Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29475 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29475 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/11/2025
Oggetto: operazioni inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28855/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, con socio unico in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio letto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza n. 4656/21/2017 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 22/5/2017.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 23 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 4656/21/2017 veniva accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE con socio unico avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 5592/15/2016 che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla contribuente, avente ad oggetto l’avviso di accertamento per II.DD., IVA e altro relativamente al periodo di imposta 2007 notificatole dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
L’accertamento traeva origine da una verifica conclusa con p.v.c. e venivano contestate operazioni inesistenti coinvolgenti cartiere fatturanti costi per prestazioni di servizi pur in assenza di dipendenti e sede sociale.
Dalla lettura del ricorso e del controricorso si evince che il giudice di prime cure accoglieva in parte la preliminare doglianza della contribuente di decadenza dal potere accertativo limitatamente alla ripresa IRAP, confermando le restanti riprese. Il giudice d’appello accoglieva il gravame della contribuente nel merito.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione avverso la decisione, affidato a tre motivi, cui replica la contribuente con controricorso e ricorso incidentale per un motivo, che illustra con memoria ex art.380 bis.1. cod. proc. civ..
Considerato che:
In via prioritaria su un piano logico dev’essere affrontato l’unico motivo di ricorso incidentale, relativo alla decadenza dal potere impositivo, con cui in relazione all’art.360, primo comma, n.3., cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e falsa applicazione da parte del giudice degli artt. 57 d.P.R. n.633/72, 43 d.P.R. n.600/73, 1, commi 130-132, l. n.208/2015.
2. Il motivo è infondato.
2.1. In primo luogo, il Collegio osserva che sulla questione del raddoppio del termine c’è un parziale giudicato interno, dal momento che la doglianza della contribuente è stata accolta dal giudice di prime cure solo ai fini IRAP. L ‘appello è stato poi proposto solo dalla contribuente, evidentemente in relazione alla soccombenza parziale, mentre l’RAGIONE_SOCIALE non ha proposto appello incidentale, derivandone il giudicato interno limitatamente all’IRAP.
2.2. Ciò premesso, l ‘avviso di accertamento impugnato è stato notificato in data 1.7.2015. A differenza di quanto ritiene la contribuente, fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 128/2015, ossia il 2 settembre 2015, i termini per l’accertamento della pretesa impositiva previsti
dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA erano raddoppiati esclusivamente sulla base dell’astratta sussistenza dei presupposti in presenza dei quali si configura in capo al pubblico ufficiale l’obbligo della denuncia penale, a mente dell’art. 331, c.p.p., secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 247 del 2011 (v. Cass. n.16728/2016; Cass. n.33793/2019).
2.3. Dunque, la novella invocata e posta a base della censura in disamina non trova applicazione nella fattispecie, né si configura la paventata e genericamente prospettata disparità di trattamento, in presenza di una specifica scelta del legislatore di non intervenire anteriormente al 2.9.2015 nel senso invocato dalla società, con pieno rispetto dell’art.3 Cost.
Con il primo motivo del ricorso principale, in relazione all’art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, d.lgs. n. 546/92, con riferimento alla motivazione espressa dal giudice d’appello in relazione alle riprese ad imposizione per operazioni inesistenti.
Il motivo non è inammissibile come eccepito in controricorso, in quanto non si risolve in una mera denuncia di insufficienza della motivazione, ma è infondato.
Si rammenta che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché
il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053 cui hanno fatto seguito numerose pronunce conformi RAGIONE_SOCIALE Sezioni ordinarie, tra cui Cass. n. 7090/2022 nonché Cass. n. 6986/2023, in motivazione).
5. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata, non si colloca al di sotto del minimo costituzionale (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), perché a pag.4 conferma la ratio decidendi espressa dal giudice di prime cure di esclusione dell’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate (« esclusa l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate… » ), in presenza di prova dell’effettiva esecuzione RAGIONE_SOCIALE opere commissionate («questi documenti comprovano come le opere commesse alla RAGIONE_SOCIALE sono state effettivamente re alizzate… »). È anche vero che, nella sua argomentazione, il giudice prende in considerazione pure la «questione RAGIONE_SOCIALE stato soggettivo di inconsapevolezza e buona fede del cessionario» ( ibidem ) – profilo rilevante solo per le operazioni contestate come soggettivamente inesistenti -, sia pure per dire che la CTP non l’ha neppure esaminata fermandosi allo stadio all’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, ma, in ogni caso, l’esclusione della materialità RAGIONE_SOCIALE operazioni è chiara e motivata in termini che rispettano il minimo costituzionale.
