Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6307 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6307 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 08/03/2024
Oggetto: tributi –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30067/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (C.CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale in calce al ricorso, con domicilio eletto in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO e con domicilio digitale PEC
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, n. 1284/02/21, depositata in data 28 aprile 2021 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2014, con il quale -a seguito di verifica e di PVC a carico del fornitore RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME , recepito nell’avviso impugnato (come emerge dalla sentenza impugnata) -si disconoscevano costi per operazioni oggettivamente inesistenti in quanto fatture emesse da impresa priva di organizzazione e si recuperavano maggiori IRES, IRAP e IVA, oltre sanzioni e accessori.
La CTP di Cosenza ha rigettato il ricorso.
La CTR della Calabria, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello della società contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello preliminarmente che l’atto impugnato soddisfi i requisiti di motivazione per avere dato conto degli elementi di fatto sottesi all’accertamento e che gli stessi diano conto di un quadro indiziario della inesistenza oggettiva delle operazioni sottostanti le fatture di acquisto in oggetto. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello che la società contribuente non ha assolto l’onere della prova contraria , non potendo trarsi elementi dalla fatturazione degli importi in quanto schermo della inesistenza dell’oper azione sottostante, nonché in assenza di pagamenti effettuati con strumenti tracciabili, ritenendo irrilevanti le risultanze del procedimento penale.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a tre motivi e ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 111 Cost., 32, comma 2 nn. 2 e 4, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., deducendo apparenza della motivazione. Deduce, in particolare, parte ricorrente che -diversamente da quanto sostenuto dal giudice di appello – solo alcune delle fatture sarebbero state pagate con assegni e che non vi sarebbe invero alcuna traccia di pagamenti effettuati in contanti; osserva, inoltre, parte ricorrente che tutti gli assegni emessi dal ricorrente sono stati addebitati sul conto della società contribuente, per cui la motivazione addotta dalla sentenza impugnata sarebbe « sconnessa dal caso concreto ».
Il primo motivo è infondato, posto che l’apparenza della motivazione può essere predicata solo ove il percorso logico della decisione impugnata risulti inesistente o incomprensibile rispetto alla decisione adottata (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053). Nella specie, il percorso motivazionale adottato dal giudice di appello appare essenziale ma compiuto, avendo la sentenza impugnata dato conto dell a corretta motivazione dell’atto impugnato per essere stati indicati « gli elementi di fatto posti alla base dell’accertamento » e, nel merito, per avere ritenuto sussistenti gli elementi che hanno fondato l’accertamento per recupero di costi per operazioni oggettivamente inesistenti e per avere ritenuto non fornita la prova contraria da parte del contribuente in assenza di pagamenti tracciabili, né risultando rilevante, in proposito, la documentazione contabile e le fatture ricevute.
Il motivo è, invece, inammissibile nella parte in cui deduce un erroneo apprezzamento delle prove (la dedotta « sconnessione » tra motivazione e quadro probatorio: « la motivazione è del tutto sconnessa dal caso concreto »), in quanto censura volta a rimettere in discussione in sede di legittimità la scelta e l’apprezzamento delle prove, i quali spettano al giudice del merito.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto fornita la prova da parte dell’Ufficio circa l’inesistenza delle operazioni sottostanti. Il ricorrente deduce come gli elementi di fatto addotti dall’Ufficio e valorizzati nella sentenza impugnata (consistenti nell’assenza di documentazione contrattuale relativa alle prestazioni svolte, nell’assenza di d ocumentazione contabile e nella mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali) possa essere indiziaria di mere irregolarità contabili, non anche della inesistenza oggettiva delle prestazioni sottostanti.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto offerta la prova da parte dell’Ufficio . Parte ricorrente si richiama alle censure esposte in relazione al superiore motivo ed evidenzia come non si sarebbe dato conto dalla sentenza impugnata della correlazione tra gli accertamenti effettuati nel processo penale e quelli che risultavano rilevanti ai fini del giudizio tributario. In particolare, il giudice penale avrebbe accertato che il medesimo fornitore svolgesse attività di spettacolo e pubblicitaria, che « alle feste patronali e sagre paesane è spesso presente e agisce quale promoter e cantante oltre ad effettuare pubblicità consistenti in volantinaggi e piccoli gadget, oltre
all’esposizione di striscioni pubblicitari tra i quali uno riportante il logo della RAGIONE_SOCIALE» così accertando un fatto storico relativo allo svolgimento di attività di impresa del fornitore, la cui inesistenza è stata posta a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato , per cui incideva specificamente nel giudizio in oggetto.
6. Il secondo e il terzo motivo (sui quali il ricorrente torna diffusamente in memoria), i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili in quanto -in disparte l’omessa censura della indicazione contenuta in narrativa della sentenza impugnata, secondo cui l’avviso di accertamento aveva contestato che il fornitore « non aveva la struttura operativa e l’organizzazione aziendale tale da poter effettuare gli interventi indicati nelle fatture » -pur essendo articolati come violazione di legge, appaiono volti a riformulare in sede di legittimità (come parte della censura articolata con il primo motivo) un diverso apprezzamento delle prove. Il ricorrente, pur denunciando formalmente le norme in tema di distribuzione dell’onere della prova e di apprezzamento delle prove, mira a una rivalutazione del ragionamento decisorio che ha portato il giudice del merito, a ritenere fornita la prova da par te dell’Ufficio di un quadro indiziario di inesistenza dell’operazione sottostante l’emissione delle fatture di acquisto. Così facendo il ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito (Cass., Sez. VI, 4 luglio 2017, n. 8758), ove oggetto del giudizio non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, 4 aprile 2013, n. 8315).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 4.000,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 28 febbraio 2024