Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3180 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3180 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12567/2015 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE con il quale è elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. UMBRIA n. 680/2014 depositata il 12/11/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, esercente l’attività di agente di commercio per RAGIONE_SOCIALE, impugnava l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato in data 07/04/2009, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE Perugia accertava per l’anno 2007 un maggior reddito imponibile di €
24.147,00 a seguito del disconoscimento della deducibilità di alcuni costi.
L’impugnazione del contribuente riguardava esclusivamente l’importo della fattura, emessa da tale NOME COGNOME per “consulenze e progettazioni grafiche e telemarketing”, che l’RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto relativa ad operazioni oggettivamente inesistenti.
A tale riguardo deduceva che le prestazioni svolte dalla COGNOME erano effettive, avendo egli necessità di avvalersi di un collaboratore per fissare gli appuntamenti con i clienti e per preparare i bozzetti RAGIONE_SOCIALE inserzioni; deduceva inoltre plurimi profili di illegittimità dell’avviso sotto il profilo formale e procedimentale.
Le ragioni del contribuente non erano apprezzate nei gradi di merito.
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della CTR dell’Umbria indicata in epigrafe con otto motivi e l’Amministrazione resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente censura la «Contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza di gravame circa la circostanza della irreperibilità della signora COGNOME e la mancanza di una reale attività economica esercitata dalla stessa».
Con il secondo strumento di impugnazione lamenta la «Contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza di gravame in punto all’assolvimento dell’onere probatorio in capo al ricorrente, in particolare sulla circostanza dell’esistenza di una reale attività economica esercitata dalla RAGIONE_SOCIALE».
Con il terzo motivo il contribuente deduce la «Contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza di gravame circa l’illegittimità della ricostruzione indiretta di maggior reddito d’impresa fondata su indagini bancarie svolte su
conti correnti intestati a soggetti terzi la cui riferibilità in capo al ricorrente non è stata provata dall’ente impositore e ciò in spregio all’art. 32 d.p.r. n. 600/73».
Con il quarto motivo si denuncia la «Insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza di gravame circa la nullità dell’avviso di accertamento per mancata attivazione del contraddittorio preventivo ex art. 32 c. 1 n. 2 del DPR n. 600/73».
Con il quinto strumento di impugnazione il ricorrente lamenta la «Insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza di gravame circa la nullità dell’avviso di accertamento per falsa applicazione dell’art. 2727 cod. civ.»
Con il sesto motivo di ricorso il contribuente censura la «Insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza di gravame circa il mancato riconoscimento dei costi nella minore misura del 25% in violazione dell’art. 53 Cost.»
Lamenta il ricorrente che la CTR avrebbe reso una motivazione insufficiente in ordine al mancato accoglimento del riconoscimento dei costi in misura del 25%, in quanto mancherebbe la prova dell’oggettiva inesistenza dei costi, mentre gli stessi dovrebbero almeno essere in parte riconosciuti anche in considerazione del principio di capacità contributiva. Afferma a tale riguardo che «risulta infondata la pretesa dei verificatori di non tenere in considerazione i costi, oggettivamente esistenti, sostenuti per generare i ricavi recuperati a tassazione pretendendo di applicare la maggiore imposta sui ricavi lordi, in violazione dell’art. 53 Cost. e dell’art. 109 co. 4 del DPR n. 917/86.»
Con il settimo motivo, rubricato «Sulla riforma dell’art. 360 n. 5 cpc – Legittimità e fondatezza, nel caso de quo, del vizio di motivazione nella fattispecie dell’insufficienza» il ricorrente, ad esito di un protratto excursus di natura teorico -sistematica, censura la sentenza impugnata «per l’insufficienza redazionale
della sua motivazione circa un fatto controverso oggetto di discussione, che, ad avviso di questa difesa, si riduce alla mancata valutazione del Giudice del Gravame circa l’apporto probatorio fornito dal contribuente».
Con l’ottavo ed ultimo strumento di impugnazione, il ricorrente lamenta la «Violazione di legge in riferimento all’art. 132 comma 2 n. 4 e 118 RAGIONE_SOCIALE norme transitorie in tema di adeguata motivazione».
