Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14823 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14823 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
Oggetto: IRAP, IVA – Operazioni oggettiva- mente e soggettivamente inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26198/2015 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (Pec: EMAIL e EMAIL);
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n.3097/45/2015 depositata il 2 aprile 2015, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 5 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
Viste le conclusioni del sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, nel senso dell’accoglimento del ricorso.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania veniva rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n.649/5/2013 avente ad oggetto l’avviso di accertamento II.DD. e IVA per l’anno di imposta 2009, emesso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti poste in essere con fornitori per far figurare operazioni di importazione come intracomunitaria.
In particolare, con l’avviso di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO/2012 veniva contestata l’ omessa contabilizzazione di ricavi ai fini IRAP e opposto il diniego alla detrazione dell’IVA ; separatamente veniva emesso ed impugnato l’atto di irrogazione sanzioni.
La società ricorreva alla CTP deducendo la violazione dell’art.12 comma 5 della l. n.212/2000 per essere l’attività di verifica durata oltre i trenta giorni e, nel merito, l’assenza di coinvolgimento della società nella frode carosello come pure l’esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate. Il giudice di prime cure, disattesa la doglianza preliminare relativa al superamento del termine di accertamento in quanto non sanzionato dalla nullità, accoglieva il ricorso introduttivo statuendo che la società aveva dimostrato la normale diligenza richiesta nel compimento RAGIONE_SOCIALE operazioni commerciali contestate, dovendo
ragionevolmente desumersi il suo non coinvolgimento nella frode. Il giudice d’appello rigettava l’impugnazione dell’RAGIONE_SOCIALE, ritenendo non fornita la prova della consapevolezza da parte della contribuente della partecipazione alla contestata frode carosello.
Avverso la sentenza d’appello propone ricorso l’RAGIONE_SOCIALE , affidato a tre motivi, cui resiste la contribuente con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione la falsa applicazione degli artt. 41 d.l. 331/1993 e 21 comma 7 d.P.R. n. 633/72 per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile il regime di non imponibilità ex art. 41 d.l. 331/93 invocato dalla contribuente, nonostante la mancanza del relativo presupposto materiale e giuridico e cioè la cessione intracomunitaria, posto che le fatture erano state emesse nei confronti di mere cartiere.
Con il secondo motivo, l’RAGIONE_SOCIALE si duole, agli effetti dell’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ., della violazione e falsa applicazione degli artt. 19 comma 1 e 54 comma 2 d.P.R. n. 633/72, nonché degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., per avere la CTR ritenuto provata la buona fede della RAGIONE_SOCIALE e cioè che la stessa avesse dimostrato di non essere consapevole di partecipare ad una cosiddetta frode carosello.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e sono fondati nei termini che seguono.
7.1. Va premesso che dalla lettura del ricorso e del controricorso si evince che le operazioni economiche di cui al l’avviso impugnato riguardano cessioni contestate come soggettivamente inesistenti (cfr. società indicate a p.4 del ricorso e alle pp.2 e 3 del controricorso) e, con riferimento alle cessioni di cui sono state parti la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, contestate sia come soggettivamente sia oggettivamente inesistenti.
7.2. Orbene, il Collegio rammenta che l’onere della prova in caso di riprese per operazioni soggettivamente inesistenti e di operazioni
oggettivamente inesistenti non è il medesimo. È opportuno richiamare che nel primo caso, per giurisprudenza consolidata della Corte (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018) secondo la quale in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi.
7.3. Diversamente da quanto sopra, quando le riprese sono per operazioni oggettivamente inesistenti, questa Sezione ha più volte affermato (cfr. ad es. Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 17619 del 05/07/2018) che una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi
di pagamento adoperati, i quali vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.
8. Orbene, nella motivazione della sentenza impugnata innanzitutto non vi è alcuna distinzione tra le operazioni contestate dall’RAGIONE_SOCIALE come oggettivamente inesistenti e quelle contestate come soggettivamente inesistenti. Tutto il ragionamento in motivazione è incentrato sulla « partecipazione al meccanismo della c.d. frode carosello » e su ll’elemento soggettivo in capo alla contribuente « che sapeva o non poteva sapere di partecipare ad un’operazione fraudolenta » e, dunque, fa riferimento allo schema logico della prova relativa alle operazioni soggettivamente inesistenti, dal momento che l’elemento soggettivo è totalmente irrilevante nel caso di prova di operazioni oggettivamente inesistenti. Conseguentemente, le previsioni normative indicate nelle due censure sono state falsamente applicate dalla CTR nella parte in cui ha erroneamente sussunto nel quadro normativo la fattispecie relativa alle operazioni in realtà contestate anche come oggettivamente inesistenti (cessioni RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE S.r.l.), non identificando il corretto canone di riparto dell’onere probatorio applicabile a riguardo.
9. Quanto poi alle operazioni effettivamente contestate come soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, il riparto dell’onere della prova prevede innanzitutto che l’RAGIONE_SOCIALE debba dimostrare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente.
Inoltre, ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di
ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto. Per interpretazione consolidata (Cass. n. 9851 del 2018, Cass. n. 27555 del 2018, Cass. n. 15369 del 2020) non assume rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi.
10. Nel caso in esame la motivazione della CTR non offre una chiara ripartizione in concreto circa il contenuto della prova adottata, e non compie una esatta suddivisione tra quanto rimesso all’ RAGIONE_SOCIALE e quanto sia onere della contribuente provare. Genericamente, il giudice incentra la decisione sul principio di buona fede, non pertinente nella fattispecie, oltretutto facendo largo riferimento ad elementi irrilevanti secondo l’insegnamento giurisprudenziale consolidato, ossia le fatture, i pagamenti, il numero di partita IVA RAGIONE_SOCIALE contraenti ecc… Non rileva neppure la presenza dei documenti di trasporto ai fini della dimostrazione dell’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni in quanto, in caso di contestazione di soggettiva inesistenza, le operazioni nella loro materialità esistono sempre (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20060 del 07/10/2015): il problema è piuttosto che esse sono state rese al destinatario, che le ha effettivamente ricevute, da un soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione rappresentata nella fattura.
La motivazione della sentenza impugnata non è dunque aderente a ll’ aggiornato canone giurisprudenziale da applicarsi e fa riferimento ad orientamenti superati da tempo. Alla luce di quanto precede si deve concludere che il giudice d’appello ha operato una mancata sussunzione della fattispecie nel corretto riparto e contenuto dell’onere della prova anche quanto alle operazioni soggettivamente inesistenti. Ciò ha avuto per conseguenza pure una falsata determinazione sull’ applicabilità, oltre che del regime della detrazione dell’imposta e ai fini dell’imposizione diretta, anche di quello di cui all’art. 41 d.l. 331/93. 11. Dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso deriva l’assorbimento del terzo, con il quale l’Amministrazione ha prospettato, ex
art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso oggetto di discussione tra le parti, non avendo la Commissione esaminato le specifiche circostanze dedotte dall’ufficio a pagina 10 del ricorso in appello idonee ad escludere la buona fede della contribuente
In conclusione, la sentenza impugnata dev’essere cassata, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione, per i profili indicati, per quelli rimasti assorbiti e per il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
la Corte:
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti, a quelli rimasti assorbiti e per il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso il 5.12.2023