Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24734 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24734 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 5097/2016 R.G.) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ‘ ope legis ‘ presso gli uffici di quest’ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO (indirizzo p.e.c.: EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE, con sede in Bianzè (VC), alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte (Torino) n. 766/1/2015, pubblicata il 16 luglio 2015;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10 aprile 2025, dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- In punto di fatto e limitando l’esposizione alle sole circostanze rilevanti in questa sede, si osserva che, a seguito di verifica fiscale effettuata presso
n. 5097/2016 R.G.
COGNOME
Rep.
A.C. 10 aprile 2025
OGGETTO Accertamento Operazioni inesistenti.
la contribuente società RAGIONE_SOCIALE dalla Guardia di Finanza relativamente al periodo 2004-2009, venivano riscontrate, nel registro IVA, alcune fatture, per l ‘ anno 2007, della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , entrambe riconducibili a COGNOME, soggetto che, con altra società, aveva emesso fatture per operazioni fittizie. Peraltro, le fatture sopra menzionate non risultavano registrate nella contabilità delle predette società emittenti.
Veniva inoltre riscontrata, sempre nel registro IVA della contribuente società RAGIONE_SOCIALE, una fattura relativa a ll’anno d’imposta 2008, emessa dalla Azienda RAGIONE_SOCIALE COGNOME (che si occupava di allevamento di polli e conigli), anch’essa non registrata nella contabilità di quest’ultima ed avente ad oggetto lavori di scavo, preparazione terreno, sistemazione piante ornamentali e fissaggio pali in ferro.
A seguito di ciò , l’Agenzia delle Entrate, ritenendo che la fattura de ll’anno 2008, fosse relativa ad operazioni inesistenti, emetteva avviso d’accertamento, ex art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, a carico della società RAGIONE_SOCIALE recuperando a tassazione un maggior reddito di €. 35.830,00 (euro trentacinquemilaottocentotrenta/00) e conseguente maggior IRES per €. 9.853,00 (euro novemilaottocentocinquantatre/00), IRAP per €. 1.397,00 (euro milletrecentonovantasette/00) ed IVA per € . 7.166,00 (euro settemilacentosessantasei/00), oltre a sanzioni ed interessi.
Tale avviso di accertamento veniva impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Torino che rigettava il ricorso, con una motivazione che riguardava non già il rapporto tra la stessa RAGIONE_SOCIALE e l’azienda agricola, bensì il rapporto con la diversa società riconducibile al soggetto che aveva ideato e realizzato il meccanismo delle operazioni inesistenti.
Inoltre, la CTP, in motivazione, faceva riferimento a fatture concernenti l’anno di imposta 2007.
2.- La CTR del Piemonte (Torino) , investita dall’appello della società contribuente, lo accogli eva con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione. All’uopo, evidenziava, innanzitutto, l’esistenza di un « macroscopico errore » presente nella sentenza di primo grado che aveva trattato dell’anno d’imposta 2007 senza decidere la questione sottoposta al suo vaglio. Inoltre, nel merito, affermava: l’irrilevanza dell’inesistenza
di un contratto scritto; – la presenza in fattura di elementi precisi e puntuali relativi alla prestazione eseguita; – che la società contribuente non poteva conoscere lo stato del personale dipendente della azienda agricola; – che dalla documentazione agli atti risultava che l’escavatore era stato messo a disposizione dalla contribuente e che questa aveva acquistato anche le piante, cosicché l’azienda agricola ben poteva avere eseguito i lavori utilizzando solo le proprie risorse umane; – che la contribuente aveva dedotto che la fattura era stata pagata da altra società per la quale essa lavorava; che la mancata registrazione della fattura da parte dell’azienda agricola non poteva essere imputata alla contribuente, poiché essa non aveva, sulla predetta azienda agricola, alcun potere di controllo.
3.- Avverso la menzionata sentenza d’appello , l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
4.- La contribuente società RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, 54 d.P.R. n. 633 del 1972 e 109 d.P.R. n. 917 del 1986 (cd. TUIR).
In particolare, dopo aver premesso che non corrisponderebbe al vero quanto sostenuto dalla CTR circa il fatto che la sentenza di primo grado sarebbe incorsa in un errore relativo all’anno d’imposta preso in esame, essendosi trattato semmai soltanto di un mero errore materiale di trascrizione, evidenzia che la sentenza d’appello avrebbe disatteso il consolidato orientamento secondo cui a carico del contribuente grava l’onere di provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che tale prova possa consistere nella esibizione della fattura, né nella dimostrazione della regolarità delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, trattandosi di elementi che vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale u n’ operazione fittizia. A fronte di ciò, peraltro, l’amministrazione finanziaria avrebbe offerto alla CTR « una serie di elementi presuntivi che, tra loro associati, si palesavano astrattamente idonei a fondare la pretesa tributaria. » (cfr., all’uopo, la pag. 10 del ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità).
2.- La censura è inammissibile sotto plurimi profili.
Anzitutto, giova evidenziare come, attraverso la lettura e disamina della sua motivazione, non è chi non veda come la pronuncia impugnata risulti basata non soltanto sulla presenza di elementi precisi e puntuali nella fattura, ma altresì sull’avvenuto pagamento, sia pure da parte di un terzo , dell’importo in essa indicato e sulla documentazione reputata dimostrativa del la messa a disposizione dell’escavatore e del l’acquisto delle piante da parte della contribuente. Parimenti, la sentenza impugnata ha evidenziato l’irrilevanza dell’assenza, tra la società contribuente e l’RAGIONE_SOCIALE, di un contratto concluso in forma scritta, non essendo quest’ultima prevista dalla legge a pena di nullità , nonché della mancata registrazione della fattura ne lla contabilità dell’azienda agricola, trattandosi di condotta omissiva certamente insuscettibile di essere ascritta a carico della RAGIONE_SOCIALE Infine, anche la circostanza secondo cui l’azienda agricola era priva di personale dipendente e, dunque, non risultava aver concluso contratti di lavoro subordinato è stata reputata priva di rilevanza da parte della CTR, in ragione del fatto che la prestazione menzionata nella fattura di cui si tratta era stata regolarmente pagata (sia pure da un terzo), cosicché la stessa poteva reputarsi essere stata eseguita.
A fronte di tale motivazione, la doglianza prospettata dall’amministrazione finanziaria , in quanto si concentra sull’accertamento delle circostanze di fatto valevoli ad integrare gli elementi idonei a ritenere comprovata l’effettiva esistenza dell’ operazione contestata, finisce con il risolversi nella prospettazione di una ricostruzione alternativa della vicenda fattuale e, dunque, nella richiesta di una nuova valutazione del compendio istruttorio, notoriamente preclusa in sede di giudizio di legittimità (cfr., al riguardo, Cass. civ., Sez. 2, ordinanza n. 10927 del 23 aprile 2024, Rv. 670888-01, secondo cui « In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme. »).
Del resto, questa Corte regolatrice ha più volte affermato che « Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice de l caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità. » (Cass. civ., Sez. 1, ordinanza n. 640 del 14 gennaio 2019, Rv. 652398-01; conf. Cass. civ., Sez. 3, sentenza n. 7187 del 4 marzo 2022, Rv. 664394-01).
Infine, ulteriore profilo di inammissibilità della censura risulta senz’altro rappresentato da un evidente difetto di autosufficienza, atteso che, nella parte in cui esso sostiene che l’amministrazione finanziaria avrebbe offerto alla CTR « una serie di elementi presuntivi che, tra loro associati, si palesavano astrattamente idonei a fondare la pretesa tributaria. » (cfr., all’uopo, la pag. 10 del ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità), lo stesso non chiarisce quali fossero tali elementi presuntivi, né tanto meno da quali documenti essi risultassero suscettibili di essere desunti e, infine, nemmeno provvede a richiamarli, sia pure in termini essenziali e per la parte d’interesse, in palese violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c..
Come, infatti, più volte chiarito da questa Corte regolatrice, se è certamente vero che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, occorre pur sempre che, all’interno di quest’ultimo, siano richiamati, sia pure in termini essenziali e per la parte d’interesse, gli atti ed i documenti sottesi alle censure sviluppate, non essendo sufficiente a soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione (fondato sull ‘ idoneità del contenuto delle censure a consentire la decisione), nemmeno il rinvio – in assenza di (trascrizione integrale o parziale ovvero, quantomeno, di tale) sintesi contenutistica – agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte (Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 26007 del 5 settembre 2022, non massimata).
3.- Con il secondo (e ultimo) motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 .
Sostiene, al riguardo, che la CTR, con motivazione apparente, avrebbe omesso di considerare tutti gli elementi di fatto dalla cui considerazione emergeva « per tabulas » la legittimità dei rilievi dell’amministrazione finanziaria, conseguente alla corretta e puntuale ricostruzione dei fatti di causa e alla palese assenza di prova contraria fornita dal contribuente.
Evidenzia, ancora, che la CTR non avrebbe, in primo luogo, affatto spiegato il motivo per il quale l’acquisto delle piante e la disponibilità dell’escavatore implicassero l’effettività delle prestazioni contestate in accertamento, né avrebbe poi in alcun modo spiegato le ragioni per le quali non fosse necessario un contratto scritto tra la contribuente e l ‘azienda agricola di COGNOME NOME, limitandosi a non ritenere necessario il formalismo di un contratto scritto e, infine, nemmeno avrebbe valutato l’assenza – nella fattispecie concreta – di qualsivoglia prova fornita dalla società circa l’esistenza di un rapporto contrattuale con il COGNOME.
4.- La censura è infondata.
Ed invero, con essa la ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata, sostanzialmente lamentandone l’apparenza, incomprensibilità e insufficienza.
Nondimeno, come chiarito da questa Corte regolatrice, « In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. » .
In particolare, giova rammentare che questa Corte, a sezioni unite, ha chiarito che, dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., operata dalla l. n. 134 del 2012, il sindacato sulla motivazione da parte della cassazione è consentito solo quando l’anomalia motivazionale si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della
sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; in tale prospettiva detta anomalia si esaurisce nella ‘ mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico ‘ , nella ‘ motivazione apparente ‘ , nel ‘ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ e nella ‘ motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ‘ , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘ sufficienza ‘ della motivazione (cfr. Cass. civ., Sez. U., sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014, Rv. 629830-01).
Tale sindacato, dunque, risulta oggi suscettibile di essere ammesso esclusivamente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c. (come, peraltro, richiesto dalla ricorrente) e, quindi, in termini di nullità della sentenza per violazione – nel caso del processo tributario dell’art. 36, comma 2, n. 4), d.lgs. n. 546 del 1992 che, del resto, prescrivendo la necessità della succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto della decisione, si salda con il precetto costituzionale di cui all’art. 111, comma 6, Cost.. Tuttavia, come già detto, esso resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del cd. « minimo costituzionale » richiesto dalla disposizione costituzionale menzionata, che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr., in tal senso, la già citata Cass., Sez. 1, ordinanza n. 7090 del 3 marzo 2022, Rv. 664120-01).
Nel caso di specie, alcuna delle gravi anomalie motivazionali sopra indicate risulta ravvisabile, perché la CTR ha congruamente motivato in relazione alle ragioni che avevano fondato il proprio convincimento, evidenziando che la prova dell’effettiva esistenza dell’operazione documentata dalla fattura risultava desumibile non soltanto dalla presenza , in quest’ultima, di elementi precisi e puntuali relativi alla prestazione da eseguirsi, ma altresì da ll’avvenuto pagamento, sia pure da parte di un terzo, dell’importo in essa indicato e dalla documentazione che dimostrava come l’escavatore fosse stato messo a disposizione dalla contribuente e come quest’ultima avesse provveduto altresì a ll’acquisto delle piante. Parimenti, come già sopra chiarito, la sentenza impugnata ha
evidenziato l’irrilevanza dell’assenza, tra la società contribuente e l’RAGIONE_SOCIALE, di un contratto concluso in forma scritta, non essendo quest’ultima prevista dalla legge a pena di nullità, nonché l’irrilevanza della mancata registrazione della fattura nella contabilità dell’azienda agricola, trattandosi di condotta omissiva certamente insuscettibile di essere ascritta a carico della RAGIONE_SOCIALE Infine, con la motivazione della sentenza impugnata, la CTR ha precisato anche come l’elemento circostanziale secondo cui l’azienda agricola era priva di personale dipendente e, dunque, non risultava aver concluso contratti di lavoro subordinato, fosse da ritenersi privo di rilevanza, in ragione del fatto che la prestazione menzionata nella fattura di cui si tratta era stata regolarmente pagata (sia pure da un terzo), cosicché la stessa poteva reputarsi essere stata eseguita.
In tal senso, dunque, la sentenza impugnata risulta, sia pur sinteticamente, dare conto delle ragioni relative alla divisata fondatezza dei motivi d’appello sviluppati dalla contribuente , sicché dalla lettura di essa si ricava senz’altro un percorso argomentativo esaustivo e coerente, scevro da vizi risultanti dal testo della pronuncia medesima, la quale, pertanto, si sottrae alla censura prospettata.
5.- In conclusione, alla stregua delle considerazioni finora sviluppate, il ricorso deve essere respinto.
Non è luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto alcuna attività difensiva.
6.- Non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, trattandosi di importo non dovuto in ragione de l fatto che l’istante è una pubblica amministrazione ammessa alla prenotazione a debito.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data 10 aprile 2025.
NOME COGNOME