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Operazioni inesistenti: onere della prova e IVA

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21498/2025, ha rigettato il ricorso della curatela fallimentare di una società vinicola contro un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. L’accertamento contestava la detrazione IVA per operazioni inesistenti, ovvero acquisti da presunte società “cartiere”. La Corte ha ribadito che, una volta che l’amministrazione finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sulla fittizietà delle operazioni (come la mancanza di struttura operativa dei fornitori), l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza delle transazioni, non essendo sufficienti le sole fatture e la regolarità formale dei pagamenti, in quanto spesso parte integrante dello schema fraudolento.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti e Onere della Prova: La Cassazione Fa Chiarezza

La lotta alle frodi fiscali, in particolare quelle carosello basate sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, rappresenta una priorità costante per l’amministrazione finanziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21498 del 2025) torna a definire i confini dell’onere della prova tra Fisco e contribuente, stabilendo principi chiari sulla validità degli indizi e sulla prova che l’imprenditore deve fornire per difendere la propria posizione. La decisione offre spunti fondamentali per le aziende che vogliono operare nella legalità, evidenziando l’importanza della due diligence sui propri partner commerciali.

I Fatti di Causa: Un’Accusa di Frode nel Settore Vinicolo

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un’azienda vinicola. L’Ufficio contestava la detrazione di un’ingente somma a titolo di IVA per l’anno d’imposta 2009, sostenendo che le operazioni di acquisto di mosto fossero oggettivamente inesistenti. Le indagini, scaturite da un’inchiesta penale più ampia, avevano rivelato che i fornitori dell’azienda erano in realtà delle società “cartiere” o “missing traders”, ossia entità prive di qualsiasi struttura operativa e organizzativa, create al solo fine di emettere fatture false per agevolare frodi fiscali da parte di terzi.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto i ricorsi della società (e successivamente della sua curatela fallimentare), confermando la legittimità dell’atto impositivo. La curatela ha quindi proposto ricorso in Cassazione, affidandosi a due motivi principali: la violazione delle norme sull’onere della prova in materia di IVA e un vizio di motivazione apparente della sentenza di secondo grado.

La Ripartizione dell’Onere della Prova nelle Operazioni Inesistenti

Il cuore della controversia ruota attorno a un principio cardine del diritto tributario: chi deve provare cosa quando si contestano operazioni inesistenti? La curatela sosteneva di aver fornito prove sufficienti della genuinità degli acquisti, come la regolare tenuta dei registri contabili, la documentazione fiscale e la tracciabilità dei pagamenti. Tuttavia, la Suprema Corte ha disatteso questa linea difensiva, riaffermando il proprio consolidato orientamento.

La Corte chiarisce che spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare l’esistenza di operazioni inesistenti. Tale prova, però, non deve essere necessariamente diretta, ma può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Un elemento indiziario fondamentale, come nel caso di specie, è l’assenza di un’idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale) in capo alla società fornitrice. Se un’azienda non ha i mezzi per produrre o commercializzare un bene, è ragionevole presumere che le operazioni fatturate non siano mai avvenute.

Il Ruolo del Contribuente

Una volta che il Fisco ha fornito un quadro indiziario solido, la palla passa al contribuente. A questo punto, spetta a quest’ultimo dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Ed è qui che la Corte traccia una linea netta: non è sufficiente esibire la fattura o dimostrare la regolarità formale delle scritture contabili e dei pagamenti. Questi elementi, infatti, sono spesso parte integrante del meccanismo fraudolento, creati ad arte proprio per dare un’apparenza di realtà a un’operazione fittizia.

Il contribuente deve fornire la prova contraria, dimostrando la fonte legittima della detrazione con elementi concreti e sostanziali che attestino la reale esecuzione della prestazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, basando la sua decisione su principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha stabilito che il tentativo della ricorrente di valorizzare elementi come i ricavi, la tenuta dei registri e la regolarità dei pagamenti costituisce un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della controversia, inammissibile in sede di legittimità. Il compito della Cassazione non è riesaminare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito con forza la regola sulla ripartizione dell’onere probatorio. L’amministrazione finanziaria adempie al suo onere fornendo indizi validi (come la natura di “cartiera” del fornitore), che fanno sorgere la presunzione di inesistenza dell’operazione. A questo punto, è onere del contribuente superare tale presunzione, dimostrando che la transazione commerciale è realmente avvenuta. La sola documentazione formale non basta.

La sentenza impugnata, secondo la Corte, ha correttamente applicato questi principi. I giudici di appello hanno ritenuto che la curatela non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare di essere stata estranea alla frode, contrastando efficacemente gli elementi indiziari valorizzati dall’Agenzia delle Entrate. La decisione, quindi, non è viziata da motivazione apparente, ma è saldamente ancorata ai principi nomofilattici che governano la materia.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di fondamentale importanza pratica per tutte le imprese. La detraibilità dell’IVA e la deducibilità dei costi non dipendono solo dalla corretta compilazione dei documenti formali, ma dalla realtà sostanziale delle operazioni economiche. Le aziende sono chiamate a un dovere di diligenza e vigilanza nella scelta dei propri partner commerciali. Ignorare segnali di allarme riguardo alla struttura e all’operatività di un fornitore può avere conseguenze fiscali gravissime. Questa pronuncia serve come monito: di fronte a una contestazione di operazioni inesistenti basata su solidi indizi, la sola esibizione di una fattura non sarà sufficiente a salvare l’imprenditore da un recupero d’imposta.

Chi deve provare che un’operazione commerciale è inesistente ai fini IVA?
Inizialmente, l’onere della prova spetta all’Amministrazione Finanziaria. Tuttavia, essa può adempiere a tale onere anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, come la dimostrazione che il fornitore è una società “cartiera” priva di struttura operativa.

È sufficiente presentare fatture e prove di pagamento per dimostrare che un’operazione contestata è reale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esibizione della fattura o la prova della regolarità formale delle scritture contabili e dei pagamenti non sono sufficienti a superare la presunzione di inesistenza dell’operazione. Questi documenti sono spesso utilizzati proprio per simulare la realtà di un’operazione fittizia.

Cosa deve fare il contribuente per difendersi da un’accusa di operazioni inesistenti?
Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha fornito un quadro indiziario solido, il contribuente ha l’onere di fornire la prova contraria. Deve dimostrare con elementi concreti e sostanziali l’effettiva esistenza e la legittimità dell’operazione commerciale, andando oltre la mera documentazione formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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