LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni inesistenti: la Cassazione e l’onere prova

Una società ricorre contro un accertamento fiscale per IVA su operazioni inesistenti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, riaffermando che l’IVA indicata in fattura è sempre dovuta, anche se l’operazione non è mai avvenuta, in base al principio di ‘cartolarità’. La Corte ha inoltre precisato che, una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce prove presuntive della fittizietà, spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza della transazione, non essendo sufficienti la sola fattura e la prova del pagamento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: La Cassazione Conferma la Linea Dura sull’IVA e l’Onere della Prova

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: la gestione delle operazioni inesistenti ai fini IVA. La decisione analizza in profondità il principio di ‘cartolarità’ e chiarisce, ancora una volta, la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente. Si tratta di una pronuncia che ribadisce un orientamento consolidato, offrendo importanti spunti di riflessione per le imprese sulla corretta gestione documentale e sulla diligenza nella scelta dei partner commerciali.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Fiscale su Operazioni Contestate

Il caso ha origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata. L’Amministrazione Finanziaria contestava, per l’anno d’imposta 2015, maggiori imponibili ai fini IRES e IRAP e, soprattutto, una maggiore IVA dovuta per un importo considerevole, derivante da fatture per operazioni ritenute oggettivamente inesistenti.

La società ha impugnato l’atto impositivo, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado hanno respinto le sue doglianze. La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con l’azienda che ha basato il proprio ricorso su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso e le Operazioni Inesistenti

La società ricorrente ha articolato la propria difesa su due argomentazioni chiave.

In primo luogo, ha sostenuto la violazione delle norme sulla detraibilità dell’IVA, invocando il principio di neutralità dell’imposta. Secondo la sua tesi, anche in caso di operazioni inesistenti, se queste sono realizzate tra soggetti passivi IVA, l’imposta dovrebbe rimanere neutrale.

In secondo luogo, ha lamentato un’errata applicazione delle regole sull’onere della prova, sostenendo che la Corte di merito avesse confermato l’accertamento senza prove sufficienti della sua partecipazione a una presunta frode fiscale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, rigettando integralmente le richieste della società.

Il Principio di Cartolarità dell’IVA

Sul primo punto, la Cassazione ha ribadito la piena applicabilità dell’art. 21, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972, che sancisce il cosiddetto ‘principio di cartolarità’. In base a tale principio, chi emette una fattura per operazioni inesistenti è comunque tenuto a versare l’imposta indicata nel documento. Questa regola ha una funzione ripristinatoria e di prevenzione delle frodi. L’emissione di una fattura fittizia crea infatti il rischio che il destinatario possa indebitamente detrarre l’IVA. Pertanto, l’obbligo di versamento sorge dalla semplice emissione del documento, a prescindere dalla realtà dell’operazione. Il principio di neutralità dell’IVA, secondo la Corte, non può essere invocato per legittimare un’anomalia contabile che espone l’Erario a un rischio di perdita di gettito.

La Ripartizione dell’Onere della Prova

Anche riguardo al secondo motivo, la Corte ha seguito la sua giurisprudenza consolidata. Ha chiarito che l’onere della prova in materia di operazioni inesistenti è così ripartito:
1. Amministrazione Finanziaria: Ha l’onere di provare, anche tramite presunzioni semplici, che l’operazione fatturata non è mai avvenuta. Tali presunzioni possono basarsi su elementi come l’assenza di una idonea struttura organizzativa (mezzi, personale, locali) in capo al fornitore.
2. Contribuente: Una volta che il Fisco ha fornito elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, l’onere si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare l’effettiva esistenza dell’operazione. A tal fine, non è sufficiente esibire la fattura e la documentazione del pagamento, poiché questi elementi sono tipicamente utilizzati proprio per dare una parvenza di realtà a transazioni fittizie.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di tutelare il sistema IVA da abusi e frodi. Il principio di cartolarità, pur sembrando rigoroso, è uno strumento essenziale per neutralizzare gli effetti potenzialmente dannosi di una fattura falsa immessa nel circuito economico. Se il destinatario di tale fattura potesse detrarre l’IVA, si verificherebbe un danno certo per l’Erario. L’obbligo di versamento a carico di chi emette la fattura serve a ristabilire l’equilibrio. La Corte sottolinea che la giurisprudenza è costante nel ritenere che la prova fornita dal contribuente debba essere sostanziale e non meramente formale, superando la mera esibizione documentale per dimostrare la concretezza economica della prestazione ricevuta.

Conclusioni: Implicazioni per le Imprese

L’ordinanza in esame conferma un orientamento severo ma necessario per la lotta all’evasione fiscale. Per le imprese, il messaggio è chiaro: la massima diligenza è richiesta non solo nella documentazione delle proprie operazioni, ma anche nella selezione dei fornitori. Di fronte a un accertamento basato su operazioni inesistenti, il contribuente si trova a dover sostenere un onere probatorio particolarmente gravoso. La decisione ribadisce che la regolarità formale dei documenti non è uno scudo sufficiente se l’Amministrazione Finanziaria è in grado di sollevare dubbi fondati sulla sostanza dell’operazione. La condanna della società ricorrente anche al pagamento di somme per abuso del processo evidenzia ulteriormente come insistere su tesi palesemente infondate possa comportare conseguenze economiche significative.

L’IVA è dovuta per fatture relative a operazioni inesistenti?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, in base al ‘principio di cartolarità’ (art. 21, c. 7, D.P.R. 633/72), chi emette una fattura per un’operazione che non è mai avvenuta è comunque obbligato a versare l’IVA indicata nel documento. Questa norma serve a prevenire frodi e a tutelare l’Erario dal rischio di detrazioni indebite da parte del destinatario della fattura.

A chi spetta l’onere di provare che un’operazione contestata dal Fisco è realmente avvenuta?
L’onere della prova è ripartito. Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni (es. l’inadeguatezza della struttura del fornitore), che l’operazione è fittizia. Una volta fornita tale prova presuntiva, l’onere si inverte e spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza della transazione.

Il contribuente può limitarsi a esibire la fattura e la prova del pagamento per dimostrare l’effettività di un’operazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’esibizione della fattura e dei documenti di pagamento non è sufficiente a superare le presunzioni dell’Amministrazione Finanziaria, in quanto tali elementi formali sono tipicamente utilizzati proprio per simulare la realtà di un’operazione fittizia. Il contribuente deve fornire prove concrete e sostanziali dell’avvenuta esecuzione della prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati