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Operazioni inesistenti: onere della prova e difesa

La Cassazione rigetta il ricorso di un contribuente contro accertamenti per l’uso di fatture per operazioni inesistenti. Viene confermato che spetta all’Amministrazione Finanziaria provare l’inesistenza con presunzioni gravi, precise e concordanti, mentre il contribuente deve dimostrare l’effettività dell’operazione, non bastando la sola contabilità.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture per operazioni inesistenti: la Cassazione chiarisce l’onere della prova

In materia fiscale, la questione delle fatture per operazioni inesistenti rappresenta un campo di battaglia costante tra Fisco e contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna sul tema, delineando con precisione i confini dell’onere probatorio che grava su entrambe le parti. La decisione sottolinea un principio fondamentale: la regolarità formale dei documenti contabili non è sufficiente a superare presunzioni gravi, precise e concordanti fornite dall’Amministrazione Finanziaria circa la fittizietà delle operazioni.

I Fatti del Caso

Un imprenditore si è visto notificare diversi avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava i suoi redditi ai fini delle imposte dirette e dell’IVA per gli anni dal 2011 al 2015. L’accusa era quella di aver utilizzato fatture relative a operazioni commerciali mai avvenute. Il contribuente ha impugnato gli atti, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado hanno respinto le sue ragioni. Secondo i giudici di merito, l’Ufficio aveva fornito un quadro indiziario solido (mancanza di una reale struttura operativa dei fornitori, documenti di trasporto inattendibili, flussi finanziari anomali), mentre l’imprenditore non era riuscito a dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Di qui, il ricorso finale in Cassazione.

Le argomentazioni del ricorrente

L’imprenditore ha basato il suo ricorso su due motivi principali:
1. Errata ripartizione dell’onere della prova: A suo dire, i giudici di appello avrebbero erroneamente considerato sufficienti gli elementi indiziari forniti dal Fisco senza valutare adeguatamente la sua posizione, basandosi su presunzioni che riguardavano unicamente i fornitori.
2. Violazione delle norme processuali: Il ricorrente lamentava che l’Amministrazione Finanziaria non avesse mai contestato l’effettiva rivendita dei materiali oggetto delle fatture. Tale circostanza, a suo avviso, avrebbe dovuto escludere l’ipotesi di un’inesistenza oggettiva delle operazioni e, di conseguenza, il pregiudizio per l’erario.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulle fatture per operazioni inesistenti

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno ribadito l’orientamento consolidato in materia di prova per le fatture per operazioni inesistenti.

Il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte è chiaro:

* Onere dell’Amministrazione Finanziaria: Spetta all’Ufficio fornire la prova dell’inesistenza delle operazioni. Tale prova può essere raggiunta anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Nel caso specifico, elementi come l’assenza di depositi fisici presso la sede legale dei fornitori, la mancanza di acquisti di materiale da parte delle società ‘cartiere’, documenti di trasporto incompleti e anomali prelievi di contante subito dopo il pagamento delle fatture sono stati considerati più che sufficienti a costituire un solido quadro presuntivo.

* Onere del Contribuente: Una volta che il Fisco ha assolto al proprio onere, la palla passa al contribuente. A quest’ultimo spetta il compito di fornire la prova contraria, ovvero dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni. La Corte ha precisato che, a tal fine, non è sufficiente esibire le fatture o le scritture contabili. Questi documenti, infatti, vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di creare un’apparenza di realtà per un’operazione fittizia. Il contribuente deve quindi fornire elementi di prova concreti e sostanziali.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, qualificandolo come un tentativo di ottenere un riesame del merito della vicenda, attività preclusa nel giudizio di legittimità. In ogni caso, è stato chiarito che il meccanismo della non contestazione non può essere invocato per attribuire valore probatorio a fatture e registrazioni contabili a fronte di un quadro presuntivo così robusto a sostegno della pretesa erariale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio cruciale nel contenzioso tributario: la forma non prevale sulla sostanza. Quando l’Amministrazione Finanziaria costruisce un quadro indiziario solido e coerente per dimostrare l’inesistenza di operazioni commerciali, il contribuente non può difendersi trincerandosi dietro la mera regolarità formale della propria contabilità. È necessario fornire prove concrete e tangibili che attestino la realtà economica delle transazioni. Questa decisione serve da monito per gli operatori economici, ricordando loro l’importanza di mantenere una documentazione sostanziale a supporto di ogni operazione, specialmente in contesti che potrebbero essere oggetto di verifica fiscale.

A chi spetta l’onere di provare l’inesistenza delle operazioni in caso di contestazione fiscale?
L’onere della prova è ripartito: inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, l’inesistenza delle operazioni. Successivamente, l’onere si sposta sul contribuente, che deve fornire la prova contraria circa l’effettiva esistenza delle transazioni.

La registrazione delle fatture in contabilità è una prova sufficiente per difendersi?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la regolarità formale delle scritture contabili e l’esibizione della fattura non sono sufficienti a dimostrare la realtà di un’operazione, poiché tali elementi vengono spesso creati ad arte proprio per mascherare operazioni fittizie.

Quali indizi può utilizzare il Fisco per contestare le fatture?
L’Amministrazione Finanziaria può basarsi su un insieme di elementi indiziari, come l’assenza di una struttura organizzativa idonea da parte del fornitore (mancanza di magazzini, personale, mezzi), documenti di trasporto incompleti o inattendibili e flussi finanziari anomali (ad esempio, immediati prelievi di contante successivi all’incasso delle fatture).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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