Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16966 Anno 2024
Oggetto: Tributi Ires- Iva-2011-2012 Cessioni all’esportazione – art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 633 /1972 operazioni soggettivamente inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16966 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 22735 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore (PEC) EMAIL
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente –
per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Commissione tributaria regionale RAGIONE_SOCIALE Toscana n. 112/04/2021, depositata in data 28 gennaio 2021, non notificata; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal
Consigliere NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
–RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo in persona del legale rappresentante pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale RAGIONE_SOCIALE Toscana aveva rigettato l’appello principale proposto dalla società e quello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 204/02/2019 RAGIONE_SOCIALE Commissione RAGIONE_SOCIALE Provinciale di Siena che, previa riunione – dopo avere dato atto dell’annullamento in autotutela da parte dell’Ufficio RAGIONE_SOCIALE ripresa ai fini Irap, stante l’inapplicabilità all’imposta regionale RAGIONE_SOCIALE disciplina del raddoppio dei termini- aveva accolto parzialmente i ricorsi proposti dalla contribuente avverso due avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio , previo p.v.c. RAGIONE_SOCIALE G.d.F., sulla scorta dei risultati di una indagine penale condotta dalla Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica di RAGIONE_SOCIALE: 1) relativamente all’anno 2011, aveva recuperato: a) l’ Iva afferente a fatture relative a cessioni asseritamente destinate all’esportazione emesse nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE (costituita per scissione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) , in base a lettere d’intento RAGIONE_SOCIALE cessionarie ex art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972, risultate ideologicamente false; b) ricavi non dichiarati ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e Iva in relazione a fattura di vendita emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE non registrata; c) l’Iva indebitamente detratta afferente a fatture risultate soggettivamente inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE; d) imposte dirette in relazione a costi black-list indebitamente dedotti; e) ricavi non dichiarati e Iva
non versata con riguardo a cessioni al di sotto del valore normale di pianali e interfalde alla RAGIONE_SOCIALE; 2) relativamente al 2012, aveva recuperato: a) l’Iva indebitamente detratta afferente a fatture risultate soggettivamente inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE; b) imposte dirette in relazione a costi black-list indebitamente dedotti;
-nella sentenza impugnata il giudice di appello per quanto di interesse -dopo avere rigettato il motivo di appello principale relativo alla mancata operatività del c.d. raddoppio dei termini per mancata allegazione RAGIONE_SOCIALE denuncia penale e, in relazione al 2011, per trasmissione RAGIONE_SOCIALE notizia di reato oltre i termini di decadenza dell’azione impositiva -nel rigettare l’appello principale RAGIONE_SOCIALE società ha confermato la legittimità RAGIONE_SOCIALE riprese dell’ Iva afferente a fatture di vendita emesse , senza applicazione dell’imposta, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE sulla base di lettere di intento RAGIONE_SOCIALE cessionarie risultate false e dell’Iva indebitamente detratta in relazione a fatture ritenute soggettivamente inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE mentre, nel rigettare l’appello incidentale dell’Ufficio, ha confermato l’annullamento dei recuperi a tassazione dei costi black-list;
-resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE;
la società contribuente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 1, comma 132, RAGIONE_SOCIALE legge n. 208 del 2015, per avere la CTR – nel rigettare il motivo di appello principale RAGIONE_SOCIALE società relativo alla inapplicabilità del raddoppio del termine stante la mancata trasmissione, per il 2011, RAGIONE_SOCIALE notizia di reato prima RAGIONE_SOCIALE scadenza del termine ordinario di accertamento – ritenuto che gli Uffici procedenti avevano inoltrato la denuncia penale in data 21.12.2016, quando, per il 2011, non era ancora scaduto il termine quinquennale per la decadenza dall’accertamento (31.12.2016) sebbene, in violazione dell’art. 1, comma 132 RAGIONE_SOCIALE legge n. 208/2015, l’Amministrazione finanziaria ( in cui era ricompresa la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) non
avesse presentato, per il 2011, la denuncia penale entro la scadenza del termine ordinario di accertamento (ovvero entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione);
1.1. Il motivo è infondato;
1.2.L’art. 37, comma 24, d.l. n. 223 del 2006, integrando il terzo comma dell’art. 43, d.P.R. n. 600 del 1973, ha stabilito che in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione. L’art. 37, comma 25, del medesimo d.l. n. 223 del 2006, introduce analoga disposizione in materia di I.V.A., previa modifica dell’art. 57, d.P.R. n. 633 del 1972.
1.3.I termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’Iva, come modificati dall’art. 37, comma 24, del d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla L. 248 del 2006, nella versione applicabile ratione temporis , sono raddoppiati in presenza di ‘seri indizi di reato’ che facciano sorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale (indipendentemente dall’effettiva presentazione RAGIONE_SOCIALE stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo: Cass. 13 settembre 2018, n. 22337), anche con riferimento alle annualità d’imposta anteriori a quella pendente al momento dell’entrata in vigore (4 luglio 2006) del predetto decreto. Tanto deriva non dalla natura retroattiva RAGIONE_SOCIALE novella, ma, secondo la lettura di tali disposizioni data dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale n. 247 del 2011, dalla circostanza che, stabilendo il prolungamento dei termini non ancora scaduti alla data dell’entrata in vigore del detto decreto, essa incide necessariamente (protraendoli) sui termini di accertamento RAGIONE_SOCIALE violazioni che si assumono commesse prima di tale data, nel rispetto del principio cristallizzato dall’art. 11, comma 1, disp. prel. al c.c. (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27629; Cass. sez. 6-5, n. 33793 del 2019; Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2020, n. 21698).
1.4.Inoltre, in tema di accertamento tributario, i termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e dall’art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, come modificati dall’art. 37 del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in L. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamen to per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dall’art. 1, commi da 130 a 132, RAGIONE_SOCIALE I. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Cass. 14 maggio 2018, n. 11620; Cass. sez. 6-5, n. 33793 del 2019).
1.5. Infatti, secondo l’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015: «sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’RAGIONE_SOCIALE fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto. Sono, altresì, fatti salvi gli effetti degli inviti a comparire di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché dei processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell’articolo 24 RAGIONE_SOCIALE legge 7 gennaio 1929, n. 4 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015 ».
1.6.Dalla giurisprudenza citata si evince un favor del legislatore per il raddoppio dei termini in presenza di seri indizi di reato che facciano sorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale (indipendentemente dall’effettiva presentazione RAGIONE_SOCIALE stessa), in ossequio ai principi costituzionali di cu i all’art. 53 Cost. (capacità contributiva) e 112 Cost. (obbligo di esercitare l’azione penale e interesse RAGIONE_SOCIALE collettività al perseguimento dei reati) tutte le volte in cui tale raddoppio del termine non incida concretamente su diritti fondamentali del contribuente, quali il diritto di difesa (Cass., sez. V, n. 15922 del 2021; Cass., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 21698; Cass., Sez. V, 15 luglio 2020, n. 15001; Cass.,
Sez. VI-V, 19 dicembre 2019, n. 33793; Cass., 5 novembre 2019, n. 28356; Cass., Sez. VI, 14 maggio 2018, n. 11620; Cass., Sez. V, 16 dicembre 2016, n. 26037; da ultimo, Cass., sez. 5, n. 23662 del 2023).
1.7.Al riguardo, l’art. 2, comma 3, cit. va interpretato in maniera costituzionalmente orientata alla luce RAGIONE_SOCIALE suddetta ratio nonché alla luce di una interpretazione piana e lineare RAGIONE_SOCIALE norma, la quale consente – senza alcun distinguo quanto al momento in cui sia sorto l’obbligo RAGIONE_SOCIALE denuncia – il raddoppio del termine ove l’avviso di accertamento sia stato comunque notificat o entro la data di entrata in vigore del d.lgs. n. 128 del 2015 (ossia il 2 settembre 2015) ovvero le violazioni punibili siano state constatate in processi verbali notificati prima del 2 settembre 2015 e seguite dalla notifica di atti impositivi entro il 31 dicembre 2015.
1.8.Pertanto, il regime transitorio previsto dalla l. n. 208 cit. per i periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2016 – secondo cui il raddoppio dei termini di accertamento, quali stabiliti dal secondo periodo comma 132, opera, nel caso RAGIONE_SOCIALE indicate violazioni penali, solo a condizione che la denuncia penale sia presentata o trasmessa dall’Amministrazione Finanziaria entro il termine stabilito nel primo periodo del medesimo comma 132 (entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata) – riguarda solo le fattispecie non regolate dal precedente regime transitorio, cioè i casi in cui non sia stato notificato un atto impositivo (o di irrogazione di sanzioni) entro il 2 settembre 2015, in quanto, ai sensi dell’art. 3 comma 2, del d.lgs. n. 128 del 2015 sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili, con i quali l ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore di tale decreto (cfr. Cass., 14 maggio 2018, n. 11620; 16 dicembre 2016, n. 26037; 9 agosto 2016, n. 16728; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 23662 del 2023).
1.9.Nella sentenza impugnata la CTR, in applicazione dei suddetti principi, ha correttamente ritenuto applicabile il raddoppio dei termini con riguardo all’avviso di accertamento per l’anno 2011 (notificato in data 28 novembre 2018), avendo ritenuto -con un apprezzamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità-‘ documentalmente provato che gli Ufficiali procedenti (RAGIONE_SOCIALE) inoltrato la denuncia, in ambito del procedimento penale presso la Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica di RAGIONE_SOCIALE, in data 21.12.2016 e dunque quando non era ancora scaduto il termine quinquennale per la decadenza dell’accertamento (31.12.2016) relativo al 2011 ‘; ciò , in ossequio al regime transitorio di cui all’art. 1, comma 132, RAGIONE_SOCIALE legge n. 208 del 2015, secondo cui, per i periodi d ‘ imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2016, il raddoppio dei termini opera, nel caso RAGIONE_SOCIALE indicate violazioni penali (trattandosi nella specie dell’ipotesi di reato di cui all’art. 2 , del d.lgs. 74/2000 ‘ Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ‘, a carico di NOME COGNOME, legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE società contribuente, v. stralcio RAGIONE_SOCIALE relazione interlocutoria presentata dalla RAGIONE_SOCIALE.d.F. di RAGIONE_SOCIALE alla Procura RAGIONE_SOCIALE Repubblica, pag. 8 del controricorso), solo a condizione che la denuncia penale sia presentata o trasmessa dall ‘ Amministrazione Finanziaria- in cui è ricompresa la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE– entro il termine stabilito nel primo periodo del medesimo comma 132 ( ovvero ‘ nei casi di omessa presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata ‘ ).
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 633/1972 e 2697 c.c. per avere la CTR confermato la legittimità dei recuperi dell’Iva in relazione all’emissione di fatture, senza applicazione dell’imposta, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE sulla base di lettere di intento RAGIONE_SOCIALE cessionarie risultate false (in quanto non esportatori abituali) e dell’Iva indebitamente detratta in relazione a fatture asseritamente fittizie emesse da RAGIONE_SOCIALE ritenendo provata , in violazione del criterio di cui all’art. 2697 c.c., la mala fede RAGIONE_SOCIALE società contribuente sia con riguardo alle lettere di intento
rilasciate da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE (costituita per scissione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) che alla inesistenza soggettiva degli acquisti da RAGIONE_SOCIALE In particolare, ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente- premesso che la non imponibilità RAGIONE_SOCIALE cessioni all’esportazione fatte nei confronti di esportatori abituali, prevista dall’art. 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 633/1972, era subordinata, all’emissione di specifica dichiarazione di intento dell’esportatore con obbligo in capo al cedente di verificarne soltanto la conformità alle disposizioni di legge, rimanendo a carico dell’emittente la dichiarazione di ogni responsabilità derivante dalla sua falsità – il giudice di appello avrebbe valutato, ai fini RAGIONE_SOCIALE prova RAGIONE_SOCIALE consapevolezza da parte RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE falsità ideologica RAGIONE_SOCIALE lettere di intento, circostanze (il fatto che dal 2006 al 2010 RAGIONE_SOCIALE era stata l’unica fornitrice di prodotti in esenzione Iva in favore di RAGIONE_SOCIALE, l’evenienza che la cessionaria disponesse di due soli dipendenti; la contingenza che fosse intervenuta sentenza di condanna ex art. 444 c.p.p. a carico del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE; la scissione di RAGIONE_SOCIALE e la creazione di RAGIONE_SOCIALEmballo, operazione alla quale aveva partecipato NOME COGNOME, legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE contribuente, l’apertura di un ufficio da parte di RAGIONE_SOCIALE di un ufficio di rappresentanza presso la sede di RAGIONE_SOCIALE; intrecci soggettivi nella struttura sociale di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, vettore nelle consegne, il fatto che il sig. COGNOME, già dipendente RAGIONE_SOCIALE contribuente, era poi diventato socio di RAGIONE_SOCIALE e poi amministratore di RAGIONE_SOCIALE) prive di alcuna portata indiziaria avendo, peraltro, anche il legislatore – nel porre a carico dello stesso dichiarante l’obbligo di inviare telematicamente le lettere di intento all’RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 175/2014, ancorché nella specie non applicabile -maturato la consapevolezza RAGIONE_SOCIALE difficoltà da parte del cedente di esperire, in proprio, controlli sui dati contenuti nelle dichiarazioni medesime Ugualmente, ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente, il giudice di appello avrebbe ritenuto assolto l’onere probatorio a carico dell’Ufficio oltre che RAGIONE_SOCIALE inesistenza del fornitore anche RAGIONE_SOCIALE consapevolezza da parte RAGIONE_SOCIALE contribuente- cessionaria del carattere fraudolento RAGIONE_SOCIALE operazioni in base ad elementi irrilevanti (quali i lunghi e costanti rapporti economici tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; la presunta fattiva partecipazione RAGIONE_SOCIALE contribuente alla costituzione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, avente causa, per scissione, da RAGIONE_SOCIALE e divenuta debitrice di RAGIONE_SOCIALE per effetto di accollo di tale debenza) anche considerando che NOME COGNOME, legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE contribuente, era stato, in relazione agli anni di imposta 2008/2009, con sentenza penale del Tribunale di Siena del 16.2.2016, assolto (con la formula perché il fatto non sussisteva) dal reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74/2000 quanto all’assunta indicazione nelle dichiarazioni annuali di elementi passivi fittizi derivanti dall’utilizzo di fatture per operazioni asseritamente inesistenti. Inoltre, ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente, la società non avrebbe conseguito alcun effettivo vantaggio fiscale dalla partecipazione all’assunta frode fiscale, sia con riferimento alle operazioni di acquisto da RAGIONE_SOCIALE che a quelle di vendita in esenzione Iva nei confronti di nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE
2.1.Il motivo si profila complessivamente inammissibile.
2.2.Con riguardo al recupero Iva in relazione alle fatture emesse dalla contribuente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE relative a cessioni di beni asseritamente destinati all’esportazione, a seguito RAGIONE_SOCIALE rilevata falsità RAGIONE_SOCIALE lettere di intento rilasciate dalle concessionarie (per non essere esportatori abituali), questa Corte ha affermato che «in tema d’IVA, la non imponibilità RAGIONE_SOCIALE cessioni all ‘ esportazione effettuate nei confronti di esportatori abituali, prevista dall’art. 8, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 633 del 1972, non può essere subordinata alla sola formale specifica dichiarazione d ‘ intento dell’esportatore ove questa sia ideologicamente falsa, occorrendo in tale ipotesi che il contribuente cedente dimostri l ‘ assenza di un proprio coinvolgimento nell’attività fraudolenta, ossia di non essere stato a conoscenza dell’assenza RAGIONE_SOCIALE condizioni legali per l’applicazione del regime di non imponibilità o di non essersene potuto rendere conto pur avendo adottato tutte le ragionevoli misure in suo potere (Cass. n. 19896/2016)»; Si tratta di un principio ormai da tempo consolidato (oltre il precedente citato, cfr. Cass., 11 maggio 2012, n. 7389; 9 gennaio 2015, n. 176; 5 aprile 2019, n. 9586; 15 luglio 2020, n. 14979; Cass., sez. 5, n. 19981 del 2023), cui questo collegio intende dare continuità. E si tratta peraltro di principio del tutto coerente con quanto già chiarito dalla Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE Comunità europea, laddove, nello specifico, si afferma che «L’art.
28 quater, parte A, lett. a), primo comma, RAGIONE_SOCIALE sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/65, va interpretato nel senso che osta a che le autorità competenti dello Stato membro di cessione obblighino un fornitore, che ha agito in buona fede e ha presentato prove giustificanti prima facie il suo diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria di beni, ad assolvere successivamente l’IVA su tali beni, quando tali prove si rivelano essere false senza che risulti tuttavia provata la partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale, purché quest’ultimo abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine di assicurarsi che la cessione intracomunitaria effettuata non lo conducesse a partecipare ad una frode siffatta » (cfr. sentenza Teleos in C409/04); in particolare, la non imponibilità RAGIONE_SOCIALE cessioni di beni destinati all ‘ esportazione, subordinata alla dichiarazione scritta di responsabilità del cessionario sulla destinazione del bene fuori del territorio comunitario e al possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma, viene meno qualora si accerti che i beni non siano stati effettivamente esportati e che tale dichiarazione sia ideologicamente falsa; in questo caso l ‘ obbligo del cedente di assolvere successivamente l’ IVA su tali beni può essere escluso solo nella misura in cui risulti provato che egli abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere, al fine di assicurarsi che la cessione effettuata non lo conducesse a partecipare alla frode (Cass. 12751/2011; Cass. sez. 5, n. 9694 del 2018).
2.3. Il sistema – per conseguenza – non consente l’esercizio fraudolento del diritto di valersi del limite esecutivo correlato alla qualità di esportatore abituale qualora, anche in base a elementi presuntivi, emerga che il cedente disponesse di elementi tali da sospettare l’esistenza di irregolarità e da sollecitare il suo onere di diligenza (si veda, da ultimo, Cass. 5 aprile 2019, n. 9586, che fa leva sull’adozione di tutte le ragionevoli misure disponibili; v. anche, da ultimo, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15639 del 2023).
Con riguardo al recupero Iva indebitamente detratta in relazione alle fatture risultate soggettivamente inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE, sulla scia RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza unionale (Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C277/14), questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto: ‘In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad
operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione RAGIONE_SOCIALE qualità professionale ricoperta, RAGIONE_SOCIALE sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità RAGIONE_SOCIALE contabilità e dei pagamenti , né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi ‘ (Cass. Sez. 5, n. 9851 del 20/04/2018; Sez. 5, n. 27566 del 30/10/2018; Cass, sez. 5, 18 dicembre 2019, n. 33598; Cass. Sez. 5, Ord. n. 15369 del 20/07/2020; Cass. sez. 5, n. 22895 del 2020; Cass. n. 28562 del 2021); come chiarito da questa Corte (Cass., sez. 5, 20/04/2018, n. 9851), la prova che deve essere fornita dall’Amministrazione in caso di operazioni soggettivamente inesistenti si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale, ossia che il soggetto formale non è quello reale e che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione I.V.A. e, a tale ultimo fine, non è necessaria la prova RAGIONE_SOCIALE partecipazione all’evasione, ma è sufficiente e necessario che il contribuente avrebbe dovuto esserne consapevole; con riguardo a tale ultima circostanza, secondo il consolidato orientamento RAGIONE_SOCIALE Corte di Giustizia, deve essere soddisfatta l’esigenza di tutela RAGIONE_SOCIALE buona fede del soggetto passivo, il quale non può essere sanzionato, con il diniego del diritto di detrazione, se non sapeva o non avrebbe potuto sapere che l’operazione si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione facente parte RAGIONE_SOCIALE cessioni, precedente o successiva a quella da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’I.V.A. (Corte di Giustizia 6 luglio 2006, Kittel, C439/04 e C-
440/04; Corte di Giustizia 21 giugno 2012, NOME e NOME, C-80/11 e C142/11; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14).
2.4. C on riguardo al ‘tipo’ di prova incombente sull’Amministrazione si è precisato che essa può ritenersi raggiunta se quest’ultima fornisce attendibili indizi idonei ad integrare una presunzione semplice e, dunque, non occorre la prova “certa” e incontrovertibile di ogni operazione e dettaglio: l’Amministrazione può assolvere al suo onere probatorio anche mediante presunzioni, come prevede per l’I.V.A. il D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54, comma 2, e mediante elementi indiziari (Cass., sez. 5, 5/12/2014, n. 25778; Cass., sez. 5, 24/09/2014, n. 20059; Cass., sez. 6-5, 7/06/2017, n. 14237; Corte di Giustizia 6 luglio 2006, Kittel, C439/04 e C-440/14; Corte di Giustizia 21 giugno 2012, NOME e NOME, C-80/11 e C-142/11) che il contribuente al momento in cui ha acquistato il bene o il servizio sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente, con l’emissione RAGIONE_SOCIALE relativa fattura, aveva evaso l’imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei a “porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente” (Corte di Giustizia, 6 dicembre 2012, Bonik, C285/11; Corte di Giustizia, Ppuh, C 277/14, par. 50). L’onere dell’Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario deve dunque essere ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obbiettivi e specifici, che spetta alla Amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’I.V.A. e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE circostanze esistenti al momento RAGIONE_SOCIALE conclusione dell’affare (Cass. n. 9851 del 2018, cit .; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27566; Cass., sez. 5, n. 15369 del 2020). Pertanto, sebbene al destinatario non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali ed operativi anomali dell’operazione commerciale ovvero RAGIONE_SOCIALE scelte dallo stesso effettuate ovvero tali da evidenziare irregolarità ed ingenerare dubbi di una potenziale evasione, la cui rilevanza è tanto più significativa atteso il
carattere strutturale e professionale RAGIONE_SOCIALE presenza dell’imprenditore nel settore del mercato in cui opera e l’aspettativa, fisiologica ed ordinaria, che i rapporti commerciali con gli altri operatori siano proficui e suscettibili di reiterazione nel tempo (Cass., sez. 5, 2/12/2015, n. 24490). Ne consegue che la sussistenza di indizi, che consentano di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasioni nella sfera dell’emittente, deve indurre l’operatore avveduto ad assumere le opportune informazioni sul soggetto dal quale intenda acquistare beni o servizi (Cass., Sez. V, 4 luglio 2022, n. 21072; Cass., Sez. V, 2 dicembre 2021, n. 38012; Cass., Sez. V, 16 novembre 2021, n. 34531; Cass., Sez. VI, 3 giugno 2021, n. 15356; Cass., Sez. V, 3 marzo 2021, n. 5748; Cass., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 25779). Il contenuto RAGIONE_SOCIALE massima diligenza esigibile nei confronti di un accorto operatore, al fine di non essere parte di una frode IVA, si incentra sulle opportune informazioni circa l’effettiva esistenza del forni tore, da acquisirsi direttamente (in relazione alla struttura organizzativa dello stesso), sia indirettamente, attraverso l’esame RAGIONE_SOCIALE modalità con le quali si è estrinsecato il rapporto commerciale con l’emittente (Sez. 5, Ordinanza n. 28165 del 2022).
2.5.Va poi ricordato che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere RAGIONE_SOCIALE prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito RAGIONE_SOCIALE prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (ex multis , Cass. Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020; Cass. 23518 del 2018; Cass. n. 571 del 2017; n. 19064 del 2006, n. 15107 del 2013).
