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Operazioni inesistenti: onere della prova e costi

Una società di costruzioni ha impugnato un avviso di accertamento fiscale basato sull’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che l’amministrazione finanziaria può provare la fittizietà delle operazioni tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, come contratti palesemente falsi. Una volta fornita tale prova, l’onere di dimostrare l’effettività delle operazioni si sposta sul contribuente, per il quale non è sufficiente esibire le fatture o le prove di pagamento. La Corte ha inoltre ribadito l’indeducibilità dei costi se privi dei requisiti di certezza e determinabilità.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: Onere della Prova e Indeducibilità dei Costi

L’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti rappresenta una delle più gravi forme di frode fiscale, con conseguenze significative per le imprese coinvolte. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, e sui limiti alla deducibilità dei costi. L’analisi della Suprema Corte ribadisce principi consolidati, offrendo una guida preziosa per comprendere come difendersi correttamente da tali accuse.

I Fatti del Caso: Fatture Sospette nel Settore Edile

Il caso riguarda una società a responsabilità limitata operante nel settore dell’edilizia, della compravendita e della locazione immobiliare. A seguito di una verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento per IVA, IRES e IRAP relative all’anno d’imposta 2007. L’accertamento si basava sulla contestazione di diverse fatture passive, ritenute relative a operazioni oggettivamente inesistenti o a costi non documentati.

Le prove raccolte dall’Amministrazione Finanziaria evidenziavano numerose anomalie, tra cui:
– Contratti d’appalto ‘maldestramente falsi’, con firme dell’appaltatore riportate in fotocopia.
– Fatture generiche con indicazioni come ‘per lavori già eseguiti’ presso un cantiere, senza dettagli sufficienti a garantirne la certezza e la determinabilità.
– Fornitori risultati irreperibili.

La Commissione Tributaria Regionale aveva confermato la validità dell’accertamento, spingendo la società a ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e le Operazioni Inesistenti

La società contribuente ha basato il proprio ricorso su tre motivi principali:
1. Inversione dell’onere della prova: Sosteneva che l’Agenzia delle Entrate non avesse fornito prove sufficienti (presunzioni gravi, precise e concordanti) per dimostrare l’inesistenza delle operazioni, scaricando ingiustamente sul contribuente il compito di provarne l’effettività.
2. Violazione delle norme sulla deducibilità: La società chiedeva il riconoscimento della deducibilità dei costi effettivamente sostenuti per la costruzione dei fabbricati, anche a fronte di fatture irregolari.
3. Errata esclusione della deducibilità: Contestava specificamente l’esclusione della deducibilità per costi relativi a fatture emesse da due ditte fornitrici.

La Decisione della Cassazione: la Prova delle Operazioni Inesistenti

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti precisazioni su ogni punto sollevato. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei principi che regolano la prova nel contenzioso tributario in materia di fatture false.

L’Onere della Prova

La Corte ha chiarito che non vi è stata alcuna inversione dell’onere della prova. In materia di operazioni oggettivamente inesistenti, spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di dimostrare, anche attraverso prove indiziarie e presunzioni semplici, la fittizietà dell’operazione. Nel caso di specie, le anomalie riscontrate (contratti falsi, fornitore irreperibile, genericità delle fatture) costituivano un quadro probatorio sufficientemente grave, preciso e concordante.

Una volta che l’Ufficio ha fornito questi elementi, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve fornire una ‘prova rigorosa’ dell’effettiva esistenza delle operazioni contestate. La Suprema Corte ha sottolineato che, a tal fine, non è sufficiente la mera esibizione della fattura o la dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili e dei pagamenti, in quanto questi elementi sono ‘facilmente falsificabili’ e spesso utilizzati proprio per mascherare operazioni fittizie.

L’Indeducibilità dei Costi

Anche il motivo relativo alla deducibilità dei costi è stato respinto. I giudici hanno stabilito che le norme invocate dalla società non sono applicabili alle operazioni oggettivamente inesistenti. Per questo tipo di frode, il contribuente non può dedurre alcun costo, poiché l’operazione sottostante non è mai avvenuta. La Corte ha ribadito che i giudici di merito avevano correttamente escluso la deducibilità per la mancanza ‘dei requisiti di certezza e determinabilità del costo sostenuto’, una valutazione di fatto che non può essere riesaminata in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato il rigetto del primo motivo sottolineando che la ricorrente non lamentava una vera e propria inversione dell’onere della prova, bensì un’insufficienza della motivazione della sentenza di appello sugli indizi presentati dall’Ufficio. Questa censura, secondo la Corte, andava proposta come vizio di procedura e non come violazione di legge. In ogni caso, i giudici di appello avevano adeguatamente esaminato gli indizi (contratti falsificati, fatture indeterminate) e li avevano ritenuti fondati.

Sul secondo motivo, la Cassazione ha spiegato che le disposizioni normative invocate dalla società non si applicano alle operazioni oggettivamente inesistenti. Per queste ultime, la legge prevede che, se i costi non sono ammessi in deduzione, neanche i componenti positivi (ricavi) direttamente afferenti concorrono a formare il reddito. Tuttavia, spetta al contribuente dimostrare che anche i ricavi erano fittizi, prova che in questo caso non è stata fornita.

Infine, il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile perché mirava a contestare l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito sulla mancanza di certezza e determinabilità dei costi. Un tale accertamento non è sindacabile in Cassazione, che giudica solo sulla corretta applicazione del diritto (error in iudicando) e non sulla ricostruzione dei fatti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di fatture per operazioni inesistenti. Le imprese devono prestare la massima attenzione non solo alla correttezza formale della documentazione, ma soprattutto alla sostanza e all’effettività delle operazioni economiche. Per difendersi da un’accusa di frode fiscale, non basta mostrare documenti contabili in ordine; è necessario essere in grado di fornire prove concrete e inconfutabili che le prestazioni sono state realmente eseguite e i beni effettivamente scambiati. Questa sentenza serve da monito sull’importanza della due diligence nei confronti dei propri partner commerciali e sulla necessità di mantenere una documentazione esaustiva che vada ben oltre la semplice fattura.

In caso di operazioni oggettivamente inesistenti, su chi grava inizialmente l’onere della prova?
L’onere di dimostrare la fittizietà dell’operazione grava inizialmente sull’Amministrazione finanziaria, la quale può assolverlo anche attraverso prove indirette o presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti.

È sufficiente esibire la fattura e la prova del pagamento per dimostrare l’effettività di un’operazione contestata?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera esibizione della fattura o la dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili e dei pagamenti non è sufficiente a provare l’esistenza dell’operazione, poiché tali elementi sono facilmente falsificabili e spesso usati proprio per simulare operazioni fittizie.

Se un’operazione è considerata oggettivamente inesistente, è possibile dedurre i costi che si sostiene di aver comunque sostenuto?
No. La sentenza chiarisce che per i costi relativi a operazioni oggettivamente inesistenti è esclusa la deducibilità. I giudici di merito avevano negato la deduzione per mancanza dei ‘requisiti di certezza e determinabilità del costo sostenuto’, e la Cassazione ha confermato che questa è una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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