6. Con il secondo motivo la ricorrente principale, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt.109 d.P.R. n.917/86, 14, comma 4 bis, L. n.537/1993, 19,21 e 54 d.P.R. n.633/72, 2697 cod. civ., comma 2,
d.lgs. n. 546/92, per non aver il giudice verificato la prova dell’effettiva esecuzione RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate, sulla base del compendio probatorio agli atti, in relazione alla detrazione e deduzione dei costi relativi da parte della contribuente.
Il motivo non è inammissibile, come sostenuto dalla controricorrente, in quanto non è privo di specificità e identifica il capo della decisione impugnato, né è privo di indicazione della norma di legge che assume violata essendo incentrato sul criterio di riparto della prova nelle operazioni inesistenti contestate, e neppure è meramente diretto ad ottenere una rivalutazione dell’assetto pro batorio valutato dal giudice il quale nella sua estrema sintesi non ha dato conto di elementi probatori individuati raccolti nel processo a fondamento della propria asserzione, ed è fondato.
7.1. Il Collegio reitera che, per costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti ai fini RAGIONE_SOCIALE loro operazioni soggette ad imposta costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione. Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (cfr. sentenza Corte Giustizia UE del 16 ottobre 2019, RAGIONE_SOCIALE , C -189/18, punto 33 e giurisprudenza ivi citata; sentenza 4 giugno 2020 RAGIONE_SOCIALE , nella causa C-430/19).
7.2. Orbene, «Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dalle finalità o dai risultati RAGIONE_SOCIALE medesime, purché siffatte attività siano, in linea di principio, esse stesse soggette
all’IVA (sentenza del 3 luglio 2019, The Chancellor, Masters and Scholars of the University RAGIONE_SOCIALE , C -316/18, punto 22 e giurisprudenza ivi citata). Ciò posto, la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, e la Corte ha più volte dichiarato che i soggetti dell’ordinamento non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente RAGIONE_SOCIALE norme del diritto dell’Unione. Pertanto, è compito RAGIONE_SOCIALE autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (sentenza del 16 ottobre 2019, RAGIONE_SOCIALE , C -189/18, punto 34). Tale situazione, così come ricorre nel caso di una frode commessa dal soggetto passivo stesso, ricorre altresì quando il medesimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode relativa all’IVA. Pertanto, il beneficio del diritto a detrazione può essere negato a un soggetto passivo solamente qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, acquisendo questi beni o servizi, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di tali cessioni o prestazioni (sentenza RAGIONE_SOCIALE , cit., punto 35). Incombe alla competente amministrazione tributaria nazionale dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (v., in tal senso,
sentenza del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp , C -277/14, punto 50)» (Corte di Giustizia UE, RAGIONE_SOCIALE, ult. cit., punti 41-44).
8. In punto di onere della prova in caso di riprese per operazioni contestate come soggettivamente inesistenti, va rammentato che «In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi.» (Cass. Sez. 5, sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5, ordinanza n. 27555 del 30/10/2018).
Diversamente, quando le riprese sono per operazioni oggettivamente inesistenti, va rammentato che «una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, senza che, tutta-
via, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.» (Cass. Sez. 5, ordinanza n. 17619 del 05/07/2018).
10. Nel caso in esame la sentenza nelle proprie succinte argomentazioni in diritto innanzitutto non è chiara circa la qualificazione RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate se come soggettivamente o come oggettivamente inesistenti, operazione da cui discendono, come sopra visto, diversi contenuti della prova. Inoltre, la decisione ha assertivamente escluso, come già il giudice di primo grado, la natura di cartiere RAGIONE_SOCIALE fatturanti senza dare conto del compendio probatorio agli atti, sintetizzato alle pagg.10 e ss. del ricorso: «le indagini della polizia giudiziaria hanno, tuttavia, evidenziato la totale assenza, presso le predette imprese, di dipendenti e di una struttura operativa e amministrativa, nonché di una reale sede legale (…)». Il giudice del rinvio, previa qualificazione RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate come oggettivamente o soggettivamente inesistenti, applicherà il relativo canone probatorio, dando conto RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie raccolte nel processo.
L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale determina l’assorbimento del terzo, secondo cui il giudice avrebbe omesso di pronunciarsi sull’inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate.
12 . La sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo e assorbito il terzo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di
giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso incidentale, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 settembre 2025
La Presidente
NOME COGNOME