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Operazioni inesistenti: la prova a carico del Fisco

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 16362/2024, ha rigettato il ricorso di una società in liquidazione, chiarendo la ripartizione dell’onere della prova nelle controversie su operazioni soggettivamente inesistenti. Se l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sulla fittizietà dei fornitori e sulla consapevolezza del contribuente, spetta a quest’ultimo dimostrare la propria buona fede e l’effettività delle operazioni commerciali per poter detrarre l’IVA.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Soggettivamente Inesistenti: L’Onere della Prova secondo la Cassazione

L’ordinanza n. 16362 del 12 giugno 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla ripartizione dell’onere della prova nei casi di operazioni soggettivamente inesistenti. Questa pronuncia ribadisce i principi consolidati che governano le contestazioni fiscali relative alle frodi IVA, meglio note come “frodi carosello”, e definisce con precisione i doveri probatori a carico dell’Amministrazione Finanziaria e del contribuente.

Il Caso: Acquisti da Società Cartiere e la Contestazione del Fisco

Una società operante nel settore della compravendita di motoveicoli si è vista recapitare due avvisi di accertamento per IVA, IRES e IRAP relativi agli anni d’imposta 2005 e 2006. L’Agenzia delle Entrate contestava l’indebita detrazione dell’IVA e la deduzione dei costi per acquisti effettuati da diverse imprese, ritenute mere “società cartiere”. Tali società, secondo il Fisco, erano prive di una reale struttura organizzativa e create al solo fine di interporsi fittiziamente nelle transazioni.

La Commissione Tributaria Regionale (ora Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado) aveva parzialmente accolto l’appello della società, ammettendo la deducibilità dei costi ai fini delle imposte sui redditi, ma confermando l’indetraibilità dell’IVA. La società ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente un’errata applicazione delle regole sull’onere della prova e vizi di motivazione degli atti impositivi.

L’Onere della Prova nelle Operazioni Soggettivamente Inesistenti

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha ripercorso il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia. Il punto centrale della decisione ruota attorno a chi deve provare cosa.

I Doveri dell’Amministrazione Finanziaria

In primo luogo, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire la prova che l’operazione contestata si inserisce in un meccanismo di frode. Questa prova non deve essere necessariamente una “prova regina”, ma può basarsi su un quadro di presunzioni gravi, precise e concordanti. Gli elementi che il Fisco deve dimostrare sono due:

1. La natura fittizia del fornitore: L’Agenzia deve provare che la società cedente è una “cartiera”, ossia un soggetto privo di una reale struttura operativa (sede, personale, mezzi, utenze) e quindi incapace di realizzare le cessioni fatturate.
2. La consapevolezza del cessionario: Il Fisco deve dimostrare che il contribuente che ha acquistato i beni sapeva o, usando l’ordinaria diligenza professionale, avrebbe dovuto sapere che l’operazione si inseriva in un’evasione fiscale. Non è richiesta la prova della partecipazione attiva alla frode, ma è sufficiente la colpevole ignoranza.

Nel caso di specie, l’Agenzia aveva adempiuto a questo onere, dimostrando che i fornitori della società ricorrente erano privi di organizzazione e che la frequenza dei contatti commerciali avrebbe dovuto insospettire un operatore accorto.

I Doveri del Contribuente

Una volta che l’Amministrazione Finanziaria ha assolto al proprio onere probatorio, la palla passa al contribuente. A questo punto, è suo compito dimostrare di aver agito in totale buona fede e che le operazioni erano reali. In altre parole, deve provare:

* L’effettiva esistenza delle società fornitrici e dei rapporti commerciali.
* Di aver adottato tutte le cautele ragionevolmente esigibili da un operatore del settore per verificare l’affidabilità della controparte e non essere coinvolto in una frode.

La Cassazione ha ritenuto che la società ricorrente non avesse fornito tale prova contraria, limitandosi a contestare gli elementi addotti dal Fisco senza dimostrare la propria diligenza.