I primi tre motivi di ricorso sono da trattare unitariamente, in quanto con essi risulta denunciato, pur in assenza di riferimento numerico nella rubrica, l’omesso esame di specifiche circostanze in parte comuni ai tre mezzi, tutti dunque da ricondurre al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., come peraltro espressamente confermato dal ricorrente nel contesto del ricorso.
9.1. I motivi sono inammissibili, operando il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, espressamente eccepito dalla controricorrente e applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 13.03.2014, non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse ( ex multis , Cass. n. 266860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018).
9.2. I motivi risultano comunque affetti da un ulteriore profilo di inammissibilità.
Il ricorrente, infatti, sembra dolersi più della scelta argomentativa adottata dai giudici d’appello a sostegno della loro decisione che non del mancato esame RAGIONE_SOCIALE specifiche circostanze che vengono indicate.
La doglianza è infatti dedotta in termini di ‘carente motivazione’, ovvero di una forma di censura non più consentita alla luce dell’insegnamento reso da questa Corte a Sezioni Unite (si veda la sentenza n. 8053/2014, ove è affermato che il sindacato di cui all’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., deve oggi ritenersi circoscritto al cd. ‘minimo costituzionale’, limitato ai casi di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione).
Tale fattispecie non trova riscontro nella motivazione della sentenza impugnata.
La CTR ha, in primo luogo, dato conto degli elementi indiziari dai quali l’Ufficio ha desunto l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, rilevando i) che «COGNOME NOME è risultata irreperibile all’indirizzo indicato in fattura, né aveva altre sedi o uffici; non è risultato possibile esaminare le sue scritture contabili in quanto il professionista che risultava formalmente depositario RAGIONE_SOCIALE stesse ha dichiarato che la COGNOME aveva ritirato tutto la documentazione dopo la presentazione della dichiarazioni dei redditi 2007»; ii) che «COGNOME NOME nella sua dichiarazioni dei redditi 2007 ha neutralizzato i ricavi con costi per servizi di ristorazione, mentre non ha sostenuto nessun costo per servizi di telefonia»; iii) che « COGNOME NOME ha emesso fatture analoghe a quelle oggetto di contestazione nei confronti di numerosi altri contribuenti», iv) che le «indagini bancarie effettuate nei confronti della COGNOME NOME hanno permesso di verificare che la stessa ritirava regolarmente in contanti le somme che riceveva in pagamento tramite bonifici o assegni; v) che «COGNOME NOME a saldo della fattura di € 20.760,00= + Iva ha effettuato un pagamento di soli € 7.712,00=, somma peraltro subito ritirata in contanti dalla RAGIONE_SOCIALE».
A fronte di tali circostanze, che i giudici di appello hanno ritenuto costruire «un sistema di presunzioni gravi, precise e concordanti circa l’inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate», la Commissione regionale ha rilevato come «il contribuente – che in base ai principi generali dell’ordinamento ed alle pronunce della Corte di Cassazione in materia resta onerato della prova dell’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate – ha opposto solo RAGIONE_SOCIALE deduzioni generiche e sfornite di prova; ha affermato infatti di avere necessità di avvalersi dell’opera di una collaboratrice vista la mole di contatti che deve prendere in relazione al suo lavoro, ma da un lato non ha provato in alcun modo la realizzazione di bozzetti da parte della COGNOME, mentre dall’altro lato non ha superato la contestazione che la COGNOME non può avere svolto attività di marketing telefonico senza sostenere spese di telefonia di nessun tipo», osservando che la documentazione prodotta dal COGNOME in corso di giudizio è irrilevante ai fini probatori e ciò anche con riferimento alla dichiarazione resa dalla COGNOME in un procedimento penale nella quale la stessa è imputata, in cui afferma di avere effettivamente svolto le prestazioni indicate nella fattura e di avere avuto un effettivo recapito presso l’indirizzo risultante dalle fatture stesse; tale dichiarazione infatti, sulla cui attendibilità farà le sue valutazioni il giudice penale, è palesemente volta a provare circostanze favorevoli alla stessa imputata».
