Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9684 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9684 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
Oggetto: Tributi
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 4925 del ruolo generale dell’anno 2024, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata – per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania n. 6731/18/2022, depositata in data 13 ottobre 2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dal
Consigliere NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a sette motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania aveva accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 9798/13/2021 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento con il quale, previo p.v.c. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Napoli, a seguito di due segnalazioni dell’Ufficio Controlli della D.P. II di Roma e della D.P. II di Milano dell’ADE, aveva ripreso a tassazione per il 2015, costi indebitamente dedotti, ai fini Ires e Irap, in quanto ritenuti non inerenti, e costi indebitamente dedotti, ai fini Ires e Irap, e detratti ai fini Iva in relazione a fatture emesse da società c.d. cartiere afferenti ad operazioni inesistenti.
E’ rimasta intimata la società contribuente;
CONSIDERATO CHE
1.Va preliminarmente rilevata la tempestività del ricorso per cassazione notificato, via pec, in data 29 febbraio 2024 (come da ricevuta di consegna in atti) presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore domiciliatario della società del grado di appello (EMAIL entro il termine semestrale, ex art. 327, comma 1, c.p.c., decorrente dal deposito della sentenza impugnata in data 13.10.2022; ciò considerando la sospensione per undici mesi dei termini di impugnazione per le controversie definibili, che siano scaduti tra il
1 gennaio 2023 e il 31 ottobre 2023 , ai sensi dell’art. 1, comma 199, della legge n. 197/2022, come modificato dall’art. 20, comma 1, lett. D) del d.l. n. 34 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 56 del 2023.
2 .Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza ex art. 111 Cost., 1,2 e 36 del d.lgs. n. 546/92, 132 e 118 disp. att. c.p.c., per motivazione omessa e/o apparente, sotto un duplice profilo, : 1) per avere la CGT di II grado accolto l’appello della società contribuente, con annullamento in toto dell’ atto impositivo, ritenendo non fornito dall’Ufficio alcun supporto documentale in ordine ai rapporti commerciali intrattenuti da Witron con le società c.d. cartiere di cui alle due segnalazioni della D.P. II di Roma e della D.P. II di Milano dell’ADE (MOUE e Siglanet) , sebbene l’ipotesi di falsa fatturazione riguardasse, come si evinceva dal p.v.c. della G.d.F., anche una terza cedente (RAGIONE_SOCIALE, emittente di n. 33 fatture afferenti ad operazioni ritenute soggettivamente e oggettivamente inesistenti, senza che sul punto nella sentenza fosse argomentato alcunché; 2) per avere la CGT di II grado sovrapposto i concetti di motivazione dell’atto impositivo e di prova della pretesa tributaria (‘ a parte il rilievo preliminare sul gravissimo difetto di motivazione dell’av viso perché tutto quanto ampiamente dedotto sulla frode carosello e sul ruolo delle varie società non aveva alcun supporto documentale ‘ …’ i giudici di prime cure non potevano in alcun modo verificare quanto dedotto non avendo a propria disposizione alcun materiale istruttorio ‘).
2.1. Il motivo è infondato.
2.2.Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016;
conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; Cass. n. 29124/2021). Nella sentenza impugnata, la CGT di II grado ha osservato che: 1) durante la fase di verifica non vi era stato alcun contraddittorio preventivo sulle relazioni commerciali intercorrenti con le società che avrebbero emesso le fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti – che determinavano ‘ la quasi totalità della ripresa ‘ – in quanto tali relazioni non erano state minimamente oggetto di verifica (prima ratio decidendi ) ; 2) l’avviso era affetto da vizio di motivazione ( per relationem ) atteso che faceva riferimento a un p.v.c. in cui non era allegata alcuna circostanza relativa alle relazioni che si assumevano intrattenute con le società filtro e a due segnalazioni che si limitavano a evidenziare che, nella contabilità delle società verificate (Moue e RAGIONE_SOCIALE), erano state rinvenute fatture emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (seconda ratio decidendi ); 3) quanto dedotto dall’Agenzia non aveva alcun supporto documentale, non essendo state prodotte, né in sede di contraddittorio nè in sede giudiziale, le verifiche effettuate nei confronti delle società terze, la cui assunta natura di cartiere non poteva costituire, peraltro, oggetto di accertamento (terza ratio decidendi ). Trattasi dunque di un apparato argomentativo, per quanto succinto, al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Cass., Sez. U, 8053/2014; Cass. sez. 5, Sentenza n. 11106 del 06/04/2022).
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CGT di II grado accolto l’appello della società contribuente senza prendere in considerazione gli elementi indiziari indicati nel p.v.c. della G.d.F. (allegato alle controdeduzioni di primo grado) a sostegno della contestazione circa le false fatturazioni emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della contribuente, afferenti ad operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti.
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 109, comma 4, del TUIR, 17, 19, 21 e 54 del DPR n. 633/72, 2697, 2727 e 2729 c.c. per avere la CGT mal governato le norme in tema di formazione della prova presuntiva e il criterio di riparto dell’onere della prova in tema di operazioni inesistenti nel ritenere la pretesa
tributaria non fondata su alcun supporto documentale avendo, invece, l’Agenzia fornito, come si evinceva dal p.v.c. – quantomeno con riguardo alla società RAGIONE_SOCIALE– una serie di elementi indiziari (mancata coincidenza del domicilio fiscale dichiarato dalla società con la sede della stessa, essendo risultata ivi ubicata una abitazione privata; dichiarazioni del legale rappresentate; mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali; mancanza di personale alle proprie dipendenze) attestanti la fittizietà soggettiva e oggettiva delle operazioni dalla stessa fatturate nei confronti della contribuente (fatture di vendita di prodotti ‘ sottocosto ‘ e fatture emesse per prestazioni di servizi mai avvenute di assistenza tecnica informatica di una piattaforma on-line) e l’assenza di buona fede in capo a quest’ultima.
4.I motivi secondo e terzo -che aggrediscono la terza ratio decidendi e da trattarsi congiuntamente per connessione – sono fondati per le ragioni di seguito indicate.
4.2.Appare opportuno riepilogare sinteticamente i consolidati approdi di questa Corte in tema di operazioni inesistenti, notoriamente distinte in “oggettivamente” e “soggettivamente” tali, le prime caratterizzate dalla mera cartolarità delle operazioni commerciali sottese, in quanto mai poste in essere da alcuno, le seconde relative invece ad ipotesi di fatture emesse da soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione in essa rappresentata, di cui il cessionario o committente è stato realmente destinatario.
4.3. Quanto alle operazioni oggettivamente inesistenti, questa Corte ha affermato che «ove la fattura costituisce in tutto o in parte mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, l’amministrazione ha l’onere di fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva (Cass. nn. 21953/07, 9784/10, 9108/12, 15741/12, 23560/12; 27718/13, 20059/2014, 26486/14, 9363/15; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C-439/04; 21 febbraio 2006, C-255/02; 21 giugno 2012, C-80/11; 6 dicembre 2012, C-285/11; 31 novembre 2013, C-642/11), del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata, dopo di che spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni
contestate; tale prova, tuttavia, non può consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. nn. n. 11624 del 2020; 28572 del 2017; 5406 del 2016, 28683 del 2015, 428 del 2015, 12802 del 2011, 15228 del 2001); e comunque, una volta accertata l’assenza dell’operazione, è escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente , il quale ovviamente sa bene se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il prezzo o corrispettivo» (Cass. n. 18118 del 2016, in motivazione; Cass. n. 16473 del 2018). In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo ad operazioni oggettivamente inesistenti, grava sul contribuente l’onere di provare la fittizietà dei componenti positivi che, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 2012, n. 44 (con portata retroattiva), ove direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. (Cass. n.21189 del 2014; Cass. n. 7896 del 2016).
4.4.In tema di operazioni soggettivamente inesistenti, questa Corte, alla luce della giurisprudenza comunitaria, ha statuito il seguente condivisibile principio di diritto: “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul
contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. n. 9851 del 2018; nello stesso senso, Cass., 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., 14 marzo 2018, n. 6291; Cass., 28 marzo 2018, n. 7613; Cass, sez. 5, 18 dicembre 2019, n. 33598, da ultimo, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 15369 del 20/07/2020).
L’apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso alle presunzioni, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, la scelta dei fatti noti che costituiscono la base della presunzione e il giudizio logico con cui si deduce l’esistenza del fatto ignoto sono riservati al giudice di merito, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ( ex plurimis , Cass. n. 1234 del 2019, n. 1216 del 2006, n. 11906 del 2003). La tesi che ritiene censurabile con ricorso per cassazione, sotto il profilo della falsa applicazione dell’art. 2797 c.c., in base all’art. 360 n. 3 c.p.c., la valutazione dei singoli elementi indiziari data dal giudice di merito, in concreto, in termini di gravità, precisione e concordanza, quali requisiti assunti come propri del modello normativo delle presunzioni (in tal senso Cass. n. 29635 del 2018, n. 19485 del 2017), postula tuttavia che sia la legge a dare contenuto normativo ai suddetti parametri, ma la legge processuale non fornisce in realtà indicazioni al riguardo. E’ per questa ragione che «le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice » (art. 2729, comma 1, c.c.), al quale spetta di valutare se e quando determinati fatti storici integrino, in concreto, indizi gravi, precisi e concordanti, cioè quando possa dirsi raggiunta la prova del fatto principale in via deduttiva da fatti secondari di cui si sia avuta conoscenza tramite fonti materiali di prova. I parametri indicati sono insuscettibili di essere assunti in categorie astratte e generalizzabili, potendosi
solo dire che il requisito della gravità si riferisce al grado di convincimento che le presunzioni sono idonee a produrre nel senso che l’esistenza del fatto ignoto dev’essere desunta con ragionevole certezza, anche probabilistica; che 10 il requisito della precisione impone che i fatti noti, da cui muove il ragionamento probabilistico, ed il percorso che essi seguono non siano vaghi ma ben determinati nella loro realtà storica; che il requisito della concordanza postula che la prova sia fondata su una pluralità i fatti noti convergenti nella dimostrazione del fatto ignoto. E tuttavia, la concretizzazione dei suddetti parametri, cioè la loro traduzione in strumenti operativi per la soluzione delle concrete controversie costituisce oggetto di un giudizio di fatto che è affidato al giudice di merito, il quale deve fornire una motivazione adeguata del proprio ragionamento decisorio di tipo presuntivo (Sez. 1, n. 10253 del 19/04/2021).
4.5. In tema di ricorso per cassazione, il libero convincimento del giudice di merito in tema di presunzioni è sindacabile nei ristretti limiti di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., e cioè per mancato esame di fatti storici, anche quando veicolati da elementi indiziari non esaminati e dunque non considerati dal giudice sebbene decisivi, con l’effetto di invalidare l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato , nonché quando la motivazione non sia rispettosa del minimo costituzionale (Sez. 1, n. 10253 del 19/04/2021; Cass. n. 18598 del 2020, Cass. n. 21223 del 2018, n. 13399 del 2018, n. 13922 del 2016).
Nella sentenza impugnata, la CGT ha ritenuto l’illegittimità dell’avviso in questione in quanto (tra l’altro) ‘ tutto quanto ampiamente dedotto sulla frode carosello e sul ruolo delle varie società non aveva alcun supporto documentale ‘ , e che ‘ i giudici di prime cure non potevano in alcun modo verificare quanto dedotto non avendo a propria disposizione alcun materiale istruttorio; al riguardo se era indubbiamente vero che nelle riprese a tassazione dell’Iva per operazioni soggettivamente inesistenti potevano essere utilizzate le verifiche effettuate nei confronti di società terze, i relativi accertamenti andavano messi a disposizione della contribuente in sede di contraddittorio e in ogni caso in sede giudiziale..
