LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni inesistenti: la prova spetta a te

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34906/2024, ha stabilito che, in caso di contestazione di operazioni inesistenti, spetta al contribuente fornire prove concrete e inconfutabili dell’effettività delle prestazioni ricevute. L’Agenzia delle Entrate può basare l’accertamento su presunzioni gravi, precise e concordanti, come l’incapacità operativa del fornitore. Nel caso di specie, una società di costruzioni si è vista negare la deducibilità di costi fatturati da una ditta individuale priva di dipendenti, macchinari e una struttura adeguata a fronte di un fatturato milionario. La Corte ha ritenuto insufficienti le prove fornite dalla società (contratti senza data certa e pagamenti), confermando l’accertamento fiscale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: Quando la Prova dei Costi Ricade sul Contribuente

La deducibilità dei costi è un pilastro della fiscalità d’impresa, ma cosa accade quando l’Agenzia delle Entrate contesta la realtà stessa delle transazioni? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 34906 del 2024, torna sul tema delle operazioni inesistenti, chiarendo la ripartizione dell’onere probatorio tra Fisco e contribuente. La decisione sottolinea che, di fronte a solidi indizi di fittizietà forniti dall’amministrazione finanziaria, spetta all’impresa dimostrare in modo inequivocabile l’effettività delle prestazioni ricevute e pagate.

Il Caso: Costi Edili Deducibili o Operazioni Inesistenti?

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società di costruzioni Srl, con cui l’Agenzia delle Entrate contestava l’indeducibilità di costi, ai fini Ires e Irap per l’anno 2007, derivanti da rapporti commerciali con una ditta individuale.
Le indagini della Guardia di Finanza avevano fatto emergere un quadro anomalo: la ditta fornitrice, pur vantando un fatturato milionario, era risultata essere una sorta di “scatola vuota”. Non aveva presentato la dichiarazione dei redditi, era priva di personale dipendente e di macchinari, e aveva sostenuto costi irrisori (circa 500 euro) a fronte di ricavi per oltre 1.600.000 euro.
Questi elementi, secondo il Fisco, costituivano presunzioni gravi, precise e concordanti del fatto che le operazioni fatturate alla società di costruzioni fossero, in realtà, oggettivamente inesistenti.

La Difesa del Contribuente e i Primi Gradi di Giudizio

La società contribuente ha impugnato l’atto impositivo, sostenendo la piena legittimità dei costi dedotti. A sua difesa, ha prodotto contratti d’appalto e ha dimostrato che i pagamenti erano avvenuti tramite assegni, elementi che, a suo dire, provavano la realtà dei rapporti commerciali.
Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale, tuttavia, hanno respinto le tesi della società, confermando la validità dell’accertamento. I giudici di merito hanno ritenuto che gli indizi raccolti dall’Agenzia delle Entrate fossero sufficientemente solidi da spostare l’onere della prova sul contribuente, il quale non era riuscito a fornire una dimostrazione convincente dell’effettiva esecuzione dei lavori.

La Decisione della Cassazione e l’Onere della Prova nelle Operazioni Inesistenti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale in materia di operazioni inesistenti: una volta che l’Amministrazione finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sulla fittizietà delle operazioni, l’onere di provare la loro effettività si trasferisce integralmente sul contribuente.
Nel caso specifico, l’assoluta incapacità operativa del fornitore (mancanza di personale, attrezzature, e una struttura adeguata) costituiva un elemento probatorio schiacciante. Di fronte a tale quadro, la documentazione prodotta dalla società ricorrente è stata giudicata inidonea. I contratti d’appalto, essendo privi di data certa, non potevano essere collegati con sicurezza ai lavori fatturati, e la prova dei pagamenti non era, di per sé, sufficiente a dimostrare che a tali pagamenti corrispondesse un’effettiva prestazione di servizi.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dettagliato le ragioni della sua decisione. In primo luogo, ha evidenziato come gli elementi raccolti dal Fisco – la mancanza di personale addetto a opere edili, l’assenza di ammortamenti per macchinari e attrezzature, la genericità delle descrizioni nelle fatture – costituissero “elementi di fatto certi, probanti la oggettiva inesistenza delle operazioni fatturate”.
In secondo luogo, ha smontato le prove della difesa. I contratti, privi di data certa, sono stati ritenuti inefficaci a fini probatori perché non permettevano di “verificare la reale esecuzione” dei lavori. La Corte ha affermato che, a fronte di prove così pregnanti fornite dal Fisco, il contribuente deve offrire elementi contrari altrettanto robusti e non semplici documenti formali come fatture o pagamenti, che possono facilmente essere creati per simulare un’operazione mai avvenuta.
Infine, la Corte ha respinto la censura relativa al presunto vizio di motivazione dell’avviso di accertamento, chiarendo che l’amministrazione può motivare un atto per relationem, ossia richiamando un altro documento (come il verbale di constatazione), a condizione che ne riproduca il contenuto essenziale, come correttamente avvenuto nel caso di specie.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’importanza della sostanza sulla forma nelle verifiche fiscali. Per un’impresa, non è sufficiente avere in mano una fattura e la prova di un pagamento per garantire la deducibilità di un costo. Se il fornitore appare strutturalmente incapace di eseguire la prestazione fatturata, scatta un campanello d’allarme che l’Agenzia delle Entrate è legittimata a seguire. La lezione per gli operatori economici è chiara: è fondamentale non solo documentare formalmente le proprie transazioni, ma anche essere in grado di dimostrarne la concreta e reale esecuzione, soprattutto quando si intrattengono rapporti con partner commerciali la cui struttura operativa appare incongrua rispetto al volume d’affari generato.

Quando l’Agenzia delle Entrate può contestare la deducibilità di un costo per operazioni inesistenti?
L’Agenzia può contestare la deducibilità quando fornisce elementi probatori, anche presuntivi, che siano gravi, precisi e concordanti nel dimostrare che l’operazione commerciale fatturata non è mai stata effettivamente eseguita. Un esempio chiave è l’accertata incapacità operativa del fornitore (assenza di dipendenti, macchinari, ecc.).

Quale prova deve fornire il contribuente per difendersi da un’accusa di operazioni inesistenti?
Il contribuente deve fornire prove concrete e sostanziali che dimostrino l’effettiva esecuzione della prestazione. Secondo la sentenza, la semplice esibizione di fatture, contratti (specialmente se privi di data certa) e la prova dei pagamenti può non essere sufficiente a superare le solide presunzioni presentate dal Fisco.

Perché i contratti d’appalto prodotti dalla società non sono stati considerati una prova sufficiente?
I giudici hanno ritenuto i contratti inefficaci ai fini probatori principalmente perché erano privi di data certa. Questa mancanza non permetteva di collegarli in modo inequivocabile ai lavori eseguiti e fatturati, rendendo impossibile verificare la loro reale esecuzione e pertinenza rispetto alle contestazioni fiscali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati