LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Operazioni inesistenti IVA: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22795/2025, ha chiarito i limiti alla detrazione dell’IVA in caso di operazioni inesistenti. Il caso riguardava una società energetica accusata di aver partecipato a un meccanismo circolare di compravendita di energia, con transazioni a saldo zero. Sebbene la Corte d’Appello avesse inizialmente dato ragione alla società, sostenendo l’assenza di danno per l’Erario, la Cassazione ha ribaltato la decisione. Ha stabilito che il diritto alla detrazione IVA presuppone l’effettività dell’operazione. Pertanto, per le operazioni inesistenti IVA, la detrazione non è ammessa, anche se non vi è una perdita di gettito immediata, a meno che non si dimostri la completa eliminazione del rischio di frode. La sentenza sottolinea l’errore del giudice di merito nell’analizzare gli indizi in modo isolato (‘atomistico’) anziché valutarli nel loro complesso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti IVA: la Cassazione nega la detrazione anche a saldo zero

La Corte di Cassazione, con una recente e significativa sentenza, ha affrontato il tema delle operazioni inesistenti IVA, stabilendo principi rigorosi in materia di detraibilità. La pronuncia chiarisce che il diritto a detrarre l’imposta non sussiste per transazioni fittizie, anche quando queste avvengono all’interno di schemi ‘circolari’ che non generano un debito IVA netto. Questa decisione rappresenta un monito fondamentale per tutte le imprese sulla necessità di garantire la reale sostanza economica delle proprie operazioni commerciali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una verifica fiscale condotta dall’Amministrazione Finanziaria nei confronti di un gruppo di società operanti nel mercato telematico dell’energia elettrica. Secondo l’accusa, queste aziende avevano posto in essere un meccanismo fraudolento basato su compravendite reciproche di energia. Le transazioni erano strutturate in modo tale che le quantità di energia e i corrispettivi si compensassero perfettamente, risultando in un saldo ‘zero’. Di conseguenza, l’IVA a debito e l’IVA a credito si annullavano a vicenda.

Una delle società coinvolte aveva impugnato l’avviso di accertamento che le negava il diritto alla detrazione dell’IVA su tali acquisti, ritenendoli oggettivamente inesistenti.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva accolto l’appello della società. I giudici d’appello avevano ritenuto che l’Amministrazione Finanziaria non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare la partecipazione dell’azienda al presunto schema fraudolento. Inoltre, la CTR aveva osservato che la società possedeva una sede operativa e dipendenti, e che le cosiddette operazioni ‘back-to-back’ sono prassi comune nel settore energetico. Fondamentalmente, la CTR aveva concluso che, non essendoci stato un danno economico per l’Erario (poiché l’IVA si era neutralizzata), non si potesse negare la detrazione.

Il Ricorso per Cassazione e le Operazioni Inesistenti IVA

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione della CTR su tre fronti principali. Il motivo centrale del ricorso riguardava la violazione delle norme sulla prova presuntiva e dei principi fondamentali in materia di IVA. L’Agenzia sosteneva che la CTR avesse commesso un grave errore metodologico, analizzando i singoli indizi in modo isolato (‘atomistico’) senza valutarli nel loro complesso, come invece richiede la legge per il ragionamento presuntivo. Un’analisi complessiva avrebbe, secondo l’Agenzia, dimostrato inequivocabilmente la natura fittizia e preordinata delle transazioni, giustificando il diniego della detrazione per operazioni inesistenti IVA.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Le motivazioni della Suprema Corte sono un’importante lezione sul diritto tributario.

Innanzitutto, la Corte ha ribadito un principio cardine del sistema IVA, derivante dal diritto europeo: il diritto alla detrazione è strettamente connesso all’effettiva realizzazione di un’operazione economica. Se un’operazione è fittizia, cioè esiste solo sulla carta (fatture) ma non nella realtà economica, non può generare alcun diritto alla detrazione.

La Corte ha poi affrontato il punto cruciale sollevato dalla CTR: l’assenza di un danno per l’Erario. Secondo i giudici supremi, il fatto che in uno schema circolare l’IVA a debito e a credito si compensino non è sufficiente a rendere legittima la detrazione. Il sistema IVA si fonda sulla neutralità, ma questa non può mai giustificare la frode. Un’operazione fittizia non dà diritto alla detrazione, punto. L’unico caso in cui si potrebbe discutere una deroga è quando il contribuente dimostra di aver agito in buona fede o di aver eliminato tempestivamente e completamente qualsiasi rischio di perdita di gettito fiscale, circostanze non provate nel caso di specie.

Infine, la Cassazione ha censurato duramente l’approccio ‘atomistico’ della CTR. I giudici di merito si erano limitati a considerare singole circostanze (la presenza di una sede, la normalità delle operazioni ‘back-to-back’) senza inserirle nel quadro indiziario complessivo presentato dall’Agenzia, che includeva la perfetta e sistematica corrispondenza tra acquisti e vendite, l’assenza di flussi finanziari reali e la riconducibilità delle società a un unico centro decisionale. Questo modo di procedere viola le regole del ragionamento presuntivo, che impone una valutazione globale, logica e coerente di tutti gli indizi.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Cassazione riafferma con forza che la sostanza economica prevale sulla forma. Per le imprese, il messaggio è chiaro: non è sufficiente che le fatture siano formalmente corrette. Le operazioni sottostanti devono essere reali, effettive e avere una loro logica economica. Qualsiasi schema artificioso, anche se architettato per non creare un debito IVA apparente, sarà considerato una frode e comporterà il disconoscimento della detrazione per operazioni inesistenti, con tutte le conseguenze sanzionatorie del caso. La lotta all’evasione e alle frodi IVA passa necessariamente attraverso un controllo rigoroso sulla realtà delle transazioni commerciali.

È possibile detrarre l’IVA per operazioni che, pur formalmente corrette, sono oggettivamente inesistenti?
No. La Corte di Cassazione, in linea con la giurisprudenza europea, ha stabilito che il diritto alla detrazione dell’IVA è subordinato all’effettiva esistenza dell’operazione economica. Un’operazione fittizia, anche se documentata da una fattura regolare, non può dare diritto ad alcuna detrazione.

Cosa significa che un giudice ha esaminato le prove in modo ‘atomistico’ e perché è un errore?
Significa che il giudice ha analizzato i singoli indizi o elementi di prova in modo isolato, senza considerarli nel loro insieme e nelle loro reciproche connessioni. È un errore perché viola le regole del ragionamento presuntivo, il quale richiede una valutazione complessiva e globale di tutti gli indizi per ricostruire il fatto nella sua interezza. Tale approccio parziale può portare a conclusioni errate, ignorando il quadro generale di una potenziale frode.

In una frode ‘circolare’ dove l’IVA pagata e incassata si compensa, il diritto alla detrazione è comunque negato?
Sì. La sentenza chiarisce che l’assenza di un danno immediato per l’Erario, dovuta alla compensazione tra IVA a debito e a credito, non rende legittima la detrazione. Il presupposto fondamentale per la detrazione è la realtà dell’operazione. Negare la detrazione per operazioni fittizie è necessario per preservare la neutralità e il corretto funzionamento del sistema IVA, anche in assenza di una perdita di gettito evidente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati