Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7600 Anno 2024
Tributi:
Iva 2007
Operazioni oggettivamente inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7600 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 12410 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo st udio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 1857/02/2015, depositata in data 11 novembre 2015, non notificata.
RILEVATO CHE
1. L’ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Calabria, aveva accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 440/03/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza di rigetto del ricorso della suddetta società avverso avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, aveva ripreso a tassazione, per l’anno 2007, costi indebitamente detratti ai fini Iva, in relazione a quattordici fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE afferenti a prestazioni (di costruzione di un opificio industriale artigianale sito nel Comune di Zumpano, località Macchia di Menna e di canalizzazione interrata per posa linee telefoniche presso il cantiere sito nel Comune di Zumpano, località Macchia di Menna) ritenute oggettivamente inesistenti. Ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, l’Uffic io aveva rettificato i costi della produzione e il valore RAGIONE_SOCIALE rimanenze, dichiarati dalla società RAGIONE_SOCIALE diminuendoli dell’importo di euro 2.850.000,00 pari al totale imponibile RAGIONE_SOCIALE fatture per operazioni inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE
2.In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha ritenuto prodotta, già dal primo grado di giudizio, ad opera della contribuente documentazione (perizia giurata a firma dell’AVV_NOTAIO, copia del contratto di appalto, perizia giurata del AVV_NOTAIO NOME COGNOME con fotografie dell’opificio realizzato, copia del contratto di locazione con Almaviva, copia del provvedimento del Gip di RAGIONE_SOCIALE, copia della certificazione catastale e copia del certificato di agibilità) comprovante la reale esistenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni di cui alle quattordici fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE In particolare, a fronte RAGIONE_SOCIALE n. 14 fatture ritenute relative a prestazioni inesistenti per una base imponibile di euro 2.850.000,00, la contribuente aveva documentalmente dimostrato sin dal primo
grado l’avvenuta costruzione di un opificio di circa mq. 4200,00 il cui valore , per come evidenziato nella prodotta perizia, era stato valutato da un perito della Banca Antonveneta in euro 2.678.800,00 e da un perito del Monte dei Paschi di Siena in euro 3.450.000,00. Da qui la prova dell’effettività della costruzione di un opificio il cui valore era pari alla base imponibile RAGIONE_SOCIALE fatture ritenute false. Peraltro, tale circostanza era avvalorata dalla sentenza del 21.6.2012 del GUP del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME, legale rappresentante della società contribuente in relazione al delitto di cui all’art. 416 c.p. perché il fatto non sussisteva.
6.Resiste con controricorso la società contribuente, illustrato con successiva memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546/92 e 132 c.p.c. per avere la CTR ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento con una motivazione apparente facendo una mera elencazione dei documenti prodotti in primo grado dalla società contribuente, alcuni dei quali già esaminati dai verificatori, senza fare alcun riferimento agli elementi decisivi riscontrati nella detta documentazione dai quali era stata desunta la prova dell’effettività RAGIONE_SOCIALE operazioni descritte nelle contestate fatt ure.
1.1.Il motivo è infondato.
