Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28324 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28324 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
Oggetto: IVA – operazioni
oggettivamente inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17592/2024 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresentata e difende giusta procura speciale in atti (domicilio digitale PEC: EMAIL)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE (domicilio digitale PEC: EMAIL)
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 1451/13/24 depositata il 29/02/2024; Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
18/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
-con l’avviso di Accertamento qui impugnato l’RAGIONE_SOCIALE Provinciale 2 di Roma l’Ufficio aveva proceduto, per l’anno 2015, ad accertare ai fini IRES un maggior reddito di impresa in E. 193.032,00; ai fini IRAP, un maggior valore della produzione in euro 288.674,00 ed ai fini IVA, accertava una maggiore imposta pari ad euro 158.400,00 a fronte di operazioni oggettivamente inesistenti;
-la società ricorreva; il giudice di primo grado rigettava l’impugnazione;
-proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE; con la sentenza di secondo grado oggetto di ricorso per cassazione in questa sede il giudice di appello ha confermato la decisione della CTP di Roma;
-ricorre la contribuente con atto affidato a due motivi di doglianza illustrati da memoria;
-resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE;
-il Consigliere delegato ha depositata proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. alla quale ha fatto seguito il deposito ad opera della ricorrente di istanza di decisione Collegiale;
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso si duole della violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme diritto in merito alla detraibilità dell’IVA in caso di operazioni inesistenti in particolare dell’art. 42, comma 1 e 21 -septies del d.P.R. n. 600 del 1973;
secondo la ricorrente nel caso di operazioni inesistenti (inesistenza, comunque, contestata), se esse vengano realizzate da soggetti passivi IVA, la conseguenza è la perfetta neutralità dell’imposta;
-il motivo è manifestamente infondato;
-invero, come correttamente ha ritenuto in diritto la sentenza di merito, trova qui applicazione il disposto dell’art. 21 c. 7 del d.P.R. n. 633 del 1972 -il quale enuncia il principio di ‘cartolarità’ dell’iva secondo il quale ‘se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi RAGIONE_SOCIALE operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura’;
-ne deriva che in tema di IVA la sovrafatturazione di operazioni commerciali oggettivamente inesistenti determina -alla luce della disposizione sopra citata -l’insorgenza del rapporto impositivo a fronte della semplice “emissione” del documento contabile, in quanto suscettibile di essere utilizzato a fini fiscali ove non sottratto tempestivamente al commercio giuridico, senza che ciò violi il principio di neutralità dell’IVA che informa la disciplina unionale, prevalendo la funzione ripristinatoria conseguente all’eliminazione dell’anomalia creata in difetto di rettifica od annullamento della fattura concernente dati difformi dalla realtà dell’operazione economica (così Cass. sez. T, 14 febbraio 2019, n. 4344);
-ancora, si è ribadito che ‘in tema d’IVA, in caso di operazione inesistente, in difetto di rettifica o annullamento della fattura, sussiste l’obbligo di versamento dell’imposta per l’intero
ammontare indicato in fattura, in quanto l’emissione del documento contabile determina l’insorgenza del rapporto impositivo, senza che ciò contrasti con il principio di neutralità dell’IVA, prevalendo la funzione ripristinatoria conseguente alla eliminazione del difetto di rettifica o annullamento della fattura, a meno che non sia stato eliminato in tempo utile qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale derivante dall’esercizio del diritto alla detrazione’ (Cass. sez. T, dicembre 2020, n. 28263, anch’essa come la precedente pronuncia richiamate in motivazione dalla recente Cass. n. 23 maggio 2024 n. 25429);
-il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto e precisamente dell’art. 7, comma 5 bis del d.lgs. n. 546 del 1992, nella parte in cui la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio ha rigettato l’appello della ricorrente, pur in assenza di specifiche prove sull’esistenza di un unico centro di imputazione e sulla partecipazione alla frode fiscale;
-il motivo è manifestamente infondato, in primo luogo, quanto alla denunciata violazione dei principi in tema di onere della prova;
-è del tutto costante e coerente la giurisprudenza -anche risalente – di questa Corte secondo la quale in tema di IVA, l’onere della prova relativa alla presenza di operazioni oggettivamente inesistenti è a carico dell’Amministrazione finanziaria e può essere assolto mediante presunzioni semplici, come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (locali, mezzi, personale, utenze), mentre spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non
potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (tra le più recenti, si vedano Cass. Sez. T., 10 aprile 2024, n. 9723; Cass. Sez. T, 18 ottobre 2021, n. 28628);
-parimenti il motivo risulta manifestamente infondato con riguardo alla violazione dell’art. 7 c. 5 -bis del d.lgs. n. 546 del 1992, per due ordini di ragioni;
-in primo luogo, in più pronunce si è chiarito come il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della l. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale” essendo una norma di natura sostanziale e non processuale, si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore della legge predetta (Cass. Sez. T, 25 luglio 2024, n. 20816);
-secondariamente, in ogni caso, la ridetta disposizione di recente conio non si pone in contrasto con la persistente applicabilità RAGIONE_SOCIALE presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria (Cass. Sez. T, 30 gennaio 2024, n. 2746; Cass. Sez. T, 27 ottobre 2022, n. 31878);
-in conclusione, il ricorso va rigettato;
-le spese processuali seguono la soccombenza;
-poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di
definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13 ottobre 2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22 settembre 2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15 novembre 2023) secondo la quale in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
-debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 3.000,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto comma c.p.c. e ancora l’ulteriore importo di euro 1.500,00 sempre a carico di parte soccombente da versarsi quest’ultimo alla cassa RAGIONE_SOCIALE ammende;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 6.000,00, oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di euro 3.000,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte
contro
ricorrente e infine dell’ancora ulteriore somma di euro 1.500,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME