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Operazioni inesistenti: la prova presuntiva è lecita

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di accertamento per operazioni inesistenti, l’Amministrazione finanziaria può basarsi su prove presuntive. Spetta poi al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle transazioni contestate. La sentenza ha anche annullato la decisione di merito per motivazione apparente riguardo la responsabilità dei soci di una società estinta, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: L’Onere della Prova tra Fisco e Contribuente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14995/2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: l’onere della prova in caso di operazioni inesistenti. Questa decisione chiarisce che l’Amministrazione finanziaria può legittimamente basare i propri accertamenti su prove presuntive, invertendo così l’onere probatorio a carico del contribuente. La sentenza offre inoltre importanti spunti sulla responsabilità dei soci a seguito dell’estinzione di una società.

I Fatti del Caso: Un Accertamento su una Società Estinta

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato a due ex soci di una S.r.l. in liquidazione, relativo a IRES, IVA e IRAP per l’anno d’imposta 2004. L’Agenzia delle Entrate contestava la deducibilità di costi e la detrazione dell’IVA relative a fatture emesse da una società considerata una ‘cartiera’, ovvero un’entità creata al solo scopo di emettere fatture per operazioni fittizie.

I contribuenti hanno impugnato l’atto, e nei primi due gradi di giudizio le loro ragioni sono state parzialmente accolte. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) aveva rigettato l’appello dell’Agenzia, sostenendo che non fosse stata fornita una ‘prova inconfutabile’ dell’inesistenza delle operazioni commerciali. La C.T.R. aveva anche affrontato, seppur in modo confuso, la questione della legittimità dell’accertamento nei confronti dei soci di una società ormai cancellata dal registro delle imprese.

L’Onere della Prova nelle Operazioni Inesistenti: La Decisione della Cassazione

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’onere della prova. Secondo l’Agenzia, la C.T.R. aveva errato nel richiedere una prova certa e diretta dell’inesistenza delle operazioni, quando invece la giurisprudenza consolidata ammette il ricorso a presunzioni semplici.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio cardine in materia di operazioni inesistenti: l’Amministrazione finanziaria può assolvere il proprio onere probatorio anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Elementi come la provenienza delle fatture da una società ‘cartiera’ sono sufficienti a costituire un quadro presuntivo solido.

Una volta che il Fisco ha fornito tali elementi, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Sarà quest’ultimo a dover dimostrare l’effettiva esistenza e la realtà economica dell’operazione contestata, non essendo sufficiente la mera esibizione della fattura o la prova del pagamento, elementi spesso presenti anche negli schemi fraudolenti.

La Responsabilità dei Soci e la Motivazione Apparente

Parallelamente, i contribuenti avevano proposto un ricorso incidentale condizionato, contestando la validità della sentenza della C.T.R. per ‘motivazione apparente’ sulla questione della loro responsabilità come ex soci. Essi sostenevano che il ragionamento del giudice d’appello fosse stato criptico, involuto e contraddittorio.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato loro ragione. La Corte ha riscontrato che le affermazioni della C.T.R. sulla legittimità dell’accertamento nei confronti dei soci erano oscure e non permettevano di comprendere l’iter logico-giuridico seguito. Una motivazione di questo tipo, che formalmente esiste ma sostanzialmente non spiega la decisione, equivale a una sua assenza e determina la nullità della sentenza per vizio di procedura (error in procedendo).

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha riaffermato che, nel contesto delle operazioni inesistenti, il Fisco non è tenuto a fornire una prova impossibile, come la dimostrazione diretta e ‘inconfutabile’ di un fatto negativo. È sufficiente che presenti un quadro di elementi presuntivi (come l’assenza di una struttura operativa del fornitore o il suo coinvolgimento in frodi fiscali) che facciano ragionevolmente dubitare della veridicità delle fatture. Questo approccio è coerente con l’articolo 2697 del codice civile, in quanto sposta sul contribuente, che è nella posizione migliore per farlo, il compito di fornire la prova contraria sull’effettività della prestazione. In secondo luogo, accogliendo il ricorso incidentale, la Corte ha sanzionato la ‘motivazione apparente’ del giudice di merito. La sentenza impugnata, pur richiamando principi sulla successione dei soci nei debiti della società estinta, lo faceva in modo talmente oscuro e contraddittorio da non adempiere al requisito minimo imposto dall’articolo 111 della Costituzione, che esige che tutti i provvedimenti giurisdizionali siano motivati in modo comprensibile.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ha un duplice valore. Da un lato, consolida l’orientamento sull’onere della prova per le operazioni inesistenti, proteggendo l’azione accertatrice del Fisco contro richieste probatorie eccessivamente onerose e riequilibrando il rapporto processuale. Dall’altro, ribadisce l’obbligo per i giudici tributari di fornire motivazioni chiare, logiche e non meramente apparenti, a garanzia del diritto di difesa del contribuente. La Cassazione ha quindi annullato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame, che dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti.

Quale tipo di prova deve fornire l’Agenzia delle Entrate per contestare operazioni inesistenti?
L’Agenzia delle Entrate non deve fornire una ‘prova inconfutabile’, ma può basarsi su prove presuntive (o indirette), a condizione che siano gravi, precise e concordanti. Ad esempio, può dimostrare che la società fornitrice è una ‘cartiera’ priva di struttura.

Una volta che il Fisco ha fornito la prova presuntiva, cosa deve fare il contribuente?
L’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza dell’operazione commerciale, fornendo prove concrete che vadano oltre la semplice fattura e la registrazione contabile del pagamento, come contratti, documenti di trasporto o prove dell’avvenuta prestazione.

Cosa succede se la motivazione di una sentenza tributaria è contraddittoria o incomprensibile?
Se la motivazione è talmente oscura, illogica o contraddittoria da non permettere di comprendere il percorso logico seguito dal giudice, si ha una ‘motivazione apparente’. Questa condizione rende la sentenza nulla per vizio di procedura (error in procedendo), in quanto viola l’obbligo costituzionale di motivare i provvedimenti giurisdizionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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