1.2.Per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata .La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze
che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi ” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017 conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; cass. n. 29124/2021). Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo una sufficiente esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni sottese all’accoglimento dell’appello, ancorché l’illustrazione RAGIONE_SOCIALE argomentazioni giustificative della decisione (al di là della loro fondatezza) risulti stringata e concisa. Difatti, la CTR ha motivato l’accoglimento dell’appello sul rilievo – implicante un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità dell’avvenuta produzione, ad opera della contribuente, sin dal primo grado, di documentazione (perizia giurata a firma dell’AVV_NOTAIO, copia del contratto di appalto, perizia giurata del AVV_NOTAIO con fotografie dell’opificio realizzato, copia del contratto di locazione con Almaviva, copia del provvedimento del Gip di RAGIONE_SOCIALE, copia della certificazione catastale e copia del certificato di agibilità) comprovante l’effettiva esecuzione RAGIONE_SOCIALE prestazioni (di costruzione di un opificio
industriale artigianale sito nel Comune di Zumpano e di canalizzazione interrata per posa linee telefoniche) oggetto RAGIONE_SOCIALE quattordici contestate fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE In particolare, ad avviso del giudice di appello, a fronte RAGIONE_SOCIALE quattordici fatture ritenute relative a prestazioni oggettivamente inesistenti per una base imponibile di euro 2.850.000,00, la contribuente aveva documentalmente dimostrato sin dal primo grado l’avvenuta costruzione di un opificio di circa mq. 4.200,00 il cui valore, per come evidenziato nella prodotta perizia, era stato valutato da un perito della Banca Antonveneta in euro 2.678.800,00 e da un perito del Monte dei Paschi di Siena in euro 3.450.000,00. Da qui la prova dell’effettività della costruzione di un opificio il cui valore era pari alla base imponibile RAGIONE_SOCIALE fatture ritenute false. Peraltro, tale circostanza era avvalorata dalla sentenza del 21.6.2012 del GUP del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME, legale rappresentante della società contribuente in relazione al delitto di cui all’art. 416 c.p. perché il fatto non sussisteva. Le considerazioni svolte dal giudice di appello nella motivazione della sentenza, sono, pertanto, tali da disvelare quali siano gli elementi probatori esaminati e conducenti all’affermato assolvimento da parte della contribuente dell’onere probatorio a contrario circa l’effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni fatturate per cui la motivazione attinge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 2 ( rectius : 1) lett. d), 41 del d.P.R. n. 600 del 1973, 109 del d.P.R. n. 917/86, 21, comma 7 e 54, comma 2, del d.P.R. n. 633/72, 2697 e 2729 c.c. per avere la CTR -a fronte della contestazione dell’Amministrazione dell’utilizzo da parte della società contribuente di n. 14 fatture afferenti ad operazioni inesistenti emesse, nel 2007, da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nell’ambito di un emerso più ampio sistema di c.d. imprese cartiere tra loro organizzate per simulare una rete di rapporti commerciali in gran parte inesistenti – ritenuto fornita dalla contribuente la prova della effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni fatturate tramite documentazione formale, ancorché, ad avviso della ricorrente, in tema di accertamento per operazioni oggettivamente inesistenti l’Amministr azione potesse liberamente superare le
risultanze documentali contrapponendo ad esse circostanze ed elementi di fatto comprovanti la fittizietà di tali operazioni con conseguente nuovo spostamento dell’onere probatorio circa l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE stesse a carico del contribuente, il quale non poteva limitarsi ad opporre la documentazione formale.
2.1.Il motivo è infondato.
2.2.Con specifico riferimento all’ipotesi, di cui alla presente controversia, in cui l’amministrazione finanziaria contesti l’inesistenza oggettiva di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, questa Corte ha espresso il consolidato orientamento secondo cui la stessa ha l’onere di provare che l’operazione commerciale documentata dalla fattura non è stata in realtà mai posta in essere, indicando gli elementi presuntivi o indiziari sui quali fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, strumenti che vengono di solito adoperati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia. Più in particolare, la dimostrazione a carico dell’amministrazione finanziaria è raggiunta qualora siano forniti validi elementi che, alla stregua dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, e dell’art. art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, possono anche assumere la consistenza di attendibili indizi, per affermare che le fatture sono state emesse per operazioni fittizie, ovvero che dimostrino in modo certo e diretto la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza RAGIONE_SOCIALE indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione. Infatti, nell’ordinamento tributario, gli elementi indiziari, ove rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza, danno luogo a presunzioni semplici le quali, proprio a mente degli univoci precetti dettati dalle sopra indicate previsioni normative, sono idonee, di per sé sole considerate, a fondare il convincimento del giudice. Assolto, in tal guisa, l’onere della prova incombente sull’amministrazione finanziaria, grava poi sul contribuente la dimostrazione dell’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia
sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’amministrazione finanziaria, estrinsecando in motivazione i risultati del proprio giudizio; solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, a tanto onerato dall’art. 2697, comma secondo, cod. civ. (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628). In particolare, in tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass., 18 ottobre 2021, n. 28628, in motivazione, citata; Cass., 5 luglio 2018, n. 17619). Infine, con specifico riferimento alla prova della consapevolezza di partecipare ad una frode, questa Corte ha più volte precisato che, in tema d’Iva, l’amministrazione finanziaria, che contesti al contribuente l’indebita detrazione relativamente ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo (Cass., 10 novembre 2020, n. 25113; Cass. n. 6032 del 2023). 2.3.Va, altresì, ricordato che in materia di deducibilità dei costi d’impresa, la derivazione dei costi da una attività che è espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse da quelle proprie dell’attività dell’impresa, come nel caso (quale quello di specie) di operazioni oggettivamente inesistenti, comporta il venir meno dell’indefettibile requisito dell’inerenza tra i costi medesimi e l’attività imprenditoriale, inerenza che è onere del contribuente provare, al pari
dell’effettiva sussistenza e del preciso ammontare dei costi medesimi (arg. da Cass., Sez. 5, 19.12.2019, n. 33915; Cass. sez. 5, n. 4279 del 2023; Sez. 5, Ord. n. 27162 del 2023).
