Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5646 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5646 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
Oggetto: esterovestizione – operazioni inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4731/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL)
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’avvocatura generale dello Stato con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL)
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE n. 2777/14/2021 depositata in data 16/07/2021, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 14/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
-l’RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE sulla base del p.v.c. del 24 maggio 2016, redatto dall’RAGIONE_SOCIALE, un avviso di accertamento per indebita detrazione dell’IVA dovuta per il 2012 su operazioni di acquisto soggettivamente inesistenti, essendo la cedente non già l’impresa RAGIONE_SOCIALE con sede in Slovenia, ma la RAGIONE_SOCIALE, con sede in Italia;
-la CTP rigettava il ricorso proposto avverso detto atto;
-la CTR della RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza gravata, confermava la pronuncia di primo grado;
–RAGIONE_SOCIALE ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resiste l ‘RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
Considerato che:
-il solo motivo di ricorso dedotto si incentra sulla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 9 bis del d. Lgs. n. 471 del 1997, in relazione all’art. 73 TUIR e agli artt. 19 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, agli artt. 2697, 2727, 2729 c.c. per avere la CTR erroneamente applicato le sanzioni per cui è causa, che non dovevano essere irrogate in quanto la società emittente le fatture oggetto di rilievo, RAGIONE_SOCIALE apparentemente avente sede in Slovenia, in realtà con sede in Italia, era ‘esterovestita’ ma esistente e non invece, come riteneva l’Ufficio, anche priva di struttura operativa. Così, soggettivamente inesistenti erano per conseguenza le operazioni contestate, dovendo le stesse ritenersi poste in essere da soggetto che, proprio in quanto solo apparentemente non residente, era da considerarsi residente e quindi, in sintesi, esistente come effettivamente esistenti erano le operazioni poste in essere;
-il motivo, invero articolato in tre profili di doglianza, è infondato;
-con riguardo al primo profilo dedotto, la disposizione di cui all’art. 6 comma 9-bis.3 del d. Lgs. n. 471 del 1997 vigente ratione temporis , prevede che ‘ se il cessionario o committente applica
l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento devono essere espunti sia il debito computato da tale soggetto nelle liquidazioni dell’imposta che la detrazione operata nelle liquidazioni anzidette, fermo restando il diritto del medesimo soggetto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta ai sensi dell’articolo 26, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. La disposizione si applica anche nei casi di operazioni inesistenti, ma trova in tal caso applicazione la sanzione amministrativa compresa tra il cinque e il dieci per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro ‘;
-come si evince sia dalla sentenza impugnata, sia dagli atti di causa, si è in questo caso fatto applicazione del secondo periodo sopra riportato: l’RAGIONE_SOCIALE ha accertato e dimostrato, secondo la CTR, che ne ha condiviso le conclusioni, con accertamento in fatto non più contestabile, sia la esterovestizione della società fornitrice (in apparenza) dei rottami oggetto RAGIONE_SOCIALE fatture, sia la inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni;
-le due affermazioni, entrambe idonee a rendere illegittima l’applicazione del c.d. ‘reverse charge’ , non sono affatto in contrasto, né sul piano logico, né sul piano giuridico: in primo luogo, quanto alla coerenza logica, la collocazione in Italia di un soggetto persona giuridica, apparentemente avente sede all’estero , nulla dice in ordine alle operazioni da questi effettuate o non effettuate;
-desumere quindi, come sostiene parte ricorrente, che da ciò derivi solo che l’attività apparentemente svolta all’estero sia svolta in Italia e lo sia effettivamente, costituisce una pura illazione, non potendo automaticamente ritenersi provata dalla sola circostanza della collocazione in Italia la effettività della esistenza della struttura operativa della società e quindi RAGIONE_SOCIALE operazioni
commerciali poste in essere; proprio tali costituiscono profili autonomi e indipendenti dalla mera collocazione geografica della emittente le fatture;
-secondariamente, sul piano giuridico, far discendere dalla provata collocazione in Italia della RAGIONE_SOCIALE, società esterovestita, la conseguente prova della esistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di fatturazione, costituisce anche errore di diritto;
