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Operazioni inesistenti: onere della prova e costi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21239/2025, interviene sul tema delle operazioni inesistenti. Il caso riguarda una società vinicola accusata di aver utilizzato fatture per acquisti mai avvenuti da società cartiere. La Corte ha cassato la decisione del giudice regionale, che aveva erroneamente riqualificato le operazioni come soggettivamente inesistenti, ammettendo la deducibilità dei costi. La Cassazione ha ribadito che, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, spetta all’Amministrazione finanziaria fornire la prova dell’inesistenza dell’operazione, anche tramite presunzioni. A quel punto, l’onere di provare l’effettività dell’operazione passa al contribuente, per il quale non è sufficiente esibire la fattura o la prova del pagamento.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: la Cassazione definisce l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21239 del 2025, ha fornito chiarimenti fondamentali sulla ripartizione dell’onere della prova in materia di operazioni inesistenti. Questa pronuncia analizza il caso di un’azienda vinicola accusata di aver dedotto costi e detratto l’IVA relativi a fatture per acquisti di mosto mai avvenuti. La decisione è cruciale perché ribadisce la netta distinzione tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, con conseguenze dirette sulla deducibilità dei costi e sulla prova richiesta in giudizio.

I Fatti di Causa

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di una verifica fiscale, contestava a una società vinicola l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un valore di oltre 7 milioni di euro. Le fatture erano state emesse da ditte individuali e da un’altra società, considerate dall’Amministrazione finanziaria come mere ‘cartiere’ o società filtro, create al solo scopo di emettere documenti falsi. Di conseguenza, l’Agenzia recuperava a tassazione i costi ritenuti indeducibili e l’IVA indetraibile, irrogando le relative sanzioni.

La Commissione tributaria regionale, riformando la decisione di primo grado, accoglieva le ragioni della società. Il giudice d’appello, pur riconoscendo l’inesistenza delle ditte fornitrici, aveva riqualificato le operazioni da ‘oggettivamente inesistenti’ a ‘soggettivamente inesistenti’. Secondo la commissione, il fatto che la società avesse regolarmente pagato le fatture dimostrava che un acquisto ‘in nero’ da un fornitore reale doveva essere avvenuto, rendendo quindi i costi sostenuti deducibili.

La Prova delle Operazioni Inesistenti

Il cuore della decisione della Cassazione verte sull’errata applicazione, da parte del giudice di merito, dei principi che governano l’onere della prova. La Corte ha ribadito un principio consolidato: quando l’Amministrazione finanziaria contesta operazioni inesistenti sotto il profilo oggettivo, essa ha l’onere di provare, anche attraverso presunzioni semplici, che l’operazione non è mai stata posta in essere.

Una volta che l’Ufficio ha fornito elementi indiziari sufficienti (come la natura di ‘cartiera’ del fornitore), la palla passa al contribuente. Spetta a quest’ultimo dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. La Cassazione è molto chiara su questo punto: non è sufficiente esibire la fattura o la prova del pagamento (come bonifici o assegni). Questi elementi, infatti, sono spesso utilizzati proprio per dare un’apparenza di regolarità a un’operazione fittizia e non provano che la merce sia stata effettivamente consegnata o il servizio reso.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza regionale. I giudici di legittimità hanno evidenziato diverse criticità nella decisione impugnata. In primo luogo, il giudice d’appello ha operato un’inammissibile trasformazione dell’accusa, mutando la contestazione da operazioni oggettivamente inesistenti a soggettivamente inesistenti, uscendo così dal perimetro della controversia definito dall’atto impositivo.

Inoltre, la motivazione della sentenza regionale è stata giudicata palesemente contraddittoria e illogica. Da un lato, riconosceva l’inesistenza sostanziale delle società fornitrici, definendole ‘cartiere’; dall’altro, concludeva per l’esistenza di un acquisto reale da un fornitore terzo, senza però indicare su quali prove si basasse tale ricostruzione. Questo ‘salto logico’ ha reso la decisione incoerente e non comprensibile, violando i principi sulla corretta valutazione delle prove.

Infine, la Corte ha sottolineato che la deduzione basata sul solo pagamento delle fatture è in contrasto con la giurisprudenza costante, che considera tali elementi del tutto irrilevanti ai fini della prova dell’effettività dell’operazione.

Le Conclusioni

La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà attenersi ai principi enunciati, valutando correttamente le prove e la distribuzione dell’onere probatorio. Questa ordinanza rappresenta un importante monito per le imprese: la regolarità formale dei documenti contabili e dei pagamenti non è uno scudo sufficiente contro le contestazioni di frode fiscale. È necessario essere in grado di dimostrare, con prove concrete e oggettive, la reale esistenza delle operazioni commerciali, specialmente quando i partner commerciali presentano profili di anomalia.

In caso di operazioni oggettivamente inesistenti, chi deve provare cosa?
L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare, anche con presunzioni, che l’operazione non è mai avvenuta. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare l’effettiva esistenza della transazione.

Il pagamento regolare di una fattura è sufficiente a provare l’esistenza di un’operazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’esibizione della fattura e la prova del relativo pagamento non sono sufficienti a dimostrare l’effettività dell’operazione, poiché questi elementi sono spesso utilizzati proprio per creare un’apparenza di realtà per transazioni fittizie.

Qual è la differenza di trattamento fiscale tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti?
Per le operazioni oggettivamente inesistenti (la transazione non è mai avvenuta), sia l’IVA che i costi sono totalmente indetraibili e indeducibili. Per quelle soggettivamente inesistenti (la transazione è avvenuta, ma con un soggetto diverso da quello in fattura), l’IVA è indetraibile, ma i costi possono essere deducibili se si prova che sono stati effettivamente sostenuti e sono inerenti all’attività d’impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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