Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16362 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16362 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5291 -201 6 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del liquidatore, NOME COGNOME, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (pec: EMAIL) ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale del predetto difensore;
– ricorrente –
Oggetto: Tributi -operazioni soggettivamente inesistenti
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4347/09/2015 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata in data 22/07/2015; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di due avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO per IVA, IRES ed IRAP relativi agli anni d’imposta 2005 e 2006, che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un processo verbale di constatazione della G.d.F., contestando alla predetta società l’indebita deduzione di costi e la detrazione dell’IVA relative ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, con la sentenza impugnata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Lazio accoglieva parzialmente l’appello della società contribuente ritenendo deducibili i costi ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi (IRES ed IRAP) alla luce dell’art. 14 bis della legge n. 537 del 1993, introdotto con efficacia retroattiva dall’art. 8, co. 1, del d.l. n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012.
Quanto all’IVA, la CTR, richiamati i principi giurisprudenziali in materia di operazioni soggettivamente inesistenti e del conseguente riparto dell’onere probatorio, sosteneva:
che sia negli atti impositivi che nel p.v.c. della G.d.F. era stato chiaramente spiegato il meccanismo fraudolento nei rapporti intrattenuti dalla società contribuente con varie imprese cartiere, tra
cui la RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, « esistenti sotto il AVV_NOTAIOilo formale, ma prive di struttura e di organizzazione »;
b) che l’RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto già in primo grado il p.v.c. redatto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, a cui peraltro era stato precedentemente notificato, nel quale erano « indicati specificamente gli elementi a carico dei soggetti interposti, con l’indicazione dei rapporti intercorsi con la RAGIONE_SOCIALE », sicché era irrilevante l’omessa allegazione degli avvisi di accertamento redatti nei confronti RAGIONE_SOCIALE società interposte atteso che « nell’avviso di accertamento impugnato sono analiticamente indicati tutti gli elementi acquisiti a carico di tali società »;
c ) che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva adeguatamente provato che la RAGIONE_SOCIALE acquistava motoveicoli da società (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) risultate imprese ‘cartiere’ e che le cessioni avvenivano a prezzi inferiori al valore di mercato, come risultante dalla tabella allegata al p.v.c., che riportava, «per 16 motoveicoli, ‘ il prezzo acquisto (valore mercato concessionario ufficiale) ‘ ed il ‘ prezzo acquisto dalla cartiera ‘, notevolmente inferiore al primo»;
che era infondata la contestata attendibilità dei dati della predetta tabella per aver preso un campione di acquisti troppo ristretto e per la mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE date RAGIONE_SOCIALE cessioni e del numero RAGIONE_SOCIALE relative fatture, posto che tali ultimi dati erano facilmente ricavabili dal fatto che erano indicate le marche e i numeri di telaio RAGIONE_SOCIALE moto acquistate e che l’indicazione di marche diverse da Piaggio ed Honda non escludeva la provenienza dalle società cartiere posto che tali marchi non rappresentavano la totalità degli acquisti effettuati dalla società contribuente;
che la società contribuente non aveva dimostrato adeguatamente che le condizioni di vendita dei concessionari ufficiali fossero più favorevoli per promozioni e sconti per il raggiungimento
di determinati volumi di acquisti e comunque la circostanza era « palesemente in contrasto con tutte le risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini effettuate dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE »;
che era irrilevante la sentenza del Tribunale di Roma di assoluzione di NOME COGNOME, legale rappresentante della società contribuente, in quanto, a prescindere dall’autonomia della giurisdizione tributaria rispetto a quella penale, la società non aveva allegat o la parte del documento contenente l’imputazione , sicché non era possibile sapere di quale fatto-reato fosse accusato il COGNOME;
che « la frequenza dei contatti tra la società appellante e le società interposte ha certamente permesso alla prima di rilevare che tali società opera vano solo sulla carta e non avevano un’effettiva struttura organizzativa »;
che, « D’altro canto, se fatti di gravità inaudita, come quelli addebitabili alle società fornitrici della RAGIONE_SOCIALE (frode in materia di IVA per milioni di euro) si sono potuti verificare, ciò è stato determinato anche dalla interessata e colpevole partecipazione di chi, come la RAGIONE_SOCIALE, era a conoscenza, o ha voluto ignorare, che le condizioni di particolare favore offerte dai fornitori potevano trovare spiegazione solo nella inadempienza, da parte di questi, alle proprie obbligazioni fiscali, in particolare in materia di IVA ».
