Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14995 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14995 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi, per procura in calce al controricorso con ricorso incidentale, da ll’ Avv. NOME COGNOME che ha indicato indirizzo p.e.c.
-controricorrenti/ricorrenti incidentali – avverso la sentenza n.4942/2018 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 12 luglio 2018;
TributiAccertamentooperazioni inesistentiResponsabilità soci di società estinta
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME alla pubblica udienza del 6 maggio 2025;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e la declaratoria di assorbimento del ricorso incidentale. uditi per la ricorrente l’Avv. NOME COGNOME e per i controricorrenti/ricorrenti incidentali l’Avv. NOME COGNOME
Fatti di causa
Nella controversia originata dall’impugnazione da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’avviso di accertamento, loro notificato quali soci della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, relativo a IRES, IVA e IRAP dell’anno di imposta 2004, l ‘Agenzia delle entrate ricorre su unico motivo, nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale condizionato su due motivi, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio (d’ora in poi C.T.R.) ne aveva rigettato l’appello proposto avverso la prima decisione. La C.T.P., infatti, aveva accolto il ricorso introduttivo proposto dai contribuenti dichiarando l’Amministrazione finanziaria decaduta dal potere impositivo per non avere fornito la prova sull’applicabilità del raddoppio dei termini.
La C.T.R. -rigettata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità per genericità dell’appello e rilevata la tempestività della notificazione dell’avviso di accertamento in quanto all’epoca della sua emissione sussistevano elementi idonei a rendere concreto l’obbligo di denuncia -riteneva, altresì, che l’avviso di accertamento impugnato, seppur inefficace per la parte in cui si rivolgeva a una società cessata, risultava del tutto legittimo con riferimento ai soci della società, seppure entro i limiti di quanto riscosso in base al bilancio
finale di liquidazione; limiti che avrebbero dovuto essere rigorosamente provati.
Pronunciando, quindi, nel merito il Giudice di appello riteneva che non fosse stata raggiunta la prova dell’inesistenza delle operazioni per le quali era stata emessa la fattura dalla RAGIONE_SOCIALE
In prossimità dell ‘udienza pubblica il P.M., nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha depositato requisitoria concludendo per l’accoglimento del ricorso principale e la declaratoria di assorbimento del ricorso incidentale.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione di plurime disposizioni di legge nella quale sarebbe incorsa la C.T.R. nel ritenere infondata la ripresa a tassazione. Secondo la prospettazione difensiva, la C.T.R. avrebbe errato nel richiedere una prova rigorosa dell’inesistenza dell’operazione sottostante la fattura laddove per legge era sufficiente la prova presuntiva costituendo onere del contribuente fornire la prova contraria dell’effettività della prestazione . Dalla segnalazione allegata all’atto impositivo emergeva, infatti, la fittizietà delle operazioni offerte dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE
1.1. In controricorso i contribuenti eccepiscono l’inammissibilità del ricorso per la formazione di un giudicato interno su un autonomo capo della sentenza. Secondo la prospettazione difensiva la C.T.R. avrebbe accolto le doglianze difensive dei contribuenti relativamente all’illegittimità dell’avviso per essere stato notificato agli ex soci di una società estinta per avvenuta cancellazione.
1.2. L’eccezione non appare meritevole di accoglimento.
Va, infatti, osservato che non si è formato alcun giudicato interno sulla questione concernente il preteso difetto di legittimazione passiva dei soci, avendo la C.T.R. pronunciato sull’eccezione relativa
all’inefficacia dell’avviso di accertamento notificato, quando la società era già estinta, disattendendola sul presupposto che il ricorso fosse stato comunque notificato agli ex soci. Ciò è quanto emerge dalla lettura della sentenza impugnata laddove per quanto attiene all’ammissibilità dell’avviso seppur notificato a impresa cessata (punto 3 dei motivi della decisione nella sentenza impugnata) la Commissione Tributaria Regionale, ha ricordato che, alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze n.ri 6070/2013, 6071/2013 e 6072/2013, in caso di cancellazione di una società dal registro delle imprese, i creditori sociali possono agire e rivalersi nei confronti dei singoli soci solo fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione . Tant’è che la stessa C.T.R. ha, poi, respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate esclusivamente perché l’ufficio non aveva fornito la prova certa dell’inesistenza dell’operazione (§§ 2 e 3 della mot ivazione della sentenza impugnata) e non anche perché gli odierni ricorrenti non fossero legittimati passivi.