Altri Aspetti Rilevanti: Motivazione dell’Atto e Valutazione delle Prove

La Corte ha respinto anche le altre doglianze della società.

Motivazione degli Atti Impositivi

La ricorrente lamentava la mancata allegazione, agli avvisi di accertamento, dei processi verbali di constatazione (PVC) redatti nei confronti delle società cartiere. La Corte ha ribadito che l’obbligo di allegazione sussiste solo per gli atti il cui contenuto è necessario a integrare la motivazione dell’atto impositivo e che non sono già noti al contribuente. Nel caso di specie, gli avvisi contenevano già una trascrizione analitica degli esiti delle indagini e il PVC relativo alla società ricorrente le era già stato notificato, rendendo superflua un’ulteriore allegazione.

Valutazione delle Prove

La società aveva contestato che l’accusa di acquisti “sottocosto” si basasse su un campione irrisorio di soli 16 motoveicoli. La Cassazione ha qualificato questa censura come una critica alla valutazione dei fatti, operata dal giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità. In ogni caso, la Corte ha sottolineato che, anche senza la prova dell’acquisto sottocosto, gli altri elementi (come l’aver intrattenuto rapporti con società prive di struttura) erano di per sé sufficienti a far sorgere l’onere della prova contraria in capo al contribuente.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un bilanciamento tra la necessità di contrastare le frodi fiscali e la tutela del legittimo affidamento del contribuente. Il principio cardine è che il diritto alla detrazione dell’IVA non è assoluto, ma è condizionato alla liceità dell’operazione e alla buona fede dell’operatore. L’ordinamento non può tutelare chi, per negligenza o connivenza, si inserisce in schemi fraudolenti. La Corte ha specificato che l’Amministrazione Finanziaria ha assolto al suo onere probatorio dimostrando, tramite presunzioni, la natura di “cartiere” delle società fornitrici e la consapevolezza (o la colpevole ignoranza) della ricorrente. La frequenza dei rapporti commerciali e le condizioni anomale delle transazioni erano indizi sufficienti a far scattare un dovere di diligenza in capo all’acquirente, dovere che non è stato dimostrato essere stato adempiuto. Di conseguenza, il mancato superamento della prova contraria da parte del contribuente ha reso legittimo il diniego della detrazione IVA.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che nelle controversie su operazioni soggettivamente inesistenti, il dialogo processuale si svolge in due fasi. Nella prima, l’Agenzia delle Entrate deve fornire un quadro indiziario solido. Nella seconda, il contribuente non può limitarsi a una difesa passiva ma deve attivarsi per dimostrare, con prove concrete, di essere estraneo a qualsiasi schema fraudolento e di aver agito con la massima diligenza. Per le imprese, la lezione è chiara: è fondamentale adottare procedure di controllo e verifica sull’affidabilità dei propri fornitori, poiché la semplice apparenza formale delle fatture non è sufficiente a garantire il diritto alla detrazione IVA di fronte a indizi di frode.

Quando l’onere della prova per operazioni soggettivamente inesistenti si sposta sul contribuente?
L’onere della prova si sposta sul contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti che dimostrano la natura fittizia del fornitore (società cartiera) e la consapevolezza o la colpevole ignoranza del cessionario riguardo al fatto che l’operazione si inseriva in una frode fiscale.

L’Agenzia delle Entrate deve sempre allegare all’avviso di accertamento tutti gli atti di indagine relativi a terzi?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di allegare atti esterni non sussiste se tali atti sono già noti al contribuente (come un PVC a lui notificato) o se il loro contenuto rilevante ai fini della motivazione è già stato adeguatamente riportato nell’avviso di accertamento stesso.

Cosa deve dimostrare il contribuente per non perdere il diritto alla detrazione IVA in un contesto di frode?
Il contribuente deve dimostrare di aver agito in buona fede e di aver adoperato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto del suo settore. Deve fornire la prova contraria rispetto agli indizi del Fisco, dimostrando l’effettività dei rapporti commerciali e di aver adottato tutte le cautele necessarie per verificare l’affidabilità dei suoi fornitori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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