Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22700 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22700 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
Oggetto: Tributi – IVA – vendita circolare di energia elettrica – operazioni oggettivamente inesistenti – deducibilità dei costi – sanzione
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24016/2023 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2853/04/2022, depositata il 4.07.2022.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 13.05.2025;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Sentito, per l ‘ Agenzia delle entrate, l’avvocato dello Stato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Milano ha accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE operante nel settore del commercio all’ingrosso di energia elettrica, avverso un avviso di irrogazione di sanzioni, emesso dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012, per la deduzione di componenti negativi di reddito relativi a beni non effettivamente scambiati, in relazione a fatture riguardanti operazioni ritenute oggettivamente inesistenti , per l’anno 20 13.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CTR della Lombardia ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate .
Dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa di evince che:
-secondo la prospettazione dell’Agenzia delle entrate, la società RAGIONE_SOCIALE faceva parte di una rete di società, organizzata dalla RAGIONE_SOCIALE, che acquistavano e vendevano reciprocamente ingenti quantità di energia elettrica sul mercato telematico, realizzando un meccanismo circolare in forza del quale la quantità di energia elettrica comprata era sempre pari a quella venduta e i corrispettivi pagati da ciascuna società per gli acquisti erano pari a quelli incassati per le rivendite alle altre società della rete; da questa ricostruzione era stata desunta la natura fittizia delle vendite e, quindi, la non sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA scontata per rivalsa sugli apparenti acquisti; i costi di acquisto dell’energia correlati alle vendite fittizie erano, quindi, indeducibili, con conseguente irrogazione delle relative sanzioni ai sensi dell’art. 8 del d.l. n. 16 del 2012;
la CTP ha accolto il ricorso ritenendo che le contrapposte operazioni di acquisto e vendita di energia elettrica, effettuate per ragioni economiche attinenti alla peculiarità del mercato dell’energia elettrica, non potessero qualificarsi come operazioni di scambio di beni inesistenti, ma costituissero operazioni commerciali di compravendita
nelle quali l’avvenuta estinzione dei reciproci debiti per compensazione aveva reso inutile lo scambio fisico del bene.
la CTR ha confermato la sentenza impugnata ritenendo che l’Ufficio non avesse provato l’inesistenza delle operazioni contestate e l”appartenenza’ della RAGIONE_SOCIALE al gruppo RAGIONE_SOCIALE, in quanto le operazioni di trading , denominate ‘ back to back ‘, erano da considerarsi lecite e comuni nel mercato di riferimento, come accertato dall’Autorità di Regolazione del settore con il comunicato del 29.11.2016, e l’Ufficio non aveva neppure dimostrato l’esistenza di un danno erariale, avendo tutti i soggetti interessati assolto integralmente sia le imposte dirette che quelle indirette; nell’accoglimento di tali censure rimaneva assorbito ogni altro motivo di gravame;
Contro la suddetta decisione l ‘A genzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
La curatela fallimentare della società contribuente rimaneva intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 cod. civ., 8, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012, conv. in l. n. 44 del 2012, 75, 109, commi 1, 4 e 5 del TUIR, per avere la CTR escluso l’oggettiva inesistenza delle contestate operazioni di compravendita di energia elettrica, senza considerare la rilevanza degli elementi di prova presuntiva, fatti valere dall’Amministrazione finanziaria al fine di dimostrare la propria pretesa (e segnatamente: tutte le società della rete facente capo a RAGIONE_SOCIALE, fra cui la contribuente, dipendevano dai medesimi soggetti ed erano amministrate in modo promiscuo dal medesimo studio commerciale; tali società non disponevano di alcuna struttura operativa né di personale; dalla corrispondenza rinvenuta durante la
verifica fiscale si evinceva che le operazioni di scambio di energia tra tutte le società venivano predeterminate mediante la fissazione degli importi in anticipo; nel periodo dal 2009 al 2013 tutte le compravendite intercorse tra dette società erano state ‘circolari’, nel senso che l’energia apparentemente venduta dal primo cedente veniva infine retrocessa a quest’ultimo; l’energia acquistata e i corrispettivi pagati per tali acquisti sistematicamente corrispondevano all’energia venduta e ai corrispettivi incassati per tali vendite, con saldo finale pari a ‘zero’ , senza la necessità di consegnare l’energia elettrica risultante dal saldo attivo tra energia acquistata ed energia venduta, posto che acquisti e vendite si compensavano integralmente), e senza procedere al loro esame, prima individuale e poi complessivo, avendo vagliato solo le circostanze addotte dalla contribuente sulle modalità generali di funzionamento del mercato elettrico, senza coordinarle con le circostanze (pacifiche) indicate dall’Ufficio ; rileva come non sia determinante, per escludere la fittizietà delle operazioni, che nel mercato elettrico a termine sia possibile procedere per compensazioni di acquisti e vendite e che la consegna fisica sia obbligatoria solo se la compensazione presenti un saldo attivo; lamenta, inoltre, che la CTR ha ritenuto erroneamente esistenti le operazioni contestate, nonostante le stesse fossero prive di qualsiasi ragionevole logica economica e non fossero finalizzate al conseguimento del profitto, essendo pacifico che le operazioni circolari si concludevano sempre con una perfetta parità tra corrispettivi incassati e pagati da ciascuna società e tra quantità di energia acquistate e vendute, in un contesto di preordinazione tra i diversi soggetti coinvolti, e non avendo la contribuente fornito alcuna prova in ordine alla economicità delle operazioni o delle diverse ragioni che le avrebbero giustificate.