Egualmente va rigettata l’ulteriore eccezione di inammissibilità sollevata dai controricorrenti, dovendosi escludere, sulla base dello stesso tenore del ricorso e, specificamente, dell’illustrazione dell’unica censura formulata dall’Agenzia delle entrat e che con la stessa si sia inteso sollecitare una rivalutazione dei fatti storici come operata dai giudici di merito quanto piuttosto si sia voluto correttamente censurare l’applicazione da parte della C .T.R. delle norme in materia di onere probatorio.
Il ricorso è, pertanto, ammissibile e anche fondato.
2.1 Nel passo argomentativo oggetto di censura così si è espressa la C.T.R.: Nel merito non appare raggiunta alcuna prova della inesistenza delle operazioni per le quali è stata emessa la fattura in oggetto. Difatti, né dall’avviso di accertamento né dagli atti del
processo penale allegati emerge una prova inconfutabile che renda evidente come l’operazione commerciale relativa alla suddetta fattura fosse falsa ovvero inesistente. Non può infatti condividersi il ragionamento meramente presuntivo posto in essere dall’A genzia delle entrate che, dalla mera pendenza di indagini per false fatturazioni posto in essere nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE fa derivare ipso facto la certezza dell’inesistenza della prestazione resa dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della medesima società.
2.2. Tale asserzione si pone in pieno contrasto con la giurisprudenza consolidata in materia di questa Corte la quale, in tema di contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti, ha costantemente affermato che il relativo onere grava sì sull’Amministrazione finanziaria la quale può però assolvervi anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici, mentre spetta al contribuente provare, al fine della detrazione dell’Iva e/o della deduzione dei relativi costi, l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia. (cfr., tra le altre, Cass. n.28628 del 18/10/2021 e, di recente, Cass. 9723 del 10/04/2024).
In particolare, è stato poi statuito che << il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell'atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall'amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto
onerato dall'art. 2697, comma secondo, cod. civ., ma in tale giudizio non potrà ritenere sufficienti la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti» (cfr. Cass. 3 dicembre 2024, n. 30911).
2.3. Nel caso in esame, appare evidente la violazione ad opera del Giudice di merito della normativa di riferimento, come interpretata costantemente da questa Corte di legittimità, avendo la C.T.R., nel richiedere all'Agenzia delle entrate una prova inconfutabile, negato qualsiasi valore di prova agli elementi presuntivi forniti dall'Ufficio invertendo, in definitiva, il corretto riparto probatorio.
Avendo questa Corte ritenuto supra sub 1.2. che la C.T.R. si sia pronunciata sull'eccezione d' inammissibilità dell'avviso siccome notificato ai soci di una società estinta, va esaminato il primo motivo del ricorso incidentale condizionato rubricato: Nullità della sentenza di secondo grado, per error in procedendo, ex art.360, co.1, n.4 c.p.c., in relazione agli artt.111 Cost. e 36 del D.lgs. n.546/92, per motivazione apparente.
In particolare, i ricorrenti incidentali, nell'ipotesi , verificatasi, che questa Corte riten ga che la C.T.R. abbia respinto l'eccezione di inammissibilità dell'avviso siccome notificato agli ex soci, denunciano la sentenza impugnata di nullità per motivazione apparente.
