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Operazioni inesistenti: onere della prova e IVA

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14823/2024, ha cassato una sentenza di merito in materia di operazioni inesistenti ai fini IVA e IRAP. Il provvedimento chiarisce la fondamentale distinzione nell’onere della prova tra operazioni oggettivamente inesistenti (mai avvenute) e soggettivamente inesistenti (avvenute tra soggetti diversi). La Corte ha stabilito che il giudice di secondo grado ha errato nel non distinguere le due fattispecie, applicando un criterio probatorio errato e incentrato unicamente sulla buona fede del contribuente, irrilevante in caso di inesistenza oggettiva.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: la Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 14823 del 27 maggio 2024, interviene su un tema cruciale del diritto tributario: la gestione delle operazioni inesistenti e la ripartizione del relativo onere della prova tra Fisco e contribuente. La decisione sottolinea la necessità di distinguere nettamente tra operazioni ‘oggettivamente’ e ‘soggettivamente’ inesistenti, poiché le regole probatorie applicabili sono profondamente diverse. Questo chiarimento è fondamentale per le imprese che rischiano di vedersi contestare la deducibilità dei costi e la detrazione dell’IVA.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata per l’anno d’imposta 2009. L’Amministrazione Finanziaria contestava l’indebita detrazione dell’IVA e l’omessa contabilizzazione di ricavi ai fini IRAP, sostenendo che la società avesse partecipato a una frode fiscale basata su operazioni inesistenti.

In particolare, alcune operazioni erano considerate ‘soggettivamente’ inesistenti (cioè, avvenute con soggetti diversi da quelli fatturanti), mentre altre, intercorse con due specifiche società, erano ritenute sia ‘soggettivamente’ che ‘oggettivamente’ inesistenti (cioè, mai avvenute).

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società, ritenendo che questa avesse dimostrato la propria buona fede e diligenza. La Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione di primo grado, rigettando l’appello dell’Agenzia delle Entrate per mancata prova della consapevolezza della contribuente di partecipare alla frode. L’Agenzia ricorreva quindi in Cassazione.

La Questione Giuridica: Inesistenza Oggettiva vs. Soggettiva

Il cuore della controversia, e il punto centrale dell’analisi della Suprema Corte, è la netta distinzione tra due tipologie di inesistenza:

Operazioni Soggettivamente Inesistenti

Si verificano quando la transazione commerciale (cessione di beni o prestazione di servizi) è reale ed è effettivamente avvenuta, ma uno dei soggetti che appare nella fattura è fittizio o interposto. In questo scenario, la merce esiste e si muove, ma il venditore reale è diverso da quello formale.

Operazioni Oggettivamente Inesistenti

In questo caso, la transazione commerciale descritta nella fattura non è mai avvenuta. La fattura è un mero documento cartaceo creato al solo scopo di generare un costo deducibile o un credito IVA fittizio per il destinatario.

Le Motivazioni della Cassazione sull’Onere della Prova per le Operazioni Inesistenti

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, rilevando un grave errore di diritto nella sentenza della Commissione Tributaria Regionale. Il giudice d’appello, infatti, non aveva operato alcuna distinzione tra le diverse tipologie di operazioni inesistenti contestate, applicando a tutte indistintamente il regime probatorio previsto per la sola inesistenza soggettiva.

La Corte ha ribadito i seguenti principi consolidati:

1. In caso di inesistenza SOGGETTIVA: L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza (o la colpevole ignoranza, basata sulla mancanza di ordinaria diligenza) del destinatario della fattura riguardo alla partecipazione a un’evasione fiscale. Una volta che l’Agenzia ha fornito tali prove, anche presuntive, spetta al contribuente dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto nella frode.

2. In caso di inesistenza OGGETTIVA: Il regime probatorio è diverso e più stringente per il contribuente. L’Agenzia deve provare l’oggettiva inesistenza dell’operazione, ad esempio dimostrando che il fornitore è una ‘cartiera’ o una società fantasma. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta interamente sul contribuente, che deve dimostrare l’effettiva esistenza della transazione. In questo contesto, non sono sufficienti prove formali come l’esibizione della fattura, la regolarità delle scritture contabili o la tracciabilità dei pagamenti, poiché questi elementi sono tipicamente creati ad arte proprio per far apparire reale un’operazione fittizia.

La CTR ha errato perché ha incentrato tutto il suo ragionamento sulla ‘buona fede’ e sulla ‘mancanza di consapevolezza’ della società, elementi che sono irrilevanti quando l’operazione è oggettivamente inesistente. Per queste ultime, il contribuente avrebbe dovuto provare che i beni o i servizi erano stati effettivamente ricevuti, prova che non poteva essere assolta con la sola documentazione formale.

Le Conclusioni

La Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione. Il principio di diritto che emerge è chiaro: di fronte a una contestazione di operazioni inesistenti, il giudice di merito deve prima qualificare correttamente la natura dell’inesistenza (oggettiva o soggettiva) e poi applicare il corrispondente e distinto canone di riparto dell’onere della prova. La mancata distinzione costituisce un errore di diritto che vizia la sentenza. Per le imprese, questa decisione rafforza la necessità non solo di mantenere una contabilità formalmente corretta, ma anche di adottare protocolli di adeguata diligenza nella selezione e verifica dei propri partner commerciali per non essere coinvolte, anche inconsapevolmente, in schemi fraudolenti.

Qual è la differenza tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti?
Le operazioni oggettivamente inesistenti sono quelle che non sono mai avvenute nella realtà, documentate da fatture false. Quelle soggettivamente inesistenti sono transazioni reali, ma avvenute tra soggetti diversi da quelli indicati in fattura, con l’interposizione di un soggetto fittizio.

Chi ha l’onere della prova in caso di operazioni oggettivamente inesistenti?
L’Amministrazione Finanziaria deve provare l’inesistenza dell’operazione (ad esempio, dimostrando che il fornitore è una società ‘cartiera’). Successivamente, l’onere si sposta sul contribuente, che deve provare l’effettiva esistenza della transazione. La sola regolarità formale dei documenti contabili non è sufficiente.

In caso di operazioni soggettivamente inesistenti, cosa deve dimostrare l’Amministrazione Finanziaria?
L’Amministrazione Finanziaria deve provare due elementi: in primo luogo, l’oggettiva fittizietà del fornitore indicato in fattura e, in secondo luogo, la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta. Questa consapevolezza può essere dimostrata anche in via presuntiva, sulla base di elementi oggettivi e specifici che indichino che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere della frode usando l’ordinaria diligenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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