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Operazioni inesistenti: onere della prova e buona fede

Una ditta individuale ha impugnato un avviso di accertamento IVA per operazioni ritenute inesistenti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, specificando che si trattava di operazioni soggettivamente inesistenti, ovvero prestazioni realmente eseguite ma da un soggetto diverso da quello fatturante. La Corte ha ribadito che spetta al Fisco provare la fittizietà del fornitore e la consapevolezza del contribuente, il quale, a sua volta, deve dimostrare la propria buona fede e diligenza per non essere coinvolto nella frode.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: La Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

La gestione della contabilità e delle fatture passive è un’attività cruciale per ogni impresa. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’Ordinanza n. 4624/2024, riporta l’attenzione su un tema delicato: le operazioni soggettivamente inesistenti. Questo caso offre importanti chiarimenti sulla ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente, sottolineando l’importanza della diligenza per non cadere in trappole fiscali.

I Fatti del Caso: Una Fornitura Contesta

Una ditta individuale ha ricevuto un avviso di accertamento dall’Amministrazione Finanziaria per riprese IVA relative all’anno 2007. La contestazione si basava sulla presunta partecipazione della ditta a operazioni oggettivamente inesistenti. In pratica, il Fisco sosteneva che le prestazioni fatturate non fossero mai state eseguite.

La contribuente ha impugnato l’atto, sostenendo una tesi diversa: l’operazione (nella specie, la costruzione di una strada) era stata effettivamente realizzata, ma non dalla società che aveva emesso la fattura. Quest’ultima, risultata essere una società “inattiva” e priva di struttura, aveva subappaltato i lavori a un terzo soggetto. Si configurava quindi un’ipotesi di inesistenza non “oggettiva” (la prestazione c’è stata), ma “soggettiva” (la prestazione è stata eseguita da un soggetto diverso da quello fatturante).

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione al Fisco, portando l’imprenditrice a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle operazioni soggettivamente inesistenti

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della contribuente, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria. La decisione si basa su un’attenta analisi della qualificazione giuridica dei fatti e dei principi che regolano l’onere probatorio in materia di frodi IVA.

Il punto centrale è che la Corte ha riconosciuto, conformemente a quanto sostenuto dalla difesa, che si trattava di operazioni soggettivamente inesistenti. Tuttavia, ha ritenuto che la contribuente non avesse fornito la prova necessaria a dimostrare la propria estraneità alla frode.

Le Motivazioni: La Ripartizione dell’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha chiarito in modo netto come si ripartisce l’onere della prova in questi casi. Spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare due elementi fondamentali, anche tramite indizi:

1. La fittizietà del fornitore: il Fisco deve provare che la società che ha emesso la fattura era in realtà una “scatola vuota” o un soggetto interposto.
2. La consapevolezza del cessionario: il Fisco deve fornire elementi (indizi gravi, precisi e concordanti) che dimostrino che il destinatario della fattura era a conoscenza della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza.

Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha assolto a questo compito, la palla passa al contribuente. A questo punto, spetta a quest’ultimo fornire la prova contraria, ovvero dimostrare:

* Di aver agito in totale buona fede, ignorando l’evasione fiscale altrui.
* Di aver adoperato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per evitare di essere coinvolto nella frode.

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che il Fisco avesse soddisfatto il proprio onere probatorio basandosi sulle risultanze del Processo Verbale di Constatazione (PVC) e sulle dichiarazioni rese dal rappresentante legale della società fittizia, il quale aveva ammesso di non aver mai eseguito i lavori. Al contrario, la contribuente non ha fornito “elementi concreti e puntuali” per smentire le prove a suo carico e dimostrare la propria inconsapevolezza.

Le Conclusioni: Diligenza e Consapevolezza del Contribuente

L’ordinanza in commento ribadisce un principio fondamentale: nel contesto delle operazioni soggettivamente inesistenti, la mera regolarità formale della contabilità e dei pagamenti non è sufficiente a salvare il contribuente. È richiesta una diligenza attiva, un controllo sulla reale consistenza operativa dei propri partner commerciali. La sentenza insegna che, di fronte a indizi di una possibile frode, l’imprenditore non può rimanere passivo ma deve adottare tutte le cautele necessarie per verificare l’affidabilità del fornitore e non rendersi, anche solo inconsapevolmente, complice di un meccanismo evasivo.

In cosa consistono le operazioni soggettivamente inesistenti?
Si tratta di operazioni commerciali che sono state effettivamente eseguite, ma da un soggetto diverso da quello che ha emesso la fattura. L’operazione è reale nella sua materialità, ma fittizia riguardo a uno dei soggetti coinvolti.

A chi spetta l’onere della prova in caso di operazioni soggettivamente inesistenti?
L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare che il fornitore indicato in fattura era fittizio e che il destinatario (il contribuente) era consapevole della frode. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare di aver agito in buona fede e con la massima diligenza.

Cosa deve fare un contribuente per dimostrare la propria buona fede e diligenza?
Il contribuente deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele esigibili da un operatore accorto per non essere coinvolto in un’evasione fiscale. Secondo la Corte, non è sufficiente la regolarità formale della contabilità o dei pagamenti; è necessario provare di aver agito con la massima diligenza possibile in base alle circostanze concrete.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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