nessun vaglio poteva essere effettuato neanche in ordine alla natura di cartiera delle ditte fornitrici poiché le verifiche effettuate nei loro confronti erano solo citate dall’Ufficio ma mai portare all’attenzione della Corte ‘; con ciò, la CTG ha omesso di prendere in considerazione elementi indiziari – che, qualora esaminati, avrebbero potuto determinare una decisione in senso diverso -riportati nel p.v.c. (trascritto, nelle parti rilevanti, in ricorso) in ordine alla emersa fittizietà (quantomeno) della cedente NOME NOME COGNOMEmancata coincidenza del domicilio fiscale dichiarato dalla società con la sede della stessa, essendo risultata ivi ubicata una abitazione privata; dichiarazioni del legale rappresentate; mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali; mancanza di personale alle proprie dipendenze) relativamente ad operazioni ritenute soggettivamente e oggettivamente fittizie ( fatture di vendita di prodotti ‘sottocosto’ e fatture emesse per prestazioni di servizi di assistenza tecnica informatica di una piattaforma on-l ine, ritenute dall’Ufficio, per quanto supportate da un contratto tra le parti, mai avvenute stante la rilevata mancanza di personale e di struttura in capo alla Console Planet).
5.Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 42 del dPR n. 600/73, 7 della legge n. 212/2000, 2697 c.c. per avere la CGT di II grado ritenuto illegittimo l’avviso per difetto di motivazione per relationem avendo fatto riferimento ad un p.v.c. in cui non era allegata alcuna circostanza relativa alle relazioni intrattenute dalla contribuente con le società fittizie e a due segnalazioni di altri Uffici che si limitavano ad evidenziare che, nella contabilità delle società verificate (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), erano state rinvenute fatture emesse nei confronti di Witron; ciò senza verificare – quanto meno con riguardo alla società terza RAGIONE_SOCIALE -la riproduzione del contenuto essenziale del p.v.c. nell’avviso in questione e senza considerare che l’obbligo di motivazione doveva ritenersi assolto allorquando -come nella specie l’Amministrazione avesse esternato i fatti astrattamente giustificativi della pretesa fiscale salvo poi, in sede contenziosa, l’onere dell’Ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum accertato.
Il motivo -che aggredisce la seconda ratio decidendi – è fondato.
In termini generali va ricordato che la legittimità dell’avviso di accertamento postula la conoscenza o la conoscibilità da parte del contribuente dell’atto richiamato solo allorché il suo contenuto serva ad integrare la motivazione dell’atto impositivo, con esclusione, quindi, dei casi in cui essa sia già sufficiente e il richiamo ad altri atti abbia solo valore narrativo o il contenuto di ulteriori atti sia già riportato nell’atto noto. Ai fini dell’annullamento il contribuente deve, pertanto, provare, non solo che gli atti ai quali fa riferimento l’atto impositivo o quelli cui esso rinvia sono a lui sconosciuti, ma anche che almeno una parte del contenuto di essi sia necessaria ad integrare direttamente o indirettamente la motivazione del suddetto atto impositivo. (Cfr. Cass. 10/02/2016, n. 2614 in una fattispecie, analoga a quella in esame, di atti impositivo che rinviava ad un p.v.c. redatto dalla G.d.F. nei confronti di soggetto terzo, non allegato al predetto avviso). Il contribuente ha diritto di conoscere la motivazione dell’atto impositivo e, di conseguenza, degli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, con motivazione c.d. per relationem; tanto, tuttavia, non implica il diritto di conoscere il contenuto di tutti gli atti ai quali si faccia eventuale riferimento nell’atto impositivo se ciò non serve ad integrare la motivazione dell’atto impositivo in quanto essa è già sufficiente, sì da potersi affermare che il richiamo ad altri documenti ha solo valore narrativo (cfr. Cass. 05/02/2009, n. 2749; Cass 17573 del 2024).
