Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27913 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 27913  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6445/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL), elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore pro  tempore , domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (pec: EMAIL), che la rappresenta e difende;
Oggetto
: TRIBUTI –
operazioni
oggettivamente
inesistenti
avverso  la  sentenza  n.  4570/38/2016  della  Commissione  tributaria regionale della LOMBARDIA, depositata in data 09/09/2016; udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  non  partecipata  del giorno 11 luglio 2025 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
In controversia avente ad oggetto un avviso di accertamento ai fini IVA, IRES ed IRAP per l’anno d’imposta 2007, che l’RAGIONE_SOCIALE delle entrate emise nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di costruzione, compravendita e locazione di beni immobili, sulla base delle risultanze di un processo verbale di constatazione emesso da funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE delle entrate nei confronti della predetta società contribuente e di società ad essa collegate, da cui era emerso l’utilizzo da parte della predetta società di fatture emesse dalle ditte RAGIONE_SOCIALE, appaltatrice di opere di costruzione di fabbricati, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, fornitrici di materiali, rispettivamente per operazioni oggettivamente inesistenti e in relazione a costi ritenuti non documentati, la CTR della Lombardia respingeva l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado.
1.1. Sostenevano i giudici di appello che:
-) le «10 fatture passive contestate (per un imponibile complessivo di € 551.687,50) recano tutte la medesima indicazione ‘per lavori già eseguiti nei fabbricali di Fino Mornasco’ e trovano titolo in due contratti di appalto ambedue stipulati con NOME COGNOME, per la ‘costruzione di fabbricati ad uso civile abitazione site in Fino Comasco (INDIRIZZO) INDIRIZZO ” e ‘costruzione di villette ad uso civile abitazione site in Fino Mornasco (INDIRIZZO) INDIRIZZO » che sono « privi di una data di
stipula  certa,  presentano  tante  e  tali  anomalie  (tra  le  quali  la  firma dell’appaltatore  riportata  con  fotocopia)  da  potere  essere  considerati ‘maldestramente’ falsi »;
-) « delle 7 fatture per costi non documentati per € 62.451,92, le cinque emesse dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (socio acco -mandante è il medesimo appaltatore irreperibile NOME COGNOME), che recano la medesima indicazione: ‘per lavori eseguiti presso Vs. INDIRIZZO di Fino Momasco INDIRIZZO“, sono prive dei requisiti di certezza e determinabilità del costo sostenuto, e le due emesse dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ recano rispettivamente l’indicazione: ‘per prestazioni svolte a vostro favore come da contratto del 5 gennaio 97 per l’anno 2006’ e ‘per prestazioni svolte a vostro favore come da contratto del 5 gennaio 97 per l’anno 1997’, sono prive dei presupposti necessari per ritenere deducibile una prestazione ‘interna corporis’ »;
-) « Relativamente poi alle plurime “rationes decidendi’ conseguenti a questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza impugnata e specifica -mente riproposte in sede di appello (al fine di evitare le preclusioni di cui all’art. 56, d.lgs. n. 546/92) – nella misura in cui trattasi di mere riproposizioni -il Collegio, nell’ambito della propria autonomia motivazionale, fa riferimento alla valutazione degli elementi di prova già posti a fondamento dell’impugnata sentenza, come previsto dall’art. 118, 1° comma, disp. att. c.p.c., concordando in toto con i giudici di prime cure »;
-) restavano assorbite le altre questioni « per incompatibilità logicogiuridica con quanto concretamente ritenuto e considerato dal Collegio ».
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui replica l’intimata con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’illegittimità della sentenza impugnata per avere invertito l’onere della prova per la contestazione di operazioni inesistenti in violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonché 109 d.P.R. n. 917 del 1986 e 19 del d.P.R. n. 633 del 1972.
1.1. Sostiene la ricorrente che la CTR si è dilungata nella motivazione della sentenza impugnata ad esporre le ragioni di non idoneità delle prove contrarie offerte da essa ricorrente a provare l’effettività delle operazioni contestate omettendo però di «previamente illustrare se gli elementi addotti dall’Ufficio siano tali da qualificarsi come presunzioni gravi, precise e concordanti e, quindi a costituire elementi idonei a invertire l’onere della prova nel caso di contestazioni afferenti ad operazioni inesistenti».
1.2. Il motivo è inammissibile e, comunque, anche manifestamente infondato.
1.3. È inammissibile perché la ricorrente con il motivo in esame lamenta non un’illegittima inversione dell’onere della prova, quanto piuttosto l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata sugli elementi indiziari di inesistenza delle operazioni contestate offerti dall’amministrazione finanziaria, nonché sui requisiti di certezza e determinabilità dei costi sostenuti, che è censura che avrebbe dovuto dedurre come error in procedendo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in riferimento all’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, ove tale insufficienza fosse stata di gravità tale da risolversi in una carenza assoluta di motivazione anche sub specie di motivazione apparente, annotandosi, al riguardo, che nel caso in esame è comunque preclusa ai sensi dell’art. 348-ter cod. proc. civ., ovvero per la cd. doppia
conforme, la deduzione del vizio logico di motivazione, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
1.4. Ma come sopra anticipato, il motivo è, comunque, anche infondato posto che la CTR ha esaminato e ritenuto fondati e non sconfessati da prove offerte dalla società contribuente, gli indizi di inesistenza forniti dall’amministrazione finanziaria, tra cui le numerose anomalie riscontrate nei contratti posti a base delle operazioni commerciali contestate, tra cui la firma dell’appaltatore « riportata con fotocopia », tali da poterli considerare «’maldestramente’ falsi ». Inoltre, ha argomentatamente escluso la certezza e la determinabilità dei costi (quanto alle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE, socio accomandante della quale è il medesimo appaltatore irreperibile COGNOME, e dalla RAGIONE_SOCIALE), facendo leva rispettivamente sulla medesimezza della formulazione delle cinque fatture della prima società, e sulla dizione di quelle emesse da RAGIONE_SOCIALE.
1.5.  Pertanto,  nella  fattispecie  concreta  non  si  è  verificata  alcuna inversione dell’ onus probandi .
1.6. Peraltro, in materia di operazioni oggettivamente inesistenti, per consolidata giurisprudenza incombe sull’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare, attraverso prove dirette o indiziarie, la fittizietà dell’operazione, spettando viceversa al contribuente di fornire la rigorosa prova del contrario, la quale non può consistere nella mera esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché facilmente falsificabili e normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 19 aprile 2025, n. 10336). Si è specificato, quanto all’IVA, che l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è senz’altro a carico
dell’Amministrazione finanziaria, ma può essere assolto mediante presunzioni semplici, mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 11 aprile 2024, n. 9900).
1.7. Rispetto a tale consolidato stato della giurisprudenza, sia unio -nale che interna, deve precisarsi che la prova gravante sull’Amministrazione ben può consistere in attendibili indizi, anche tratti da indagini penali, siccome idonei ad integrare finanche una presunzione semplice, in conformità a quanto, per l’IVA, espressamente prevede l’art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972 (cfr., da un lato, Corte Giust. Mahagèben e David, C-80/11 e C-142/11 e Corte Giust. Kittel, C-439/04; dall’altro, ‘ex multis’, Sez. 6-5, n. 14237 del 07/06/2017, Rv. 64443501).
1.8.  Quanto,  poi,  alla  valutazione  delle  fatture,  vero  è  che  le informazioni mancati in fattura possono e devono essere integrate con altri elementi; ma altrettanto vero è che questi elementi devono essere forniti dal contribuente, il che non risulta sia avvenuto (Cass. n. 3225/25, punti 3.1 e 3.2).
Con il secondo motivo, con cui viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), 8 del d.l. n. 16 del 2012, conv., con modif., dalla legge n. 44 del 2012 e 1 del d.lgs. n. 74 del 2000,  la ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver riconosciuto la deducibilità
ai  fini  IRES  ed  IRAP  dei  costi  afferenti  alla  costruzione  di  fabbricati effettivamente sostenuti.
2.1. La ricorrente invoca l’applicazione del comma 4-bis dell’art. 14 citato  che,  però,  non  è  applicabile  alle  operazioni  oggettivamente inesistenti come quelle accertate a carico della contribuente.
2.2. La disposizione applicabile a tali tipi di operazioni è, infatti, il comma 2 dell’art. 8 del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012 che prevede che « Ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi ».
2.3. Tale disposizione «ha stabilito, con riguardo alle operazioni oggettivamente inesistenti, che i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese (Cass. n. 27040 del 19/12/2014; Cass. n. 25967 del 20/11/2013; Cass. n. 7896 del 20/4/2016). In siffatte ipotesi grava, pertanto, sul contribuente l’onere di provare che i componenti positivi, che si duole abbiano nell’accertamento concorso alla formazione del reddito, siano anch’essi fittizi, perché ricavi «correlati», ossia direttamente afferenti a spese o ad altri componenti negativi relativi a
beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati (Cass. 25967/13 cit.)» (così in Cass. n. 33915/2019).
2.4.  Nel  caso  di  specie  la  contribuente  ha  contestato  gli  elementi presuntivi acquisiti  dall’Ufficio,  che  hanno consentito  di dedurre che la RAGIONE_SOCIALE avesse contabilizzato operazioni mai compiute -elementi che sono stati poi recepiti e posti dai giudici di appello a fondamento del decisum -e, pertanto, non può ritenersi che abbia offerto prova della fittizietà dei relativi  ricavi  conseguiti,  sicché  deve  escludersi  la  violazione  della disposizione in esame.
Con il terzo motivo, con cui viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 109 d.P.R. n. 917 del 1986 e 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere escluso la deducibilità dei costi afferenti alle  fatture  emesse  dalla  RAGIONE_SOCIALE  e  dalla RAGIONE_SOCIALE
3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. La sentenza impugnata ha affermato di condividere le argomentazioni svolte dalla sentenza di primo grado la quale, secondo quanto risultante dalla riproduzione nel ricorso in esame (a pag. 17) del passaggio motivazionale qui di interesse, aveva affermato che nella specie « Trattandosi (…) di opere edili, non vi è dubbio che le varie società abbiano sostenuto costi significativi per realizzarle ». Ma i giudici di appello hanno molto chiaramente escluso la sussistenza « dei requisiti di certezza e determinabilità del costo sostenuto », sicché il motivo, con cui si deduce esclusivamente un error in iudicando , si pone in insanabile contrasto con l’accertamento in fatto compiuto dalla sentenza impugnata, non sindacabile in sede di legittimità se non nei limitati ambiti di
operatività del vizio logico di motivazione di cui al vigente n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., nella specie neppure dedotto.
3.3. D’altro canto è noto che il vizio di violazione di legge «consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità» (cfr., ex multis , Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 652549 -02; Cass., Sez. 3, ord. n. 19651 del 16/07/2024, Rv. 671812 01), e ciò in quanto il vizio di sussunzione «postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito» (Cass., Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, n. 6035, Rv. 648414-01; Cass., Sez. 3, ord. n. 19651 del 16/07/2024, Rv. 671812 – 01).
In estrema  sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta  il  ricorso  e  condanna  la  ricorrente  al  pagamento  in  favore della controricorrente delle spese processuali che liquida in euro 8.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte  della  ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 11 luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME