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Operazioni inesistenti: l’onere della prova

Una società di pulizie si è vista contestare le detrazioni IVA e la deducibilità dei costi IRAP per fatture ricevute da una presunta società ‘cartiera’. I giudici di merito avevano dato ragione al contribuente, ma la Corte di Cassazione ha annullato la decisione. Con l’Ordinanza n. 3739/2024, la Suprema Corte ha ribadito che in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare non solo la natura fittizia del fornitore, ma anche la consapevolezza o la colpevole negligenza del cliente. La sentenza di secondo grado è stata cassata per non aver applicato correttamente questo principio, demandando a un nuovo giudizio la valutazione dei fatti.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: la Cassazione Definisce l’Onere della Prova

Con l’Ordinanza n. 3739 del 9 febbraio 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: le operazioni soggettivamente inesistenti. Questa decisione chiarisce in modo netto la ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, sottolineando come una motivazione sbrigativa da parte del giudice di merito non sia sufficiente a respingere le pretese del Fisco. L’ordinanza offre spunti fondamentali per le imprese che si trovano a gestire rapporti con fornitori e a difendersi da contestazioni fiscali complesse.

I Fatti del Caso: Fatture Sospette e la Difesa del Contribuente

Una società operante nel settore delle pulizie si vedeva recapitare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava, per l’anno d’imposta 2007, l’indebita detrazione dell’IVA e la deduzione di costi ai fini IRAP. Le contestazioni traevano origine da fatture emesse da una società fornitrice, ritenuta dall’Agenzia una mera ‘società cartiera’.

Il contenzioso iniziava con il ricorso del contribuente presso la Commissione Tributaria Provinciale, che accoglieva le sue ragioni. Successivamente, anche la Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione di primo grado, rigettando l’appello dell’Amministrazione Finanziaria. Secondo i giudici di merito, l’Agenzia non aveva fornito prove sufficienti a sostegno delle proprie tesi. Insoddisfatta, l’Amministrazione ricorreva per cassazione, lamentando, tra le altre cose, una violazione delle norme sull’onere della prova.

L’onere della prova nelle operazioni soggettivamente inesistenti

Il cuore della controversia, come analizzato dalla Suprema Corte, risiede nel secondo motivo di ricorso, ritenuto fondato. La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di operazioni soggettivamente inesistenti. In questi casi, l’onere probatorio è chiaramente ripartito:

1. A carico dell’Amministrazione Finanziaria: Spetta al Fisco dimostrare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore (ad esempio, la sua natura di ‘società cartiera’), ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta. Questa prova può essere fornita anche tramite presunzioni, basate su elementi oggettivi e specifici che suggeriscano che il contribuente sapesse o avrebbe dovuto sapere della frode, usando l’ordinaria diligenza professionale.

2. A carico del Contribuente: Una volta che l’Amministrazione ha assolto al proprio onere, la palla passa al contribuente. Quest’ultimo deve fornire la prova contraria, dimostrando di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nella frode. Non è sufficiente, a tal fine, provare la regolarità della contabilità o dei pagamenti.

La Distinzione tra Ripresa IVA e Ripresa IRAP

La Corte ha inoltre sottolineato che la motivazione della Commissione Tributaria Regionale era carente anche perché non distingueva adeguatamente tra la contestazione ai fini IVA e quella ai fini IRAP. Mentre per l’IVA è cruciale la consapevolezza della frode, per la deducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette (e IRAP), la legge ammette la deduzione se i costi sono stati effettivamente sostenuti, a meno che non siano in contrasto con principi di effettività, inerenza, competenza e certezza, o siano legati a delitti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza di secondo grado ‘estremamente succinta’ ed ‘ellittica’. I giudici regionali si erano limitati a fare riferimento al processo verbale di constatazione (p.v.c.) elevato nei confronti della società fornitrice, concludendo in modo inconcludente che non incombeva sul contribuente produrre tale documento.

Secondo la Suprema Corte, questo approccio è errato. Era compito della Commissione Tributaria Regionale accertare, sulla base dei principi giurisprudenziali sull’onere della prova, se la fornitrice fosse effettivamente una ‘cartiera’ e, in caso affermativo, valutare l’elemento soggettivo del contribuente (cioè la conoscibilità della frode). Inoltre, avrebbe dovuto analizzare separatamente la questione dei costi ai fini IRAP, verificandone l’effettività, l’inerenza e gli altri requisiti. La sentenza impugnata è stata quindi cassata perché non ha svolto questa indispensabile analisi.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte ha accolto il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia, assorbendo il terzo e rigettando il primo. Ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo esame della controversia attenendosi ai principi di diritto enunciati. Questa decisione riafferma la necessità di un’analisi rigorosa e dettagliata da parte dei giudici di merito nelle controversie su operazioni soggettivamente inesistenti, evitando motivazioni superficiali e applicando correttamente i criteri di ripartizione dell’onere probatorio tra Fisco e contribuente.

Chi deve provare la frode in caso di operazioni soggettivamente inesistenti?
L’onere della prova iniziale spetta all’Amministrazione Finanziaria. Essa deve dimostrare, anche tramite presunzioni, sia la natura fittizia del soggetto interposto (il fornitore), sia la consapevolezza o la colpevole negligenza del destinatario della fattura riguardo alla frode.

Cosa deve dimostrare l’Amministrazione Finanziaria per negare la detrazione IVA?
Per negare la detrazione dell’IVA, l’Amministrazione deve provare due elementi: 1) che il fornitore indicato in fattura è un soggetto fittizio (es. una ‘società cartiera’) e 2) che il destinatario della fattura era a conoscenza della frode o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza professionale.

I costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti sono sempre indeducibili ai fini IRAP?
No. A differenza dell’IVA, i costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti sono deducibili ai fini IRAP (e delle imposte dirette) se il contribuente dimostra che sono stati effettivamente sostenuti e rispettano i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza e determinatezza, e non sono direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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