Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8890 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8890 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
Oggetto: Tributi
Iva 2011 Operazioni soggettivamente inesistenti
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 6378 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso,
dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica EMAIL;
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE, n. 7788/23/2017, depositata in data 22 settembre 2017, non notificata;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera;
rilevato che:
-l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 18823/23/2016 con la quale la Commissione tributaria provinciale di Napoli aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società, esercente attività nel settore del commercio dei pneumatici, avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio, previo p.v.c. dei funzionari della DR RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, aveva recuperato a tassazione costi indebitamente detratti, ai fini Iva, per il 2011, in relazione a fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE.d. cartiera RAGIONE_SOCIALE afferenti ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti;
la società contribuente resiste con controricorso;
Considerato che
1.Preliminarmente, con riguardo alla rinuncia al mandato depositata dall’AVV_NOTAIO per la società controricorrente, va osservato che ‘Per effetto del principio della cosiddetta ” perpetuatio ” dell’ufficio di difensore (di cui è espressione l’art. 85 c.p.c.), nessuna efficacia può dispiegare, nell’ambito del giudizio di cassazione (oltretutto caratterizzato da uno svolgimento per impulso d’ufficio), la sopravvenuta rinuncia che il difensore del ricorrente abbia
comunicato alla Corte prima dell’udienza di discussione già fissata’ (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 26429 del 08/11/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 7920 del 2023).
2.Con l’unico motivo si denuncia, in relazione all’art . 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633/72, 2697 c.c. per avere la CTR confermato l’annullamento dell’avviso ritenendo che l’Ufficio non avesse fornito la prova circa la conoscenza o conos cibilità della frode da parte della società cessionaria, a tal riguardo, pretendendo la prova di una consapevolezza effettiva dell’esistenza della frode da parte della RAGIONE_SOCIALE ancorché la valutazione dell’assolvimento da parte dell’Ufficio della prova circa la mera consapevolezza (e non già la partecipazione) del cessionario alla frode andasse condotta sulla base di tutti gli elementi di prova presuntiva forniti dall’Ufficio (quali ad es. l’assenza di strutture, di una clientela qualificata, il mancato consumo di energia elettrica, l’ assenza di impiego di capitale proprio, i pagamenti ai propri fornitori a cura di RAGIONE_SOCIALE preceduti da accrediti da parte dei propri clienti, l’ immediatezza dei rapporti tra cedente/prestatore-fatturante e cessionario/committente).
3.Va preliminarmente rigettata l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, in quanto il ricorso contiene tutti gli elementi necessari per porre questa Corte in grado di avere piena cognizione della controversia, sviluppando una sintesi chiara dell’intera vicenda processuale e mettendo in luce le ragioni a sostegno dello stesso, con espressa menzione degli atti processuali su cui si fonda.
4.Il motivo è infondato.
5.Sulla scia della giurisprudenza unionale (Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C277/14), questa Corte ha chiarito che ‘ In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi
e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi’ (Sez. 5 , Cass. n. 9851 del 2018; n. 27566 del 30/10/2018; Sez. 6-5, n. 5873 del 28/02/2019; Cass. Sez. 5, Ord. n. 15369 del 20/07/2020; n. 28562 del 2021; Sez. 5, n. 8366 del 2023);
6.1.Come chiarito da questa Corte (Cass., sez. 5, 20/04/2018, n. 9851), la prova che deve essere fornita dall’Amministrazione in caso di operazioni soggettivamente inesistenti si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale, ossia che il soggetto formale non è quello reale e che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione I.V.A. e, a tale ultimo fine, non è necessaria la prova della partecipazione all’evasione, ma è sufficiente e necessario che il contribuente avrebbe dovuto esserne consapevole.