1.1 Il motivo è fondato.
1.2 Occorre in primo luogo ribadire che, con riferimento alla questione della deducibilità dei costi e della detraibilità dell’IVA nel caso di fatture per operazioni inesistenti, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova, anche mediante elementi indiziari, dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente dimostrarne l’effettiva esistenza, senza che, tuttavia, sia sufficiente a tal fine l’esibizione della fattura, né la dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia ( ex plurimis , Cass. 19.10.2018, 26453).
1.3 Va inoltre osservato che «In tema di prova per presunzioni, il giudice, posto che deve esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella
loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento» (Cass n. 9108 del 06/06/2012; n. 5374 del 2/03/2017).
1.4 La sentenza impugnata non si è attenuta a detti principi omettendo di considerare diversi elementi indiziari, posti dall’Ufficio a fondamento dell’inesistenza delle operazioni contestate (riportati a p. 6 e ss. del ricorso per cassazione), in relazione alle quali è stato emesso l’atto di irrogazione delle sanzioni.
1.5 Il giudice di appello si è soffermato a considerare unicamente le modalità con le quali si svolgono normalmente le operazioni di compravendita di energia elettrica (‘ Per quanto riguarda le operazioni di trading oggetto di contestazione (in gergo anglosassone denominate “back-to-back”, in cui un soggetto vende un certo quantitativo di energia ad un prezzo stabilito per poi ricomprare dalla propria controparte il medesimo quantitativo di energia ad un prezzo differente, con possibile compensazione fisica dell’energia scambiata), sono in linea di principio meccanismi leciti e comuni nel mercato di riferimento, come accertato dall’Autorità di Regolazione del Settore con apposito comunicato del 29.11.2016’) , senza valutare le specifiche condotte realizzate, in concreto, dalla contribuente, sulla base degli elementi indicati dall’Ufficio ( quali la circolarità delle operazioni vendita e riacquisto, la preordinazione delle vendite circolari e sostanziale pareggio finale fra le quantità di energia elettrica ceduta e successivamente riacquistata in un determinato periodo), affermando, in modo apodittico, che ‘ l’Ufficio non ha dimostrato la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti che avrebbero dovuto provare l’inesistenza delle operazioni in contestazione e l”appartenenza’ di RAGIONE_SOCIALE al gruppo RAGIONE_SOCIALE limitandosi ad ipotizzare il coinvolgimento della contribuente, nonostante che tutti gli indizi
indicati nell’accertamento non fossero riferiti ad essa, ma ad altre società del gruppo RAGIONE_SOCIALE
1.6 Così facendo, la CTR ha negato qualsiasi valore presuntivo agli elementi di prova offerti dall’Amministrazione finanziaria facendo unicamente riferimento alla ‘normalità’ della vendita dell’energia elettrica mediante contrattazione a termine, senza valutare, come invece avrebbe dovuto, se, in concreto, alla luce degli elementi addotti, le operazioni contestate, proprio per le anomalie evidenziate, erano state realizzate al di fuori dei normali schemi negoziali che operano nello specifico settore di riferimento e si dimostravano prive di logica economica.
1.7 La complessiva svalutazione, operata in astratto dal giudice del gravame, degli elementi di prova presuntiva, posti dall’Amministrazione finanziaria a fondamento della prospettazione della inesistenza oggettiva delle operazioni, ha comportato la violazione dell’art. 2729 cod. civ., non essendo stata valutata l’idoneità inferenziale degli elementi di prova presuntiva che erano stati fatti valere dalla stessa Amministrazione alla luce della complessiva ricostruzione fattuale delle operazioni poste in essere dalla società (cfr. Cass. n. 29276 del 2023).
In conclusione, dunque, va accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, per nuovo esame e per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2025