Secondo la prospettazione difensiva il passo motivazionale oggetto di censura e, nello specifico, laddove la C.T.R. da un canto aveva richiamato i principi affermati da questa Corte in materia di notificazione dell'atto tributario nei confronti degli ex soci della società cancellata dal Registro delle imprese per poi concludere che <> appariva criptico, involuto,
contraddittorio, non consentendo in nessun caso di cogliere l’iter logico giuridico che aveva condotto il giudice alla decisione presa.
3.1 La censura è fondata e il motivo di ricorso va accolto con assorbimento del secondo con cui, sempre, in via condizionata, si deduce , ai sensi dell’art.360, primo comma, n.5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia dato dalla circostanza, eccepita sin dal ricorso introduttivo, che i soci non avevano riscosso alcuna somma all’esito del riparto finale della Società.
3.2 Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte ( ex multis di recente Cass. n. 1986 del 28/01/2025; Cass.n. 6758 del 2022 conformi a Cass., Sez.U., n.22232 del 2016) la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
3.3 Sulla specifica questione agitata nel giudizio sono di recente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza n. 3625 del 12.2.2025 hanno statuito i seguenti principi così massimati:
-Per configurare la responsabilità dei soci, ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione al debito tributario della società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, fatta valere con la notificazione ai soci di un apposito avviso di accertamento ai sensi degli artt. 36, comma 5, del citato d.P.R. e 60 d.P.R. n. 600 del 1973, l’amministrazione finanziaria deve provare, in caso di contestazione, il presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, previsto dall’art. 2495, comma 3, c.c., il quale
integra una condizione dell’azione attinente all’interesse ad agire del fisco, non già alla legittimazione passiva dei soci;
-per configurare la responsabilità dei soci in relazione al debito tributario della società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, l’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione costituisce elemento che l’amministrazione finanziaria è tenuta a dedurre con un apposito avviso di accertamento nei confronti dei soci stessi, ai sensi dell’art. 36, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973, e che, quindi, non può essere rilevato nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo originariamente notificato alla società, benché il processo prosegua da o nei confronti dei soci in qualità di successori della società estinta;
-l’interesse ad agire dell’amministrazione finanziaria – quando fa valere, con apposito avviso di accertamento ex artt. 36, comma 5, d.P.R. n. 602 del 1973 e 60 d.P.R. n. 600 del 1973, la responsabilità dei soci per il debito tributario della società estinta – non è escluso dalla mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, perché può essere integrato da altre evenienze come la sussistenza di beni e diritti che sono trasferiti ai soci, ancorché non ricompresi nel bilancio, o come l’escussione di garanzie.
3.3. Nel caso in esame il giudice di appello, nel passo motivazionale censurato, da un canto richiama i principi dettati dalle Sezioni Unite nel 2013 per le ipotesi di estinzione della società e di successione alla stessa dei soci, dall’altro, invocando l’art.2495 cod.civ., conclude affermando che l’avviso di accertamento impugnato, seppur inefficace per la parte in cui si rivolge ad una società cessata, risulta del tutto legittimo con riferimento ai soci della detta società, seppure entro i citati limiti che devono, peraltro, essere rigorosamente provati nel merito .
Le affermazioni rese dalla C.T.R., ancor più alla luce dei principi sopra indicati, appaiono, invero, oltre che contraddittorie, oscure e scarsamente intellegibili e non palesando in alcun modo il percorso decisionale seguito, sono passibili delle più diverse e alternative congetture da parte del lettore, non assolvendo, in definitiva, ai requisiti minimi essenziali richiesti dall ‘art.111 Cost. e dall’art.36 del d.lgs. n.546/92 per aversi motivazione dell’atto giurisdizionale.
4. Conclusivamente, in accoglimento del ricorso principale e del primo motivo del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Giudice del merito il quale provvederà al riesame, adeguandosi ai principi enunciati e fornendo congrua motivazione, oltre che a regolare le spese di questo giudizio.
La Corte
P.Q.M.
accoglie il ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, il 6 maggio 2025.