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Operazioni inesistenti: Cassazione su IVA e sanzioni

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13947/2024, ha rigettato il ricorso di una società in fallimento contro un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Il caso riguarda delle operazioni inesistenti, nello specifico una compravendita immobiliare seguita da locazione, ritenuta fittizia e finalizzata a ottenere vantaggi fiscali illeciti. La Corte ha confermato l’indetraibilità dell’IVA per il cessionario e la legittimità delle sanzioni, ribadendo che l’Amministrazione finanziaria può basarsi su presunzioni gravi, precise e concordanti per provare la fittizietà dell’operazione. Una volta fornita tale prova, spetta al contribuente dimostrare la propria buona fede e l’assenza di colpevolezza.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Operazioni inesistenti: la Cassazione conferma l’indetraibilità dell’IVA e le sanzioni

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 13947 del 20 maggio 2024, è tornata a pronunciarsi sul tema delle operazioni inesistenti, un argomento di cruciale importanza nel diritto tributario. La decisione chiarisce i confini dell’onere della prova a carico dell’Amministrazione Finanziaria e le gravi conseguenze per il contribuente che partecipa a tali schemi, tra cui l’impossibilità di detrarre l’IVA e l’applicazione di pesanti sanzioni. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I fatti di causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a una società a responsabilità limitata, successivamente posta in liquidazione e fallita. L’Agenzia delle Entrate contestava un’operazione immobiliare relativa all’anno d’imposta 2007, considerandola oggettivamente inesistente. Nello specifico, la società aveva acquistato un immobile per poi concederlo in locazione allo stesso venditore.

Secondo l’Amministrazione Finanziaria, l’intera architettura contrattuale era fittizia e costruita al solo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali, in particolare la detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto. La Commissione Tributaria Provinciale aveva inizialmente accolto il ricorso della società, ma la Commissione Tributaria Regionale, in appello, aveva ribaltato la decisione, dando ragione all’Agenzia delle Entrate.

La società contribuente ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la violazione delle norme sull’onere della prova e un’errata valutazione dei fatti da parte dei giudici di merito.

La decisione della Corte di Cassazione e le operazioni inesistenti

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la sentenza d’appello e stabilendo principi chiari in materia di operazioni inesistenti.

L’onere della prova a carico dell’Amministrazione Finanziaria

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava il presunto mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del Fisco. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: l’Amministrazione Finanziaria può dimostrare l’esistenza di operazioni fittizie anche attraverso presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

Nel caso di specie, gli elementi indiziari raccolti erano stati ritenuti sufficienti: la sostanziale fittizietà della società acquirente (priva di una reale struttura operativa), la volontà del venditore (fortemente indebitato) di sottrarre il bene dal proprio patrimonio senza perderne la disponibilità, e l’azione legale intrapresa dalla banca finanziatrice per far dichiarare la simulazione del negozio. Secondo la Corte, l’insieme di questi indizi costituiva una prova presuntiva solida e coerente dell’inesistenza dell’operazione.

Indetraibilità dell’IVA e sanzioni

Una volta accertata la natura fittizia dell’operazione, la Corte ha tratto le dovute conseguenze in termini di IVA e sanzioni.

Indetraibilità dell’IVA: Viene confermato che il cessionario (l’acquirente) non può mai detrarre l’IVA relativa a fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. Questo principio non viola la neutralità dell’IVA, poiché tale meccanismo si applica unicamente alle operazioni economiche effettive. L’emissione di una fattura per un’operazione fittizia crea un’obbligazione di versamento dell’imposta per chi la emette, ma non genera alcun diritto alla detrazione per chi la riceve.

Legittimità delle sanzioni: La Corte ha respinto anche le doglianze relative alle sanzioni. I giudici hanno sottolineato che, in tema di sanzioni amministrative tributarie, la colpevolezza del contribuente è presunta. Spetta a quest’ultimo fornire la prova della propria assenza di colpa, dimostrando di aver agito in buona fede e con la dovuta diligenza, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La motivazione della sentenza impugnata, pur sintetica, è stata ritenuta sufficiente a giustificare l’applicazione delle sanzioni nella misura del cento per cento dell’imposta evasa.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sul principio che la valutazione degli elementi probatori, inclusi quelli presuntivi, rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito, il cui giudizio è insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è logicamente e congruamente motivato. La Commissione Tributaria Regionale aveva correttamente valorizzato una serie di indizi che, considerati nel loro insieme, rendevano palese la natura simulata dell’operazione immobiliare. La Corte ha ritenuto che il sistema fiscale non può essere piegato a scopi fraudolenti e che il diritto alla detrazione dell’IVA sorge solo in connessione a transazioni reali e non meramente cartolari. La presunzione di colpevolezza in materia di sanzioni è un corollario necessario per garantire l’efficacia del sistema repressivo, ponendo a carico del contribuente l’onere di dimostrare la propria estraneità all’illecito.

le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per le imprese. Le operazioni commerciali devono sempre fondarsi su una reale sostanza economica e non possono essere costruite artificiosamente per ottenere vantaggi fiscali. L’Amministrazione Finanziaria dispone di ampi poteri per smascherare le operazioni inesistenti basandosi su prove presuntive, e una volta che il quadro indiziario è solido, le conseguenze per il contribuente sono severe: recupero dell’imposta, negazione della detrazione IVA e applicazione di pesanti sanzioni. La buona fede non può essere semplicemente dichiarata, ma deve essere rigorosamente provata dal contribuente stesso.

Chi deve provare che un’operazione è inesistente ai fini fiscali?
L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di fornire elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti che dimostrino la fittizietà dell’operazione. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare la realtà dell’operazione o la sua buona fede.

È possibile detrarre l’IVA su una fattura per un’operazione oggettivamente inesistente?
No. La sentenza ribadisce che il cessionario (chi riceve la fattura) non può mai procedere alla detrazione dell’IVA relativa a un’operazione che non è mai avvenuta nella realtà.

In caso di operazioni inesistenti, le sanzioni sono sempre applicate?
Sì, a meno che il contribuente non riesca a superare la presunzione di colpevolezza. Deve dimostrare attivamente l’assenza di dolo o colpa, provando la propria buona fede e l’inevitabilità di un eventuale errore, cosa che va distinta dalla semplice prova che l’operazione è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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