Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16844 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16844 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Oggetto: Tributi
Data pubblicazione: 19/06/2024
Irpef, Irap e Iva
2012
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 17212 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in INDIRIZZO (RAGIONE_SOCIALE);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2981/02/2020, depositata in data 15 dicembre 2020, non notificata;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
– NOME COGNOME propone ricorso, affidato ad un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell ‘RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 454/02/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Pavia che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente, titolare di omonima ditta individuale, avverso avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva ripreso a tassazione, per il 2012, costi indebitamente dedotti, ai fini Irpef, Irap, e detratti, ai fini Iva, in relazione a fatture afferenti ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti;
-nella sentenza impugnata il giudice di appello ha confermato la legittimità dell’avviso di accertamento in quanto: 1) le dichiarazioni rese in sede di verifica dagli emittenti le fatture in merito alla mancata esecuzione dei lavori (taglio di alberi) in esse indicati, avevano una propria rilevanza nell’ambito del procedimento tributario di cui aveva dato già atto il giudice di prime cure; 2) questa circostanza confermava trattarsi di operazioni oggettivamente inesistenti – e non come argomentato dal contribuente soggettivamente inesistenti – in ordine alle quali quest’ultimo non aveva fornito prova concreta del l’effettiva esecuzione dei lavori fatturati non potendo, a tal fine, valere ‘ semplici asserzioni relative a dati di bilancio ‘ ;
-resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE;
-è stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, in considerazione del rilievo di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. Il contribuente ha chiesto la decisione ed è stata quindi disposta la
trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 380 bis e 380 bis.1 c.p.c.;
in data 17/05/24 il contribuente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto controverso – omessa e contraddittoria motivazione in ordine alla contestata qualificazione di operazioni oggettivamente inesistenti – di cui il contribuente aveva dedotto la sola soggettiva inesistenza essendo state, ad avviso del ricorrente, le prestazioni fatturate (di taglio di alberi) effettivamente eseguite (come si evinceva dalla vendita del legname ricavato); in particolare, la CTR non avrebbe motivato in ordine alla dedotta distinzione tra falso oggettivo e falso soggettivo limitandosi a ricondurre le operazioni fattur ate ad un’ipotesi di oggettiva inesistenza non avendo il contribuente fornito la prova concreta dell’effettiva esecuzione dei lavori fatturati atteso che non potevano valere a tal fine ‘ semplici asserzioni relative ai dati di bilancio ‘ .
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. In primo luogo, il vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis ) concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non
integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152 Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439). Né, ovviamente, e a maggior ragione, l’apprezzamento giuridico del giudice, dissonante rispetto alle aspettative e prospettazioni della parte, può assurgere a omesso esame di un fatto controverso e decisivo (Cass. sez. 2, n. 29923 del 2023); nella specie, il ricorrente non ha assolto il suddetto onere, essendo stato dedotto l’omesso esame non già di un ‘fatto storico’, ma bensì di profili attinenti a ll’ apprezzamento di merito operato dal giudice di appello circa la natura RAGIONE_SOCIALE operazioni in questione come oggettivamente inesistenti (‘ quanto dichiarato dai soggetti che hanno emesso le fatture in merito alla non esecuzione dei lavori ha una sua propria rilevanza nell’ambito del procedimento tributario e il giudice di prime cure ne ha dato il giusto rilievo; a ciò si aggiunga che questa circostanza destituisce di fondamento anche l’altro motivo di gravame confermando che si tratta di costi per operazioni oggettivamente inesistenti e non soggettivamente inesistenti non essendo stata fornita alcuna prova concreta in ordine alla effettiva esecuzione dei lavori non potendo essere ritenute tali semplici asserzioni relative a dati di bilancio, circostanza che preclude in ogni caso la deducibilità dei costi ‘) la rivalutazione RAGIONE_SOCIALE quali è preclusa a questa Corte. Né assume alcun rilievo, sotto tale profilo, il generico riferimento alla sopravvenuta sentenza n. 2146/2022 emessa dal Tribunale Penale di Pavia, in data 14 dicembre 2022, e depositata il 13.3.2023allegata all’istanza per la decisione del ricorso- della quale non viene dedotto neanche l’avvenuto passa ggio in giudicato.
1.3. Peraltro, la doglianza è inammissibile in quanto contravviene al principio secondo cui nell’ipotesi, come quella che ci occupa, di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ. (e che attualmente trova collocazione nell’art. 360, quarto comma c.p.c.) , applicabile anche nel giudizio di legittimità in materia tributaria, ovvero al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014), il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528 del 2014); adempimento che il ricorrente, nel caso di specie, non ha svolto, emergendo comunque dal contenuto del ricorso che identica è la quaestio facti esaminata dalle due commissioni.
2.In conclusione, il ricorso va rigettato.
3.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
4.Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. « la Corte … quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 » (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023; Cass. n. 28318 del 2023). La norma sottende una valutazione legale tipica del legislatore delegato, in ragione della quale l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni -di quelle del terzo comma come di quelle del quarto comma dell’art. 96 -non è subordinata ad una valutazione discrezionale ma discende, «di default», dalla definizione del giudizio in conformità alla proposta (Cass. n. 27947/2023).
5.La Corte stima equo fissare in euro 3.000,00 la sanzione, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ed in euro 1.600,00 quella ai sensi del comma 4 della
medesima disposizione, atteso il carattere pacifico dei principi giurisprudenziali applicati e la manifesta infondatezza del ricorso, per i motivi ampiamente esposti.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
condanna il ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 3.000,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna il ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 1.600,00 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 29 maggio 2024