Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17235 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17235 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 684/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata nello studio dell’Avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.RAGIONE_SOCIALE BOLZANO n. 60/2016, depositata in data 10 giugno 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con ricorso dinanzi la RAGIONE_SOCIALE di Bolzano la società RAGIONE_SOCIALE impugnava due avvisi di accertamento, relativi agli anni 2005 e 2006, con i quali l’Agenzia delle Entrate -direzione
Avv. Acc. IRES, IRAP e IVA 2006
provinciale di Bolzano – procedeva a rettificare il reddito imponibile della stessa disconoscendo costi portati in deduzione (per € 100.000,00 nel 2005 e per € 60.300,00 nel 2006), nonché rideterminava l’IVA dovuta, disconoscendo le detrazioni per cifre corrispondenti ai costi. Ne derivava anche il ricalcolo dell’IRAP dovuta e l’applicazione delle sanzioni; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato. In particolare, l’ente erariale riteneva sussistere operazioni oggettivamente inesistenti al fine della sola emissione della fattura con conseguente scarico fiscale nei confronti delle due ditte COGNOME e COGNOME
La C.t.p. di Bolzano, con sentenza n. 53/02/2015, accoglieva il ricorso della contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t. II° grado di Bolzano; si costituiva anche la contribuente, chiedendo la conferma della sentenza emessa in primo grado.
Con sentenza n. 60/02/2016, depositata in data 10 giugno 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame dell’Ufficio.
Avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e la contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 5 marzo 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Art 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. d) e 40 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 nonché dell’art. 54, comma 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in relazione all’art. 2697 cod. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto come la prova di operazioni oggettivamente inesistenti possa essere fornita dall’Ufficio per mezzo di presunzioni
semplici, riconoscendo poi rilevante per il caso di specie che si fornisse prova anche dei soggetti che abbia reso le operazioni, così come che la contribuente tenesse formale documentazione delle stesse.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, cosi rubricato: «Art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.: nullità della sentenza per omissione di pronuncia» l’Ufficio lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non si è pronunciata con riguardo alla censura d’appello circa l’inesistenza di operazioni intercorse anche con la società RAGIONE_SOCIALE
Il primo motivo è fondato.
In tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (cfr. tra tante Cass. 10/04/2024, n. 9723; Cass. 18/10/2021, n. 28628).
2.1. Nella fattispecie in esame, nella sentenza impugnata, i giudici della C.t.r. hanno fatto malgoverno dei principi declinati allorquando hanno argomentato l’effettività delle operazioni fatturate da Scrinzi alla società contribuente dal fatto che, essendo committenti in suo favore, in virtù di un contratto di appalto, il Comune di Bolzano, la Provincia di Bolzano e l’Azienda Sanitaria, erano state prodotte le fatture in ricarico emesse nei confronti dei
predetti enti ‘che certamente avranno verificato l’effettività dei lavori svolti prima di procedere al pagamento’.
E’ evidente che tale argomentazione non concreta prova contraria sufficiente ed idonea atteso che non è in discussione se queste prestazioni sono state effettuate o meno in esecuzione del contratto di appalto ma la struttura aziendalistica delle due società di cui si è accertato che erano prive di qualsivoglia organizzazione imprenditoriale e quindi che non sussistevano né la struttura né il personale per rendere le prestazioni fatturate alla società contribuente. Addirittura, la difesa si appunta su un dato di irregolarità ossia, con particolare riferimento alla ditta di COGNOME, che costui aveva lavoratori extracomunitari non dichiarati che, perciò, pagava in contanti.
Pertanto, nella sentenza impugnata, manca ogni valutazione sulla tesi iniziale dell’Agenzia ossia non la realità dell’esecuzione o meno dei lavori appaltati dagli enti pubblici ma -la realità dei lavori asseriti come effettuati dalle due società alla società contribuente e fatturati. Né, a tali fini, può darsi rilievo alla circostanza riportata secondo cui la contribuente aveva saldato, sia pure in contanti, i subappaltatori.
2.2. Sulla base di giurisprudenza costante di questa Corte, si ripete, la presenza di formale documentazione non vale ad escludere l’esistenza della frode fiscale perché la prova contraria che il contribuente deve offrire non può consistere nelle edizioni della fattura nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili e dei mezzi di pagamento adoperati che anzi di norma vengono proprio utilizzati allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia. Tanto più che la documentazione non un risultava regolare avendo ammesso la resistente di aver operato pagamenti in contanti e in sicura violazione della normativa antiriciclaggio vigente.
Il secondo motivo è parimenti fondato.
Costituisce principio consolidato giurisprudenziale quello secondo cui la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero … essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U., n. 8053/2014, con riferimento al nuovo testo dell’art. 360 cod. proc. civ., a seguito alla riforma di cui all’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22/06/2012, n. 83, conv. in l. 7/08/2012, n. 134, applicabile al caso in esame trattandosi di sentenza emessa dopo il 10 settembre 2012); successivamente tra le tante Cass. n. 6626/2022; Cass. n. 22598/2018).
3.1. Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha omesso qualsivoglia valutazione sulla posizione della ditta RAGIONE_SOCIALE di Romani RAGIONE_SOCIALE di Laives atteso che, come riportato nella parte della sentenza riferita al fatto, le operazioni asserite come oggettivamente inesistenti riguardavano le fatture emesse (negli anni 2005 e 2006) nei confronti della ricorrente dalle ditte individuali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e di tale questione non vi è alcuna valutazione nonostante lo
specifico motivo di appello proposto dall’Agenzia, riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza.
4. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Commissione Tributaria di II° grado di Bolzano, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 5 marzo 2025 e in seconda convocazione il 9