Questa Corte ha, altresì, affermato che, ai sensi dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, la motivazione dell’avviso di accertamento esige -oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria -soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi, idonei a delimitare l’àmbito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale fase contenziosa, restando affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti medesimi e la loro idoneità a sostenere la pretesa impositiva (Cass. 21 novembre 2001, n. 14700; Cass. 11 novembre 2011, n. 23615; Cass. 26290 del 2016; Cass. n. 28061 del 2017).
Nella sentenza impugnata, non si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere l’illegittimità dell’avviso in questione per difetto di motivazione per relationem atteso che quest’ultimo faceva riferimento ‘ ad un processo verbale di constatazione in cui non era allegata alcuna circostanza relativa alla relazione intrattenuta con le società filtro e a segnalazioni di altri uffici che si limitavano a segnalare che nella contabilità delle società verificate erano state rinvenute fatture emesse nei confronti della Witron ‘; con ciò, effettuando una valutazione della sufficienza motivazionale dell’avviso non già in base a fatti astrattamente giustificativi della pretesa fiscale bensì in base ad elementi di fatto giustificativi della pretesa medesima -ritenuti, nella specie, inesistenti -che avrebbero potuto rilevare in sede contenziosa.
6.Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 6, e 12, comma 7, della legge n. 212/2000 per avere la CGT di II grado ritenuto l’illegittimità dell’avviso per mancato espletamento del contraddittorio endoprocedimentale sebbene il p.v.c. della G.d.F. del 14.12.2018 redatto a carico della contribuente fosse stato consegnato, in pari data, al legale rappresentante della stessa, e fossero trascorsi per la presentazione di osservazioni oltre 60 giorni dalla notificazione in data 26.8.2020 dell’atto impositivo medesimo senza che, con riguardo all’Iva, la società avesse assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto fare valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (c.d. prova di resistenza); peraltro, come si evinceva dallo stesso avviso, nella specie, il contraddittorio- seppure non con gli esiti auspicati dalla contribuenteera stato regolarmente tenuto, essendo stati effettuati diversi incontri tra i verificatori e il legale rappresentante (o suoi delegati) della società.
6.1.Il quinto motivo- che aggredisce la prima ratio decidendi – è fondato.
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali la giurisprudenza di legittimità afferma che solo per i tributi “armonizzati” l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endo-procedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che
avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa. Per quelli “non armonizzati” non è invece rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, che pertanto sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Sez. U, 9 dicembre 2015, n. 24823). Si tratta di un orientamento ormai consolidato, ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, e al quale anche questo collegio intende dare continuità. Dal perimetro dell’obbligo del contradd ittorio restano dunque fuori le imposte non armonizzate, salvo una espressa prescrizione legislativa e, quanto all’iva e a quelle armonizzate, le fattispecie in cui il contribuente non superi la prova di resistenza, ossia quando sia evidente che le ragioni che il contribuente lamenta di non aver fatto valere in occasione di un contraddittorio endoprocedimentale -qualora attuatonon avrebbero comunque determinato l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo, rivelandosi pertanto meramente dilatorie. Il che, può aggiungersi, non vuol significare che alle parti del procedimento amministrativo (Amministrazione e contribuente) debba richiedersi nella fase endo-procedimentale capacità di critica e valutazione delle complessive allegazioni documentali, pari a quelle demandate all’organo giudiziario in sede processuale, ma che la serietà e pertinenza delle allegazioni del contribuente, qualora vagliate dall’Amministrazione finanziaria all’esito della verifica e prima della notificazi one dell’atto impositivo, avrebbero potuto incidere sul se e sul contenuto di questo, se celebrato il contraddittorio. Ciò che infatti rileva è la prova che la celebrazione del contraddittorio “avrebbe potuto comportare un risultato diverso ” (cfr. Corte di Giustizia UE, 3 luglio 2014, in causa C-129 e C-130/13, RAGIONE_SOCIALE ). Questa Corte ha affermato che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. “a tavolino” effettuate nei confronti di terzi, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”, ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto
un’opposizione meramente pretestuosa» (Cass., 19 luglio 2021, n. 20436). Peraltro, è utile chiarire che, se il contraddittorio endo-procedimentale è obbligatorio per le imposte armonizzate, ciò tuttavia non implica l’insorgenza di un obbligo dell’Agenzia delle entrate di ‘audizione’ del contribuente, cioè un obbligo di convocazione, soprattutto se mancano del tutto i presupposti da cui l’organo accertatore possa evincere l’intenzione del contribuente di contraddire sugli esiti della verifica. Il momento di attuazione del contraddittorio trova più facile identificazione nel realizzarsi della fattispecie prevista dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, ossia nel diritto del contribuente, entro sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, di comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dall’ufficio impositore. (Cass. n. 8472 del 2023) .