2.4.Nella specie, la CTR, attenendosi ai suddetti principi e senza violare i criteri distributivi dell’onere della prova -a fronte della contestazione dell’Ufficio della oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni (di costruzione di un opificio industriale artigianale sito nel Comune di Zumpano e di canalizzazione interrata per posa linee telefoniche) oggetto di quattordici fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE– ha ritenuto – con una valutazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità assolto, ad opera della contribuente, l ‘onere probatorio a contrario avendo quest’ultim a comprovato mediante la documentazione (perizia giurata a firma dell’AVV_NOTAIO, copia del contratto di appalto, perizia giurata del AVV_NOTAIO con fotografie dell’opificio realizzato, copia del contratto di locazione con Almaviva, copia del provvedimento del Gip di RAGIONE_SOCIALE, copia della certificazione catastale e copia del certificato di agibilità) prodotta sin dal primo grado la reale esistenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni indicate nelle fatture e, in particolare, alla luce della prodotta perizia, anche la corrispondenza del valore dell’opificio realizzato di mq 4 .200,00 con quello della base imponibile RAGIONE_SOCIALE fatture ritenute false (‘ la contribuente, a fronte RAGIONE_SOCIALE n. 14 fatture ritenute relative a prestazioni inesistenti per una base imponibile di euro 2.850.000,00, aveva documentalmente dimostrato in primo grado l’avvenuta costruzione di un opificio di circa mq. 4200,00 il cui valore, per come evidenziato nella prodotta perizia, era stato valutato da un perito della Banca Antonveneta in euro 2.678.800,00 e da un perito del Monte dei Paschi di Siena in euro 3.450.000,00 ‘).
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 20 del d.lgs. n.74/2000 e 654 e 479 c.p.p. per avere la CTR esteso automaticamente al processo tributario l’efficacia della sentenza penale di non luogo a procedere ( perché ‘il fatto non sussiste va ‘ ) emessa nei confronti del legale rappresentante della società contribuente sebbene nel processo tributario la sentenza penale per gli stessi fatti non
spiegasse automaticamente efficacia di giudicato, potendo invece essere presa in considerazione dal giudice tributario come possibile fonte di prova.
3.1.Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi .
3.2. E’ utile rammentare che “Nel processo tributario, l’efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione del legale rappresentante della società contribuente per insussistenza del reato di esposizione di elementi passivi fittizi mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, non opera automaticamente per i fatti relativi alla correlata azione di accertamento fiscale nei confronti della società, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto di quella testimoniale ex art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a fondare una pronuncia penale di condanna. Pertanto, stante l’evidenziata autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta RAGIONE_SOCIALE parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19786 del 27/09/2011; Cass. n. 30941 del 2019); invero, nella specie, la CTR lungi dall’avere esteso automaticamente al processo tributario l’efficacia della sentenza penale del GUP del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 21.6.2012 (peraltro neanche asseritamente passata in giudicato) di non luogo a procedere (perché ‘il fatto non sussisteva’) emessa nei confronti del legale rappresentante della società contribuente, ha fatto riferimento a tale pronuncia in via meramente rafforzativa (‘ infine si aggiunge e la circostanza avvalora quanto sopra riscontrato da questa Commissione ‘) RAGIONE_SOCIALE conclusioni già raggiunte circa l’assolvimento da parte della contribuente dell’onere della prova a contrario sull’effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni fatturate.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 13.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2024