Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3055 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Iva 2011 Relatore: COGNOME NOME
Operazioni in nero
Operazioni oggettivamente
inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 1175 del ruolo generale dell’anno 202 2, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore (PEC) EMAIL
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 4503/21/2021, depositata in data 24 maggio 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 7344/05/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. d ella Guardia di Finanza di Ottaviano, aveva contestato, per il 2011, un maggior reddito di impresa ai fini Iva, derivante da operazioni ‘in nero’ e dall’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. In particolare, l’accertamento era basato su due rilievi: 1) il riscontro, a seguito di controlli incrociati effettuati su alcuni clienti e fornitori, di una discrasia contabile essendo emersa la registrazione di alcune forniture, nella contabilità dei fornitori, come regolarmente pagate e in quella della contribuente come ancora da saldare con conseguente presunzione dell’utilizzo del saldo debitorio artificiosamente per mascherare pagamenti avvenuti con provviste derivanti da vendite in nero; 2) l’utilizzo di fatture di acquisto afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti.
2.Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
3.E’ stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, in considerazione del rilievo di manifesta infondatezza del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
La società ricorrente ha chiesto la decisione ed è stata quindi disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 380 bis e 380 bis.1 c.p.c.
5.La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c. per avere la CTR ritenuto pienamente probanti dei contestati maggiori ricavi non dichiarati elementi costituiti da mere ipotesi formulate dalla G.d.F. (‘ i verificatori hanno ipotizzato… ‘) e riprese dalla Amministrazione, omettendo di porre a fondamento della propria decisione circostanze incontestate costituite dai pagamenti dei fornitori a mezzo banca (tali da invalidare la contestazione dell’Ufficio secondo cui i pagamenti sarebbero avvenuti con provviste in nero) e operando una illegittima inversione dell’onere della prova in capo alla contribuente in relazione a circostanze incontestate non necessitanti di ulteriore prova.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.: 1) la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/92 avendo la CTR rigettato l’appello della contribuente con una motivazione apparente senza esplicitare le ragioni giuridiche sottese alla decisione; 2) per violazione dell’art. 112 c.p.c. omettendo l a CTR di pronunciarsi, con riguardo al rilievo relativo alle operazioni ‘in nero’, sul valore concludente dei pagamenti a mezzo banca nonché sul secondo rilievo avente ad oggetto le operazioni inesistenti e, in particolare, circa il rapporto tra il fratturato e il sostenimento dei costi di acquisto.
Il secondo motivo -da trattare logicamente in via prioritaria- è infondato sotto entrambi i profili denunciati.
2.2. Va premesso, in punto di fatto che, come si evince dalla sentenza impugnata, la ripresa di maggiori ricavi non contabilizzati operata dall’Ufficio sulla base delle risultanze delle indagini della Guardia di finanza, si fondava su due rilievi: 1) l’util izzo da parte della contribuente di consistenti disponibilità economiche scaturenti da vendite di beni ‘in nero’, impiegate, a loro volta, per operare acquisti in nero; 2) l’utilizzo di fatture afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti.
2.3. Quanto al dedotto vizio di motivazione apparente, premesso che si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021)- nella specie, il giudice di appello -con una motivazione articolata con riferimento a specifiche circostanze di fatto e senza trascurare le circostanze dedotte dalla contribuente -nel confermare la decisione di primo grado, ha osservato che: 1) con riguardo alla contestata gestione ‘in nero’ di disponibilità finanziarie alimentate da vendite di beni in evasione di imposta utilizzate per acquisti ugualmente non documentati, dai controlli incrociati di tre fornitori (ditte individuali COGNOME NOME, COGNOME Pasquale e RAGIONE_SOCIALE) era emerso che, mentre nella contabilità di questi ultimi le fatture risultavano pagate, in quella della contribuente risultavano non saldate ‘ facendo apparire il saldo dei predetti conti a fine esercizio non corrispondente al vero e che l’importo predetto, artificiosamente mantenuto tra i debiti, corrisposto al fornitore da disponibilità finanziarie costituite dalla verificata da cessioni di beni in evasione di imposta nell’anno 2011 ‘ ; a fronte di tale contestazione, la società
contribuente aveva opposto giustificazioni ‘ generiche e prive di riscontri probatori ‘ ; 2) con riguardo al rilievo dell’utilizzo di fatture afferenti ad operazioni inesistenti, a fronte della produzione da parte dell’Ufficio di ‘ indizi gravi, precisi e concordanti idonei a sostenere la presunzione di inesistenza oggettiva delle operazioni oggetto di valutazione ‘ -concretanti, avendo il giudice di appello confermato la decisione di primo grado (‘la decisione della CTP di Napoli appariva correttamente motivata’) , nei mancati pagamenti delle forniture, nel disconoscimento delle fatture da parte delle ditte fornitrici, nella inadempienza degli obblighi contabili da parte delle aziende fornitrici (v. pag 4 della sentenza impugnata) -la contribuente non aveva assolto all’onere di fornir e prova contraria ‘ considerata la totale assenza di documentazione contrattuale di supporto ‘, limitandosi ad eccepire la non debenza dell’Iva esposta sulle fatture da parte dei propri fornitori, quali contadini produttori di nocciole, e, pertanto, la mancanza di alcun danno per l’Erario laddove la detraibilità dell’imposta derivava soltanto dalla inerenza e afferenza delle operazioni poste in essere ai sensi dell’art. 19 del d.p.r. n. 633/72. Trattasi, dunque, di un argomentato tale da attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.
2.4. Infondata è, altresì, la ( sub ) censura di omessa pronuncia atteso che, per costante orientamento di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia ( Cass. 20311/2011, 24155/2017; Cass. 7927/2021).Il giudice di appello, nel rigettare l’appello della contribuente, ravvisando la sussistenza dei presupposti della pretesa tributaria azionata con
riguardo sia alle contestate operazioni in nero che alle operazioni oggettivamente inesistenti, ha, seppure implicitamente, disatteso le doglianze dedotte da quest’ultima nei gradi di merito. In ogni caso, neppure sussistono i presupposti per la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c., postulando la stessa che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o di una eccezione autonomamente apprezzabile, ritualmente e inequivocabilmente formulata (Sez. 2, Ordinanza n. 28072 del 14/10/2021) e non già, come nella specie, di circostanze che, ove valutate, avrebbero potuto comportare una diversa decisione (vizio denunciabile, nei limiti consentiti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.).
3.Il primo motivo si profila complessivamente inammissibile.
3.1.In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c . (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass. sez. 3, n. 30173 del 2021).
3.2.L a violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (tra le altre, Cass. Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020; Cass. 23518 del 2018; Cass. n. 571 del 2017; n. 19064 del 2006, n. 15107 del 2013).
3.3.Il motivo di ricorso, nella parte in cui deduce la violazione di legge, tende inammissibilmente ad una rivalutazione dell’apprezzamento di fatto operato dal giudice di appello il quale – conformemente ai principi in materia di accertamento con metodo analitico-induttivo, in presenza di contabilità formalmente tenuta ( ex multis, Cass., 5 ottobre 2007, n. 20857; Cass., 24 settembre 2014, n. 20060; Cass., 9 giugno 2017, n. 14370) e di operazioni oggettivamente inesistenti ( ex multis , Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 9723 del 10/04/2024;Cass.sez. 5 – , Sentenza n. 28628 e l 18/10/2021) -lungi dal considerare, come dedotto in ricorso, ‘fidefacienti’ gli elementi indiziari prodotti dall’Ufficio, li ha valutati complessivamente, in vicendevole completamento, nel rispetto dei criteri giuridici in tema di formazione della prova critica (Cass., sent. n. 12002/2017; Cass., ord. n. 5374/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 37404 del 2021), stimandoli idonei a concretare prova presuntiva delle contestazioni e ritenendo quest’ultima non superata da adeguate e sufficienti prove addotte a contrario dalla contribuente. La censura si sostanzia pertanto a fronte dell’articolato percorso argomentativo e ragionamento presuntivo della CTR -in una inammissibile richiesta di rivalutazione degli elementi indiziari operata dal giudice di merito.
