Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20763 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20763 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2238/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CURATELA FALLIMENTARE DELLA SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA -ROMAGNA n. 1067/2019 depositata il 30/05/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna ( hinc: CTR), con la sentenza n. 1067/2019 depositata in data 30/05/2019, ha accolto l’appello proposto dall’Azienda RAGIONE_SOCIALE (successivamente dichiarata fallita, hinc: RAGIONE_SOCIALE) contro l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2005 .
1.1. L’avviso di accertamento trae origine dell’attività investigativa relativa ai periodi d’imposta 2004 -2010, in relazione alle forniture di mosto da parte di aziende pugliesi. Erano state accertate, in particolare, violazioni fiscali conseguenti all’emissione e all’uso di operazioni inesistenti da parte di alcune imprese, tra le quali, con riferimento alle annualità 2004-2005, COGNOME NOME. Gli investigatori ritenevano che si trattasse di imprese prive di struttura operativa e organizzativa, cioè mere cartiere finalizzate unicamente all’operazione di fatture per operazioni inesistenti, al fine di consentire l’indebita deduzione di costi e un consistente credito IVA nei confronti dell’erario.
La CTR -rilevato che nel giudizio venivano in rilievo riprese a titolo di IRAP e di IRES -ha ritenuto che la questione dirimente fosse incentrata sulla distinzione tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, caratterizzate, nel primo caso, dall’inesistenza dell’operazione rappresentata nel documento fiscale e, nel secondo caso, da una prestazione reale, accompagnata da una
fatturazione tra soggetti diversi, riconducibile a una vendita in nero. Mentre nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti il costo è indeducibile sia ai fini IVA che per le imposte dirette, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, mentre l’IVA è sempre indetraibile, il costo è deducibile ai fini delle imposte dirette, come risulta dall’art. 14, comma 4 -bis, legge 24/12/1993, n. 537.
2.1. Nel caso in esame la CTR ha ritenuto che ricorresse un’ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti, facendo leva su quanto riportato a pag. 18 del verbale di contestazione, dove veniva affermato che tutti gli importi riconducibili alle fatture risultano pagati dalla società contribuente. Tale elemento è stato considerato dirimente per la qualificazione delle operazioni contestate dall’amministrazione finanziaria, considerata anche la mancanza di prova della restituzione degli importi pagati. Di conseguenza il costo è stato ritenuto deducibile ai soli fini IRES e IRAP.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi, dei quali i primi tre relativi alle operazioni intercorse con l’impresa NOME COGNOME e il quarto motivo in relazione ai rapporti intrattenuti dalla società contribuente con la RAGIONE_SOCIALE
La curatela del fallimento della società contribuente si è costituita con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Dato atto che i primi tre motivi di ricorso riguardano i rapporti con l’impresa NOME COGNOME c on il primo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 109 t.u.i.r., nonché dell’art. 8
d.l. n. 16 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 44 del 2012, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La parte ricorrente rileva come la CTR, pur dando atto dell’inesistenza sostanziale e della comprovata fittizietà delle imprese fornitrici, abbia posto, tuttavia, quale criterio dirimente dell’inesistenza soggettiva (e non oggettiva) il pagamento del prezzo, contrariamente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 05/08/2015, n. 16437 e Cass., 08/03/2019, n. 6865).
Con il secondo motivo è stata denunciata al violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. La parte ricorrente rileva come la difesa della società contribuente, sebbene incentrata sul carattere (solo) soggettivamente inesistente delle operazioni documentate nelle fatture, non abbia provato chi fosse l’effettivo fornitore dei quantitativi di mosto. Inoltre, la sentenza impugnata, inferendo dalla sostanziale inattività della società fornitrice la conclusione che quest’ultima si fosse prestata a emettere fatture, a ricevere il pagamento e a stornarlo all’effettivo cedente, ha operato un meccanismo deduttivo inappropriato.
In via preliminare, occorre dare atto dell’infondatezza delle eccezioni sollevate dalla curatela della società contribuente nel proprio controricorso, a partire da quella relativa all ‘improcedibilità del ricorso per la violazione dell’obbligo di allegazione ex art. 369 c.p.c. Ad avviso di parte controricorrente, infatti, pur essendo genericamente indicati i documenti e gli atti sui quali il ricorso si fonda, ne mancherebbe la specifica elencazione e materiale produzione, oltre che l’indicazione della loro collocazione. Tale eccezione, a ben vedere, pecca, a sua volta, di indeterminatezza e
specificità, mancando l’indicazione di quali sarebbero le argomentazioni contenute nei motivi di ricorso e i contenuti puntuali in cui quest’ultimo fa riferimento a documenti non prodotti.
Peraltro, questa Corte ha precisato che l’ omessa menzione, nel ricorso per cassazione, del deposito degli atti e dei documenti di cui all’art. 369, comma 1, n. 2 e 3, c.p.c. ovvero della avvenuta richiesta di trasmissione del fascicolo di ufficio non determina l’improcedibilità del ricorso stesso, potendo questa conseguire soltanto ad una deficienza di carattere sostanziale consistente nella effettiva mancanza degli atti indispensabili ai fini della decisione nell’incarto processuale e nell’indispensabilità del loro esame ai fini della decisione (Cass., 11/06/2021, n. 16605).
3.1. Allo stesso modo è da ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di specificità, in relazione alla mancata trascrizione degli atti difensivi e dei documenti richiamati dalla parte ricorrente. Ora, a parte il fatto che la controricorrente, nel proporre tale eccezione, non indica quali siano i documenti non trascritti o comunque richiamati, occorre precisare che, anche sotto tale profilo, l’omessa trascrizione della sentenza di primo grado (cui fa riferimento anche l’Avvoca tura dello Stato nella propria memoria ex art. 378 c.p.c.), a pag. 8 del ricorso in cassazione, non preclude la comprensione della vicenda processuale, né intacca la comprensione dei contenuti della sentenza emessa dalla CTR (autonomamente prodotta nel presente giudizio e, in ogni caso, trascritta nello stesso ricorso in cassazione (v. pag. 9 ss. di quest’ultimo).
3.2. Ciò premesso, il primo motivo e il secondo motivo devono essere esaminati insieme e sono fondati: nel caso di specie la CTR ha incentrato la propria motivazione sulla distinzione tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti (v. supra, in premessa
sub 2 e 2.1.) incentrando la conclusione che, nel caso di specie, ricorresse quest’ultima ipotesi, in relazione al solo elemento costituito dal pagamento del prezzo. Tuttavia, questa Corte ha affermato che, in tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., 18/10/2021, n. 28628; v. anche Cass., 19/04/2024, n. 9723). Il pagamento del prezzo non può, quindi, costituire elemento dirimente per escludere la totale inesistenza della stessa operazione documentata dalla fattura, proprio perché usato per creare una situazione di apparenza volta a celare l’assenza di ogni e qualsivoglia transazione commerciale tra le parti ed è funzionale alla perpetrazione della frode fiscale.
Del resto, questa Corte -in un precedente relativo alla medesima società contribuente – ha precisato che: « In tema di inesistenza delle operazioni commerciali, è orientamento giurisprudenziale consolidato, a cui va dato continuità, quello secondo cui «nel caso in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, ossia sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, e quindi, contesti anche l’indebita detrazione dell’I.V.A. e la deduzione dei costi, ha l’onere di provare che l’operazione fatturata non è mai stata effettuata, indicando, a tal fine, elementi anche indiziari (Cass. n. 20059 del 24/9/2014; n. 15741 del 19/9/2012; n. 27718 del 11/12/2013; n.
