Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15952 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15952 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 14/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4816/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo STUDIO TRIBUTARIO RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA SEZ.ST. BRESCIA n. 1520/23/20 depositata il 08/07/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udita la requisitoria del P.G., in persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Sentito l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1520/23/20 del 08/07/2020, la Commissione tributaria regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 2958/14/17 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2010.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento traeva origine da un processo verbale di constatazione (di seguito PVC) «della Polizia Tributaria di Roma a seguito delle indagini svolte nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di altre società operanti nel settore del commercio all’ingrosso di energia elettrica (con il quale si ipotizza/suggeri/afferma che una serie di fatture di vendita emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di numerose altre società, seguite in tempi brevissimi dal riacquisto delle medesime quantità di energia, sottenda in realtà una catena di reciproca fatturazione per operazioni inesistenti)» e conduceva al recupero di IVA illegittimamente detratta per euro 2.700.006,00, oltre alle correlate sanzioni.
1.2. La CTR respingeva l’appello di AE evidenziando che: a) «l’indagine penale nei confronti degli amministratori di RAGIONE_SOCIALE (…) non fatto sostanziali passi in avanti, né cercato di utilizzare i mezzi pervasivi a disposizione del Pubblico ministero, e si arenata su un decreto di archiviazione (nel quale il gip afferma comunque la sua opinione circa la ‘effettività’ delle
operazioni reciprocamente fatturate, di cui esclude dunque positivamente la contestata ‘inesistenza’…) e questo avvenuto senza che l’Amministrazione finanziaria a fronte della rassegnata richiesta conclusiva del Pubblico Ministero – anche solo provato ad abbozzare una qualche forma di opposizione»; b) vi era un contenzioso vastissimo relativo a numerose società, che si era risolto per lo più favorevolmente alle società contribuenti, nel corso del quale era stata esclusa la tesi fiscale dell’inesistenza delle operazioni; c) ne derivava che, sebbene formalmente tale contenzioso non obbligava alla medesima soluzione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE era «tuttavia giocoforza concludere che non nemmeno accettabile pervenire a statuizioni diverse a fronte della identica (ed anzi ‘medesima’) situazione»; d) si era, infatti, «formata e consolidata una communis opinio giurisprudenziale in ordine alla ‘non inesistenza’ delle operazioni reciprocamente fatturate tra RAGIONE_SOCIALE e le società interlocutrici, come rilevate dalla polizia tributaria»; e) le operazioni intervenute tra RAGIONE_SOCIALE e la società contribuente non erano, dunque, inesistenti, con conseguente assorbimento di ogni ulteriore questione.
Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle entrate (di seguito AE) proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di AE è affidato a quattro motivi, di seguito riassunti.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR reso: i) motivazione apparente, non essendosi confrontata con le argomentazioni dedotte dalle parti in ordine alle compravendite ‘circolari’ realizzate tra Green Network e
RAGIONE_SOCIALE (nella prospettazione di AE «l’energia apparentemente venduta dal primo cedente veniva infine retrocessa a quest’ultimo, e che tali compravendite per ciascuna delle società coinvolte avvenivano sempre ‘alla pari’, nel senso che l’energia acquistata, e i corrispettivi pagati per tali acquisti, sistematicamente corrispondevano all’energia venduta e ai corrispettivi incassati per tali vendite, con un sistematico saldo ‘zero’, che escludeva qualsiasi profitto o intento speculativo», mentre per la società contribuente una simile tipologia di operazioni sarebbe normale nel mercato dell’energia), risolvendo la questione controversa con il semplice riferimento ad una communis opinio giurisprudenziale priva di base normativa; ii) motivazione contradditoria o perplessa, per avere definito le operazioni intercorse tra RAGIONE_SOCIALE talora come inesistenti e talaltra come «evanescenti» e per avere fatto riferimento a sentenze di contenuto opposto, senza spiegare a quale orientamento intendesse aderire e per quali ragioni.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 654 cod. proc. pen., dell’art. 2909 cod. civ., dell’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. e dell’art. 4, § 3, del TFUE, per avere la CTR fatto riferimento all’autorità di alcune sentenze non passate in giudicato, rese tra parti diverse o aventi riferimento a diversi anni d’imposta e, comunque, non aventi efficacia vincolante nel giudizio tributario (decreto di archiviazione in sede penale).
1.3. Con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., dell’art. 19, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), degli artt.
63, 168, 203 e 273 della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (direttiva IVA) e dell’art. 8, comma 2, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella l. 26 aprile 2012, n. 44, per avere il giudice di appello erroneamente escluso che le operazioni intercorse tra RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE siano oggettivamente inesistenti, a dispetto degli elementi indiziari forniti dall’Ufficio, in alcun modo considerati.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 19, primo comma, del decreto IVA e degli artt. 63, 168, 203 e 273 della direttiva IVA, per avere la CTR erroneamente ritenuto che operazioni inesistenti possano comunque condurre alla detrazione dell’IVA.
