LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni inesistenti: l’onere della prova del costo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35327/2024, ha respinto il ricorso di una società a cui erano stati disconosciuti costi per operazioni inesistenti. La Corte ha stabilito che, di fronte a seri indizi di inesistenza oggettiva delle prestazioni fornite dall’amministrazione finanziaria, spetta al contribuente l’onere di provare l’effettiva esecuzione delle operazioni. In questo contesto, le argomentazioni relative alla buona fede o all’inesistenza soggettiva diventano irrilevanti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: L’Onere della Prova Ricade sul Contribuente

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 35327 del 2024 offre un’importante lezione sull’onere della prova in materia di operazioni inesistenti. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi sufficienti a dubitare della realtà di una transazione, spetta al contribuente dimostrare che tale operazione è stata effettivamente eseguita. La mera regolarità formale delle scritture contabili non è sufficiente.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società, con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione dei redditi, disconoscendo la deducibilità di costi derivanti da fatture emesse da un fornitore. Secondo l’Amministrazione, tali fatture si riferivano a operazioni oggettivamente inesistenti.

La società contribuente ha impugnato l’atto, ma il suo ricorso è stato respinto sia in primo grado (Commissione Tributaria Provinciale) sia in appello (Commissione Tributaria Regionale). I giudici di merito hanno confermato la tesi dell’Agenzia, ritenendo non provata l’effettiva esecuzione delle prestazioni fatturate. Di conseguenza, la società ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali, tra cui la presunta violazione delle norme processuali e una motivazione considerata solo apparente.

La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la decisione della Commissione Tributaria Regionale. I giudici hanno chiarito che, una volta accertata l’oggettiva inesistenza delle operazioni, ogni discussione sulla buona fede del contribuente o sulla natura soggettivamente inesistente della frode diventa irrilevante.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su un percorso logico-giuridico chiaro e consolidato. Analizziamo i punti chiave.

La Prevalenza dell’Inesistenza Oggettiva sulle operazioni inesistenti

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra inesistenza oggettiva e soggettiva. L’Amministrazione Finanziaria aveva fornito una serie di indizi gravi, precisi e concordanti per sostenere che le operazioni non erano mai avvenute: le dimensioni dei locali del fornitore (ad uso abitativo e inadeguati all’attività), la mancanza di prova della consegna dei beni, l’assenza di ordinativi e l’esiguità del ricarico applicato.

Di fronte a questo quadro, la Corte ha stabilito che il problema principale non era identificare una potenziale frode IVA con interposizione di soggetti (inesistenza soggettiva), ma verificare se le prestazioni fossero state realmente eseguite (inesistenza oggettiva). Poiché la Commissione Tributaria Regionale aveva concluso per l’inesistenza oggettiva, e l’appello della società non aveva criticato efficacemente questo punto, le argomentazioni sulla buona fede e sulla non consapevolezza della frode erano fuori luogo.

L’Onere della Prova nelle operazioni inesistenti

La Corte ha ribadito un principio cruciale: se l’Agenzia fornisce prove indiziarie dell’inesistenza delle operazioni, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve fornire elementi concreti e sufficienti a dimostrare che le operazioni sono state “effettivamente eseguite”.

Nel caso di specie, la società si era limitata a eccepire la “regolarità formale delle proprie scritture” e a fare affermazioni generiche sulla documentazione presente nel fascicolo, senza però specificare quali documenti avrebbero dovuto provare l’effettività delle transazioni. Questo atteggiamento è stato giudicato insufficiente. Non basta avere una fattura formalmente corretta; è necessario poter dimostrare, con prove concrete (documenti di trasporto, ordini, prove di pagamento tracciabili, corrispondenza commerciale), che la prestazione è stata realmente resa o il bene effettivamente consegnato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso in tema di costi derivanti da fatture per operazioni inesistenti. Per le imprese, il messaggio è chiaro: la diligenza nella gestione contabile non può limitarsi alla registrazione di documenti formalmente ineccepibili. È essenziale mantenere e conservare tutta la documentazione idonea a dimostrare la sostanza economica e la realtà delle transazioni commerciali. In caso di contestazione da parte del Fisco, la capacità di provare l’effettiva esecuzione di un’operazione diventa l’unica, vera difesa per garantire la deducibilità dei relativi costi e la detraibilità dell’IVA.

Qual è la differenza tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti?
Un’operazione è oggettivamente inesistente quando la transazione fatturata non è mai avvenuta. È soggettivamente inesistente quando la transazione è avvenuta, ma tra soggetti diversi da quelli indicati in fattura, solitamente per scopi fraudolenti.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione di operazioni inesistenti?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire indizi gravi, precisi e concordanti che suggeriscano l’inesistenza dell’operazione. Una volta forniti tali indizi, l’onere della prova si inverte e spetta al contribuente dimostrare con prove concrete l’effettiva esecuzione della transazione.

È sufficiente presentare fatture e scritture contabili formalmente regolari per dedurre un costo?
No. Secondo la sentenza, la mera regolarità formale delle scritture non è sufficiente a superare gli indizi di inesistenza forniti dall’Agenzia. Il contribuente deve offrire elementi concreti che provino che le operazioni fatturate siano state realmente eseguite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati