Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10336 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10336 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
Ires, Irap 2007 – operazioni oggettivamente inesistenti -onere della prova -presunzione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1935/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dal l’Avv . NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO, n. 6500/2023, depositata il 17/11/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’ Agenzia delle entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di laboratori di analisi cliniche, avviso di
accertamento con il quale, per l’anno di imposta 200 7 (oltre che per gli anni 2006, 2008 e 2010 oggetto di separati ricorsi) le contestava di aver registrato due fatture passive -la n. 23 del 30 giugno 2007 e la n. 46 del 31 dicembre 2007 dell’importo di euro 1.086.002,62 -emesse dalla RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE in base ad un Accordo per l’esecuzione di analisi cliniche in service stipulato il 15 dicembre 2004 che riteneva afferente a operazione oggettivamente inesistenti. Per l’effetto , valutata l’ indeducibilità del costo, recuperava a tassazione maggiore Ires e maggiore Irap.
La società contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla C.t.p. di Roma che accoglieva il ricorso nel merito, ritenendo che fossero state provate tutte le operazioni commerciali indicate nella fattura.
La sentenza di primo grado veniva confermata dalla C.t.r. del Lazio con sentenza che, su ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate, veniva annullata con rinvio, per vizio della motivazione, con ordinanza di questa Corte n. 6403 del 2023.
Il giudizio veniva riassunto innanzi alla C.t.r. (poi Commissione di secondo grado) la quale, con la sentenza di cui all’epigrafe, accoglieva l’appello dell’Ufficio ritenendo provato, in base a presunzioni, gravi precise e concordanti, che si trattasse di operazioni oggettivamente inesistenti.
Avverso detta sentenza ricorre la società contribuente e l’Agenzia delle entrate resiste a mezzo controricorso.
La contribuente ha depositato memoria con la quale, tra l’altro, ha insistito per la riunione del giudizio agli altri pendenti aventi ad oggetto altre annualità.
Considerato che:
La società contribuente propone quattro motivi:
1.1. Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 primo comma, 2697, secondo comma, cod. civ. quanto alla «veridicità, effettività e regolarità delle operazioni contestate dall’Erario e dei rapporti economico commerciali tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE».
1.1.1. Con una prima censura (§ 1.4.) assume che la Commissione avrebbe fatto cattivo uso del materiale indiziario disponibile, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, con l’effetto di attribuire il valore di gravità, precisione e concordanza a singoli elementi privi di queste caratteristiche e, precisamente: A) alla mancata registrazione della scrittura privata che regolava i rapporti commerciali tra la due società e alla mancanza di data certa di quest’ultima; B) alla detenzione dell’intero capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE da parte del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e di suo fratello ed alla messa in liquidazione di tale ultima società; C) al fatto che la RAGIONE_SOCIALE utilizzava in parte gli uffici della RAGIONE_SOCIALE e che non era autorizzata a svolgere esami di laboratorio, atteso che l’accreditamento presso la Regione Lazio era in capo a quest’ultima; D) alla mancata esplicitazione di ragioni economiche sottese alla concessione in service ed al fatto che la RAGIONE_SOCIALE non era accreditata presso la Asl mentre lo era la RAGIONE_SOCIALE che aveva anche struttura e macchinari necessari; E) al fatto che i rapporti tra le due società venissero regolati in contanti.
1.1.2. Con una seconda censura (§ 1.5.), assume che la Commissione ha omesso la sussunzione sotto la norma dell’art. 2729 cod. civ. di fatti storici aventi i requisiti di gravità o di precisione o di concordanza , ai fini dell’ inferenza da essi della conseguenza ignota, e non ha dato ingresso alla valutazione della prova contraria offerta.
Osserva che, a dimostrazione delle prestazioni sanitarie, era stato prodotto in giudizio un «supporto ottico» contenente le registrazioni delle stesse -con date, nome e codice fiscale dei pazienti, esami eseguiti -e che di tale prova documentale la sentenza non dava conto nella parte motiva. Aggiunge che le somme versate a pagamento delle contestate fattura erano state regolarmente dichiarate dalla RAGIONE_SOCIALE come componenti positivi, annotati sulle scritture contabili, e quindi come voci di reddito, venendola violazione così meno l’unico movente all’emissione di fatture false .
1.2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 112. cod. proc. civ. in ragione di tre evidenti vizi di ultra-petizione
Critica la sentenza impugnata per aver considerato, tra gli indizi valorizzati al fine della presunzione di inesistenza oggettiva delle prestazioni , fatti oggetto di un’eccezione nuova e, dunque, inammissibile, avanzata solo in corso di causa dall’Agenzia delle Entrate (e non rilevabile d ‘u fficio) in quanto non presente nella motivazione dell’avviso di accertamento. In particolare , contesta la sentenza per aver dato rilievo al fatto che la RAGIONE_SOCIALE utilizzava in parte gli uffici della RAGIONE_SOCIALE; alla mancata esplicitazione delle ragioni economiche sottese alla concessione in service delle prestazioni; al fatto che non erano state prodotte le singole ricevute rilasciate agli utenti finali. Osserva che, in disparte il rilievo che era la RAGIONE_SOCIALE a rilasciare le ricevute all’utente finale, detta documentazione non era mai stata richiesta dall’ Agenzia delle entrate.
1.3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione, all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1321 e 2702 cod. civ.
Critica la sentenza impugnata per aver ritenuto priva di «valenza giuridica» la scrittura privata intercorsa con la Cibermedica in quanto
non registrata e senza data certa. Osserva che la statuizione è in contrasto con il principio della libertà delle forme e che le sottoscrizioni apposte non erano mai state disconosciute.
1.4. Con il quarto motivo denuncia, in relazio ne all’art. 360, primo comma, n . 5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Si duole, in particolare, dell’omesso esame del supporto ottico dal quale poteva evincersi che le prestazioni sanitarie erano state eseguite in quanto contenente tutti i dati relativi a queste ultime. Osserva che detto supporto era decisivo in quanto rappresentava la principale prova dell’esistenza e dell’effettività di tutte le analisi di laboratorio svolte dalla RAGIONE_SOCIALE in attuazione dell’Accordo.
Preliminarmente va disattesa, non ravvisandosene l’opportunità, l’istanza di riunione del presente procedimento a quelli aventi ad oggetto altri anni di imposta; la trattazione congiunta dei ricorsi assicura, infatti, la stessa esigenza dell’unitario esame delle medesime questioni svolte nei vari giudizi e, al contemplo, maggiore ordine ed agilità di trattazione (cfr. Cass. 25/08/2023, n. 25288).
Il secondo motivo va esaminato preliminarmente in quanto involge l’utilizzabilità degli elementi indiziari posti dalla Corte laziale a fondamento del giudizio presuntivo che ha portato a concludere per l’oggettiva inesistenza dell e operazioni il cui corrispettivo era stato portato in deduzione.
Il motivo è infondato.
3.1. La ricorrente assume che la Corte territoriale avrebbe erroneamente posto a fondamento della prova presuntiva sia il fatto di che la RAGIONE_SOCIALE utilizzava i locali della RAGIONE_SOCIALE e che solo quest’ultima era accreditata presso la RAGIONE_SOCIALE, sia la mancata esplicitazione di ragioni economiche sottese alla concessione in service della esecuzione delle prestazioni. Obietta, sul punto, che si trattava di
eccezioni nuove in quanto la prima non presente nell’avviso di accertamento e prospettata solo in corso di causa e la seconda non oggetto di giudizio. Obietta, ancora, che le ricevute relative alle prestazioni eseguite in favore dell’utente finale non era no mai state richieste dall’Ufficio.
3.2. Il divieto di jus novorum ha ad oggetto le sole eccezioni in senso proprio e non si estende alle eccezioni improprie ed alle mere difese, ossia alle deduzioni volte alla contestazione dei fatti costitutivi e giustificativi allegati dalla controparte a sostegno della pretesa, ovvero alle deduzioni che corroborano sul piano difensivo eccezioni già ritualmente formulate. Ugualmente, il giudice di merito incorre nel vizio di extra-petizione quando attribuisce alla parte un bene non richiesto, perché non compreso neppure implicitamente o virtualmente nelle deduzioni o allegazioni, e non quando ponga a fondamento della decisione esiti documentali che naturalmente si offrono alla valutazione del giudice d’appello e, tanto meno, in ragione di mere argomentazioni.
La domanda avanzata dall’Agenzia delle entrate, quale attore in senso sostanziale, aveva ad oggetto il recupero tributario in ragione della indeducibilità di costi in quanto ritenuti frutto di operazioni oggettivamente inesistenti. La sentenza si è pronunciata su detta ultima e le argomentazioni spese a sostegno della decisione, tutte fondate su risultanze di causa, non implicano il vizio denunciato. Ugualmente, deve escludersi che la Commissione sia andata extrapetita per aver dato rilievo al fatto che non fossero state prodotte le ricevute relative alle prestazioni finali; infatti detta produzione, ancorché non richiesta dall’Ufficio nella fase endo -procedimentale, non era certo preclusa al contribuente in giudizio, essendo a suo carico la prova contraria relativa all’esistenza dell’operazione .
Il primo motivo è infondato con riferimento ad entrambe le censure.
La ricorrente assume che la Commissione avrebbe dato rilievo a fatti privi di valenza indiziaria ed avrebbe, invece, omesso di considerare fatti rilevanti.
4.1. In primo luogo va ribadito che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, ossia attribuendo l’onus probandi ad una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni, ma non quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 31/08/2020, n. 18092, Cass. 29/05/2018, n. 13395).
4.2. Quanto alla prova presuntiva, è noto che il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., ad ammettere solo presunzioni gravi, precise e concordanti. Il requisito della precisione è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della gravità al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della concordanza, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza.
Il giudice deve articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi.
Da ciò consegue che la denuncia in cassazione di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 cod. civ. ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3, cod. proc. civ. può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota; non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di un’ inferenza probabilistica diversa da quella applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. 21/03/2022 n. 9054).
4.3. Quanto ai criteri di valutazione della prova, è consolidato il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso. Non occorre, invece, che dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. È, infatti, necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo dato indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce, in base al giudizio effettuato, gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Di conseguenza, il controllo di legittimità è incompatibile con un controllo sul punto, perché il significato delle prove lo deve stabilire il giudice di merito. La Corte, inevitabilmente, compirebbe un non consentito giudizio di
merito, se, confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie, prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a quelli assunti dal giudice di appello a fondamento della sua decisione (cfr. tra le tante, Cass. 20/02/2024, n. 4583, Cass. 15/09/2022, n. 27250, Cass. 11/12/2023, n. 34374 Cass. 21/01/2015, n. 961).
4.4. Applicando detti principi alla prova in tema di operazioni oggettivamente inesistenti, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che incombe all’Amministrazione l’onere di dimostrare, attraverso la prova logica (o indiretta) o storica (o diretta) e anche con indizi integranti presunzione semplice, la fittizietà dell’operazione, spettando poi al contribuente fornire rigorosa prova contraria (cfr., tra le tante, Cass. 15/06/2022, n. 19214).
Si è aggiunto che ove la fattura costituisca in tutto o in parte mera espressione cartolare di un’operazione commerciale mai posta in essere da alcuno, l’Amministrazione ha l’onere di fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva, del fatto che la stessa non è reale; di seguito spetta al contribuente l’onere di dimostrarne l’effettiva esistenza; tale prova, tuttavia, non può consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (tra le più recenti Cass. 18/12/2024, n. 33126 che, a propria volta, richiama copiosa giurisprudenza).
4.5. La sentenza i impugnata -dopo aver correttamente richiamato i principi in materia di prova presuntiva -si è fatta carico di nuovo esame degli elementi allegati dalle parti per altro, già evidenziati da questa Corte con l’ordinanza di annullamento con rinvio, ed ha concluso per la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla indeducibilità dei costi in quanto relativi ad operazioni oggettivamente
inesistenti evidenziando che non erano state prodotte le fatture relative alle prestazioni finali in favore degli utenti; il pagamento del corrispettivo del contratto in service tra le due società era avvenuto in contanti, ovvero con modalità non tracciabili, chiaro segnale di un’operazione anomala considerando il rilevante importo; non vi era prova della prestazione; la scrittura privata intercorsa tra le due società non era registrata e non aveva data certa e anche tale circostanza era anomala, stante il rilevante importo dell’affare ; che l’intero capitale della RAGIONE_SOCIALE era in capo al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e di suo fratello; la RAGIONE_SOCIALE utilizzava i locali della RAGIONE_SOCIALE e, a differenza di quest’ultima , non era accreditata presso la Regione Lazio; non erano esplicitate le ragioni economiche sottese all’intera operazione.
Di qui la Commissione tributaria, valorizzando la portata indiziaria di detti elementi e valutati gli stessi nel complesso, è giunta alla conclusione che risultava provata la fattispecie dell’operazione oggettivamente inesistente.