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui replica l’ intimata con controricorso.
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni scritte ex art. 380 bis1 cod. proc. civ., chiedendo rigettarsi il primo motivo di ricorso e dichiararsi l’inammissibilità degli altri.
Considerato che:
1 Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente deduce l’illegittimità della
sentenza impugnata « per violazione dell’art. 2967 c.c., artt. 54 e 56 D.P.R. 633/72 nonché 7 L. 212/2000, nella parte in cui dichiara l’irrilevanza dell’omessa allegazione dei PVC (Cass. sent. 407/2015), redatti nei confronti RAGIONE_SOCIALE società interposte, e ritiene sufficiente la mera trasfusione degli esiti, RAGIONE_SOCIALE attività svolte nei confronti di ditte terze, nel PVC del 02/08/2011 elevato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e nel conseguente avviso di accertamento » (ricorso, pag. 16).
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la « violazione di legge (art. 360, c. 1, n.3, c.p.c.) in relazione all’art. 2967 c.c. e 56 DPR 633/72 », censurando la sentenza impugnato per avere i giudici di appello operato una illegittima inversione dell’onere della prova, mancando nella specie « gli elementi di fatto della frode, attinenti al cedente: manca cioè la prova della sua natura di cartiera (riferita alle società RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME da una parte; RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE), la prova della inesistenza di una struttura autonoma operativa, la prova del mancato pagamento dell’IVA, come modalità preordinate al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento » (ricorso, pag. 20).
Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la « violazione di legge (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.) in relazione agli artt. 2729 e 2967 c.c., nonché 54 DPR 633/72 », censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto provato l’acquisto sottocosto dei motoveicoli sulla base di un campione di soli 16 pezzi, come tale irrisorio rispetto al volume di affari di milioni di euro dichiarato dalla società, ed attraverso un esame parcellizzato e non, invece, complessivo, degli elementi offerti in giudizio non solo dall’amministrazione finanziaria ma anche dalla società contribuente che aveva documentalmente provato che l’acquisto effettuato presso i concessionari ufficiali
avveniva ad un prezzo addirittura inferiore per i bonus e i premi riconosciuti.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la « violazione di legge (art. 360, c. 1, n. 3, c.p. c.) in relazione all art. 56, c. 5, DPR 633/73, nonché art. 7 L. 212/2000 », censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto irrilevante l’allegazione agli avvisi di accertamento impugnati di quelli redatti nei confronti RAGIONE_SOCIALE società interposte .
Il primo e quarto motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente in quanto pongono la medesima questione, dell’illegittimità degli atti impositivi notificati alla società contribuente per omessa allegazione agli stessi di quelli redatti nei confronti RAGIONE_SOCIALE società interposte.
I motivi sono manifestamente infondati alla stregua del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui ‘ in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212) va inteso in necessaria correlazione con la finalità “integrativa” RAGIONE_SOCIALE ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone l’art. 3, comma 3, legge 7 agosto 1990, n. 241: il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore “narrativo”), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso sotto tale AVV_NOTAIOilo, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti
cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione’ (Cass. n. 2614 del 10/02/2016; Cass. n. 26683 del 18/12/2009; v. anche Cass. n. 24417 del 05/10/2018).