9363 del 8/5/2015; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C439/04; 21 febbraio 2006, C255/02; 21 giugno 2012, C. 80/11); a quel punto passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Tale ultima prova non può tuttavia consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili o vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. n. 17619 del 5/7/2018; n. 5406 del 18/3/2016; n. 18118 del 14/9/2016; n. 28683/15; n. 428 del 14/1/2015; n. 12802 del 10/6/2011; n. 15228 del 3/12/2001)» (Cass. n. 6865 del 2019). » (Cass., 14/04/2021, n. 22895).
In tale precedente questa Corte aveva, quindi, concluso che a tali principi non si fosse: « attenuta la CTR che, rilevata la «sostanziale inattività» della ditta cedente, ha affermato, peraltro senza fornire adeguata motivazione delle ragioni sottese al raggiunto convincimento e neppure degli elementi probatori che a ciò l’hanno indotta – così che quella si risolve in una motivazione meramente apparente (cfr. Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata) – che la ditta fornitrice si era «prestata ad emettere le fatture, a ricevere il pagamento e a stornarlo all’effettivo cedente», mentre invece, una volta accertata l’idoneità degli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria in ordine alla fittizietà della cedente e delle operazioni commerciali intercorse con la società contribuente, avrebbe dovuto pretendere da quest’ultima la prova rigorosa e piena dell’effettività di quelle operazioni, ancorché intercorse tra soggetti diversi e, quindi, eventualmente, con l’indicazione del reale contraente/fornitore, ai fini della loro qualificazione come soggettivamente inesistenti, che
comunque la CTR giammai poteva desumere, come invece erroneamente ha fatto, dall’intervenuto pagamento delle fatture.»
Con il terzo motivo di ricorso è stata denunciata la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
3.1. In via subordinata la ricorrente ha evidenziato che l’affermazione della CTR, nella parte in cui ha desunto dalla sostanziale inattività della ditta fornitrice che la stessa si sia prestata a emettere fatture, a ricevere il pagamento e a stornarlo all ‘effettivo cedente sia affetto da motivazione apparente, trattandosi di passaggio argomentativo privo di motivazione.
Il terzo motivo è infondato, in quanto la sentenza impugnata è stata motivata e la parte ricorrente sovrappone, in modo improprio, il vizio motivazionale con la mancata condivisione dei contenuti della motivazione della sentenza impugnata.
Con il quarto motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., quale vizio di omessa pronuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
5.1. La parte ricorrente espone di aver proposto appello incidentale contro la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva annullato il recupero fiscale relativo alle operazioni oggettivamente inesistenti intercorse con la RAGIONE_SOCIALE, trascrivendo tali censure a pag. 18 ss. del ricorso in cassazione.
5.2. Il motivo di ricorso è fondato: nel caso di specie la sentenza di seconde cure non risulta essersi affatto pronunciata sulle censure svolte dalla parte ricorrente in relazione ai rapporti intrattenuti con RAGIONE_SOCIALE La mancata considerazione delle censure svolte con l’appello incidentale diversamente da quanto ritenuto dalla controricorrente, secondo cui la CTR avrebbe fatto delle
considerazioni relative alla natura delle operazioni inesistenti, indipendentemente dalla controparte della società contribuente -emergono dalla stessa lettura della sentenza che non menziona affatto l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entra te. Si legge, infatti, a pag. 2: « Si costituisce l’agenzia con controdeduzioni con le quali contesta ogni singolo motivo d’appello e conclude chiedendo la conferma della decisione impugnata.» Non risulta, poi, alcuna menzione della RAGIONE_SOCIALE
Spetterà, quindi, al giudice del rinvio la disamina delle questioni non solo giuridiche, ma anche fattuali concernenti l’esatta ricostruzione dei rapporti commerciali della società contribuente con la RAGIONE_SOCIALE
Alla luce di quanto sin qui evidenziato devono essere accolti il primo e il secondo motivo di ricorso (nei termini di cui in motivazione) e il quarto motivo, mentre deve essere rigettato il terzo motivo.
6.1. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e il quarto motivo; rigetta il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 30/04/2025.