Ciò posto, deve rilevarsi che tutti gli indizi presi in considerazione nella valutazione della prova presuntiva rivestono il carattere della gravità e sono concordanti tra di loro, oltre che precisi, e che la Commissione di secondo grado li ha adeguatamente selezionati e valutati. Si tratta, infatti, di elementi sintomatici dell’inesistenza dell’operazione. L’apprezzamento delle prove svolto in sentenza risulta, dunque, esaustivo ed immune da vizi logici.
4.6 . La contribuente insiste sull’omesso rilievo del «supporto ottico». In realtà, il Giudice di secondo grado non ne ha ignorato l’esistenza in quanto del medesimo ha dato espressamen te conto nella parte espositiva; piuttosto, deve ritenersi che lo abbia ritenuto irrilevante.
Sul punto va ribadito che il giudice del merito non è tenuto a dare conto di tutti gli elementi portati alla sua attenzione. Per di più, la contribuente nemmeno chiarisce perché da tale supporto ottico, non diversamente che dall’elenco cartaceo, fosse possibile evincere l’effettività delle operazioni effettuate, come già evidenziato da questa Corte con l’ordinanza di annullamento con rinvio. Infatti, un elenco di prestazioni, ancorché dettagliato non ne implica la loro esistenza.
Quanto poi, alla regolarità dell’impianto contabile, alla registrazione delle fatture ed alla liquidazione delle imposte in capo alla RAGIONE_SOCIALE, si è già evidenziato che si tratta di elementi, in sé, inidonei a vincere la presunzione di inesistenza delle operazioni in quanto la regolarità formale dell’operazione è proprio lo strumento normalmente utilizzato per far apparire reale un’operazione fittizia
4.7. Il giudice del rinvio, pertanto, ha correttamente applicato le regole di ripartizione dell’onere probatorio e della prova presuntiva , giungendo, all’esito della valutazione complessiva di quanto acquisito, alla conclusione che le operazioni contestate erano effettivamente inesistenti.
La ricorrente, piuttosto, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315).
5 Il terzo motivo è infondato.
La censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
E’ pur vero che la sentenza contiene improprio riferimento alla «valenza giuridica» che deriverebbe dalla registrazione del contratto. Tuttavia, dal complesso della motivazione risulta chiaramente che il Giudice non ha inteso affermare che la registrazione fosse requisito a pena di invalidità; infatti, ha premesso che le parti sono libere di redigere scritture private non autenticate e di sottoporle a registrazione. Il senso della frase va colto, pertanto, inserendolo nel complesso della motivazione, laddove la Commissione ha valutato la mancanza di registrazione, non ai fini della validità del contratto, ma quale indizio rilevante ai fini della dedotta inesistenza delle prestazioni ivi previste.
6 Il quarto motivo è infondato.
6.1. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che il novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo. Viceversa, l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; e tra le più recenti Cass. 22/07/2024, n. 20112).
Anche ove si ritenesse che la parte, dolendosi del mancato esame del «supporto ottico», abbia inteso fare riferimento non al documento, ma ai fatti storici ivi riportati (ovvero l’annotazione dei dati relativi alle
singole prestazioni eseguite per conto della RAGIONE_SOCIALE) non si giungerebbe a diversa conclusione.
Infatti, la mancata valutazione di uno o più elementi indiziari può dare luogo al vizio di omesso esame di un fatto decisivo soltanto quando essi possano invalidare l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali si è fondato il convincimento del giudice, non anche quando si tratti di indizi che andrebbero comunque ponderati e valutati unitamente agli altri acquisiti al processo, giacché ciò equivarrebbe a sostituirsi al giudice di merito nel compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti per cui è causa, che invece è ciò che la costante giurisprudenza di questa Corte esclude dall’ambito del controllo di legittimità (cfr., tra le più recenti, Cass. 16/12/2024, n. 32867).
Il fatto contestato era l’indeducibilità del costo rappresentato dal corrispettivo asseritamente pagato dalla contribuente alla RAGIONE_SOCIALE che l’Ufficio riteneva relativo ad operazione oggettivamente inesistente. Il supporto ottico, di cui si denuncia l’o messo esame, è, pertanto, solo uno degli elementi allegati dalla parte per dimostrare l’effettività della prestazione.
Infine, come già rilevato a proposito del primo motivo, secondo la stessa prospettazione della contribuente il supporto conteneva l’annotazione di pazienti, prestazioni, date; la ricorrente, tuttavia, non chiarisce come da una documentazione interna di tipo riassuntivo possa trarsi la prova che le prestazioni siano state effettivamente fornite, e di chi avrebbe effettivamente eseguito le prestazioni.
7. In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.