Posto quanto sopra, nella specie, il giudice di appello ha mal governato i suddetti principi in quanto -lungi sostanzialmente dal sconfessare quanto accertato dalla CTP in ordine alla regolare instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale (per esservi stati diversi incontri tra i funzionari verificatori e i rappresentanti della società che avevano prodotto documentazione) -ha accolto il motivo di censura relativo alla violazione del contraddittorio preventivo sulle relazioni intercorrenti con le società che avrebbero emesso le fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti ‘ poiché tali relazioni (che poi determinavano quasi la totalità della ripresa) non erano state minimamente oggetto di verifica ‘ ; con ciò, peraltro, sovrapponendo il piano del contraddittorio preventivo con quello della prova.
7.Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 c.p.c., 18, 21,24 e 57 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CGT di II grado, annullato in toto l’avviso in questione, incorrendo in un vizio di extrapetizione, atteso che l’ ulteriore ripresa- confermata dal giudice di primo gradocontenuta nell’atto impositivo relativa a costi ritenuti indebitamente dedotti in quanto non inerenti (n. 39 fatture relative all’acquisto di alimenti per animali; n. 12 fatture relative a servizi di somministrazione di vizio ed alloggio; n. 3 fatture per prestazioni di servizi di
viaggi e soggiorni non imponibili) – non era stata oggetto di impugnazione da parte della contribuente.
Con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. per avere la CGT di II grado , nell’annullare in toto l’avviso de quo, violato il giudicato interno formatosi in ordine alla decisione del giudice di primo grado – non impugnata dalla contribuente in sede di gravame -di conferma dell ‘ulteriore ripresa, contenuta nel detto atto impositivo, dei costi indebitamente dedotti in quanto ritenuti non inerenti.
9.Il sesto motivo è fondato, con assorbimento del settimo.
9.1.Il vizio di ultrapetizione o extrapetizione, ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione (« petitum » e « causa petendi ») e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (« petitum » immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (« petitum » mediato) (Cass., 21 marzo 2019, n. 8048; Cass., 11 aprile 2018, n. 9002; Cass. sez. 5, n. 771 del 2024). Il vizio di extrapetizione ricorre « quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge » (Cass., 5 agosto 2019, n. 20932; Cass. sez. 1, n. 25840 del 2021). Nella specie, come si evince dalla sentenza impugnata e dal ricorso a fronte dell’avviso di accertam ento con il quale erano stati, tra l’altro, ripresi a tassazione costi (per euro 10.349,00) dedotti, ai fini delle imposte dirette e detratti ai fini Iva, ritenuti non inerenti, dell’impugnazione svolta in primo e in secondo grado attinente alla assunta
illegittimità della ripresa fiscale fondata sulla contestata falsa fatturazione nei confronti della contribuente da parte di società terze c.d. cartiere afferente ad operazioni inesistenti -la CGT di II grado, nell’annullare in toto l’avviso, ha pronunciato oltre i limiti del petitum (immediato) sostituendo i fatti costitutivi della pretesa.
9.2. In conclusione, vanno accolti i motivi di ricorso dal secondo al sesto, rigettato il primo, assorbito il settimo, con cassazione della sentenza impugnatain relazione ai motivi accolti- e rinvio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione;
P.Q. M.
La Corte accoglie i motivi di ricorso dal secondo al sesto, rigettato il primo, assorbito il settimo, cassa la sentenza impugnata- in relazione ai motivi accoltie rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 26 marzo 2025