Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16761 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16761 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16830/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE unipersonale (P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa giusta procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME del foro di Perugia, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME del foro di Roma
-ricorrente e controricorrente incidentale -CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente e ricorrente in via incidentale – avverso la sentenza n. 348/03/2015 della Commissione tributaria regionale dell’Umbria, depositata in data 12.6.2015;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 16.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Rettifica dichiarazione
IRES, IRAP,
IVA
–
richiesta di rimborso IVA
a seguito di rettifica ex art.
26 d.p.r. n.
602/73.
1.La società RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento n. R8M030100400/2007, relativo all’anno di imposta 2005, con il quale l’Agenzia delle Entrate, dopo aver ricevuto una richiesta di rimborso IVA pari ad euro 1.100.000,00, relativa al secondo trimestre 2005, presentata il 10.8.2005, esaminate le vicende societarie e le operazioni commerciali intercorse tra le società RAGIONE_SOCIALE unipersonale (unico socio COGNOME Francesco), RAGIONE_SOCIALE, incorporata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 22.12.2005 e RAGIONE_SOCIALE unipersonale (unico socio COGNOME FrancescoCOGNOME, riteneva fittizia la vendita, da parte della RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, del complesso immobiliare ad uso turistico ricettivo denominato RAGIONE_SOCIALE, di cui all’atto pubblico del 21.4.2005, che lo stesso giorno era stato acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE, suo socio di maggioranza e procedeva alle relative rettifiche IVA, IRES e IRAP, disconoscendo all’acquirente la possibilità di detrarre l’Iva corrisposta all’atto dell’acquisto e di dedurre le relative quote di ammortamento e recuperando a fini Irap la plusvalenza non dichiarata dalla RAGIONE_SOCIALE incorporata nella RAGIONE_SOCIALE
La C.T.P. di Perugia rigettava il ricorso.
2.La C.T.R. dell’Umbria accoglieva il gravame della società, sulla base dell’esito del procedimento penale instaurato a carico di COGNOME NOME.
3.Proposto ricorso per cassazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, questa Corte, con pronuncia n. 25569/2013, cassava la sentenza impugnata e rinviava per un nuovo esame alla C.T.R.
4.La C.T.R. dell’Umbria, giudice del rinvio, accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che non si rinvenivano elementi sufficienti per concludere nel senso che la vendita intercorsa tra la RAGIONE_SOCIALE e la società appellante fosse effettivamente fittizia dal punto di vista oggettivo e soggettivo. Per
altro verso, riteneva che l’IVA legittimamente detraibile dalla società appellante fosse soltanto quella calcolata sul prezzo reale della vendita, pari ad euro 1.160.000,00, e non già quella di euro 1.960.000,00 conteggiata sul prezzo fittizio, ritenendo pertanto per tale parte legittimo l’accertamento dell’ufficio, che aveva contestato la maggiore detrazione.
5.Proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., sul presupposto, in tesi, della contraddittorietà tra le premesse elencate e la documentazione richiamata (UNICO/IVA2006), dalla quale sarebbe risultato che la RAGIONE_SOCIALE aveva detratto l’Iva proprio per l’importo di euro 1.160.000,00, la C.T.R. di Perugia, con sentenza 290/3/2016, depositata in data 27.5.2016, dichiarava inammissibile l’istanza di revocazione, trattandosi di vizio di contraddittorietà della motivazione denunciabile solo con ricorso per cassazione.
6.Avverso la sentenza n. 348/03/2015, che ha definito il giudizio di rinvio, ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di un unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a due motivi, cui resiste la ricorrente principale.
E’ stata fissata l’udienza camerale del 16.4.2025.
La società ricorrente in via principale ha depositato memoria con la quale si riporta alle precedenti conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va rilevato che non è stato possibile aderire alla richiesta della ricorrente in via principale di trattare la presente controversia congiuntamente a quella iscritta al n. 13396/2012 R.G., riguardante l’avviso di liquidazione emesso nei confronti della stessa, in qualità di incorporante la RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, in quanto il giudizio è già stato definito con sentenza n. 18902/2018, che ha accolto il ricorso
dell’Agenzia delle Entrate e cassato con rinvio alla CGT2 dell’Umbria.
