Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9599 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9599 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n.26282/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, presso cui elettivamente domicilia in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso cui è domiciliata ope legis in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la sentenza n.960/2016 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, pronunciata in data 25 marzo 2016, depositata in data 18 aprile 2016 e non notificata.
tributi
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ricorre, con quattro motivi, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE , che resiste con controricorso, avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha parzialmente accolto l’appello della contribuente, in controversia concernente l’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale l’ufficio, per l’anno 2008, recuperava a tassazione costi indeducibili relativi ad operazioni inesistenti;
con la sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALEt.RAGIONE_SOCIALE rilevava che l’ufficio aveva indicato una serie di indizi che facevano ritenere che le fatture emesse dalle ditte RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non fossero veritiere;
secondo la C.t.r., l’ufficio aveva rilevato come tra la ditta ricorrente e le ditte emittenti le fatture, nonostante gli importi fossero elevati, non esistesse alcun contratto di appalto o di fornitura;
inoltre la RAGIONE_SOCIALE evidenziava che la ditta RAGIONE_SOCIALE addirittura non aveva presentato dichiarazione reddituale, mentre la ditta RAGIONE_SOCIALE, sebbene avesse presentato la dichiarazione reddituale, non aveva indicato le fatture emesse in favore di COGNOME NOME;
infine, secondo i giudici di appello, anche la prova dei pagamenti eseguiti appariva incerta in quanto le annotazione sulle matrici degli assegni a penna effettuata dalla ditta RAGIONE_SOCIALE e gli estratti conto del Banco di Napoli non provavano con certezza i beneficiari degli assegni;
la RAGIONE_SOCIALE concludeva, quindi, nel senso che tutti tali elementi valutati nel loro complesso facevano ritenere che le fatture contestate dall’ufficio si riferivano ad operazioni inesistenti;
il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 20 marzo 2024, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc.
civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31 agosto 2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
CONSIDERATO CHE:
1.1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.;
secondo la ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe fondato il proprio convincimento su meri indizi, privi di efficacia probatoria;
1.2. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.;
la ricorrente sostiene che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe invertito l’onere probatorio, esonerando l’ufficio dalla prova dell’inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di accertamento;
1.3. con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la mancata applicazione del principio del giusto processo e della parità RAGIONE_SOCIALE parti, ex art.111 Cost.;
secondo la ricorrente il giudice avrebbe posto a fondamento della decisione gli assunti dell’RAGIONE_SOCIALE, privi di supporto probatorio;
1.4. con il quarto motivo la ricorrente denunzia il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per l’ omessa indicazione del percorso logico -argomentativo;
2.1. i motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati e vanno rigettati;
sul piano probatorio occorre premettere che, come questa Corte ha chiarito, nel caso in cui l’ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, cio è sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, e quindi contesti l’indebita detrazione dell’IVA e/o deduzione dei costi, ha
l’onere di fornire elementi probatori del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata e a quel punto passer à al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate (cfr. Cass. n. 24426 del 30/10/2013);
quest’ultima prova non potr à consistere, per ò , nella esibizione della fattura, n é nella sola dimostrazione della regolarit à formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (tra le altre, Cass. n. 15228 del 03/12/2001; Cass. n. 12802 del 10/06/2011);
nel caso di specie, l’ufficio ha fornito alla C.t.r. numerosi elementi indiziari da cui è possibile presumere l’inesistenza oggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate;
tali elementi, analiticamente esaminati dal giudice di appello, sono riassumibili nell’inosservanza degli obblighi fiscali d elle società fornitrici, nella mancata prova di rapporti contrattuali intercorrenti tra le parti, nella mancata dimostrazione dei pagamenti e degli effettivi beneficiari, in quanto le matrici degli assegni esibite risultavano compilate a mano dalla stessa contribuente in un momento successivo;
non è dubitabile che la congerie di elementi indicata dall’ufficio a supporto della propria tesi legittima la presunzione che le operazioni poste in essere dalla contribuente, peraltro per importi elevati, non siano state in realt à realizzate, ragion per cui, ai fini della deducibilità dei costi, come ritenuto dalla C.t.r., viene a gravare sulla contribuente stessa la prova dell’effettuazione RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate;
pertanto il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali in favore della controricorrente;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità che liquida
in euro 4.200,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2024