Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23415 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
Oggetto:
operazioni
inesistenti – prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 22544/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’RAGIONE_SOCIALE dello RAGIONE_SOCIALE con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO con studio in Roma, INDIRIZZO, ove ha domicilio eletto, in virtù di mandato speciale (PEC: EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania n. 2370/14/2023 depositata in data 14/04/2023 e non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 28/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
il contribuente, ristoratore, impugnava l’avviso di accertamento per il 2014 ex art. 39, c. 1, del d.P.R. 600 del 1973, per il recupero a tassazione di costi indeducibili relativi all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e dell’IVA indebitamente detratta, oltre all’IVA non versata, relativa alle fatture di cui si è detto;
-la CTP accoglieva il ricorso; appellava l’Ufficio;
con la sentenza qui oggetto di impugnazione, la CTR ha rigettato l’appello ritenendo che la produzione dei pasti, e quindi la vendita degli stessi, abbia trovato pieno supporto da certificazioni rilasciate da Enti pubblici (Enti Comunali diversi e tra i tanti il Comune di Frigano, il Comune di Marcianise, il Comune di Lusciano, il Comune di San Cipriano di Aversa);
la Corte di secondo grado ha rilevato che gli Enti ridetti hanno certificato con allegati in atti, il numero dei pasti forniti e il prezzo corrisposto; quindi, ha ritenuto che il servizio di fornitura sia stato effettuato in maniera compiuta e satisfattiva. Secondo la sentenza impugnata, a meno che non si voglia mettere in forse la bontà RAGIONE_SOCIALE certificazioni di tutti gli enti pubblici, resta compiutamente accertato che le forniture e la documentazione afferente a tanto non possa essere messa in forse. Per quanto attiene poi le prestazioni di pulizia, che qui vengono particolarmente in rilievo, l ‘RAGIONE_SOCIALE si era soffermata sul dato di aver riscontrato “personale addetto alle pulizie”. Discenderebbe secondo parte ricorrente l’inutilità di ricorrere ad un servizio esterno per soddisfare le esigenze igieniche e di ordine della struttura. Tale semplice affermazione però -secondo la Corte di giustizia tributaria di appello della Campania -non è esaustiva al punto da escludere la necessità di interventi di manodopera per le pulizie nel caso di particolari commissioni che hanno comportato un incremento dell’attività produttiva ed una necessità di provvedere con
solerzia a pulizie e riordino eccezionalmente verificatesi per commissioni estremamente nutrite di preparazione, elaborazione e consegna di pasti;
ancora, secondo la sentenza impugnata il numero cospicuo di forniture lascia chiaramente intendere necessità logistiche non idonee con il numero usuale di dipendenti addetti alle pulizie; necessità soddisfatte con l’acquisto dei servizi in parola;
-ricorre a questa Corte l’RAGIONE_SOCIALE con tre motivi di impugnazione;
resiste con controricorso COGNOME NOME; lo stesso ha anche depositato memoria;
Considerato che:
il primo motivo si duole della violazione dell’art. 21 del d. Lgs. n. 546 del 19 92 (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.); si sostiene la tardività del ricorso introduttivo, in quanto risulta presentato l’11 dicembre 2019 avverso un accertamento notificato l’11 ottobre 2019: infatti, i sessanta giorni previsti per l’impugnazione dell’atto impositivo dalla norma in epigrafe scadevano il 10 dicembre 2019, che era un martedì;
il motivo è infondato;
dalle produzioni di parte controricorrente si evince con chiarezza che il ricorso introduttivo del giudizio di fronte alla CTP, come eccepito dal controricorrente, è stato spedito dalla casella PEC del difensore del contribuente in primo grado alle ore 23.05.18 del 10 dicembre 2019 e consegnato nella casella PEC del destinatario alle ore 23.05.29 del 10 dicembre 2019, quindi tempestivamente, dal momento che il termine per la proposizione dello stesso scadeva alle successive 00.00 del medesimo 10 dicembre 2019, ultimo momento per notificare;
sul punto, la Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 75 del 19 marzo 2019, ha dichiarata l’illegittimità costituzionale del d. L. n. n. 179 del 2012, art. 16 septies , nella parte in cui prevedeva che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di
accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 00.00 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta (e ove tale previsione non fosse ormai espunta dall’ordinamento il ricorso sarebbe effettivamente tardivo in quanto inviato per PEC dopo le ore 21);
va ricordato che il d.l. n. 179 del 2012, art. 16 quater, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. n. 221 del 2012, dispone che la notifica eseguita con modalità telematica a mezzo di posta elettronica certificata ‘si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, articolo 6, comma 1, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, articolo 6, comma 2’.
