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Operazioni inesistenti: come difendersi dall’Agenzia

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di una società a responsabilità limitata e del suo socio contro un avviso di accertamento per operazioni inesistenti. I ricorrenti sostenevano la litispendenza, dato che un precedente accertamento era stato annullato in autotutela. La Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che l’emissione di un nuovo avviso di accertamento non genera litispendenza. Inoltre, ha ribadito che in caso di contestazione di operazioni inesistenti, l’onere di provare l’effettività delle transazioni commerciali ricade sul contribuente, che non può limitarsi a produrre la sola documentazione contabile.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni Inesistenti: la Cassazione chiarisce onere della prova e litispendenza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso complesso riguardante una Srl con ristretta base partecipativa, accusata di aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti su due aspetti cruciali del contenzioso tributario: la nozione di litispendenza a seguito di annullamento in autotutela e, soprattutto, l’onere della prova a carico del contribuente.

I Fatti di Causa: dall’accertamento al ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine nel 2012, quando l’Agenzia delle Entrate notifica a una società di costruzioni e al suo socio unico due avvisi di accertamento relativi all’anno 2007. L’accusa è di aver partecipato a operazioni commerciali oggettivamente inesistenti, con conseguente recupero di imposte dirette e indirette. La società e il socio impugnano gli atti, ma nel corso del giudizio l’Amministrazione Finanziaria annulla in autotutela i suddetti avvisi, portando all’estinzione del processo.

Successivamente, l’Ufficio emette nuovi avvisi di accertamento per lo stesso anno d’imposta, sempre basati sul presunto utilizzo di fatture per operazioni fittizie. I contribuenti propongono nuovamente ricorso, sostenendo, tra le altre cose, la litispendenza con il precedente giudizio e l’infondatezza delle accuse. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale respingono le loro tesi, sebbene la seconda riconosca la deducibilità di alcuni costi. La questione giunge così all’esame della Corte di Cassazione.

La Questione della Litispendenza: un motivo di ricorso respinto

Uno dei principali argomenti dei ricorrenti era che il secondo giudizio non potesse avere luogo perché identico a quello precedente, estintosi per l’annullamento in autotutela degli atti. La Cassazione ha respinto con fermezza questa tesi. La Corte ha spiegato che non può esservi litispendenza perché i due giudizi avevano ad oggetto atti impositivi diversi e autonomi. L’annullamento dei primi avvisi e l’emissione dei secondi ha dato vita a una controversia completamente nuova, con un petitum (l’oggetto della domanda) del tutto differente. Di conseguenza, il primo motivo di ricorso è stato giudicato infondato.

Operazioni Inesistenti e Onere della Prova: l’analisi della Corte

Il cuore della controversia riguarda la prova delle operazioni inesistenti. I contribuenti lamentavano che l’Agenzia delle Entrate non avesse fornito prove sufficienti per giustificare un accertamento induttivo, basato su presunzioni. La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato in materia: una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce un quadro indiziario grave, preciso e concordante sull’inesistenza delle operazioni (come in questo caso, dove i fornitori mostravano evidenti incapacità operative e gestioni contabili lacunose), l’onere della prova si sposta sul contribuente.

È il contribuente, quindi, che deve dimostrare l’effettiva esistenza e realtà economica delle transazioni. La sola documentazione contabile, come le fatture, non è sufficiente. Nel caso specifico, i ricorrenti non sono riusciti a fornire prove concrete, come contratti dettagliati, registri di cantiere, o prove della reale capacità dei fornitori, per contrastare efficacemente le presunzioni dell’Ufficio. Anche le dichiarazioni del legale rappresentante, che parlava di costi “gonfiati” ma non inesistenti, sono state ritenute insufficienti e anzi, controproducenti, perché minavano l’attendibilità della contabilità aziendale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha rigettato il ricorso basandosi su una logica chiara. In primo luogo, ha negato la litispendenza perché gli atti impugnati nei due giudizi erano diversi. In secondo luogo, ha confermato la correttezza della decisione della Commissione Tributaria Regionale riguardo all’onere della prova. La CTR aveva correttamente ritenuto, anche sulla base di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), che gran parte delle operazioni contestate fossero oggettivamente inesistenti. I ricorrenti non hanno fornito prove adeguate per dimostrare il contrario, limitandosi a petizioni di principio e a contestazioni generiche. La Corte ha sottolineato che la documentazione contabile da sola è insufficiente e che le dichiarazioni del legale rappresentante, ammettendo un’alterazione dei corrispettivi, legittimavano ulteriormente il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’Agenzia.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza rafforza alcuni principi fondamentali per le imprese che si trovano ad affrontare contestazioni fiscali. Innanzitutto, l’annullamento in autotutela di un atto impositivo non preclude all’Amministrazione Finanziaria di emetterne uno nuovo, dando vita a un contenzioso distinto. In secondo luogo, e più importante, in un contenzioso su operazioni inesistenti, il contribuente ha un ruolo attivo e non può limitarsi a contestare le prove dell’accusa. Deve fornire documentazione robusta e completa (contratti, stati di avanzamento lavori, prove di pagamento tracciabili, documentazione sulla solidità dei partner commerciali) che dimostri, al di là di ogni dubbio, la realtà e l’effettività delle operazioni economiche contestate. La sola contabilità non basta per vincere la battaglia contro il Fisco.

Se l’Agenzia delle Entrate annulla un avviso di accertamento e ne emette uno nuovo, si crea litispendenza con il giudizio sul primo avviso?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’impugnazione di avvisi di accertamento diversi e autonomi, anche se relativi alla stessa annualità d’imposta, non crea litispendenza, in quanto si tratta di un petitum (oggetto della domanda) del tutto differente.

In caso di accertamento per operazioni inesistenti, su chi ricade l’onere della prova?
L’onere della prova ricade sul contribuente. Una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sull’inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente dimostrare con prove concrete e documentali che le operazioni sono state realmente effettuate.

La sola documentazione contabile è sufficiente a provare l’esistenza di un’operazione commerciale contestata?
No. Secondo la Corte, la mera documentazione contabile (es. fatture) non è sufficiente. Il contribuente deve fornire prove ulteriori che attestino l’effettiva esecuzione dell’operazione, come contratti, registri di cantiere, prove dei pagamenti e documentazione che dimostri la capacità operativa dei fornitori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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