Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33639 Anno 2024
Oggetto:Tributi
Ires, Irap e Iva 2012
Operazioni oggettivamente inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33639 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 32338 del ruolo generale dell’anno 2020, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME e dall’Avv.to NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 2723/26/2020, depositata in data 24 novembre 2020;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 novembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 702/01/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio , a seguito di p.v.c. della G.d.F. di Pisogne, aveva recuperato a tassazione costi indebitamente dedotti, ai fini Ires, Irap e detratti ai fini Iva, in relazione a fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE afferenti ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha affermato che: 1) era infondata l’eccezione di inammissibilità del gravame, ex art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546/92, per tardiva costituzione dell’appellante in quanto – anche considerando che la sospensione prevista dall’art. 83 del d.l. n. 18 /2020 non incide sui termini ai quali si applica la sospensione prevista dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018 conv. nella legge n. 136 del 2018 -i termini per detta costituzione in giudizio rientravano nella sospensione di cui all’art. 83 cit. (dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020) per cui era tempestivo il deposito
del l’atto di appello in data 23 aprile 2020, a fronte della notifica dello stesso in data 16 marzo 2020 ; 2) a fronte degli elementi indiziari -gravi, precisi e concordanti -emersi in sede di verifica della inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate da RAGIONE_SOCIALE (profonde incongruenze tra le operazioni attive e quelle passive risultanti, per gli anni 2012-2014, dalla banca dati dello Spesometro della RAGIONE_SOCIALE; mancanza di personale dipendente e mancato rispetto degli adempimenti fiscali da parte della RAGIONE_SOCIALE; numerose anomalie nelle movimentazioni, in particolare nei prelevamenti, dei conti correnti intestati alla detta società), la società contribuente non aveva dimostrato quelle cautele minimali di informazione relativamente ai propri fornitori; al riguardo, le osservazioni svolte dalla contribuente (circa la mancata contestazione di una fattura di RAGIONE_SOCIALE concernente il noleggio di un container , l ‘elencazione dei cantieri dove RAGIONE_SOCIALE aveva svolto la sua attività, la produzione delle fatture emesse nei confronti dei clienti, i rapporti con il proprio commercialista, la cessione di un credito di RAGIONE_SOCIALE, il margine operativo lordo del settore di appartenenza) erano idonee a dimostrare il corretto svolgimento dell’attività propria di RAGIONE_SOCIALE ma non avevano pregio sotto il profilo della prova della effettività delle operazioni fatturate da RAGIONE_SOCIALE; anche le dichiarazioni di terzi- alle quali aveva fatto ricorso la società contribuente -che non costituivano in quanto tali prova decisiva, nella specie, contrastavano con le risultanze del p.v.c.; 3) infine, la richiesta della società contribuente di rimodulare le sanzioni – in euro 782.015,70 invece che in euro 1.825.021,80 – implicava un riconoscimento indiretto della legittimità dell’operato dell’Agenzia delle entrate.
3.L ‘Agenzia resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 53, comma 2, del d.lgs. n. 546/92, per avere la CTR rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello per tardiva costituzione in giudizio dell’Agenzia attraverso il deposito dell’atto in data 23 aprile 2020 in luogo che in data 15 aprile 2020 in quanto – pur
riconoscendo che la sospensione prevista dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018 non era cumulabile con altre ragioni di sospensione – detto termine veniva a scadere nel periodo in cui tutti i termini processuali erano stati sospesi in forza dell’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, conv. nella legge n. 27 del 2020, con conseguente facoltà dell’Amministrazione di costituirsi fino al 12 maggio 2020; ciò sebbene anche nel caso della sospensione disposta dalla legge contenente misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 dovesse operare il divieto di cumulo tra più sospensioni.
1.1.Il motivo è infondato.
1.2. Questa Corte ha chiarito che « in tema di definizione agevolata delle liti fiscali, la sospensione del termine per impugnare, prevista dall’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, opera automaticamente, a prescindere dal concreto intento della parte privata di avvalersene, e si cumula con quella dei termini processuali per l’emergenza epidemiologica da Covid-19, ma non con la sospensione feriale, che resta interamente assorbita dalla sospensione prevista nell’ambito dei procedimenti di definizione agevolata, in ragione della natura eccezionale di quest’ultima » (Cass. sez. 5, 09/11/2022, n. 33069; Cass., sez.5, n. 22502 del 2024). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 83, comma 2, d.l. n. 18/2020, norma che ha previsto la sospensione dei termini per il compimento degli atti dei procedimenti civili dal 9 marzo all’11 maggio 2020 per effetto della pandemia da Covid-19, non ha introdotto una speciale sospensione ex lege del processo ma unicamente la sospensione dei termini processuali (Cass., Sez. V, 22 gennaio 2024, n. 2115), in coerenza con il principio secondo cui la decorrenza dei termini in tale periodo avrebbe frustrato le peculiari esigenze di natura sanitaria poste a fondamento della sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio 2020, pregiudicando il diritto di difesa delle parti legittimate all’impugnazione
(Cass., Sez. V, 24 gennaio 2023, n. 2095; Cass. sez. 5, sentenza n. 21262 del 2024).