Con l’unico motivo di ricorso rubricato « omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; motivazione contraddittoria ed incomprensibile, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.», la ricorrente principale denuncia la palese contraddittorietà ed incomprensibilità della motivazione. Secondo la società ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE, dopo aver ritenuto che l’operazione di compravendita era effettivamente avvenuta, anche se il prezzo reale pattuito era inferiore (euro 5.800.000,00) rispetto a quello indicato nel rogito ( euro 9.800.000,00) e che pertanto l’IVA legittimamente detraibile era pari ad euro 1.160.000,00, cadeva in errore, ritenendo che l’IVA portata in detrazione fosse pari alla maggior somma di euro 1.960.000,00, calcolata sul prezzo fittizio, laddove invece dalla dichiarazione IVA per l’anno 2005, prodotta nel giudizio di primo grado quale documento n. 8, risultava che era stata portata in detrazione la somma di euro 1.160.000,00 ossia quella ritenuta corretta dalla stessa C.T.R..
3. Con il primo motivo di ricorso incidentale, l’Agenzia delle Entrate lamenta « violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21, 3 e 26 del D.P.R. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.», osservando, in primo luogo, che in tema di IVA la nozione di fattura inesistente (e dunque di operazione inesistente) va riferita non soltanto all’ipotesi di mancanza assoluta dell’operazione fatturata sul piano fattuale, ma anche ad ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, compresa l’ipotesi di inesistenza soggettiva. In tali evenienze, ai sensi del combinato disposto degli articoli 19, 21, comma 7 e art. 26, comma 3, d.p.r. 633/1972, è in linea di principio precluso al cessionario dei beni, così come al committente del servizio, il diritto alla detrazione o alla variazione dell’imposta nel caso di emissione
di fatture per operazioni inesistenti sotto il profilo oggettivo o anche solo sotto il profilo soggettivo. Pertanto, poiché nel caso in esame per la cessione intercorsa tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE è stata emessa una fattura dell’importo di euro 9.800.000,00 e poiché, per espressa ammissione del legale rappresentante dell’odierna ricorrente in via principale, tale importo non rispecchiava i reali termini economici dell’operazione, tant’è che poi le parti hanno inteso rettificarli, apparirebbe evidente come l’operazione debba essere qualificata come inesistente. Ciò comporterebbe che, a mente dell’art. 21, comma 7, del D.P.R. n. 633/72, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, sia nel caso di operazione inesistente, sia nel caso di indicazione di un corrispettivo superiore a quello effettivo. Né la C.T.R. aveva tenuto conto di tutti gli elementi probatori offerti dall’ufficio nell’avviso di accertamento (il cui testo è riprodotto nel ricorso incidentale) a sostegno dell’inesistenza dell’operazione, come ribaditi nelle difese del giudizio di merito trascritte nel ricorso incidentale.
3.1. Un secondo profilo di erroneità della sentenza riguarderebbe l’emissione della nota di credito di euro 4.000.000,00, apparentemente datata 30.4.2005, con la quale le parti avevano inteso rettificare in euro 5.800.000,00 il valore della cessione dell’immobile. Infatti, osserva l’Agenzia delle Entrate, la speciale procedura di variazione prevista dall’art. 26 del D.P.R. 633/72, presuppone necessariamente che l’operazione per la quale è stata emessa la fattura da rettificare sia venuta meno in tutto o in parte per uno degli specifici motivi ivi indicati e che sia un’operazione vera e reale e non inesistente. Ciò discenderebbe anche dal disposto dell’art. 21, comma 7, d.p.r. 633/72, secondo cui se viene emessa fattura per operazioni inesistenti l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, con la conseguenza che chi emette la fattura (TOWERS
RAGIONE_SOCIALE è debitore d’imposta sulla base del principio di cartolarità, mentre il destinatario della fattura (FOOD & BEVERAGE) non può esercitare il diritto alla detrazione, in totale carenza del suo presupposto, come statuito dalla Suprema Corte in numerosi arresti.
4. Con il secondo motivo, rubricato «omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. », si deduce che la C.T.R. ha equivocato le circostanze, i tempi e le modalità di rinvenimento della nota di credito, finendo per rigettare erroneamente l’eccezione dell’Ufficio, secondo cui tale documento sarebbe emerso solo dopo che l’ufficio aveva iniziato i controlli di rito, all’indomani della richiesta di rimborso presentata dalla RAGIONE_SOCIALE Dalla documentazione esibita in giudizio in data 26.2.2015 dall’Ufficio (processo verbale di constatazione del 29.9.2005) risultava che nel corso del primo accesso presso la sede legale di Foligno non era stata rinvenuta alcuna nota di credito, che invece veniva esibita solo in occasione di un accesso presso la sede operativa della società, effettuato in data successiva (verbale di accertamento di esistenza fisica del 26.10.2005, prodotto dalla società in allegato alla memoria depositata in data 26.1.2015). Se la commissione avesse considerato che il 25.9.2005, in occasione del primo accesso presso la sede legale, erano stati acquisiti i libri contabili, tra cui libro giornale e registri Iva e non era presente la citata nota di credito, ma che solo in occasione dell’accesso successivo presso la sede operativa venne rivenuta la sopra citata nota di credito, non sarebbe giunto alle conclusioni rassegnate. Il fatto sarebbe decisivo perché anche tale circostanza era rivelatrice della fittizietà dell’operazione commerciale.