6.1. Nel caso di specie la CTR ha espressamente dato atto in sentenza che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto già in primo grado il p.v.c. redatto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, a cui peraltro era stato precedentemente notificato, nel quale erano « indicati specificamente gli elementi a carico dei soggetti interposti, con l’indicazione dei rapporti intercorsi con la RAGIONE_SOCIALE », sicché era irrilevante l’omessa allegazione degli avvisi di accertamento redatti nei confronti RAGIONE_SOCIALE società interposte, posto peraltro che « nell’avviso di accertamento impugnato sono analiticamente indicati tutti gli elementi acquisiti a carico di tali società ». E la ricorrente non solo ha espressamente dato atto nel ricorso (pag. 16) che negli avvisi di accertamento ad essa notificati era contenuta la « trascrizione di quelli che sarebbero gli esiti RAGIONE_SOCIALE indagini in capo a società terze » (ricorso, pag. 16 e pag. 18), ma non ha neppure provato che i p.v.c. redatti nei confronti RAGIONE_SOCIALE società interposte contenessero informazioni o dati non riportati negli atti impositivi alla medesima notificati, necessari ad integrare la motivazione di questi ultimi. E non è nemmeno pertinente, al riguardo, il richiamo fatto dalla ricorrente a Cass. n. 407 del 2015, posto che in tale pronuncia, in fattispecie in cui l’avviso di accertamento era stato motivato con riferimento ad un processo verbale di constatazione precedentemente consegnato in copia previa sottoscrizione, come avvenuto nel caso di specie, si è affermato, in linea con il consolidato orientamento di questa Corte, che « In tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere
allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione ».
L’ulteriore questione posta nel primo motivo con riferimento all’onere probatorio gravante sull’amministrazione finanziaria in materia di operazioni soggettivamente inesistenti e che la ricorrente sostiene non essere stato adempiuto, va esaminata congiuntamente al secondo e terzo motivo di ricorso, che pure pongono analoghe censure.
Le tesi sostenute dalla ricorrente nei motivi in esame sono infondate e vanno rigettate.
8.1. Al riguardo va preliminarmente ricordato il consolidato orientamento di questa Corte (da Cass. n. 9851 del 10/04/2018 seguita da molte altre; v. Cass. n. 5339 del 27/02/2020; Cass. n. 15369 del 20/07/2020; da ultimo Cass. n. Cass. 25891/2023; in linea con Corte di giustizia, 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14 e, recentemente, 11 novembre 2021, RAGIONE_SOCIALE, C281/20), secondo cui grava sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare l’oggettiva fittizietà del fornitore e la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, con la precisazione che la prova può essere anche solo indiziaria e, quanto alla ‘consapevolezza del destinatario’, l’oggetto specifico dell’onere incombente sull’amministrazione finan ziaria non è costituito dalla prova della partecipazione del soggetto all’accordo criminoso né dalla prova della sua piena consapevolezza della frode ma solo che il contribuente ‘sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qu alità AVV_NOTAIOessionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale’.
8.2. Assolto in tal guisa l’onere della prova incombente sull’amministrazione finanziaria, grava poi sul contribuente la
dimostrazione dell’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ.. Al fine di individuare, poi, quali elementi presuntivi possono essere forniti dall’amministrazione finanziaria per assolvere al proprio onere di prova in caso di operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, gli stessi devono condurre a ritenere, mediante procedimento inferenziale, che l’operazione non sia mai stata posta in essere (integralmente o anche solo parzialmente) e, sotto tale AVV_NOTAIOilo, costituisce valido elemento indiziario la circostanza che il soggetto che ha emesso la fattura era privo di idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), posto che è ragionevole inferire che dalla suddetta mancanza degli elementi essenziali per potere operare quale operatore commerciale possa farsi discendere la considerazione conclusiva della mancata realizzazione dell’operazione indicata in fattura (vd., con riferimento alle operazioni soggettivamente inesistenti ed in materia di prova della natura di società cartiera: Cass. civ., 20 aprile 2018, n. 9851, punto 6.8).
Orbene, con riferimento al caso di specie va osservato che l’amministrazione finanziaria ha assolto ad entrambi gli oneri posti a suo carico, per come accertato dalla stessa CTR.