Va preliminarmente evidenziato che la CTR ha emesso altre sentenze motivate in modo del tutto analogo a quella oggetto della presente controversia, sentenze già oggetto del sindacato di legittimità di questa Corte (cfr. Cass. n. 25890 del 05/09/2023, emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE; Cass. nn. 26374 e 26382 del 12/09/2023, emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE), sicché nella soluzione della presente controversia si può senz’altro ripercorrere, mutatis mutandis , il percorso motivazionale delle menzionate sentenze. Ciò tenuto conto anche del fatto che la soluzione adottata ha trovato ulteriore conferma nella successiva giurisprudenza (cfr. Cass. nn. 29255, 29274, 29276 e 29278 del 20/10/2023).
Il primo motivo, con il quale si denuncia motivazione apparente ovvero contraddittoria della sentenza impugnata, è infondato.
3.1. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento
giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero -e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; Cass. S.U. n. 16599 del 05/08/2016).
3.1.1. Determina, infine, una violazione di legge costituzionalmente rilevante anche la motivazione contraddittoria, nella misura in cui esprima un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, mentre deve escludersi la possibilità di sindacare in sede di legittimità la semplice motivazione insufficiente (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014).
3.2. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata attinge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. avendo il giudice di appello ritenuto illegittimi gli avvisi di accertamento in quanto essenzialmente:
il procedimento penale a carico degli amministratori di RAGIONE_SOCIALE si è concluso con un decreto di archiviazione (nel quale il GIP ha affermato comunque la sua opinione circa la effettività delle operazioni reciprocamente fatturate, di cui ha escluso pertanto positivamente la contestata ‘inesistenza’) senza che l’Amministrazione si sia opposta;
ii) ad eccezione della sentenza n. 4211/2019 emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE dalla CTR, a favore dell’Ufficio, i contenziosi tributari relativi a RAGIONE_SOCIALE e alle società «corrispondenti», per i medesimi fatti, si sono conclusi con una «assoluta omogeneità» di pronunce favorevoli alle contribuenti, sul presupposto della «impossibilità di definire le operazioni intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e le varie società corrispondenti come operazioni inesistenti»;
iii) da qui la considerazione che, sebbene «il giudizio formatosi su RAGIONE_SOCIALE non obbliga, in senso formale, alla medesima soluzione nei confronti delle società interlocutrici, è tuttavia giocoforza concludere che non è nemmeno accettabile pervenire a statuizioni diverse a fronte della identica (ed anzi ‘medesima’) situazione»;
iv) al riguardo, ad avviso della CTR, si è formata e consolidata una communis opinio giurisprudenziale in ordine alla ‘non inesistenza’ delle operazioni reciprocamente fatturate tra RAGIONE_SOCIALE e le società interlocutrici, come rilevate dalla polizia tributaria, il che fa venire meno il presupposto della pretesa tributaria costituito dalla assunta ‘inesistenza’ delle operazioni reciprocamente fatturate.
3.3. Non è dato ravvisare neppure una ‘insanabile contraddittorietà’ tra le diverse statuizioni della motivazione della sentenza impugnata atteso che il riferimento all’aggettivo ‘evanescenti’ relativamente alle operazioni in questione è effettuato dal giudice di appello come inciso finale – peraltro in forma dubitativa -(«forse l’aggettivo ‘evanescenti’ potrebbe rendere meglio l’idea raggiunta da chi scrive ma è chiaro che si tratta di altra cosa rispetto a quella fiscalmente sanzionata»), senza intaccare la considerazione circa l’avvenuto consolidamento di una communis opinio giurisprudenziale in ordine alla ‘non inesistenza’ delle operazioni reciprocamente fatturate tra RAGIONE_SOCIALE e le società interlocutrici
e, dunque, in ordine al venire meno del presupposto impositivo costituito dalla ‘inesistenza’ delle operazioni reciprocamente fatturate.
Il secondo, il terzo e il quarto motivo possono essere unitariamente considerati, per ragioni di connessione. Il secondo e il terzo motivo sono fondati nei termini di seguito indicati, mentre il quarto motivo resta assorbito.
4.1. La sentenza impugnata ha ritenuto illegittima la pretesa impositiva sostanzialmente in quanto 1) l’indagine penale nei confronti degli amministratori della fatturante RAGIONE_SOCIALE si è «arenata su un decreto di archiviazione»; 2) si è formata e consolidata una communis opinio giurisprudenziale in ordine alla ‘non inesistenza’ delle operazioni reciprocamente fatturate tra RAGIONE_SOCIALE e le società interlocutrici.