4.1. I giudici del gravame avevano altresì omesso di considerare che le due società avevano indebitamente proceduto, in data 4.11.2005, alla stesura di una scrittura privata, di cui l’Ufficio, sin
dalle fasi introduttive del giudizio, aveva eccepito l’inefficacia. Ed invero, i giudici di legittimità (Cass. 8535/2014) avevano precisato che la rettifica per uno dei motivi indicati nell’art. 26 del d.p.r. n. 633/1972 richiede la stessa forma prevista dalla legge per l’atto di rettificare ( dunque l’atto pubblico), mentre nel caso in esame le parti si erano limitate a redigere, in data 4.11.2005, una scrittura privata registrata con la quale si dichiaravano reciprocamente di rettificare il prezzo di vendita del compendio immobiliare e che l’importo effettivamente incassato dalla RAGIONE_SOCIALE era di euro 4.920.000,00, per il quale già era stata emessa la nota di credito in data 30.4.2005.
4.2. Inoltre la considerazione finale della C.T.R. in merito all’IVA legittimamente detraibile da parte della contribuente era frutto dello stesso errore in cui è incorsa la ricorrente principale, posto che la somma di euro 1.960.000,00 che l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto non detraibile non era riferita al corrispettivo di euro 9.800.000,00 dichiarato nell’atto di compravendita e fatturato dalla RAGIONE_SOCIALE ma era scaturita dalla somma dell’Iva commisurata al minor valore di euro 5.800.000,00, indicato come reale (e pari quindi ad euro 1.160.000,00), indetraibile dalla cessionaria RAGIONE_SOCIALE in quanto relativa ad un’operazione da intendersi comunque inesistente e di quella (pari ad euro 800.000,00), da recuperare in capo alla cedente RAGIONE_SOCIALE incorporata dalla RAGIONE_SOCIALE rispetto alla nota di credito di euro 4.000.000,00, sempre sul presupposto dell’illegittimità della rettifica.
4.3. L a C.T.R. aveva dedotto la vericidità dell’operazione anche dal fatto che l’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di liquidazione per l’imposta di registro sull’operazione in questione, qualificata cessione d’azienda, laddove era stato fatto presente in giudizio (cfr. ricorso in riassunzione della RAGIONE_SOCIALE, pagina 4 e controdeduzioni dell’Ufficio, pagina 5), che il predetto avviso di
liquidazione era stato annullato in autotutela, per cui il fatto non poteva essere valutato quale indice dell’esistenza dell’operazione, mentre quello emesso successivamente era riferito alla precedente cessione del medesimo compendio immobiliare tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con atto stipulato nella stessa data del 21.4.2005, notificato alla RAGIONE_SOCIALE quale società incorporante la RAGIONE_SOCIALE
Vanno esaminati, per ragioni di priorità logico giuridica i motivi del ricorso incidentale, che appaiono nel loro complesso fondati.
La RAGIONE_SOCIALE, quale giudice del rinvio, ha aderito, seppur parzialmente, alle ragioni della società appellante, ritenendo che non vi fossero elementi sufficienti per ritenere fittizia la compravendita del 21.4.2005, deducendolo dal fatto che la nota di credito di euro 4.000.000,00 era stata rinvenuta nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE, come risultava dal verbale di esistenza fisica prodotto dalla società in allegato alle note del 26.1.2015, nonché dalle dichiarazioni rese nel corso della verifica dal legale rappresentante della stessa società. Inoltre, l’effettività dell’operazione di compravendita del compendio immobiliare, seppure ad un prezzo superiore a quello reale, risultava sia dalle condivisibili conclusioni cui era giunto il GUP di Perugia con la sentenza dell’8 maggio 2008, non vincolanti per il giudice tributario, ma da quest’ultimo sicuramente valutabili, che dalla stessa condotta dell’Ufficio, che aveva emesso un avviso di liquidazione con riferimento alla stessa compravendita, ricomprendendola in un’ipotesi di cessione d’azienda ai fini dell’imposta di registro, con ciò indirettamente confermando l’effettività dell’operazione che, all’evidenza, non poteva essere ritenuta reale ai fini di un’imposta ed inesistente per un’altra.
Risulta pacifico in causa che la RAGIONE_SOCIALE di cui era unico socio NOME COGNOME in data 21.4.2005 acquistava un complesso immobiliare ad uso turistico ricettivo denominato Golf
RAGIONE_SOCIALE 4 Torri, dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale lo aveva a sua volta acquistato in pari data dalla RAGIONE_SOCIALE, suo socio di maggioranza, per una somma notevolmente inferiore. Nella stessa data la RAGIONE_SOCIALE vendeva alla RAGIONE_SOCIALE (socio unico COGNOME NOME) il complesso aziendale mobiliare denominato RAGIONE_SOCIALE, azienda alberghiera ubicata nello stesso Centro unidirezionale Quattrotorri. Sempre nella stessa data la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (entrambe società unipersonali di proprietà di COGNOME NOME) stipulavano con scrittura privata con la quale la prima concedeva alla seconda la locazione dell’immobile acquistato in pari data. In data 4.11.2005 la RAGIONE_SOCIALE acquistava le quote della società RAGIONE_SOCIALE appartenenti a tali COGNOME e COGNOME, intervenendo COGNOME Francesco in rappresentanza sia della parte acquirente (di cui era socio unico) che dei venditori, società che viene poi formalmente incorporata in data 22.12.2005. Secondo gli accertatori l’effettiva finalità della presunta compravendita era quella di occultare lo scorporo dell’immobile dall’azienda alberghiera, entrambi all’origine di proprietà della RAGIONE_SOCIALE in funzione della successiva confluenza sia dell’immobile che dell’azienda nella RAGIONE_SOCIALE attraverso due distinti contratti stipulati da soggetti apparentemente distinti, ma in realtà facenti capo alla stessa persona fisica, evidenziando altresì che delle operazioni intercorse tra le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ( compravendita, mutuo, fusione per incorporazione) non vi era traccia alcuna nelle note integrative dei bilanci delle due società. Il prezzo dichiarato nell’atto pubblico di compravendita oggetto del presente giudizio era di euro 9.800.000,00 e la venditrice ha emesso la fattura n. 1 del 21.4.2005 per euro 9.800.000,00, oltre
IVA per euro 1.960.000,00.
Secondo la ricorrente in via principale il prezzo dichiarato era stato concordemente indicato in misura superiore a quello reale, di euro 5.800.000, allo scopo di ottenere un mutuo di euro 7.800.000,00 dalla banca, come da contratto stipulato in pari data e in data 30.4.2005, la venditrice emetteva una nota di credito per euro 4.000.000,00, pari alla differenza tra il prezzo simulato e quello reale, da qualificarsi quale nota di variazione, ai sensi dell’art. 26, comma 2, del d.p.r. n. 633/1972 , da considerarsi prova della non fittizietà della compravendita.
Di conseguenza, sempre secondo la ricorrente in via principale, l’Iva netta addebitata per rivalsa dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE ammontava ad euro 1.160.000,00 (1.960.000,00 -800.000,00). Per tale ragione, aveva chiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso del credito IVA ex art. 38 bis del D.P.R. 633/1972, per l’importo di euro 1.100.000,00, nei limiti dell’Iva netta assolta per rivalsa sul predetto acquisto immobiliare.
Tanto premesso, la C.T.R. ha omesso di verificare se la nota di credito emessa dalla RAGIONE_SOCIALE fosse o meno qualificabile quale rettifica consentita, alla luce dei presupposti espressamente indicati dal comma 2 dell’art. 26 del d.p.r. 633/1972, come sostiene la ricorrente in via principale ovvero se dovesse trovare piuttosto applicazione la previsione di cui all’art. 21, comma 7, d.p.r. 633/1972, come contestato dall’Agenzia delle Entrate nell’avviso di accertamento, riprodotto integralmente nel ricorso incidentale.
Infatti, il comma 2 dell’art. 26, nel testo vigente ratione temporis , stabiliva che ‘ Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti
contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25 .