9.1. Infatti, dal processo verbale di constatazione della G.d.F., le cui risultanze sono state trasfuse negli avvisi di accertamento impugnati, emergeva tutta una serie di elementi presuntivi diretti ad
evidenziare sia il contesto generale in cui era maturato l’accertamento, sia le modalità in cui operavano i soggetti coinvolti, sia le specificità del rapporto intercorso tra la società contribuente e quelle emittenti le fatture contestate, « esistenti sotto il AVV_NOTAIOilo formale, ma prive di struttura e di organizzazione » (sentenza, pag. 5), che, quindi, « operavano solo sulla carta e non avevano una effettiva struttura organizzativa » (sentenza, pag. 8); elementi di sicura valenza presuntiva che, considerati unitamente « alla frequenza dei contatti » fra tali società, stante l’elevato numero RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate, consentivano, da un lato, di far ritenere assolto, come detto sopra, l’onere probatorio posto a carico dell’amministrazione finanziaria e, dall’altro, di far sorgere in capo alla società contribuente l’on ere di fornire la prova contraria.
9.2. Ed al riguardo deve osservarsi che la RAGIONE_SOCIALE ha correttamente ritenuto non assolto l’onere della prova contraria a carico della società contribuente di avere adoperato, per non essere coinvolta in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, come deve ritenersi essere la predetta società, in base alle circostanze concrete.
Quanto, invece, alla circostanza dell ‘acquisto sottocosto dei motoveicoli, che la RAGIONE_SOCIALE aveva accertato esaminando un campione di soli 16 mezzi, ritenuto dalla ricorrente irrisorio rispetto al volume di affari di milioni di euro dichiarato dalla società, ed al deposito nel giudizio di merito della documentazione attestante l’acquisto di motoveicoli dalle concessionarie ufficiali a prezzi analogamente convenienti, la CTR ha affermato che la società contribuente non aveva dimostrato adeguatamente che le condizioni di vendita dei concessionari ufficiali fossero più favorevoli per promozioni e sconti per il raggiungimento di determinati volumi di acquisti e comunque la circostanza era « palesemente in contrasto con tutte le risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini effettuate dalla Guardia di RAGIONE_SOCIALE ».
10.1. Trattasi di valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie demandato esclusivamente al giudice di merito al quale è riservata, appunto, n. 9786 del 25 marzo 2022). Orbene, l’accertamento compiuto al riguardo dal giudice d’appello non è stato adeguatamente contestato, in quanto la ricorrente avrebbe dovuto dedurre il vizio di cui al n. 5 del primo comma dell’art. 360, cod. proc. civ., e non un error in iudicando , ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Peraltro, non sussistono le dedotte violazioni di legge, né dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, dettato in materia di rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni, né dell’art. 2729 cod. civ., e ssendo dedotta la non adeguata valutazione di elementi di prova contraria e non di presunzioni, né dell’art. 2697 cod. civ., la cui violazione si configura se il giudice del merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, ma non anche quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. 05/09/2006, n. 19064; Cass. 17/06/2013, n. 15107; Cass. 21/02/2018, n. 4241; Cass. 29/05/2018, n. 13395), come accaduto nel caso di specie.
10.2. In ogni caso, sempre con riferimento alla questione in esame, va osservato che anche là dove venisse meno la prova dell ‘acquisto sottocosto dei motoveicoli, la circostanza che la ricorrente ha effettuato operazioni commerciali con società prive di strutture organizzative è di per sé sola sufficiente a porla in condizioni di dover fornire la prova contraria, in realtà non offerta,
dell’esistenza RAGIONE_SOCIALE società con cui aveva avuto rapporti commerciali e della mancanza di consapevolezza di tale circostanza, che la frequenza di tali rapporti, cui pure hanno fatto riferimento i giudici di appello, porta decisamente ad escludere.
11. In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 14.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 marzo 2024