2.6.Il motivo di ricorso, pur prospettando una violazione degli artt. 8, comma 1 lett. c) del d.P.R. n. 633/1972 e 2697 c.c., in realtà tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, avendo la CTR – con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità -ritenuto provata ‘ la mala fede RAGIONE_SOCIALE contribuente sia avuto riguardo alle lettere di intento
rilasciate da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sia in relazione alla inesistenza soggettiva degli acquisti da RAGIONE_SOCIALE‘. In particolare, il giudice di appello, con un ragionamento logico-valutativo coerente con le regole di governo RAGIONE_SOCIALE prove presuntive, poste dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ. -qui peraltro neppure contestate-, ha desunto da una serie elementi presuntivi, complessivamente considerati, emersi in sede di indagine RAGIONE_SOCIALE G.d.F. (dal 2006 al 2010, la società contribuente era risultata l’unica fornitrice di prodotti in esenzione Iva in favore di RAGIONE_SOCIALE; la cessionaria disponeva di soli due dipendenti; era intervenuto procedimento penale a carico del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE conclusosi con sentenza di condanna ex art. 444 c.p.p.; un fittizio credito di imposta era scaturito nel 2010 in favore di RAGIONE_SOCIALE, in parte ceduto a RAGIONE_SOCIALE, creata dalla scissione RAGIONE_SOCIALE prima, operazione alla quale aveva partecipato fattivamente NOME COGNOME, legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE; nel dicembre del 2003, RAGIONE_SOCIALE aveva concesso in sublocazione a RAGIONE_SOCIALE un locale ubicato presso la sede legale RAGIONE_SOCIALE stessa RAGIONE_SOCIALE utilizzato come ufficio di rappresentanza RAGIONE_SOCIALE società contribuente; il sig. COGNOME NOME, già dipendente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE negli anni 2006/2009, era diventato socio di RAGIONE_SOCIALE nel 2011 nonché, su indicazione di COGNOME NOME, aveva assunto la qualifica di amministratore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; intrecci soggettivi emersi nelle compagine sociali di RAGIONE_SOCIALE, vettore nelle consegne tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; alcuni clienti di RAGIONE_SOCIALE avevano intrattenuto rapporti diretti con RAGIONE_SOCIALE o con il suo amministratore) il ruolo di ‘ effettivo gestore da parte di RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE società cessionarie RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e dunque ‘ la sicura consapevolezza RAGIONE_SOCIALE falsità RAGIONE_SOCIALE lettere di intento e RAGIONE_SOCIALE qualifica di esportatore abituale di queste ultime ‘; ugualmente, la CTR ha confermato la legittimità RAGIONE_SOCIALE riprese Iva afferenti alle fatture che si assumevano soggettivamente inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE ritenendo – con una valutazione in fatto non sindacabile in questa sede ed in ossequio alle regole di governo RAGIONE_SOCIALE prove presuntive, poste dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., peraltro neppure contestate assolto l’onere probatorio a carico
dell’Ufficio in ordine non solo alla fittizietà del fornitore, ma anche alla consapevolezza da parte RAGIONE_SOCIALE contribuente del meccanismo fraudatorio, in base ad elementi presuntivi, oggettivi e specifici, emersi in sede di p.v.c. ( ‘ la RAGIONE_SOCIALE vendeva la merce a RAGIONE_SOCIALE che i fornitori RAGIONE_SOCIALE prima consegnavano direttamente alla seconda’; ‘la RAGIONE_SOCIALE paga direttamente i fornitori di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘; ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE acquistava dai fornitori la merce senza Iva sulla base RAGIONE_SOCIALE lettera di intenti falsa e vendeva a RAGIONE_SOCIALE con l’Iva: l’Iva a debito per RAGIONE_SOCIALE veniva compensata con il credito Iva ceduto da RAGIONE_SOCIALE. Quindi RAGIONE_SOCIALE, ricevuta la merce dai fornitori di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pagava senza Iva a questi ultimi senza corrispondere alcunché a RAGIONE_SOCIALE. In tal modo, RAGIONE_SOCIALE detraeva l’Iva esposta in fattura ‘ ).
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 15.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1-quater D.P.R. n.115/2002, RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 29 maggio 2024