Questa Corte ha avuto occasione di rimarcare che l’art. 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 consente al cedente di portare in detrazione l’I.V.A. in ogni caso in cui « un’operazione per la quale sia stata emessa fattura…. viene meno in tutto od in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile …». Ma l’applicabilità di tale disposizione presuppone: a) la realizzazione di un’operazione imponibile, per la quale sia stata emessa fattura, che sia vera e reale (Cass. n. 5979 del 14/3/2014 e n. 24231 del 18/11/2011); b) il sopravvenire di una causa di scioglimento del contratto (Cass. n. 15059 del 2/7/2014), non occorrendo uno specifico accertamento negoziale o giudiziale dell’intervenuta risoluzione; c) la sussistenza di un titolo idoneo a realizzare gli effetti solutori del precedente contratto, con il rispetto delle eventuali forme prescritte ad substantiam o ad probationem ; d) l’identità delle parti dell’accordo risolutorio e del negozio oggetto di risoluzione consensuale; e) il regolare adempimento degli obblighi di registrazione previsti dal d.P.R. n. 633 del 1972; f) un lasso di tempo infrannuale, entro il quale deve verificarsi la vicenda risolutiva, qualora essa trovi titolo in un accordo di mutuo dissenso (Cass. n. 20445 del 6/10/2011; Cass. n. 13250 del 2015).
8.1. Nell’avviso di accertamento riprodotto nel ricorso incidentale si dà atto, a pagina 2, che di tale nota di credito non è stata rinvenuta traccia nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE alla data della verifica di esistenza del 25.9.2005 presso la sede legale della società, nota che invece veniva reperita nel corso del successivo accesso del 26.10.2005 presso la sede operativa, come evidenziato nelle controdeduzioni dell’Agenzia delle Entrate depositate nel corso del giudizio di primo grado ( trascritte alle pagine 714 dell’odierno ricorso incidentale). La C.T.R. ha omesso di verificare se il verbale
di esistenza fisica prodotto dalla società in allegato alle note del 26.1.2015 fosse quello del 25.9.2005 o quello del 26.10.2005 e di tener conto altresì della data di rinvenimento della predetta nota di credito nella contabilità della Towers Hotel (il 21.10.2005), anch’essa successiva all’inizio della verifica fiscale, come indicato nello stesso avviso di accertamento a pagina 2.
La C.T.R. ha dunque omesso di valutare il predetto fatto storico, al fine di stabilire se esso, singolarmente o unitamente agli altri elementi evidenziati nell’avviso di accertamento, costituisse o meno valido indizio della fittizietà dell’operazione.
9. L’art. 21, comma 7 del d.p.r. cit., stabilisce che « se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.»
Al riguardo, questa Corte ha affermato che la disposizione di cui all’art. 21, comma 7 del d.p.r. n. 633/1972, che prevede, in caso di operazioni inesistenti, che l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, incide, da un lato, sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta sulla base del solo principio di cartolarità e, dall’altro, non consente al destinatario della fattura di esercitare il diritto alla detrazione o alla variazione di imposta, in totale carenza del suo presupposto ( Cass. 12353/2005, 24231/2011).
10. Infine, la C.T.R. ha ritenuto elemento confermativo della non fittizietà dell’operazione commerciale l’emissione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro per la compravendita in questione, omettendo di considerare il fatto storico del suo avvenuto annullamento in autotutela, circostanza pacifica tra le parti, erroneamente utilizzandolo quale indice della vericidità dell’operazione.
11. Secondo il costante orientamento di questa Corte, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’ (cfr Cassazione, pronunce nn. 3488/2024, Cass. n. 28628/2021 e 27554/2018).
Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, prima singolarmente e poi complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall’art. 2697, comma secondo cod. civ., prova contraria che non può ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.
12. A tali doveri si è sottratto il giudice del rinvio, il quale, come si evince dalla sentenza impugnata, da un lato, ha preso in esame solo alcuni degli elementi enucleati nell’avviso di accertamento, analiticamente esposti alle pagine da 3 a 6, (omettendo di valutare, per esempio, l’elenco, il contenuto e la collocazione temporale delle operazioni svolte nel corso del 2005 dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e l’assenza di traccia di tali operazioni nelle note integrative ai bilanci della due società), dall’altro, ha attribuito valenza di prova contraria a fatti inesistenti o di valenza indiziaria di segno opposto.
Conclusivamente, il ricorso incidentale va accolto.
Il ricorso principale rimane assorbito.
La sentenza va pertanto cassata con rinvio alla C.G.T.2 dell’Umbria, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame, tenuto conto dei principi di diritto sopra illustrati e fornendo congrua motivazione, nonché per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale, assorbito il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria, in diversa composizione, per un nuovo esame, oltre che per liquidare le spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16.4.2025.