartizione dell’onere della prova in caso di operazioni inesistenti. Se l’Amministrazione finanziaria fornisce elementi presuntivi sulla fittizietà delle operazioni, spetta al contribuente dimostrarne l’effettività. La Corte ha inoltre confermato la legittimità del raddoppio dei termini di accertamento in presenza di indizi di reato tributario e ha stabilito la natura sostanziale e non retroattiva della nuova disciplina sulla prova introdotta dall’art. 7, comma 5-bis, del d.lgs. n. 546/1992.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: la Cassazione sull’Onere della Prova e il Raddoppio dei Termini

La gestione fiscale di un’azienda impone la massima attenzione nella documentazione dei costi e nella scelta dei partner commerciali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 16493/2024) ribadisce principi fondamentali in materia di operazioni inesistenti, chiarendo la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente e la legittimità del raddoppio dei termini di accertamento. Analizziamo questa importante decisione per comprenderne le implicazioni pratiche per le imprese.

I Fatti di Causa

Una società si vedeva notificare un avviso di accertamento per IVA, IRES e IRAP relativo all’anno d’imposta 2007. L’Amministrazione finanziaria contestava l’indebita deduzione di costi e la detrazione dell’IVA relative a fatture emesse da quattro diverse società fornitrici. Secondo il Fisco, si trattava di operazioni inesistenti, sia dal punto di vista oggettivo (le prestazioni non erano mai state eseguite) che soggettivo (le prestazioni erano state eseguite da soggetti diversi da quelli che avevano emesso la fattura).
La Commissione Tributaria Regionale confermava la validità dell’accertamento, sostenendo che la società contribuente non avesse fornito prove sufficienti sull’effettività dei costi e sull’operatività delle società fornitrici. Contro questa decisione, l’azienda proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su diversi motivi.

L’Onere della Prova nelle Operazioni Inesistenti

Il primo e centrale punto del ricorso riguardava la violazione delle regole sull’onere della prova (art. 2697 c.c.). La società sosteneva che l’Ufficio si fosse basato su semplici elementi presuntivi, senza fornire prove concrete dell’inesistenza delle prestazioni.
La Cassazione ha respinto questa tesi, riaffermando un principio consolidato: in tema di operazioni inesistenti, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostra, anche tramite presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti, l’esistenza di elementi che facciano dubitare della veridicità delle operazioni fatturate (come la mancanza di struttura operativa dei fornitori), l’onere della prova si inverte.
Spetta quindi al contribuente, che intende dedurre i costi e detrarre l’IVA, fornire la prova contraria. Tale prova non può limitarsi all’esibizione della fattura o alla dimostrazione del pagamento, elementi che spesso vengono creati ad arte proprio per simulare un’operazione reale. Il contribuente deve dimostrare l’effettiva esecuzione della prestazione, la sua inerenza all’attività d’impresa e la sua realtà economica.

Il Raddoppio dei Termini di Accertamento e l’Ipotesi di Reato

Un altro motivo di ricorso contestava l’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento, sostenendo che non sussistessero i presupposti per la denuncia di un reato tributario (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti).
Anche su questo punto, la Corte ha dato torto alla ricorrente. I giudici hanno chiarito che, per la normativa applicabile all’epoca dei fatti, il raddoppio dei termini era legittimo in presenza di seri indizi di un reato che facessero sorgere l’obbligo di denuncia penale. È irrilevante l’effettiva presentazione della denuncia o l’esito del successivo procedimento penale (archiviazione o assoluzione).
Il giudice tributario deve compiere una valutazione autonoma (“prognosi postuma”) sulla sussistenza, al momento dell’accertamento, dei presupposti che imponevano la denuncia, senza entrare nel merito dell’accertamento del reato stesso. La Corte ha inoltre specificato che il reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti può configurarsi anche in caso di inesistenza soggettiva, poiché anche in tal caso si determina un’evasione fiscale.

La Nuova Disciplina sulla Prova non è Retroattiva

La società ricorrente aveva invocato la nuova disciplina sull’onere probatorio introdotta dall’art. 7, comma 5-bis, del D.Lgs. 546/1992 (ad opera della L. 130/2022). Questa norma prevede che l’Amministrazione finanziaria debba provare in giudizio le violazioni contestate.
La Cassazione ha però spento ogni speranza su questo fronte, qualificando la norma come disposizione di natura sostanziale e non processuale. Essendo una regola di giudizio che incide sulla decisione di merito, essa non ha efficacia retroattiva e si applica solo ai giudizi introdotti dopo la sua entrata in vigore (16 settembre 2022).

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in toto, condannando la società al pagamento delle spese processuali. Le motivazioni si fondano su principi giurisprudenziali ormai consolidati. In primo luogo, l’inversione dell’onere della prova è una conseguenza diretta del dovere del contribuente di dimostrare la legittimità dei vantaggi fiscali (deduzioni e detrazioni) di cui intende beneficiare. In secondo luogo, la lotta all’evasione giustifica strumenti come il raddoppio dei termini, la cui applicazione è legata alla presenza di fondati sospetti di reato, da valutare ex ante. Infine, il principio di irretroattività delle norme sostanziali impedisce di applicare le nuove, e potenzialmente più favorevoli, regole sulla prova a contenziosi già pendenti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione per le imprese.
1. Due Diligence sui Fornitori: È fondamentale non solo acquisire la documentazione formale (fatture, contratti), ma anche verificare l’effettiva struttura e capacità operativa dei propri partner commerciali per non incorrere in contestazioni per operazioni soggettivamente inesistenti.
2. Documentazione Robusta: Per difendersi da un accertamento, non basta la contabilità. È necessario conservare ogni documento idoneo a provare l’effettiva esecuzione delle prestazioni (documenti di trasporto, stati di avanzamento lavori, corrispondenza, report, etc.).
3. Consapevolezza dei Rischi: La contestazione di operazioni inesistenti comporta non solo il recupero di imposte, sanzioni e interessi, ma anche l’estensione dei tempi a disposizione del Fisco per i controlli e potenziali implicazioni penali. Una corretta e trasparente gestione aziendale è la prima e più efficace forma di tutela.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione di operazioni inesistenti?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione finanziaria fornire elementi, anche presuntivi, che facciano dubitare della realtà delle operazioni. Una volta forniti tali elementi, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare con prove concrete l’effettiva esistenza, inerenza e realtà economica delle prestazioni ricevute.

Il raddoppio dei termini di accertamento è legittimo anche se il procedimento penale viene archiviato?
Sì. Secondo la normativa vigente all’epoca dei fatti contestati, il raddoppio è legittimo se, al momento dell’accertamento, sussistevano seri indizi di un reato tributario tali da far sorgere l’obbligo di denuncia penale. L’esito del procedimento penale è irrilevante per la validità dell’accertamento fiscale.

La nuova norma sull’onere della prova a carico dell’Amministrazione finanziaria (art. 7, comma 5-bis, d.lgs. 546/1992) è retroattiva?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di una norma di natura sostanziale, e non processuale. Pertanto, non ha efficacia retroattiva e si applica solo ai giudizi introdotti dopo il 16 settembre 2022, data della sua entrata in vigore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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