Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21190 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 9465/2017 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 8884/50/2016, depositata il 12.10.2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Caserta accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di componenti elettronici, avverso l’avviso di accertament o riguardante l’indebita detrazione dell’ IVA , per l’anno 2009 , in relazione a fatture per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti;
Oggetto:
Tributi
-l’Agenzia sosteneva che la contribuente aveva acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE diverse partite di telefoni cellulari; la RAGIONE_SOCIALE era una società fittizia che acquistava la merce da operatori economici esteri senza l’applicazione dell’IVA e la rivendeva alla contribuente, senza versare l’IVA applicata sul prezzo di vendita, che la contribuente, però, portava in detrazione;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l’appello proposto dal l’Agenzia delle entrate, osservando, per quanto qui ancora rileva, che l’Ufficio non aveva assolto, neppure per presunzioni, l’onere di provare ‘ la connivenza dell’acquirente ‘ in relazione all ‘operazione fraudolenta ; la società appellata, invece, aveva dedotto una serie di elementi (quali i minimi scostamenti di costo dei prodotti acquistati presso la RAGIONE_SOCIALE e quelli acquistati presso altri fornitori; l’effettivo versamento, da parte della società appellata, dell’IVA al fornitore RAGIONE_SOCIALE, mediante il saldo delle fatture con mezzi bancari; la mancata dimostrazione di quale sarebbe stato concretamente il vantaggio economico della società appellata ad operare in tal modo invece che acquisire i beni direttamente dal fornitore comunitario e non dalla RAGIONE_SOCIALE) ‘ idonei a consentire di ritenere non provata la condotta colpevole della società appellata, o comunque di ritenere non provata la sua conoscenza dell’intento fraudolento delle operazioni contestate ‘.
l ‘Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo;
la società contribuente rimaneva intimata.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 26 e 54 d.P.R. n. 633/1972, 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per avere la CTR ritenuto erroneamente che la contribuente avesse dimostrato
la propria buona fede mediante la produzione delle fatture e dei documenti contabili;
il motivo è fondato;
va ribadito che, nel caso di operazione soggettivamente inesistente l’IVA non è, in linea di principio, detraibile, perché è stata versata ad un soggetto non legittimato alla rivalsa e non assoggettato all’obbligo di pagamento dell’imposta, in quanto la fattura è emessa da un soggetto che non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, da ritenersi “inesistenti” (Cass. 30.10.2013, n. 24426);
poiché il diniego del diritto di detrazione costituisce un’eccezione al principio di neutralità dell’IVA che tale diritto costituisce, incombe sull’Amministrazione finanziaria provare, anche sulla base di presunzioni, che, a fronte dell’esibizione del titolo, difettano, le condizioni, oggettive e soggettive, per la detrazione (e segnatamente: che il soggetto emittente non era il reale cedente e che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta), mentre spetterà al contribuente, una volta raggiunta questa prova, fornire la prova contraria, ossia di aver svolto le trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente (Cass. 20.04.2018, n. 9851);
per quanto riguarda la consapevolezza del cessionario, invece, occorre rilevare che, se a quest’ultimo non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell’operazione commerciale, tali da evidenziare irregolarità e
ingenerare dubbi di una potenziale evasione (Cass. 2.12.2015, n. 24490);
-con riferimento al tipo di prova incombente sull’Amministrazione, è stato poi condivisibilmente affermato che può trattarsi sia di prova logica (o indiretta) sia di prova storica (o diretta), consistente anche in indizi integranti una presunzione semplice (Cass. n. 28246 del 2020), potendo essere valorizzati, quali elementi sintomatici della mancata esecuzione dell’operazione da parte del fatturante, l’assenza della minima dotazione personale e strumentale adeguata alla predetta esecuzione, l’immediatezza dei rapporti fra cedente/prestatore fatturante interposto e cessionario/committente, la conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica e la non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell’operazione (Cass. n. 5339 del 2020);
anche di recente è stato ribadito che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. n. 24471 del 2022);
il contenuto della massima diligenza esigibile nei confronti di un accorto operatore, al fine di non essere parte di una frode IVA, si incentra sulle opportune informazioni circa l’effettiva esistenza del fornitore, da acquisirsi sia direttamente (in relazione alla struttura organizzativa dello stesso) sia indirettamente, attraverso l’esame delle modalità con le quali si è estrinsecato il rapporto commerciale con l’emittente (Cass. n. 28165 del 2022);
il giudice del gravame non ha seguito i principi sopra indicati, non avendo considerato il valore sintomatico degli elementi indicati dall’Amministrazione finanziaria nell’atto impositivo (e richiamati, in ossequio al principio di autosufficienza, nel testo del ricorso per cassazione), quali, a titolo meramente esemplificativo, le circostanze che la società fornitrice era priva di strutture e di personale (cartiera), non versava sistematicamente l’IVA e, conseguentemente, applicava prezzi inferiori a quelli di mercato;
la CTR ha, invece, valorizzato elementi irrilevanti quali la mancata prova della connivenza dell’acquirente, la regolarità formale delle scritture contabili e le evidenze contabili dei pagamenti, alterando così le regole di ripartizione dell’onere probatorio gravanti sulle parti, in quanto si tratta di circostanze prive di rilievo, essendo sufficiente dimostrare la mancata diligenza dell’operatore ;
in conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 maggio 2025