-infatti, nel contesto RAGIONE_SOCIALE operazioni soggettivamente inesistenti oggetto della prova è l’esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni in contestazione, vale a dire la loro reale riconducibilità all’emittente, soggetto che non solo ‘ cartolarmente ‘ ma anche nei fatti deve risultare -per essere il contribuente assolto da ogni contestazione -soggettivamente coincidente con chi ha materialmente posto in essere l’operazione economica sottostante, sia essa cessione di beni o prestazione di servizi;
-il difetto di circostanza può provarsi, in via indiziaria, da parte dell’Ufficio, il quale, come qui è avvenuto, è ammesso a dedurre la sussistenza di elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, atti a dimostrare che altri, non l’emittente, hanno posto in essere le prestazioni in discussione;
-per quanto qui rileva, e venendo allora al secondo profilo dedotto nel motivo di gravame di fronte a questa Corte, la CTR ha accertato come ‘la società RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE ceduti alla società RAGIONE_SOCIALE, che poi rivendeva a RAGIONE_SOCIALE, era sostanzialmente inesistente poiché non aveva una sede legale effettiva in quanto coincideva con il domicilio fiscale della persona fisica legale rappresentante (COGNOME NOME residente a Lonato del Garda) e soprattutto non disponeva di alcuna struttura operativa, quali magazzino e aree deputate allo stoccaggio dei RAGIONE_SOCIALE ferrosi, indispensabili per lo svolgimento di tale attività; a sua volta la società RAGIONE_SOCIALE non aveva alcuna struttura operativa, aveva sede nei locali di servizio di contabilità
ed i suoi direttori COGNOME e COGNOME, peraltro già coinvolti in frodi nel settore della vendita di rottami, risultavano irrintracciabili’;
-ancora, la CTR ha pure accertato come ‘le fatture di cessione, emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, risultano trasmesse a quest’ultima via fax da una cartoleria di Pozzolengo (BS), la RAGIONE_SOCIALE; ancora più significativa è poi la circostanza che anche le fatture di cessione relative all’anno 2011 di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE riportano nell’intestazione, quale luogo di trasmissione a mezzo fax, la RAGIONE_SOCIALE di Pozzolengo (BS)’;
-a fronte di tali accertamenti, la CTR ha correttamente ritenuto provata la ‘consapevolezza del contribuente di partecipare ad una frode’ anche in quanto ‘ né RAGIONE_SOCIALE ha offerto adeguata prova contraria’; questa Corte costantemente afferma, sul punto, con riguardo al diritto a detrazione dell’iva, il cui principio si estende anche al connesso profilo sanzionatorio, che (tra molte pronunce in tale senso si veda la recente Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 4250 del 10/02/2022) in tema di IVA, e con riguardo al regime del “reverse charge” o inversione contabile, in applicazione dei principi di diritto enunciati dalla Corte di giustizia della UE, il diritto di detrazione dell’imposta, relativa ad un’operazione di cessione di beni, non può essere riconosciuto al cessionario che, sulla fattura emessa per tale operazione in applicazione del suddetto regime, abbia indicato un fornitore fittizio allorquando, alternativamente, il medesimo cessionario: a) abbia egli stesso commesso un’evasione dell’IVA ovvero sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto di detrazione s’iscriveva in una simile evasione; b) sia semplicemente consapevole della indicazione in fattura di un fornitore fittizio e non abbia fornito la prova che il vero fornitore sia un soggetto passivo IVA;
-pertanto, anche il secondo profilo del motivo di ricorso, relativo all’asserito malgoverno dei principi di tema di onere probatorio, risulta privo di fondamento;
-né coglie nel segno l ‘ulteriore profilo del motivo di ricorso, relativo al l’esistenza di giudicato in ordine all ‘ insussistenza dell’esterovestizione e della conseguente esistenza sia della società RAGIONE_SOCIALE, in ultimo RAGIONE_SOCIALE operazioni oggetto di rilievo;
-in realtà, ogni periodo d’imposta mantiene la propria autonomia rispetto agli altri, generandosi in esso una autonoma obbligazione tributaria quanto ai singoli tributi dovuti nel periodo medesimo; ciò comporta la costituzione, tra contribuente e Amministrazione Finanziaria, di un rapporto giuridico distinto rispetto a quelli relativi agli anni precedenti e successivi. Ne consegue che, qualora le controversie relative a diverse annualità d’imposta, ancorché concernenti questioni in tutto o in parte analoghe, siano separatamente decise con più sentenze, ciascun giudizio mantiene la sua autonomia e la decisione ad esso relativa non è suscettibile di costituire cosa giudicata rispetto ai giudizi relativi alle altre annualità (Cass. 14125/2009 e 22197/2004). Nel processo tributario l’efficacia del giudicato trova, infatti, ostacolo nell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si sono verificati al di fuori dello stesso si giustifica in relazione agli elementi non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (Cass. 37/2019);
-conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato;
-la soccombenza regola le spese;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore di parte controricorrente che liquida in euro 4.300,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di parte ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 settembre 2023.