Con particolare riguardo alla statuizione di ritenuta irrilevanza della ulteriore documentazione prodotta dal contribuente (segnatamente, come dedotto nel motivo, un tabulato clienti inteso a corroborare la tesi della necessità di un ausilio di segreteria e generici facsimili di bozzetti pubblicitari), va rammentato che il giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte
le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., Sez., 1, 2/8/2016, n. 16056), e che la valutazione del compendio probatorio è preclusa a questa Corte, essendo riservata al giudice di merito al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass., 13/01/2020, n. 331; Cass.,04/08/2017, n. 19547; Cass., 04/11/2013, n. 24679; Cass., 16/12/2011, n. 27197; Cass., 07/02/2004 n. 2357).
9.4. Per quanto attiene al profilo di violazione di legge che parrebbe trasparire dal terzo motivo di ricorso, va infine osservato che, come già chiaramente argomentato dai giudici di appello, non si pone una questione di violazione dell’art. 32 DPR n. 600/1973, in quanto l’Ufficio non ha proceduto alla ricostruzione indiretta del reddito fondata sul meccanismo presuntivo previsto da tale disposizione, ma ha tratto dalle risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie svolte nei confronti della sig.ra COGNOME (e segnatamente gli anomali movimenti in contanti) ulteriori elementi presuntivi a comprova della inesistenza del costo.
10. Il quarto motivo è inammissibile per le ragioni già esposte in merito ai primi tre strumenti di impugnazione, essendo anche tale doglianza dedotta in termini di ‘carente motivazione’.
10.1. E’ comunque infondato, con riguardo alla contestazione di mancata attivazione del contraddittorio preventivo.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali,
l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito».
Dunque «non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. a tavolino» (Cass. S.U. n. 24823/2015).
Nel caso di specie non vi era alcun obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, in quanto risulta circostanza pacifica che la verifica non si è svolta presso i locali del contribuente (Cass. S.U. n. 24823/2015). Al riguardo, non può, d’altro canto, trascurarsi di riflettere ulteriormente sul fatto che Cass. SU n. 18184/13, nel definire il principio di diritto affermato (in merito alla nullità, pur non espressamente comminata, dell’atto impositivo emanato senza il rispetto del termine dilatorio di cui all’articolo 12, comma 7, l. n. 212/2000), ha, non a caso, espressamente correlato la decorrenza del termine dilatorio, destinato all’espletamento del contraddittorio, al momento del rilascio della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni.
11. Il quinto motivo è inammissibile per le ragioni già esposte in merito ai primi tre strumenti di impugnazione, essendo anche tale doglianza dedotta in termini di ‘carente motivazione’.
11.1. Il motivo è comunque infondato laddove intende censurare la falsa applicazione dell’art. 2727 cod. civ.
11.2. Come affermato da questa Corte (ex plurimis Cass. n. 20748 del 1/08/2019; Cass. n. 23860 del 29/10/2020; Cass. n. 27982 del 07/12/2020), la censura alla corretta applicazione, da parte del giudice a quo, dell’art. 2727 cod. civ., è infondata, laddove essa si sostanzia nella denuncia del contrasto della decisione impugnata con un principio, il cosiddetto «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena», la cui sussistenza nell’ordinamento è stata esclusa da questa Corte, secondo cui: « a) il principio praesumptum de praesumpto non admittitur (o «divieto di doppie presunzioni» o «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena»), spesso tralaticiamente menzionato in varie sentenze, è inesistente, perché non è riconducibile né agli evocati artt. 2729 e 2697 cod. civ. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento: come è stato più volte e da tempo sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purché “gravi, precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., può legittimamente costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea -in quanto, a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento del fatto ignoto (Cass. n. 18915, n. 17166, n. 17165, n. 17164, n. 1289, n. 983 del 2015)».
E’ stato in particolare evidenziato che ‘In tema di presunzioni, la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna RAGIONE_SOCIALE quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto “noto” attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto “ignorato”, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel divieto di doppie presunzioni. (Cass. n. 27982 del 07/12/2020).
