Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12688 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12688 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
Avv. Acc. IRES IRAP 2005
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29445/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 2204/2017, depositata in data 18 maggio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione impugnava dinanzi la C.t.p. di Milano l’avviso di accertamento ai fini IRES IRAP per il
–
2005. Con esso l’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale di Milano I – contestava alla ricorrente operazioni oggettivamente inesistenti, relative all’anno d’imposta 2005, per € 660.190,00, recuperati a tassazione per € 29.763,52 ai fini IRES ed IRAP, elevando una sanzione complessiva per € 11.086,00; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Milano con sentenza n. 10380/22/2015, rigettava integralmente il ricorso della contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la conferma della sentenza emessa in primo grado.
Con sentenza n. 2204/18/2017, depositata in data 18 maggio 2017, la C.t.r. adita rigettava il gravame della contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo e l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 7 marzo 2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: « Ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – violazione del principio dell’onere della prova ex art. 2697 cod. civ., violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato art. 112 cod. proc. civ. – errata interpretazione e valutazione da parte del giudice di secondo grado delle prove documentali prodotte dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE in liquidazione» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha mancato di valutare tutto il compendio probatorio prodotto dalla stessa contribuente, incorrendo in un’omissione di pronuncia.
Il motivo è infondato.
La relativa censura è imperniata quasi esclusivamente su quanto acclarato nella sentenza penale n. 1320/2014 di proscioglimento
del GUP del Tribunale di Milano e su come, errando, la sentenza impugnata non abbia esaminato opportunamente i fatti oggetto della sentenza penale citata così come delibati. In altri termini, la doglianza non verte su come la C.t.r. abbia esaminato il compendio probatorio offerto in prova contraria al quadro indiziario dedotto dall’Ufficio ma sul fatto che non si sia tenuto conto delle riflessioni effettuate dal GUP in sentenza e fondanti il proscioglimento dall’accusa penale.
2.1. Sul punto, va precisato che è stato emanato il decreto legislativo n. 87 del 2024 che (in esecuzione della delega conferita al Governo dall’art. 20 della legge n. 111 del 2023), pubblicato sulla G.U. n. 150 del 28/6/2024 ed entrato in vigore il 29/6/2024, il cui art. 1, comma 1, lett. m) ha introdotto, nel corpo del d.lgs. n. 74 del 2000, il nuovo art. 21 bis, rubricato ‘Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione’, che così dispone, per quel che in questa sede interessa: ‘1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.’ Tale ius superveniens si applica anche ai casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 87 del 2024, purché, alla data di entrata in vigore del d.lgs., sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza
2.2. Tale valutazione, introdotta con modifica normativa, deve essere effettuata ex officio , tuttavia, nel caso di specie, l’efficacia vincolante non può essere riconosciuta atteso che la legge richiede
una sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento mentre la sentenza in argomento è stata pronunciata dal GUP.
2.3 . Procedendo nell’esame della questione in lite, la C.t.r., ritenendo la sentenza della C.t.p. adeguatamente argomentata su tutti i punti controversi, ha avuto cura di precisare che: ‘Contrariamente a quanto sostenuto dalla contribuente, i giudici di prime cure paiono avere compreso adeguatamente il punto controverso: pur valutando la documentazione prodotta, la sentenza di primo grado ha ritenuto la stessa non adeguata alla prova dell’effettività delle operazioni contestate. D’altra parte, la circostanza che parte della documentazione non sia stata reperibile per distruzione e successivo furto non esonera la parte dall’ordinaria diligenza che avrebbe imposto, nei limiti del possibile, una ricostruzione della contabilità ora per allora. Come rilevato dall’Ufficio e risultante dai verbali endoprocedimentali, la parte non ha prodotto registri Iva completi, non ha fornito prova dei pagamenti eseguiti a chiusura delle operazioni con RAGIONE_SOCIALE, non ha provato che la sottofatturazione dei trasporti verso la Bulgaria veniva compensata con ricavi derivanti da altri trasporti, non ha fornito prova della contabilizzazione delle fatture di riaddebito delle spese doganali a RAGIONE_SOCIALE (in sostanza, la contribuente curava servizi di consulenza e di trasporto per conto della RAGIONE_SOCIALE). Senza contare che, come dichiarato dalla legale rappresentante della contribuente in sede endoprocedimentale, appare del tutto inverosimile la circostanza che i contratti con la RAGIONE_SOCIALE e con la società RAGIONE_SOCIALE fossero solamente verbali. Ciò posto, considerato che l’onere della prova in tema di deducibilità dei costi è interamente in capo al contribuente, specie considerati gli indizi portati dall’Ufficio in ordine alla non effettività delle operazioni commerciali, la sentenza di primo grado va confermata. A ciò si
aggiunga, d’altra parte, che la Commissione Regionale ha espresso analoga posizione anche con riferimento all’annualità 2006′.
2.4. Le considerazioni declinate si pongono assolutamente in linea con l’orientamento giurisprudenziale della Corte secondo cui ‘Ai fini del diritto alla deduzione di costi inerenti ex art. 109 TUIR e della detrazione di Iva ex art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, è necessaria la regolare tenuta delle scritture contabili e delle fatture che, ai fini dell’IVA, sono idonee a rappresentare il costo dell’impresa e che devono contenere oggetto e corrispettivo di ogni operazione commerciale, sicché, in caso di operazioni ritenute dall’Amministrazione inesistenti, spetta a quest’ultima l’onere di dimostrare, attraverso la prova logica (o indiretta) o storica (o diretta) e anche con indizi integranti presunzione semplice, la fittizietà dell’operazione e non al contribuente la sua effettività, essendo questi chiamato a fornire la prova contraria soltanto quando sia assolto l’onere probatorio gravante sulla prima’. (Cass. 11/12/2020, n. 28246).
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 7 marzo 2025.
La Presidente
NOME COGNOME