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Operazioni inesistenti: onere della prova e IVA

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29475/2025, ha cassato con rinvio la decisione di una Commissione Tributaria Regionale in un caso di operazioni inesistenti. La Corte ha ribadito la netta distinzione tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, chiarendo i diversi oneri probatori a carico dell’Amministrazione Finanziaria e del contribuente. In particolare, è stato sottolineato che il giudice di merito non aveva adeguatamente motivato la propria decisione, omettendo di qualificare le operazioni contestate e di valutare le prove fornite dall’Agenzia circa la natura di ‘cartiere’ delle società fatturanti.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: la Cassazione chiarisce l’Onere della Prova

L’ordinanza n. 29475 del 2025 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla gestione delle contestazioni fiscali relative a operazioni inesistenti. Questa pronuncia ribadisce i principi fondamentali che regolano l’onere della prova, distinguendo nettamente tra inesistenza oggettiva e soggettiva, e sottolinea il dovere del giudice di motivare in modo chiaro e completo le proprie decisioni. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società di costruzioni per l’anno d’imposta 2007. L’Amministrazione Finanziaria contestava la deducibilità di costi e la detrazione dell’IVA relative a fatture emesse da società considerate ‘cartiere’, ovvero imprese prive di una reale struttura operativa, dipendenti o sede legale, create al solo scopo di emettere documenti fiscali fittizi.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della società. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale riformava la decisione di primo grado, accogliendo pienamente l’appello della contribuente. Secondo il giudice di secondo grado, le prove documentali fornite dalla società dimostravano l’effettiva realizzazione delle opere commissionate, escludendo così l’inesistenza delle operazioni.

L’Agenzia delle Entrate, ritenendo la sentenza d’appello viziata, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente la violazione delle norme sull’onere della prova e una motivazione insufficiente e apparente.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle Operazioni Inesistenti

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella critica mossa al giudice d’appello, il quale non ha correttamente applicato i principi che governano la ripartizione dell’onere probatorio in materia di operazioni inesistenti.

La Corte ha evidenziato come la sentenza di secondo grado fosse confusa e assertiva, non chiarendo se le operazioni fossero contestate come oggettivamente o soggettivamente inesistenti. Questa mancata qualificazione è cruciale, poiché da essa derivano differenti oneri probatori per le parti in causa.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla distinzione fondamentale tra due tipologie di inesistenza e sul conseguente riparto dell’onere della prova.

1. Inesistenza Oggettiva

Quando l’Amministrazione Finanziaria contesta che l’operazione fatturata non è mai avvenuta (inesistenza oggettiva), ha l’onere di fornire elementi probatori che facciano dubitare della veridicità della fattura. Ad esempio, può dimostrare che la società emittente è una ‘cartiera’, priva di mezzi, personale e sede per eseguire la prestazione.

Una volta che l’Agenzia ha fornito questa prova, l’onere si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza dell’operazione, e non può limitarsi a esibire la fattura o la prova del pagamento, elementi che spesso vengono creati ad arte proprio per simulare una transazione reale.

2. Inesistenza Soggettiva

Nel caso di inesistenza soggettiva, l’operazione economica è realmente avvenuta, ma tra soggetti diversi da quelli indicati in fattura. In questa ipotesi, l’onere probatorio a carico dell’Amministrazione Finanziaria è più gravoso. Non basta dimostrare la natura fittizia del fornitore, ma occorre anche provare che il destinatario della fattura (il contribuente) era consapevole o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza, di partecipare a un’evasione fiscale.

Nel caso di specie, la sentenza d’appello aveva escluso la natura di ‘cartiere’ delle società fornitrici in modo assertivo, senza analizzare gli elementi probatori raccolti dall’Agenzia (come le indagini della polizia giudiziaria che evidenziavano la totale assenza di struttura operativa e dipendenti). Per questo motivo, la Corte ha ritenuto la motivazione ‘al di sotto del minimo costituzionale’, in quanto non permetteva di comprendere il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio cardine del diritto tributario: in tema di operazioni inesistenti, il riparto dell’onere della prova è un meccanismo preciso che il giudice di merito deve applicare con rigore. La decisione impugnata è stata annullata proprio per non aver seguito questo percorso: non ha qualificato la natura dell’inesistenza contestata e, di conseguenza, non ha applicato il corretto canone probatorio, omettendo di valutare adeguatamente le prove fornite dall’Amministrazione Finanziaria. La causa torna ora al giudice di secondo grado, che dovrà riesaminare i fatti attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Suprema Corte.

In caso di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, su chi ricade l’onere della prova?
Inizialmente, l’Amministrazione Finanziaria deve provare, anche con presunzioni, che l’operazione non è reale (ad esempio, dimostrando che il fornitore è una ‘cartiera’). Successivamente, l’onere passa al contribuente, che deve dimostrare l’effettiva esistenza della prestazione ricevuta, senza potersi limitare all’esibizione della fattura o del pagamento.

Cosa deve dimostrare l’Amministrazione Finanziaria in caso di operazioni soggettivamente inesistenti?
In caso di inesistenza soggettiva, l’Amministrazione Finanziaria ha un onere probatorio più gravoso: deve dimostrare non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione si inseriva in un meccanismo di evasione dell’imposta. Tale prova può essere fornita anche tramite presunzioni.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado in questo caso?
La Corte ha annullato la sentenza perché la motivazione era carente e non rispettava il ‘minimo costituzionale’. Il giudice d’appello non aveva chiarito se le operazioni contestate fossero oggettivamente o soggettivamente inesistenti, un passaggio fondamentale per applicare il corretto regime di ripartizione dell’onere della prova. Inoltre, aveva escluso la natura di ‘cartiere’ delle società fornitrici in modo assertivo, senza analizzare le prove fornite dall’Agenzia delle Entrate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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