altresì, deve aggiungersi che, ai sensi del d.L. n. 179 ridetto, art. 16 septies , la notificazione eseguita con modalità telematica è assoggettata alla norma prevista dall’art. 147 c.p.c. (secondo il quale, nella vigente formulazione, le notificazioni non possono farsi prima RAGIONE_SOCIALE ore 7 e dopo le ore 21) e che tale notifica, quando è eseguita dopo le ore 21, si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo; ma nondimeno il d. L. n. 179 del 2012, art. 16 septies (convertito con modificazioni, in L. n. 221 del 2012), inserito dal d. L. n. 90 del 2014, art. 45 bis, comma 2, lettera b), convertito, con modificazioni in L. n. 114 del 2014, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, come si è detto, per violazione degli art. 3, 24 e 111 Cost. con sentenza n. 75 del 2019 della Corte costituzionale;
alla luce di ciò, la fictio iuris relativa al differimento al giorno seguente degli effetti della notifica eseguita dal mittente tra le ore 21 e le ore 00.00 è giustificata nei confronti del destinatario, poiché il divieto di notifica telematica dopo le ore 21, previsto dalla prima parte dell’art. 16 septies , tramite il rinvio all’art. 147 c.p.c., mira a tutelare il suo diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) nella quale egli sarebbe altrimenti costretto a continuare a controllare la casella di posta elettronica;
purtuttavia, ciò non vale affatto per il mittente: nei confronti del mittente il medesimo differimento comporta infatti, come ha spiegato la Consulta, un irragionevole vulnus al pieno esercizio del diritto di difesa (segnatamente, nella fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare), poiché gli impedisce di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa -che, nel caso di impugnazione, scade (ai sensi dell’art . 155 c.p.c.) allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico impiegato (la posta elettronica certificata) lo consenta;
il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 36, comma secondo n. 4, d. Lgs. 546 del 1992 (in relazione all’art. 360, n. 4 c. p. c.), per avere la Corte di secondo grado reso motivazione meramente apparente ma in realtà inesistente;
il motivo è infondato;
invero, la motivazione della CTR si è pronunciata sui fatti di causa e, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. Un. Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso inconsiderazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti. Non essendo più
ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, c. 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, c. 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; ancora la già citata Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). In questo caso, la motivazione esiste, risulta ampia e chiara, priva di contraddizioni; essa raggiunge quindi il c.d. ‘minimo costituzionale’ consentendo il controllo sul percorso logico giuridico svolto;
– infine, il terzo motivo di ricorso si incentra sulla violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 36, 2°c. n. 4, d. Lgs. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, n. 3 c. p. c. per avere illegittimamente la sentenza impugnata accolte le ragioni del contribuente senza badare al fatto che il subaffidamento RAGIONE_SOCIALE prestazioni appaltate alla RAGIONE_SOCIALE non era da nulla provato, come sarebbe spettato alla parte, perché il contratto recante un accordo in tal senso non era mai stato registrato, e quindi non aveva data certa e non era opponibile all’Ufficio. Allo stesso modo, non vi era alcuna prova del fatto che in occasione di eventi particolarmente impegnativi fossero necessari altri addetti alla pulizia, ed anzi l’assunto si presenta secondo parte ricorrente – in sé del tutto illogico poiché non mutano le dimensioni della cucina da pulire in ragione del numero degli ospiti; – il motivo è inammissibile;
lo stesso, nel concreto suo articolarsi, consta in una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio in atti; propone quindi una rilettura di elementi di prova presuntiva già tenuti in considerazione dal giudice del gravame e, pertanto, si rivela inammissibile;
per costante giurisprudenza di questa Corte, (tra plurime pronunce, si veda per tutte Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10927 del 23/04/2024) in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme;
in conclusione, il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 7.600,00 per compensi, oltre a euro 200,00 per esborsi, 15% per spese generali, ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2024.