4.2. Peraltro, il provvedimento di archiviazione pronunciato in sede penale ex art. 408 cod. proc. pen. non rientra tra i provvedimenti dotati di autorità di cosa giudicata nel processo tributario, giusta il disposto dell’art. 654 cod. proc. pen., dell’art. 12 del d.l. 10 luglio 1982, n. 429, conv. nella l. 10 agosto 1982, n. 516 e, in ultimo, dell’art. 21 bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, introdotto dall’art. 1 del d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87. Detto provvedimento, pertanto, non impedisce che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice tributario, poiché, a differenza della sentenza pronunciata all’esito del dibattimento, detto decreto ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo ad alcuna preclusione (Cass. n. 7202 del 10/03/2023; Cass. n. 16649 del 04/08/2020; Cass. n. 8999 del 18/04/2014; da ultimo, con riferimento all’art. 21 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, si veda anche Cass. n. 3800 del 14/02/2025). Il precedente reso in sede penale, quindi, non è in grado né di condizionare, né di
limitare il ragionamento presuntivo che il giudice tributario avrebbe dovuto svolgere, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ.
4.3. Sotto diverso profilo, va ricordato che solo con riferimento all’interpretazione di norme processuali gli stabili approdi interpretativi della S.C., eventualmente a Sezioni Unite, assumono il valore di communis opinio tra gli operatori del diritto, se connotati dai caratteri di costanza e ripetizione (Cass. S.U. n. 4135 del 12/02/2019). Pertanto, il giudice di appello, nel ritenere superabile il quadro indiziario emerso dal PVC della Guardia di finanza in ordine ad un meccanismo di vendite fittizie di energia elettrica effettuate in modo circolare tra gli stessi operatori, in base all’assunto consolidamento di una communis opinio giurisprudenziale circa la ‘non inesistenza’ delle operazioni reciprocamente fatturate tra RAGIONE_SOCIALE ed altre società, stante la «assoluta omogeneità di risposte favorevoli alle contribuenti» (vengono richiamate a sostegno sostanzialmente della tesi della contribuente in ordine alla qualificazione delle operazioni in questione come transazioni effettive di trading cd. back to back , la sentenza n. 4478/2019 -rectius n. 4468/2019 -della CTR della Lombardia e, genericamente, altre sentenze della CTR del Lazio pronunciate nei confronti di RAGIONE_SOCIALE è incorso in un vizio del ragionamento presuntivo, trascurando di valutare, nel loro complesso (Cass. n. 3703 del 09/03/2012; Cass. n. 5787 del 13/03/2014; Cass. n. 16825 del 07/08/2020), alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia nella sentenza dell’8 maggio 2019, causa C -712/17, gli elementi fattuali addotti dall’Uff icio a sostegno della ripresa tributaria (operazioni di compravendita di energia elettrica intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, come emerge dalla contabilità di quest’ultima e come confermato dal Gestore dei Mercati Energetici; transazioni reciproche di acquisto e di vendita, nelle stesse date o in
date vicine, sempre perfettamente corrispondenti sia nella quantità di energia che nei corrispettivi sicché il saldo è sistematicamente pari a zero; mancata consegna effettiva del bene e, dunque, assenza di circolazione fisica dei quantitativi di energia fatturati; mancanza nella sede di Energy Europe, corrispondente a quella di svariate altre società, di uffici, personale, apparati informatici riconducibili alla società contribuente).
4.4. Né, peraltro, la condivisione da parte della CTR delle conclusioni -in termini di «impossibilità di definire le operazioni intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e le varie società corrispondenti come operazioni inesistenti» -contenute nei citati precedenti favorevoli alle contribuenti (sentenza n. 4478/2019 rectius n. 4468/2019 -della CTR della Lombardia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e genericamente altre sentenze della CTR del Lazio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE) viene effettuata in considerazione del passaggio in giudicato di questi ultimi e di una efficacia riflessa degli stessi nei confronti di soggetti rimasti estranei a quei procedimenti (il che per giurisprudenza di questa Corte sarebbe stato, comunque, ammesso entro limiti molto ristretti: si veda, ex plurimis , Cass. 28651 del 18/10/2021), essendosi il giudice di appello limitato ad affermare che «pur nella consapevolezza che il giudizio formatosi su RAGIONE_SOCIALE non obbliga -in senso formale -alla medesima soluzione nei confronti delle società interlocutrici, (…) non è nemmeno accettabile pervenire a statuizioni diverse a fronte della identica (e anzi medesima) situazione».
5. In conclusione, vanno accolti il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il quarto; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa
composizione, per nuovo esame e per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025.