6.2.Con riguardo a tale ultima circostanza, secondo il consolidato orientamento della Corte di Giustizia, deve essere soddisfatta l’esigenza di tutela della buona fede del soggetto passivo, il quale non può essere sanzionato, con il diniego del diritto di detrazione, se non sapeva o non avrebbe potuto sapere che l’operazione si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione facente parte RAGIONE_SOCIALE cessioni, precedente o successiva a quella da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’I.V.A. (Corte di Giustizia 6 luglio 2006, NOME, C439/04 e C-440/04; Corte di Giustizia 21 giugno 2012, NOME e NOME, C-80/11 e C-142/11; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14). Con riguardo al “tipo” di prova incombente sull’Amministrazione si è precisato che essa può ritenersi raggiunta se
quest’ultima fornisce attendibili indizi idonei ad integrare una presunzione semplice e, dunque, non occorre la prova “certa” e incontrovertibile di ogni operazione e dettaglio: l’Amministrazione può assolvere al suo onere probatorio anche mediante presunzioni, come prevede per l’I.V.A. il D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54, comma 2, e mediante elementi indiziari (Cass., sez. 5, 5/12/2014, n. 25778; Cass., sez. 5, 24/09/2014, n. 20059; Cass., sez. 6-5, 7/06/2017, n. 14237; Corte di Giustizia 6 luglio 2006, NOME, C439/04 e C-440/14; Corte di Giustizia 21 giugno 2012, COGNOME e NOME, C-80/11 e C-142/11) che il contribuente al momento in cui ha acquistato il bene o il servizio sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente, con l’emissione della relativa fattura, aveva evaso l’imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei a ” porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente ” (Corte di Giustizia, 6 dicembre 2012, Bonik, C- 285/11; Corte di Giustizia, Ppuh, C 277/14, par. 50). La Corte di Giustizia, con riguardo alla prova sull’elemento soggettivo del cessionario, ha escluso la compatibilità con il diritto unionale di una previsione di legge nazionale che consideri inesistente, in base a criteri predeterminati, il soggetto emittente la fattura e, di conseguenza, neghi al destinatario il diritto a detrazione, sottolineando che ” il criterio dell’esistenza del fornitore dei beni o del suo diritto ad emettere fatture….non figura tra le condizioni del diritto alla detrazione “, rilevando esclusivamente che egli abbia “la qualità di soggetto passivo” (Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C- 277/14); ne consegue che spetta all’Amministrazione dimostrare, e al giudice verificare, “alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata per fondare il suo diritto alla detrazione si iscriveva in un’evasione dell’I.V.A.” (Cass. n. 9851 del 2018, cit. ). Ciò comporta che non è possibile fissare in via astratta e preventiva circostanze che ostino al riconoscimento del diritto alla detrazione (Corte di Giustizia 15 novembre 2017, Rochus e Finanzant, C-374/16 e C-375/16; Corte di Giustizia 7 settembre 2017, Equiom, C-6/16, che ha precisato che ” le autorità nazionali competenti non
possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, ad un esame complessivo dell’operazione interessata “). L’onere dell’Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario deve dunque essere ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obbiettivi e specifici, che spetta alla Amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’I.V.A. e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE circostanze esistenti al momento della conclusione dell’affare (Cass. n. 9851 del 2018, cit.; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27566; Cass., sez. 5, 20/07/2020, n. 15369). Pertanto, sebbene al destinatario non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali ed operativi anomali dell’operazione commerciale ovvero RAGIONE_SOCIALE scelte dallo stesso effettuate ovvero tali da evidenziare irregolarità ed ingenerare dubbi di una potenziale evasione, la cui rilevanza è tanto più significativa atteso il carattere strutturale e professionale della presenza dell’imprenditore nel settore del mercato in cui opera e l’aspettativa, fisiologica ed ordinaria, che i rapporti commerciali con gli altri operatori siano proficui e suscettibili di reiterazione nel tempo (Cass., sez. 5, 2/12/2015, n. 24490). Ciò significa che anche se deve escludersi la idoneità, ai fini probatori, della sola qualità di “cartiera” del soggetto interposto, non può parimenti negarsi che la immediatezza dei rapporti tra i soggetti coinvolti possa essere considerata elemento, afferente alla sfera del destinatario, idoneo a far ritenere assolto l’onere probatorio posto a carico dell’Amministrazione. Raggiunta tale prova, incombe sul contribuente l’onere di dimostrare, oltre all’effettività del cedente, la propria buona fede, ossia di “avere agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto – secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto – al fine di evitare di essere coinvolto in una tale situazione, in presenza di indizi idonei a far insorgere il sospetto”, stante la inesigibilità di ulteriori verifiche (Cass. Sez. U, 12/09/2017, n. 21105; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27566; Cass., sez. 5,