1.3.Posto quanto sopra, nella specie, la CTR si è attenuta a suddetti principi nel ritenere -a fronte della incontestata tempestiva notifica dell’atto di appello in data 16.3.2020 avverso la sentenza della CTP di Bergamo n. 702/2018 depositata il 14 dicembre 2018 -tempestiva anche la costituzione dell’ Agenzia appellante mediante deposito in segreteria in data 23 aprile 2020 dell’ atto di gravame notificato, atteso che detto termine rientrava nell’arco temporale in cui era operativa la sospensione ex art. 83 cit. (‘ qualora il predetto termine sia destinato a scadere nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e l’11 maggio 2020 esso scadrà, in ogni caso, il 12 maggio 2020. Da tale precisazione risulta de plano che anche i termini di costituzione in giudizio rientrano in tale sospensione. Il ricorso in appello dell’Ufficio è qu indi ammissibile ‘) con facoltà dell’Amministrazione di costituzione, quindi, fino al 12 maggio 2020 .
Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame circa più fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR- nel ritenere legittimo l’avviso di accertamento in questione – omesso di considerare gli elementi e la documentazione prodotta a contrario dalla contribuente (circa la disponibilità da parte di RAGIONE_SOCIALE, nel 2012, di vari mezzi utilizzati per la sua attività; documenti di trasporto DDT relativi ai materiali acquistati da RAGIONE_SOCIALE e impiegati per la realizzazione delle opere commissionate approvate dai clienti di RAGIONE_SOCIALE; regolare registrazione da parte della contribuente delle fatture passive in oggetto etc. ) comprovante l’effettività delle operazioni fatturate da RAGIONE_SOCIALE; peraltro, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe anche omesso di valutare le dichiarazioni testimoniali prodotte dalla contribuente, limitandosi a negarne una valenza probatoria decisiva.
2.1.Il motivo si profila inammissibile posto che il vizio specifico denunciabile per cassazione in base al la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis ) concerne l’omesso
esame di un fatto storico , principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra l e parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015). Né, ovviamente, e a maggior ragione, l’apprezzamento giuridico del giudice, dissonante rispetto alle aspettative e prospettazioni della parte, può assurgere a omesso esame di un fatto controverso e decisivo ( Cass. sez. 2, n. 29923 del 2023); nella specie, la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, non avendo dedotto l’omesso esame di ‘fatti storici’, ma peraltro – quanto all’assunta mancata valutazione da parte della CTR della documentazione e delle dichiarazioni testimoniali prodotte dalla contribuente – di profili attinenti all’apprezzamento di merito operato dal giudice di appello circa la natura delle operazioni in questione come oggettivamente inesistenti. In particolare, il giudice di appello -a fronte degli emersi elementi indiziari, stimati gravi, precisi e concordanti, della fittizietà delle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE (profonde incongruenze tra le operazioni attive e quelle passive risultanti, per gli anni 2012-2014, dalla banca dati dello Spesometro della RAGIONE_SOCIALE; mancanza di personale dipendente e mancato rispetto degli adempimenti fiscali da parte della RAGIONE_SOCIALE; numerose anomalie nelle movimentazioni, in particolare nei prelevamenti, dei conti correnti intestati alla detta società) – ha valutato le osservazioni svolte da RAGIONE_SOCIALE (circa la mancata contestazione di una fattura di RAGIONE_SOCIALE concernente il noleggio di un container , l’elencazione dei
cantieri dove la contribuente aveva svolto la sua attività, la produzione delle fatture emesse nei confronti dei clienti, i rapporti con il suo commercialista, la cessione di un credito della società RAGIONE_SOCIALE, il margine operativo lordo del settore di appartenenza) ritenendo – con un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità e, in conformità con i principi di questa Corte, in tema di operazioni oggettivamente inesistenti (da ultimo, Cass. sez. 5, Ord. n. 22235 del 2024) che le stesse erano ‘ tutte indirizzate a dimostrare il corretto svolgimento dell’attività propria di RAGIONE_SOCIALE ma non avevano pregio per dimostrare che le operazioni risultanti dalle 12 fatture ricevute da RAGIONE_SOCIALE fossero realmente esistenti ‘. Anche con riguardo alle prodotte dichiarazioni dei terzi il giudice di appello, premessa la non valenza delle stesse, in quanto tali, di prova decisiva (conformemente ai principi enunciati da questa Corte, da ultimo v. Cass. sez. 5, Ordinanza n. 21491 del 2024) le ha valutate confrontandole con le risultanze del p.v.c. della G.d.F., ritenendole -in base ad un apprezzamento non sindacabile in questa sede -in contrasto con l’emerso ‘ quadro probatorio caratterizzato da presunzioni gravi, precise e concordanti ‘ ; infine, a conferma dell’emerso quadro probatorio, la CTR ha tratto dalla richiesta della contribuente di rimodulare le sanzioni -in euro 782.015,70 invece che in euro 1.825.021,80un riconoscimento indiretto della legittimità dell’operato dell’Agenzia; al riguardo, va ribadito il principio secondo cui la valutazione delle risultanze istruttorie, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 12261 del 2024; Cass. sez. 5, n. 15266 del 2023; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097).
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 18.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell ‘ art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 5 novembre 2024