11.3. Inoltre, nel caso di specie, la censura attinge esclusivamente l’elemento presuntivo tratto dai prelievi in contanti operati dalla sig.ra COGNOME in corrispondenza dei bonifici, che costituisce uno solo dei molteplici elementi che concorrono alla
argomentata e razionale ricostruzione del fatto posta in essere dai giudici di merito, in questa sede di legittimità non più censurabile.
Va rammentato che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di operazioni oggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva (Cass., Sez. V, 18 ottobre 2021, n. n. 28628), ricorrendo alla prova che l’emittente è una «cartiera» o una «società fantasma», ciò essendo gravemente indiziario della oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spettando poi al contribuente provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni sottostanti; né tale onere può ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., Sez. V, 5 luglio 2018, n. 17619; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27554; Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30937; Cass., Sez. V, 15 febbraio 2022, n. 4826; Cass., Sez. VI, 22 marzo 2022, n. 9304; Cass., Sez. V, 12 aprile 2022, n. 11737).
Parimenti va ribadito il principio -relativo alla valutazione dei fatti noti addotti dall’Ufficio (gli elementi indiziari) – secondo cui spetta al giudice del merito apprezzare l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, i quali vanno valutati sia analiticamente (assegnando un adeguato peso ponderale a ciascun elemento), sia sinteticamente nella loro globalità, valutando se la combinazione di tali elementi sia in grado di fornire una valida prova presuntiva (Cass., Sez. V, 17 settembre 2020, n. 26802; Cass., Sez. V, 17 settembre 2020, n. 19353; Cass., Sez. V, 31 maggio 2019, n. 14980; Cass., Sez. VI, 23 giugno 2017, n. 15777; Cass., Sez. VI, 2 marzo 2017, n. 5374; Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16719). complessivo degli elementi addotti si nutre, pertanto, della
valutazione dei singoli indizi -ove rilevanti (gravi e precisi) e concordanti rispetto all’oggetto della prova – al fine di cogliere il quadro complessivo che fonda la prova logica del fatto ignoto (Cass., Sez. V, 12 luglio 2022, nn. 22018 e 22003).
12. Il sesto motivo, anch’esso inammissibile poiché dedotto in termini di ‘carente motivazione’, non coglie comunque nel segno laddove lamenta il mancato riconoscimento dei costi scaturenti dai maggiori ricavi contestati.
Nella specie non sono state infatti contestate operazioni soggettivamente inesistenti, e l’accertamento non è stato quindi posto in essere mediante riconduzione a tassazione di maggiori ricavi omessi, a fronte dei quali potevano essere riconosciuti, a date condizioni, i costi sostenuti per la loro produzione e ad essi inerenti.
Sono stati al contrario disconosciuti alcuni costi contabilizzati, alla cui oggettiva inesistenza consegue la loro indeducibilità.
13. Il settimo motivo è inammissibile, in quanto con esso si lamenta, in via generica e per il tramite di ampie digressioni dottrinali del tutto inconferenti rispetto alle specifiche statuizioni della sentenza impugnata, la «insufficienza redazionale della sua motivazione circa un fatto controverso oggetto di discussione, che, ad avviso di questa difesa, si riduce alla mancata valutazione del Giudice del Gravame circa l’apporto probatorio fornito dal contribuente».
Difetta qualsivoglia critica riferibile ai rigidi requisiti per la sussistenza del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e, comunque, per quanto già esposto, opera il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348 -ter, comma 5, cod. proc. civ.
14. Parimenti inammissibile è l’ottavo ed ultimo motivo di ricorso, mediante il quale la medesima censura proposta con il precedente strumento di impugnazione viene declinata, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. in relazione
al diverso profilo di nullità della sentenza per carenza di motivazione.
A prescindere da ogni ulteriore valutazione, il motivo difetta di qualsivoglia specificità laddove il ricorrente denuncia genericamente la sentenza gravata per «la evidente laconicità del contenuto sia per ragioni di fatto che per le quantomai inesistenti ragioni di diritto» e afferma che il giudice di appello «avrebbe dovuto soffermarsi più analiticamente sul materiale probatorio depositato dal contribuente nel giudizio di primo e secondo grado, di mole abbastanza considerevole e tale da spingere il giudicante ad un maggior approfondimento dei fatti di causa».
15. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11/01/2024.