3.4. Quanto alla dedotta violazione dell’art.360, comma 1, n. 5 c.p.c., il motivo si profila inammissibile, posto che il vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis ) concerne l’omesso esame di un fatto storico , principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra
le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015). Né, ovviamente, e a maggior ragione, l’apprezzamento giuridico del giudice, dissonante rispetto alle aspettative e prospettazioni della parte, può assurgere a omesso esame di un fatto controverso e decisivo (Cass. sez. 2, n. 29923 del 2023); nella specie, la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, non avendo dedotto l’omesso esame di un ‘fatto storico’, ma peraltro di profili attinenti alle risultanze probatorie -puntualmente esaminate dal giudice di appello – la rivalutazione delle quali è preclusa a questa Corte.
3.5. Peraltro, la censura di vizio motivazionale della sentenza impugnata è, altresì, inammissibile in quanto, in presenza di una cd. doppia conforme di merito, la ricorrente, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 348 -ter, quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83/2012, conv., con modif., dalla l. n. 134/2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11/09/2012, come nel caso di specie), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 06/05/2020, n. 8515; sez. 5, Sentenza n. 35893 del 2023), il che non è avvenuto nel caso in esame emergendo comunque dal contenuto del ricorso che identica è la quaestio facti esaminata dalle due commissioni.
4. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’illogica, apparente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per avere la CTR confuso, nell’argomentare , i due rilievi operati dall’Amministrazione (operazioni in nero e operazioni oggettivamente inesistenti) e obliterato il materiale istruttorio prodotto dalla parte contribuente in giudizio (stralci dei p.v.c. della G.d.F. di Napoli e Ottaviano redatti nei confronti di altre società
riconducibili alla medesima famiglia NOME che fornivano ugualmente nocciole e altri prodotti agricoli a fabbriche di prima lavorazione dei prodotti).
4.1. Il motivo si profila inammissibile.
4.2.Il motivo si profila inammissibile in quanto denuncia il difetto di motivazione (per illogicità, omissione e contraddittorietà), costituente vizio non più censurabile in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 n.5 cpc, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis (v. nello stesso senso, ex multis , Cass. n. 30948 del 2018).
4.3.Invero, anche a volere ricondurre la censura al vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., il motivo è inammissibile in quanto, il vizio specifico denunciabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., così come riformulato dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella I. 7 agosto 2012, n. 134, richiede che il fatto asseritamente omesso sia un fatto storico, con la conseguenza che, a tali fini, non costituiscono fatti le deduzioni difensive e gli elementi istruttori (cfr. Cass., ord., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass. sez. 5, n. 18710 del 2022); sotto altro aspetto, si osserva che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo, per le ragioni suindicate ad un vizio inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892; Sez. 5, Ordinanza n. 24584 del 2023).
4.4. La censura di vizio motivazionale della sentenza impugnata è, altresì, inammissibile in quanto- come già osservato con riguardo alla sub censura formulata nel primo motivo di ricorso -vi osta l’art. 348 -ter, quinto comma, cod. proc. civ.
5.In conclusione, il ricorso va rigettato.
6.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
7 .Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. « la Corte … quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 » (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023; Cass. n. 28318 del 2023). La norma sottende una valutazione legale tipica del legislatore delegato, in ragione della quale l’applicazione delle sanzioni -di quelle del terzo comma come di quelle del quarto comma dell’art. 96 -non è subordinata ad una valutazione discrezionale ma discende, «di default», dalla definizione del giudizio in conformità alla proposta (Cass. n. 27947/2023).
8.La Corte stima equo fissare in euro 9.0 00,00 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ed in euro 4.500,00 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, atteso il carattere pacifico dei principi giurisprudenziali applicati e la manifesta infondatezza del ricorso, per i motivi ampiamente esposti.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 18.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
condanna la ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 9.000,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna la ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 4.500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della
ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 gennaio 2025