20/07/2020, n. 15369; Cass., sez. 6-5, n. 13409 del 2021). Il contribuente, in altri termini, può dimostrare sia l’anomalia degli elementi posti in evidenza dal Fisco, sia l’attività preventiva posta in essere da cui emergeva l’effettività ed operatività dell’impresa interposta. Risulta, invece, priva di rilievo tanto la prova sulla regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture e sulle evidenze contabili dei pagamenti, quanto sull’inesistenza di un dimostrato vantaggio, e ciò in quanto le prime circostanze sono già insite nella stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente, mentre l’ultima si riferisce ad un dato di fatto esterno alla fattispecie, inidoneo di per sè a dimostrare l’estraneità alla frode (Cass., sez. 5, 24/09/2014, n. 20059; Cass., sez. 5, 14/01/2015, n. 428; Cass., sez. 6-5, 5/12/2017, n. 29002; Cass., sez. 6-5, n. 13409 del 2021; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14, che afferma che “in circostanze del genere il soggetto passivo deve essere considerato… .partecipante a tale evasione, e ciò indipendentemente dalla circostanza di trarre o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito RAGIONE_SOCIALE operazioni soggette a imposta da lui effettuate a valle”).
6.3. Nella sentenza impugnata, il giudice d’appello ha fatto buon governo dei principi sopra esposti, in quanto – a fronte della contestazione da parte dell’Amministrazione, sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze del p.v.c. dei funzionari della D.R. RAGIONE_SOCIALE, dell’indebita detrazione dell’Iva in relazione a fatture emesse dalla cartiera RAGIONE_SOCIALE afferenti ad operazioni soggettivamente inesistenti ( ‘ è stato constatato che a partire dall’anno 2011 la RAGIONE_SOCIALE si è trasformata in una società fittizia e non operativa con le caratteristiche tipiche di una missing trader, quali la mancanza di lavoratori dipendenti e/o collaboratori, l’alienazione degli automezzi, l’assenza di un consumo elettrico, la modifica dei canali di approvvigionamento della merce.., assenza di impiego di capitale proprio ‘ ) – ha ritenuto non assolto l’onere probatorio a carico dell’Ufficio circa la consapevolezza da parte della contribuente del meccanismo fraudatorio atteso che – con un accertamento in fatto non suscettibile di sindacato in sede di legittimità – nella fattispecie in questione ‘ neppure gli esperti funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE se avessero ispezionato la RAGIONE_SOCIALE all’inizio o nei primi mesi de l 2011 sarebbero riusciti a rendersi conto
che era diventata una società ‘virtuale ‘. Era infatti ‘ ragionevole presumereposto che nulla era stato detto al riguardo – che i dipendenti, i mezzi e la stessa sede sociale non fossero stati, rispettivamente, licenziati o dismessi il primo gennaio dell’anno e la stessa assenza di consumi elettrici e la modifica RAGIONE_SOCIALE modalità di approvvigionamento potevano acquistare effettiva rilevanza solo valutandole a posteriori ‘ . Il giudice di appello ha, pertanto, ritenuto -con un insindacabile apprezzamento di fatto e senza violare i criteri distributivi dell’onere della prova -che, nella specie, l’Ufficio non avesse provato , in base a elementi oggettivi, la conoscenza o conoscibilità da parte della contribuente del contestato meccanismo fraudolento considerato che non poteva escludersi che ‘ almeno in una fase iniziale non fossero stati notati quei cambiamenti che- visti ex post – conclamavano la natura fittizia della cedente e rendevano improponibile qualsiasi discorso sulla buona fede o sulla inconsapevolezza ‘; invero, il giudizio di merito non può essere ulteriormente revisionato in questa sede, tenuto conto del principio di diritto secondo cui: « Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione .» (così, Cass., sez. 5, n. 32624 del 2019; sez. 6- 5, n. 9097 del 2017; cfr. altresì, sez. 6 -3, n. 8758 del 2017).
7.In conclusione, il ricorso va rigettato.
8.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
9.Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 5.600,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 8 novembre 2023