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Operazioni inesistenti: onere della prova e indizi

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza di operazioni inesistenti nel settore energetico. L’Amministrazione Finanziaria aveva contestato la deducibilità dell’IVA su transazioni ritenute fittizie, basandosi su una serie di indizi come la natura circolare degli scambi e l’assenza di un reale flusso finanziario o di merce. La Suprema Corte ha ribadito che l’onere della prova per le operazioni inesistenti può essere assolto tramite presunzioni e che il giudice deve valutare tutti gli indizi nel loro complesso, senza ignorare il quadro probatorio fornito dall’Ufficio. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che tenga conto di questi principi.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: Guida alla Prova Presuntiva nel Contenzioso Tributario

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 27430/2025 offre spunti fondamentali sulla gestione delle controversie relative a operazioni inesistenti, specialmente in settori complessi come quello energetico. La pronuncia chiarisce il riparto dell’onere della prova e il corretto metodo di valutazione degli indizi da parte del giudice tributario. Questo caso evidenzia come l’apparenza formale non sia sufficiente a dimostrare la realtà di una transazione quando un solido quadro indiziario suggerisce il contrario.

Il Contesto: Compravendite di Energia e l’Accusa di Operazioni Inesistenti

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società operante nel mercato dell’energia. L’Ufficio contestava la detrazione dell’IVA relativa a una serie di acquisti di energia elettrica, sostenendo che le transazioni fossero oggettivamente inesistenti.

Secondo la ricostruzione del Fisco, la società contribuente era coinvolta in un complesso schema di compravendite ‘circolari’ con un’altra grande società fornitrice. Queste operazioni, svolte tra il 2009 e il 2013, si concludevano sistematicamente con un saldo ‘zero’, sia in termini di energia scambiata che di flussi finanziari. In pratica, l’energia apparentemente venduta veniva alla fine retrocessa al cedente originario, e gli importi pagati e incassati si compensavano integralmente, annullando qualsiasi profitto o rischio speculativo. Sulla base di questi elementi, l’Amministrazione Finanziaria deduceva la natura puramente fittizia delle transazioni, finalizzata unicamente a scopi illeciti come l’aumento fittizio del fatturato per ottenere maggior merito creditizio.

La Commissione tributaria provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso della società, mentre la Corte di giustizia tributaria di secondo grado aveva dato pienamente ragione alla contribuente, rigettando l’appello dell’Ufficio.

La Decisione della Cassazione sulle Transazioni Fittizie

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso dell’Amministrazione Finanziaria relativi alla violazione delle norme sull’onere della prova e sull’omesso esame di fatti decisivi. La Suprema Corte ha cassato la sentenza di secondo grado, rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte di giustizia tributaria per un nuovo esame.

Analisi dei motivi di ricorso

La Corte ha ritenuto fondati il terzo e il quinto motivo di ricorso, che lamentavano come il giudice d’appello avesse ignorato il robusto quadro indiziario presentato dall’Ufficio. La sentenza impugnata si era limitata a considerazioni generiche sul funzionamento del mercato elettrico, senza confrontarsi con gli elementi specifici che indicavano la fittizietà delle operazioni contestate.

Il Principio di Diritto

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: in tema di IVA, l’onere di provare l’esistenza di operazioni inesistenti grava sull’Amministrazione Finanziaria. Tale prova può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti. Una volta che l’Ufficio ha presentato un quadro indiziario solido, spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando l’effettiva esistenza delle operazioni. La mera esibizione delle fatture o la regolarità formale dei pagamenti non è sufficiente, poiché tali elementi sono spesso utilizzati proprio per mascherare l’operazione fittizia.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si concentra sul grave errore metodologico commesso dal giudice di secondo grado. Quest’ultimo non ha effettuato una valutazione complessiva e sintetica degli indizi forniti dall’Amministrazione Finanziaria. Il corretto procedimento logico, richiamato dalla Corte, impone al giudice di esaminare prima i singoli indizi per valutarne la significatività e poi di collocarli in un contesto unitario, dove ogni elemento rafforza e trae vigore dagli altri.

L’errore del giudice di merito

Il giudice d’appello aveva omesso di considerare elementi cruciali, tra cui:

a) La natura circolare delle transazioni tra la contribuente e la sua fornitrice.
b) La conclusione sistematica delle operazioni con un saldo ‘zero’, sia fisico (energia) che finanziario (denaro).
c) L’assenza di una logica economica, dato che le operazioni non generavano profitti né miravano a sfruttare le variabilità dei prezzi.
d) La mancata prova, da parte della società, di aver mai effettivamente ricevuto o consegnato energia o di aver effettuato pagamenti netti.

Ignorando questo complesso di circostanze, la sentenza di merito ha violato le regole sulla distribuzione dell’onere della prova, liberando di fatto il contribuente dal suo obbligo di fornire la prova contraria.

La corretta valutazione della prova presuntiva

La Cassazione ha sottolineato che il controllo di legittimità si estende alla corretta applicazione dei criteri giuridici in tema di formazione della prova presuntiva (art. 2729 c.c.). Un giudice non può fare buon uso del materiale indiziario se nega o attribuisce valore a singoli elementi in modo isolato, senza una valutazione d’insieme. La sufficienza degli indizi a supportare la pretesa fiscale deve emergere da una valutazione complessiva, basata su deduzioni logiche di ragionevole probabilità.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per i giudici di merito e un punto di riferimento per i professionisti del settore. Riafferma con forza che, di fronte a un’accusa di operazioni inesistenti, non ci si può fermare alla superficie della documentazione formale. È necessario un esame approfondito e complessivo di tutti gli elementi fattuali e degli indizi disponibili. Per i contribuenti, la decisione sottolinea l’importanza di essere in grado di dimostrare, al di là di ogni dubbio, la sostanza economica e l’effettività delle proprie transazioni commerciali, specialmente in contesti operativi complessi e potenzialmente a rischio di contestazioni fiscali.

Chi ha l’onere di provare che un’operazione è inesistente ai fini IVA?
L’onere della prova grava sull’Amministrazione Finanziaria. Tuttavia, questa può assolverlo anche tramite presunzioni semplici, ovvero una serie di indizi gravi, precisi e concordanti che, valutati nel loro complesso, dimostrino la fittizietà dell’operazione.

È sufficiente la regolarità formale delle fatture e dei pagamenti per provare l’esistenza di un’operazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la regolarità formale della documentazione contabile e dei pagamenti non è sufficiente a provare l’effettività dell’operazione, in quanto questi elementi sono tipicamente utilizzati proprio per mascherare una transazione fittizia.

Come deve agire un giudice di merito di fronte a una serie di indizi presentati dall’Amministrazione Finanziaria?
Il giudice di merito deve esaminare tutti gli indizi forniti, non in modo isolato e atomistico, ma in una valutazione globale e complessiva. Deve verificare se, nel loro insieme, questi indizi costituiscano una prova presuntiva sufficiente a sostenere la tesi dell’Amministrazione, attendendo poi la prova contraria da parte del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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